COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Bari – Sentenza n. 2879 del 29 dicembre 2015
PROCESSO – PROVE – CONSULENZA TECNICA – POTERI DEL GIUDICE – VALUTAZIONE DELLA CONSULENZA TECNICA DI UFFICIO – DISSENSO DAL PARERE DEL C.T.U. – AMMISSIBILITA’ – APPREZZAMENTO DI FATTO – AMMISSIBILITA’ – TRIBUTI: ACCERTAMENTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato alla Commissione Tributaria Provinciale di Taranto l’8 giugno 2012,G.G., nella qualità di legale rappresentante della XXX S.p.A si opponeva all’avviso di accertamento n. — emesso dall’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Taranto, notificato in data 29 dicembre 2011, con il quale era stato accertato per l’anno 2006 un maggior reddito di impresa di Euro 724.400,00 determinando le imposte dovute per IRES, IRAP ed IVA in complessivi Euro 414.699,00.
L’avviso di accertamento era fondato sulle risultanze del processo verbale di constatazione redatto a seguito di verifica eseguito dai funzionari dell’Ufficio in data 27 ottobre 2011. Nel dettaglio l`Ufficio aveva esaminato l’operazione di vendita di una unità immobiliare in Taranto alla Via — n. 33/35 realizzata nell`anno 2006 dalla società XXX S.p.A. in favore della società YYY IMMOBILIARE S.r.l..
L’immobile, peraltro utilizzato dalla XXX S.p.A. quale punto vendita di abbigliamento, era stato ceduto dalla XXX S..p.A. alla YYY IMMOBILIARE S.r.l. con atto di compravendita del 3/1/2006 a rogito Notaio D., al prezzo di Euro 400.000,00 oltre IVA al 20% pari a Euro 80.000,00 per un totale di Euro 480.000,00, come da fattura n. 1/2006 emessa dalla XXX S.p.A. alla YYY IMMOBILIARE S.r.l.. La YYY immobiliare S.r.l. in pari data aveva concesso in locazione alla XXX SpA l’immobile acquistato da quest’ultima al canone di locazione annuale di Euro 48.000,00.
L’Ufficio, sulla scorta della documentazione esaminata, rilevava che «le operazioni poste in essere si presentano anomale e forzatamente rispettose della formalità». L’Ufficio, conseguentemente, rettificava il prezzo di vendita dichiarato in atto da Euro 1.423 al mq. a Euro 4.000,00 al mq., determinando un corrispettivo complessivo di Euro 1.124.400,00 a fronte del prezzo dichiarato di Euro 400.000,00. Per l’effetto veniva accertata ai sensi dell’art. 40 con le modalità dell’ una maggiore plusvalenza realizzata dalla società XXX S.p.A. di Euro 724.000,00 che costituiva il maggior imponibile ai fini IRES, IRAP ed IVA.
Nel ricorso introduttivo il contribuente eccepiva:
1. illegittimità dell’atto impositivo emesso in assenza dei presupposti richiesti dall’art. 39 primo comma lettera d) del d.p.r. 600/1973. Ciò tenuto conto che la metodologia di accertamento emarginata consente di quantificare un maggior imponibile anche in via presuntiva solo dopo aver rilevato in modo certo e diretto che la dichiarazione sia infedele, incompleta o falsa;
2. illegittimità dell’accertamento di maggior valore immobiliare effettuato in assenza degli specifici requisiti richiesti dall’art. 39 primo comma lettera d) del d.p.r. 600/ 1973. Ciò tenuto conto: (i) che le operazioni rilevate trovavano riscontro nelle movimentazioni bancarie e finanziarie delle due società e che l`avviso di accertamento risulta emesso in assenza di ulteriori elementi di riscontro atti a corroborare la mera presunzione di scostamento del corrispettivo dichiarato, disattendendo il disposto normativo in tema di accertamento di valore degli immobili introdotto dal d.l. 223/2006 convertito nella Legge 24/2006 e poi dall’art. 24 della Legge 88/2009; (ii) che le modifiche dettate dall’ art. 24 della Legge 88/2009 trovano applicazione anche in riferimento al recupero in materia di IVA; (iii) che il comportamento antieconomico posto in essere dal contribuente può dar luogo a presunzioni gravi, precise e concordanti soltanto qualora ricorrano altre circostanze o argomentazioni che permettano di ritenere che il corrispettivo della transazione sia stato diverso da quello contabilizzato e dichiarato;
3. illegittimità dell’accertamento di maggior valore immobiliare in assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti a fondamento del maggior corrispettivo. Ciò stante il mancato assolvimento dell’onere probatorio dei fatti su cui si fonda la pretesa tributaria;
4. infondatezza e difetto di riscontro nel merito del maggior corrispettivo accertato e delle relative imposte. Ciò alla luce anche della relazione peritale redatta dal Geom. V. L., prodotta in sede di accertamento con adesione, che ha stimato il valore massimo al mq. di Euro 1.780,00;
5. nullità dell’avviso di accertamento per mancanza della contestazione delle sanzioni.Violazione del D.Lgs. 472/1997. Ciò tenuto conto che l’avviso di accertamento notifica è del tutto privo della sezione relativa alla irrogazione delle sanzioni;
6. inapplicabilità delle sanzioni per assenza dell’atto di contestazione delle sanzioni. Violazione degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 472/ 1997.
L’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Taranto si costituiva in giudizio con controdeduzioni depositate il 30 luglio 2012 con le quali contestava le eccezioni sollevate dalla società contribuente alla luce delle motivazioni esposte nell’avviso di accertamento contestato ed evidenziando, tra le altre, che è onere del contribuente dimostrare la illegittimità della ricostruzione dell’Ufficio e delle prove utilizzate. Infine, ha esposto che nell’avviso impugnato non sono state determinate le sanzioni in quanto l’Ufficio ha inteso agire alla luce dell’.
La Commissione Tributaria Provinciale di Taranto con ordinanza n. 263/3/12 accoglieva la istanza cautelare di sospensione dell’atto impugnato e con sentenza n. 778/3/12 dell”8 novembre 2012 depositata il 22 novembre 2012 accoglieva il ricorso del contribuente limitatamente alla non debenza delle sanzioni in quanto non contestate, confermava nel resto l’avviso di accertamento.
G.G., nella qualità di legale rappresentante della società XXX S.p.A., propone appello, notificato all’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Taranto il 26 aprile 2013 e depositato presso la Segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Taranto il 26 aprile 2013 e presso la Segreteria di questa Commissione il 29 aprile 2013, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Taranto n. 778/3/12 dell’8 novembre 2012 depositata il 22 novembre 2012, non notificata.
Nell’appello proposto la società contribuente censura la sentenza impugnata eccependo il mancato riconoscimento dei metodi dedotti in primo grado e la erroneità della sentenza opposta:
1. nella parte in cui non ha riconosciuto la illegittimità dell`atto impositivo per insussistenza dei presupposti per procedere ad un accertamento analitico induttivo ex art. 39, comma 1 lettera d) del d.p..r. 600/1973;
2. laddove ha ritenuto che: a) sussistessero nel caso specifico presunzioni gravi, precise e concordanti per accertare un diverso valore della plusvalenza; b) vi fosse nella specie un comportamento antieconomico;
3. laddove non ha rilevato, omettendo qualunque valutazione, illegittimità dell’avviso di accertamento di maggior valore immobiliare effettuato in assenza degli specifici requisiti richiesti dall’;
4. non ha rilevato la infondatezza e difetto di riscontro nel merito del maggior corrispettivo accertato e delle relative imposte richieste;
5. non ha valutato la nullità dell’avviso di accertamento per mancanza della contestazione delle sanzioni.
La contribuente ha chiesto, previa sospensione della efficacia esecutiva della sentenza e della cartella di pagamento e delle intimazioni di pagamento, in via principale di riformare la sentenza impugnata e per l’effetto di dichiarare nullo e/o annullare l’avviso di accertamento, in via subordinata la rideterminazione della imposta con le correlative sanzioni, in via ulteriormente subordinata l’annullamento delle sanzioni. Il tutto con vittoria di spese ed onorari di lite.
L`Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Taranto si è costituita in giudizio con controdeduzioni ed appello incidentate depositato il 20 maggio 2013. L’Ufficio previa confutazione delle eccezioni sollevate dalla società contribuente alla luce di quanto esposto in primo grado, ha chiesto, in via incidentale, di riformare la sentenza di primo grado relativamente alla non debenza delle sanzioni per mancata contestazione delle stesse. Ciò tenuto conto che nell’avviso in contestazione l’Ufficìo ha determinato le sanzioni ex .
La XXX S.p.A. in data 28 maggio 2013 ha presentato istanza di sospensione della cartella di pagamento portante iscrizione a ruolo a titolo provvisorio delle somme dovute in relazione all’avviso di accertamento in contestazione.
Con ordinanza n. 153/28/13 del 25 giugno 2013 il Presidente della Sezione 28 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia Sezione Staccata di Taranto ha sospeso l’atto impugnato.
All’udienza del 19 settembre 2013 il Collegio disponeva la nomina a c.t.u. del Geom. P.M. fissando l’udienza del 23 gennaio 2015 per il giuramento e la formulazione dei quesiti. All’udienza del 23 gennaio 2015 il C.T.U. prestava giuramento e veniva formulato il seguente quesito:
«Dica il CTU.. esaminati gli atti ed i documenti di causa e compiuti gli opportuni accertamenti, quale sia il valore di mercato dell’immobile oggetto di causa al momento dell’accertamento notificato dall’Ufficio??.
Il Collegio rinviava la causa al 29 maggio 2015.
Il C.T.U. Geom. M.P.in data 20 aprile 2015 ha presentato relazione di consulenza tecnica di ufficio in risposta al quesito posto con allegata istanza di liquidazione delle spese e degli onorari quantificati in Euro 1.605,49 compreso IVA e Contributo Cassa Nazionale Geometri.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è infondato e deve essere respinto.
La società contribuente, con i primi tre motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, censura la sentenza impugnata dei giudici di prime cure riproponendo le eccezioni sollevate dalla stessa nel ricorso introduttivo volte a confutare la utizzabilità dell’accertamento induttivo ex art. 39 primo comma lettera d) del .
Il Collegio ha proceduto all’esame dell’avviso di accertamento in contestazione rilevando che l’Ufficio ha desunto la inattendibilità delle scritture contabili della società XXX S.p.A., avendo accertato operazioni «anomale e forzatamente rispettose della formalità».
In particolare l’Ufficio esponeva:
– che contestualmente alla emissione da parte della XXX SpA alla YYY Immobiliare Srl della fattura di vendita dell’immobile dell’importo complessivo di Euro 400.000,00 oltre IVA pari a Euro 80.000,00 per un totale di Euro 480.000,00, la YYY Immobiliare S.r.l., a sua volta, emetteva fattura alla XXX S.p.A. dell’importo di Euro 384.000,00 oltre IVA pari a Euro 76.800,00 per un totale di Euro 460.800,00 per “canoni anticipati di locazione” nonostante il contratto di locazione stipulato non prevedesse tale corresponsione;
– che nelle scritture contabili della YYY Immobiliare S.r.l. il debito nei confronti della XXX SpA, relativo all’acquisto dell’immobile, pari a Euro 480.000,00 risulta azzerato: quanto a Euro 70.000,00 mediante compensazione con il conto “finanziamento soci RESECO”; quanto a Euro 327.000,00 con addebito del c/c acceso presso la Banca Popolare di Puglia e Basilicata la cui provvista deriva dall’incasso del mutuo; quanto a Euro 76.800,00 per “parziale compensazione IVA”; quanto a Euro 6.200,00 mediante “versamenti di assegni”;
-che per altro immobile acquistato dalla YYY Immobiliare Srl e successivamente concesso in locazione alla XXX SpA ancor prima dell’acquisto dell’immobile da parte della YYY Immobiliare Srl, la XXX SpA versava alla YYY Immobiliare la somma di Euro 350.000,00 portata dalla fattura n. 2/2007 della YYY Immobilaire S.r.l. a titolo di deposito cauzionale “…per l’acquisizione in locazione dell’immobile da noi acquisendo sito …”. A saldo della predetta fattura la XXX SpA in data 5 luglio 2007 rilascia assegno circolare della Deutsche Bank in favore della YYY Immobiliare S.r.l. e da quest’ultima contabilizzato in entrata di cassa. Lo stesso 5 luglio 2007 e annotate in uscita di cassa la corresponsione di un acconto di Euro 350.000,00 sul prezzo dell’immobile che la YYY Immobiliare S.r.I. acquisterà nel successivo esercizio 2008;
-che con atto di compravendita del 17/03/2008 a rogito Notaio D.F. la YYY Immobiliare S.r.l. acquistava dal Signor LG. C. altro locale commerciale in Taranto alla Via — 75 C angolo Via — e locale attiguo in Via — al prezzo di Euro 1.100.000,00 così regolato: (i) quanto a Euro 465.000,00 già versati dei quali 350.000,00 mediante assegni circolari; (ii) quanto a Euro 485.000,00 mediante versamento con bonifico di parte del netto ricavo del mutuo ricevuto; quanto a Euro 150.000,00 all’atto del possesso materiale dell’immobile;
-l’incasso del mutuo fondiario di Euro 1.100.000,00 viene annotato dalla YYY Immobiliare S.r.l. in data 2/4/2008 e contestualmente la XXX SpA riceve la restituzione della somma di Euro 350.000,00 versata il 5 luglio 2007 a titolo di «deposito cauzionale»;
-l’immobile acquistato dalla YYY Immobiliare dal Signor LG.C. è concesso in fitto alla XXX SpA con contratto di locazione del 29/03/2008 al corrispettivo di Euro 90.000,00 annuali.
L’Ufficio deduceva che dalla concatenazione degli atti posti in essere si rilevava un comportamento antieconomico ed in contrasto con le regole di buon senso dell’id quod praelumque accidit e che «mancando di una giustificazione razionale fa assurgere gli elementi indiziari al ruolo di presunzione grave, precisa e concordante».
I giudici di primo grado, nella sentenza appellata, sia pure con motivazione essenziale, hanno ritenuto siffatto accertamento corretto “…in forza degli elementi gravi, precisi e concordanti” che consentono di accertare il reddito anche prescindendo da una contabilità regolarmente tenuta e non contestata.
Il Collegio osserva che I’assunto dei primi giudici non merita censure posto che è conforme all’orientamento della Corte di Cassazione.
Ed invero, in tema di accertamento induttivo, la Corte di Cassazione ha affermato che deve ritenersi legittimo l’accertamento del reddito d’impresa, con il metodo previsto dall’art. 39, allorquando la contabilità sociale possa considerarsi complessivamente inattendibile e/o confliggente con criteri di ragionevolezza;
ciò in quanto, proprio in tali casi può logicamente dubitarsi della veridicità delle operazioni dichiarate e della regolarità complessiva della contabilità fiscale e, quindi, desumere, sulla base di presunzioni semplici, maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (Cass. n. 14941/2013; n. 7871/2012, n. 26388/2005, n. 6337/2002). Ciò e anche in ipotesi di ricavi non dichiarati derivanti da cessione di immobili (Cass. 10175/2014; Cass. 20429/2014).
Nel caso di specie gli elementi evidenziati nell’avviso di accertamento devono considerarsi indubbiamente confliggenti con i criteri di ragionevolezza», posto che è certamente antieconomico vendere un immobile al prezzo di Euro 400.000,00 e impegnarsi contestualmente al pagamento di canoni anticipati per l’importo di Euro 384.000,00, senza peraltro che il contratto di locazione stipulato prevedesse tale corresponsione.
Ne consegue pertanto che l’Ufficio, come correttamente affermato dai primi giudici nella sentenza appellata, era legittimato a desumere, sulla base di presunzioni semplici, maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente.
La contribuente con il quarto motivo di appello censura la infondatezza e difetto di riscontro nel merito del maggiore corrispettivo accertato.
Il Collegio osserva che nell’avviso di accertamento in contestazione l’Ufficio ha proceduto ad individuare i seguenti elementi in base ai quali ha determinato un corrispettivo superiore relativamente alla cessione dell’immobile sito in Taranto alla Via Nitti n. 33/35 di mq. 281, pari a Euro 400.000,00, dichiarato nell’atto di compravendita del 3/1/2006 tra la XXX S.p.A. e la YYY Immobiliare S.r.l., per un valore al metro quadro di Euro 1.423,00.
L’Ufficio, in particolare, ha rilevato che il prezzo al metro quadro di Euro 1.423,00 non trovava riscontro:(i) nel prezzo al metro quadro di Euro 5.116,00 pagato dalla YYY Immobiliare S.r.l. a LG.C. per l’acquisto dell’immobile in Taranto alla Via — 75/C angolo Via — e locale attiguo in Via —; (ii) nel valore attribuito ad altro immobile della società XXX SpA sito in Taranto alla Via — 25/a angolo Via — risultante dalla perizia di stima dell’Ing. C.G. pari a Euro 4.750,00 al mq.; (iii) nel valore rilevato in altro atto relativo ad immobile similare pari a Euro 5.113,00 al mq..
Nella consulenza tecnica disposta da questo Collegio il C.T.U. Geom. P.M. ha attribuito all’immobile per cui e causa un valore al metro di Euro 2.000 per una valutazione complessiva di Euro 562.000,00 a fronte del corrispettivo determinato dall’Ufficio in Euro 1.124.400,00 e del prezzo dichiarato in atto di Euro 400.000,00.
Il Collegio, alla luce della notevole differenza tra il prezzo al metro quadro pari a Euro 5.116,00 pagato dalla YYY lmmobilaire S.r.l. per l’acquisto dell’immobile alla Via — angolo Via — ed il valore al metro quadro stimato dal C.T.U. pari a Euro 2.000,00, rileva che il valore al metro quadro accertato dall’Ufficio pari a Euro 4.000,00 e fondato su elementi precisamente individuati, e cioè ,come sopra rilevato, il prezzo al metro quadro indicato in atti di compravendita riferiti ad immobili ubicati nella stessa zona. Di contro la valutazione espressa dal C.T.U. Geom. P.M., è priva di qualsiasi concreto riferimento e di un processo logico estimativo essendo indicato a pagina 2 di 2 della relazione depositata unicamente il seguente criterio “considerando i prezzi di mercato della zona, tenendo conto della centralità dell’immobile e dell’ottimo stato conservativo dello stesso, si assegna un valore pori a Euro 2.000,00 /mq…”.
Orbene, siffatto criterio di stima è del tutto opinabile sia perché estremamente generico, sia perché in contrasto con altri dati di fatto certi che emergono dagli atti. Ed invero, il c.t.u. non ha indicato alcun elemento sicuro dal quale ha desunto il “valore di mercato” di Euro 2.000,00 al mq.. ll predetto valore di Euro 2.000,00 al mq. è notevolmente difforme e non si “concilia” con il valore di mercato accertato dall’Ufficio che è quello realmente risultante da altri atti di compravendita per immobili ubicati nella stessa zona dell’immobile oggetto dell’avviso di accertamento. Peraltro, se gli atti di compravendita per immobili ubicati nella stessa zona non fossero in un “ottimo stato”, come afferma il contribuente, a maggior ragione il valore dell’immobile oggetto di accertamento dovrebbe essere di valore superiore rispetto a quello determinato dal perito, tenuto conto che il c.t.u. Geom. M. nella sua relazione afferma che l’immobile periziato è “in ottimo stato” come documentato dalle foto allegate alla relazione.
Il Collegio, pertanto, tenuto conto che le valutazioni del consulente tecnico di ufficio non hanno carattere vincolante per il giudice (Cass. N. 19661 del 2006, n. 4850 del 2009, n. 25569 del 2010, n. 5148 del 2011) accertata la genericità della valutazione di mercato espressa dal c.t.u. incaricato per le motivazioni sopra esposte, ritiene più attendibile la stima eseguita dalI’Ufficio in quanto ancorata al prezzo dichiarato in atti di compravendita relativi ad immobili ubicati nelle immediate vicinanze e zona di quello oggetto di accertamento, per il quale peraltro il c.t.u. ha documentato I’ottimo stato di conservazione..
Resta da esaminare la questione relativa alla irrogazione delle sanzioni per le quali i giudici di primo grado hanno disposto la non debenza stante la mancata contestazione.
L’Ufficio al riguardo ha precisato che nell’avviso in contestazione vi è la indicazione che le sanzioni sono applicate ai sensi dell’.
Il Collegio osserva che ai sensi del “…le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irrogate, senza previa contestazione e con l’osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità…”. Nel caso di specie dalla lettura dell’avviso di accertamento per cui è causa se è pur vero che l’Ufficio ha riportato la predetta norma è anche vero che non si evince in alcun modo quali sanzioni sono state irrogate avuto riguardo alle infrazioni contestate, ma anche e soprattutto al cumulo giuridico che rende obbligatoria la esplicitazione della relativa determinazione da parte dell’Ufficio.
Ne consegue, pertanto, che deve essere confermata la sentenza appellata relativa alla non debenza delle sanzioni.
Da ultimo deve essere respinta l’eccezione riproposta dalla contribuente relativamente alla nullità dell’atto per mancata contestazione delle sanzioni, tenuto conto che, come chiarito dalla Corte di Cassazione, l’atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni, disciplinato dall’, è autonomo rispetto al procedimento di accertamento del tributo (Cass. 26740/2013).
Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di Euro 1.000,00 (mille/00), oltre oneri come per legge e il compenso del C.T.U., che, liquidato con separato decreto, deve essere posto a carico delI’appeIlante XXX S.p.A..
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale di Bari – Sezione Staccata di Taranto – rigetta l’appello proposto dalla XXX S.p.A. e, per l’effetto, conferma la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Taranto dell’8/11/2012.
Condanna la XXX S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento delle spese sostenute dall’Agenzia delle Entrate , oltre accessori come per legge e pone definitivamente a carico della stessa XXX S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, il compenso complessivo di euro 1.605,49, comprensivo di esborsi, IVA e CAP, liquidato con separato decreto.
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