COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Bari sentenza n. 702 sez. 14 del 31 marzo 2015
IRPEF – PLUSVALENZA – CESSIONE DI AREA EDIFICABILE IN CAMBIO DI FABBRICATO DA COSTRUIRE – CONTRATTO DI PERMUTA – PLUSVALENZA – IMPONIBILITÀ AL MOMENTO DELLA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO – NON SUSSISTE.
Con tempestivo ricorso, R.D. si opponeva all’avviso di accertamento, con cui l’Agenzia delle Entrate – D.P. BAT, in relazione al periodo di imposta 2006, aveva accertato ai fini IRPEF una plusvalenza derivante dalla cessione di aree edificabili. In particolare, l’Ufficio, ai sensi dell’art. 68, c. 1 e 2, del DPR 917/1986, provvedeva a recuperare a tassazione quale “redditi diversi” la plusvalenza di € 86.583,00, rinveniente dall’atto di trasferimento registrato il 23.10.2006, determinando conseguentemente maggiori imposte per € 19.914, oltre interessi e sanzioni per pari importo.
L’impugnato accertamento veniva motivato attraverso la variazione da € 126.000,00 (valore dichiarato nell’atto di permuta) ad € 207.000,00 del valore del bene permutato, sulla scorta della precedente rettifica dello stesso valore ai fini dell’imposta di registro, accertamento definito in adesione dalla società acquirente E. s.r.l. con atto del 18.2.2008.
Il R.D., dopo aver inutilmente tentato la via dell’accertamento con adesione mediante istanza del 28.12.2011, impugnava l’avviso di accertamento per:
– Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. 212/2000 per mancata allegazione dell’atto di accertamento con adesione stipulato con la società acquirente, al quale si dichiarava del tutto estraneo;
– Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. 212/2000, dell’art. 42 DPR 600/1973 e dell’art. 2729 c.c. per mancanza di validi elementi probatori a sostegno della pretesa fiscale, avendo precedentemente impugnato l’avviso di accertamento dell’imposta di registro perché infondato, anche sulla scorta della perizia giurata dell’ing. G.D.B., che aveva determinato il valore dell’area permutata in € 111.038,23 e quindi in misura addirittura inferiore a quanto dichiarato nel rogito (€ 126.000,00);
– Violazione e falsa applicazione degli artt. 67 e 68 del TUIR 917/1986 per errata individuazione dell’anno di imposta che, trattandosi di permuta di bene presente (area edificabile) con bene futuro (locali ed appartamenti da costruire), andava al più riferito all’anno successivo a quello di stipula, non essendosi certo realizzata nel 2006 la plusvalenza tassabile.
Con controdeduzioni del 24.5.2012, l’Agenzia delle Entrate ribadiva la legittimità dell’accertamento della maggior plusvalenza ai fini dell’IRPEF, richiamando ancora una volta l’atto di adesione della E. s.r.l., che ai fini dell’imposta di registro aveva definito in € 270.000,00 il valore della permuta stipulata in data 13.10.2006, adesione certamente ben nota al R.D., il cui ricorso n. 2090/2008 si era concluso con decreto presidenziale che aveva dichiarato cessata la materia del contendere proprio in considerazione della richiamata adesione dell’altra parte contrattuale. La Commissione Tributaria Provinciale Sez. XXII di Bari, con sentenza n. 25/22/13, del 17/01/2013 accoglie il ricorso per quanto di ragione, annulla il provvedimento impugnato, compensando le spese.
Avverso la precitata sentenza, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Barletta-Andria-Trani, propone ricorso di appello nei confronti di R.D., per la riforma totale della sentenza di cui sopra insistendo sulla legittimità della pretesa fiscale, atteso che la base imponibile determinata ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, può costituire reddito tassabile anche ai fini dell’applicazione dell’IRPEF. Inoltre, richiamandosi per il resto alle deduzioni della Commissione Tributaria Provinciale, ritiene che la sentenza qui impugnata sia viziata da errore in fatto ed in diritto e non rende giustizia al suo operato corretto e legittimo. Chiede quindi, in accoglimento del presente atto d’appello, di voler riformare l’impugnata sentenza, rigettare il ricorso del contribuente e confermare totalmente l’atto impugnato, stante la legittimità del suo operato e la correttezza dell’avviso di liquidazione emesso, con vittoria di spese, competenze ed onorari dei due gradi di giudizio. Il contribuente R.D. resiste e controdeduce al ricorso in appello proposto dall’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale B.A.T., avverso la sentenza n. 25/22/2013 della C.T.P. di Bari. Periodo d’imposta 2006.
La Commissione osserva ed evidenzia che, allo stato degli atti, non è dato rilevare elementi di certezza, sui quali fondare quelle prove che possano indurre questo Collegio a ritenere fondata la conclusione dell’Ufficio. Infatti, la pretesa fiscale poggia – in via esclusiva – sul maggior valore definito dall’impresa costruttrice ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, senza che tale procedura abbia coinvolto il R.D. Pertanto l’avviso di accertamento in questione è illegittimo per mancata allegazione degli atti presupposti, considerato che – come imposto dall’art. 12 della L. 212/2000 – tali atti vanno necessariamente allegati all’avviso di accertamento per consentire il compiuto esercizio del diritto di difesa.
L’Agenzia delle Entrate, ha ripreso a tassazione la differenza tra quanto dichiarato e quanto accertato ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, pari ad € 150.000,00, ignorando che il sig. R.D. non ha inteso aderire alla pretesa fiscale avanzata ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, atteso che ha proposto impugnazione avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio finanziario dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari.
Si evidenzia che il R.D., che aveva autonomamente impugnato l’avviso di accertamento ai fini dell’imposta di registro, è rimasto infatti del tutto estraneo all’atto di adesione della E. Srl, atto che peraltro non gli può essere validamente opposto, né può rilevare la circostanza che lo stesso R.D. non abbia reclamato il provvedimento presidenziale che dichiarava cessata la materia del contendere in relazione al suo ricorso n. 2090/2008 avverso l’accertamento in tema di imposta di registro. Così accertata l’inopponibilità al ricorrente dell’atto di adesione richiamato nell’accertamento impugnato, va rilevato che lo stesso non è sorretto da alcuna dimostrazione concreta del maggior valore dell’area edificabile rispetto a quanto dichiarato nel rogito (euro 126.000,00), risultando addirittura dalla prodotta perizia giurata dell’ing. D.B. un valore inferiore, pari ad € 111.038,23, stimato al gennaio 2002; detto valore, seppur rivalutato mediante coefficienti ISTAT alla data del rogito (ottobre 2006), rimane pur sempre di poco inferiore alla cifra ivi indicata.
In ogni caso va opportunamente evidenziato che il ricorrente ha regolarmente denunciato la plusvalenza tassabile riveniente dalla permuta del suolo in questione, così come quantificata in relazione al prezzo dichiarato in atto.
L’Agenzia delle Entrate, del tutto arbitrariamente, ha ripreso a tassazione la differenza tra quanto dichiarato e quanto accertato ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, pari ad euro 150.000,00, ignorando che il sig. R.D. non ha inteso aderire alla pretesa fiscale avanzata ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, atteso che ha proposto impugnazione avverso l’avviso di accertamento spiccato dall’Ufficio Finanziario dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari.
Ne consegue che la tesi avanzata dall’Agenzia delle Entrate, la corrispondenza tra valore accertato ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro riversata ai fini dell’applicazione dell’Irpef, è del tutto avulsa al caso di specie, stante la rituale opposizione all’avviso di accertamento spiccato dall’Agenzia delle Entrate ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro. In ogni caso, esiste una diversa base imponibile relativamente alle due imposte registro ed irpef, atteso che ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro assume rilievo il valore venale in comune commercio, mentre ai fini dell’applicazione delle imposte dirette, assume rilievo, il corrispettivo percepito.
Peraltro, ad ulteriore riprova dell’infondatezza della maggiore pretesa avanzata dall’Agenzia delle Entrate, vi è la circostanza che il valore degli immobili permutati è stato periziato dall’ing. G.D.B. ai fini della rivalutazione IRPEF in data 17 settembre 2002 con la conseguenza che è da considerarsi inverosimile l’ipotesi di maggior valore accertato dall’Agenzia delle Entrate.
Infatti relativamente alla violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 67 e 68 per errata individuazione dell’anno di imposta, motivo di ricorso ritenuto assorbito dal Giudice di prime cure, la parte ha evidenziato, sul punto, che, trattandosi di cessione in permuta di cespiti immobiliari, la plusvalenza si concretizza al momento in cui sono realizzati e consegnati i beni da ricevere in permuta, con la conseguenza che non è l’anno d’imposta 2006 l’anno di competenza della eventuale maggiore plusvalenza tassabile, atteso che i beni non sono stati consegnati nel corso dell’anno 2006.
Alla luce di quanto sopra, per quanto concerne le spese di giudizio, stante la obiettiva controvertibilità delle questioni trattate appare equo compensare le spese di giudizio tra le Parti in considerazione dell’obiettiva incertezza delle questioni trattate relative alla sempre opinabile determinazione dei valori del mercato immobiliare.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello dell’Ufficio e conferma la sentenza impugnata. Spese compensate.
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