COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Cagliari sentenza n. 386 sez. 8 del 16 dicembre 2016
CESSIONE TOTALITARIA DI QUOTE – RIQUALIFICAZIONE IN CESSIONE D’AZIENDA – DIVERSA DISCIPLINA LEGALE E FISCALE DELLE DUE FATTISPECIE – NECESSITA’ DI PROVARE INTENTO ELUSIVO – ILLEGITTIMITA’ AVVISO DI ACCERTAMENTO
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con riferimento agli avvisi di liquidazione n. … per l’anno di imposta 2010 relativi al recupero a tassazione di imposta di registro, imposta ipotecaria, imposta catastale e sanzioni – comprensivo di sanzioni, interessi e compensi di riscossione -.
In opposizione ai predetti atti impositivi i contribuenti V.S. s.r.l. – K.I. A.G. – B. S.A. in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro-tempore, a mezzo dei propri difensori, presentavano ricorso alla CTP di Sassari chiedendo l’annullamento degli avvisi di liquidazione suddetti. L’Ufficio si costituiva prontamente in giudizio e, sostenendo la legittimità del proprio operato, contestava in toto le questioni poste dalla parte ricorrente e chiedeva il rigetto del ricorso.
La C.T.P. di Sassari pronunciava sentenza n. 751/02/2014, n. 752/02/14 e n. 753/02/2014 in data 8 luglio 2014 e respingeva il ricorso del contribuente. Specificamente, dopo aver esposto le ragioni delle parti della causa, il primo giudice riteneva:
– infondata la questione relativa alla carenza di legittimazione della K.I. essendo questa, in qualità di cessionaria, coobbligata in solido ex art. 57 DPR 131/86;
– infondata la questione relativa alla sostenuta violazione degli articoli 7 e 12 legge 121/2000 in materia di motivazione dell’atto e permanenza dei verificatori oltre i termini di legge (l’atto indicato nell’avviso impugnato, il p.v.c., sarebbe stato riportato con i dovuti richiami e per le parti determinanti);
– insussistenza della violazione ex art. 12 legge 212/2000;
– corretta applicazione da parte dell’Ufficio della norma antielusiva di cui all’art. 20 DPR 131/86, che avrebbe portato l’Ufficio a riqualificare la cessione di partecipazione come cessione di azienda immobiliare, con citazione di giurisprudenza al riguardo. Esponeva al riguardo che “dall’esame degli atti risulta che la K.I. detiene il 100% delle quote di V.S. che detiene il 100% delle quote di B. che possiede la villa in Costa Smeralda, località (omissis). B. è l’unico bene posseduto da V.S. L’operazione di cessione totalitaria da parte della s.r.l. V.S. delle quote di B. alla K. si è tradotta di fatto nella cessione dell’immobile essendo questo l’unico bene posseduto da B. Cita sentenze sul punto: sentenza n. 519 del 29 gennaio 2014 CTR Milano, sentenza n. 14150. Riprendeva ancora “nel DPR 131/86 non sono circoscritti normativamente i confini dell’elusione/abuso così da garantire maggiore certezza nel rapporto tra causa ed effetto di una specifica scelta economica ed evitare la possibilità da parte dell’Ufficio di disconoscere gli effetti giuridici di qualsivoglia negozio per il solo motivo che ad esso possa essere ricondotto un beneficio fiscale, tale da limitare il diritto dei contribuenti al legittimo affidamento ed alla certezza del diritto; ma nel caso in esame non possono sussistere dubbi trattandosi di cessione totalitaria di quote”. L’espressione di “V.S.” come “società senza impresa” non potrebbe essere presa in considerazione nella materia riferita all’imposta di registro ed inoltre non sarebbe pertinente il richiamo alla disposizione di cui all’art. 37 bis DPR 600/73. Le sanzioni sarebbero quindi state applicate in maniera corretta, con valutazione positiva della competenza territoriale in capo alla Direzione Regionale che si è pronunciata. Il giudice riteneva sussistere la competenza territoriale della CTP di Sassari, specificando che l’art. 27 D.L. 185/2008 non influisce sulla materia della competenza, ma attribuisce alla Direzione Regionale delle funzionalità specifiche con riguardo ad una ben determinata categoria di contribuenti. Riteneva infine irrilevante il richiesto e motivato parere richiesto alla Direzione Regionale da parte dell’Ufficio, trattandosi di un atto interno all’amministrazione.
Respingeva pertanto i ricorsi e compensava tra le parti le spese del giudizio.
Contro la sentenza n. 751/02/14, la sentenza n. 752/02/14, la sentenza n. 753/02/14 propongono appello i Contribuenti V.S. s.r.l. – K. A.G. – B. S.A. che, nel riproporre le eccezioni e le domande già proposte nel primo giudizio, espone i seguenti motivi:
– illegittimità della sentenza di primo grado per carente e contraddittoria motivazione;
– (per la sentenza emessa nei confronti di N.) in via preliminare illegittimità della sentenza per essere stato l’avviso di liquidazione notificato in violazione dell’art. 57 D.P.R. 131/1986, della carenza di legittimazione passiva dell’appellante;
– illegittimità della sentenza per essere stato l’avviso di liquidazione emesso in violazione degli artt. 7 e 12 della legge 212/2000 e dell’art. 24 legge n. 4/29 in riferimento alla mancata allegazione del PVC redatto a carico di altro soggetto;
– illegittimità della sentenza per essere stato l’avviso di liquidazione emesso in violazione dell’art. 12 legge 212/2000 sotto altro profilo e dell’art. 58 DPR 633/72 in riferimento alla omessa valutazione delle deduzioni difensive presentate dal contribuente;
– illegittimità della sentenza per essere l’avviso di liquidazione emesso in violazione dell’art. 12, comma 5, legge 212/2000 per essersi l’accertamento (effettuato nei confronti della società V.S.) protratto oltre il termine dei trenta giorni lavorativi;
– illegittimità della sentenza per essere stato l’avviso di liquidazione emesso in violazione dell’art. 20 DPR 131/86 in assenza dei presupposti legittimanti e sotto altro profilo;
– illegittimità della sentenza per essere l’avviso di liquidazione illegittimo per circostanze evidenziate dagli stessi verificatori. Della contraddittorietà del comportamento e delle motivazioni addotte dall’Ufficio;
-illegittimità della sentenza per mancata considerazione della richiesta di annullamento totale dell’atto in autotutela da parte dell’Agenzia delle Entrate odierna controparte;
– in subordine della illegittimità della sentenza per inapplicabilità delle sanzioni sulla base dell’art. 6 Dlgs 472/92 e per essere l’avviso di liquidazione illegittimo nella parte in cui vengono irrogate le sanzioni in assenza di motivazione e per incompetenza territoriale del soggetto che ha condotto la verifica fiscale a carico della società;
– necessità della condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese.
Si è costituita con proprie controdeduzioni l’Agenzia delle Entrate che, ritenendo completa la sentenza impugnata in tutte le sue parti e ritenendo sussistere nella sentenza validità di motivazione, ha replicato in modo dettagliato a tutte le questioni poste nei motivi di appello:
– in ordine alla illegittimità della sentenza di primo grado per carente e contraddittoria motivazione, ritiene che la sentenza sia stata motivata in modo chiaro e coerente;
– in ordine alla illegittimità della sentenza per essere stato l’avviso di liquidazione emesso in violazione degli artt. 7 e 12 della legge 212/2000 e dell’art. 24 legge n. 4/29 in riferimento alla mancata allegazione del PVC redatto a carico di altro soggetto, sostiene la validità dell’atto impositivo atteso che l’atto richiamato, seppur PVC redatto a carico della società V.S., sarebbe stato riprodotto nella motivazione nel suo contenuto essenziale, nel senso di indicazione degli elementi essenziali che assumono rilevanza ai fini dell’accertamento ed essendo stato il contribuente nelle condizioni di conoscere la pretesa tributaria in tutti i suoi elementi anche alla luce della efficace difesa effettuata;
– illegittimità della sentenza per essere stato l’avviso di liquidazione emesso in violazione dell’art. 12 legge 212/2000 sotto altro profilo e dell’art. 58 DPR 633/72 in riferimento alla omessa valutazione delle deduzioni difensive presentate dal contribuente, trattandosi, questa, di un’attività non disposta a pena di nullità;
– illegittimità della sentenza per essere l’avviso di liquidazione emesso in violazione dell’art. 12, comma 5, legge 212/2000 per essersi l’accertamento (effettuato nei confronti della società V.S.) protratto oltre il termine dei trenta giorni lavorativi, ritenendo tale assunto infondato in quanto la permanenza presso la società si sarebbe protratta solo per alcuni giorni ed il termine di trenta giorni è riferibile a quel dato e non al compimento delle operazioni di studio e verifica. Richiama circolari e giurisprudenza sul punto;
– illegittimità della sentenza per essere stato l’avviso di liquidazione emesso in violazione dell’art. 20 DPR 131/86 in assenza dei presupposti legittimanti e sotto altro profilo: richiamando quanto scritto dai verificatori “in data 28 aprile 2010 il socio unico di Villa sarda, K. Ha deliberato la cessione della partecipazione del 100% del capitale di B. a favore della stessa K. L’atto, qualificato come Convenzione per cessione di azioni prevede che K. acquisti l’intero pacchetto azionario per il prezzo di euro 13.500.000,00, il cui pagamento avverrà mediante compensazione del credito vantato dall’acquirente K. Nei confronti della venditrice V.S.” inoltre l’Ufficio fornisce un exursus con riferimento alle disposizioni di cui all’art. 10 DPR 633/72 in materia di iva, DPR 131/86 e specificamente art. 2 in materia di atti soggetti a imposta di registro, l’art. 23, in materia di modalità di calcolo e valutazione dell’imposta, art. 53 bis in materia di poteri dell’Amministrazione a ricostruire la reale operazione posta in essere dalle parti, con il risultato che la cessione delle quote di B. va a qualificarsi come cessione di azienda e/o immobile essendo questa l’unica proprietà immobiliare gestita dallo stesso in Sardegna, con il conseguente obbligo di pagamento di imposta di registro proporzionata al valore del bene o dell’atto, l’art. 20 che contribuisce a definire il presupposto e l’oggetto dell’imposta di registro in quanto prevede che “l’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”, ritenendo quindi che l’imposta di registro è legata agli effetti prodotti dagli atti soggetti a registrazione e non alle formalità di registrazione in sé considerate”; l’art. 20 assumerebbe la funzione di norma generale antielusiva nell’ambito dell’imposta di registro similmente a quanto operato dall’art.37 bis DPR 600/73 per le imposte dirette, avrebbe pertanto anche carattere estensivo. Richiama giurisprudenza sul punto. Elabora inoltre il combinato disposto di cui agli artt. 20 e 53 bis DPR citato, alla luce dei poteri dell’amministrazione di meglio enucleare l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti sottoposti a registrazione così da tassarli secondo ius, non sussistendo pertanto alcun dubbio che sul fatto che la reale volontà delle parti sia stata quella di cedere l’azienda costituita dall’immobile V.S.”, con il conseguente scopo di evitare la tassazione proporzionale della cessione del bene di cui la B. è proprietaria;
– illegittimità della sentenza per essere l’avviso di liquidazione illegittimo per circostanze evidenziate dagli stessi verificatori e della contraddittorietà del comportamento e delle motivazioni addotte dall’Ufficio: le considera totalmente priva di fondamento;
– illegittimità della sentenza per mancata considerazione della richiesta di annullamento totale dell’atto in autotutela da parte dell’Agenzia delle Entrate odierna controparte. In questo caso l’Ufficio non avrebbe alcun obbligo di motivare e/o fornire spiegazioni in ordine alle ragioni dell’istanza di autotutela di fronte al quale la Direzione Regionale Sardegna ha espresso parere sfavorevole all’annullamento dell’avviso di liquidazione di cui si discute;
-in subordine della illegittimità della sentenza per inapplicabilità delle sanzioni sulla base dell’art. 6 Dlgs 472/92 e per essere l’avviso di liquidazione illegittimo nella parte in cui vengono irrogate le sanzioni in assenza di motivazione e per incompetenza territoriale del soggetto che ha condotto la verifica fiscale a carico della società: le sanzioni si ritengono validamente irrogate e motivate nei loro presupposti;
– necessità della condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese: si valuta tale richiesta pretestuosa.
Considera inoltre legittime le sanzioni applicate anche in virtù della gravità e della fondatezza delle violazioni riscontrate.
Conclude come sopra per il rigetto dell’appello
Agli atti ordinanza della CTR del 12 ottobre 2015 di accoglimento dell’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato con fissazione del merito della controversia per l’udienza del 14.12.2015, con successivo rinvio per l’udienza del 22 febbraio 2016 e con discussione delle parti in pubblica udienza.
Con deposito di ulteriori memorie da parte dei contribuenti in data 16 febbraio 2016.
Alla pubblica discussione gli appellanti V.S. s.r.l. – K. A.G. – B. S.A. sono rappresentati dall’avv. A.T. mentre l’Ufficio è rappresentato dal Dott. F.M. e dal Dott. G.M.. Il relatore espone i fatti e le questioni della controversia, quindi il Presidente ammette la parti presenti alla pubblica discussione; queste, come da verbale di udienza, insistono rispettivamente sulle deduzioni e conclusioni in atti.
L’appello deve essere accolto. Preliminarmente la CTP così come correttamente esposto nella parte motiva della sentenza ha valutato in maniera dettagliata tutte le prime questioni proposte da parte ricorrente è le questioni affrontate in sede di controdeduzioni dall’Ufficio.
Analogamente si pronuncia questo collegio relativamente agli aspetti della controversia inerenti:
– la sussistenza di legittimazione passiva in capo alla società B. essendo questa società stata comunque coinvolta nel contesto dell’intera operazione societaria;
– con riferimento alla mancata allegazione del p.v.c., il primo giudice ha correttamente ritenuto che la motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale (evento di fatto avvenuto nel caso di specie con testuale riproduzione di parte del p.v.c. nell’atto notificato alle parti). L’accertamento è nullo se non sono osservate le presenti disposizioni (cfr. artt. 7 e 12 Legge 212/2000, art. 52, c. 2 bis DPR 131/1986);
– con riferimento all’eccepita illegittimità della sentenza per essere stato l’avviso di liquidazione emesso in violazione ex art. 12 legge 212/2000 e 56 DPR 633/1972 (omessa valutazione delle deduzioni difensive presentate dal contribuente): si ripete che la predetta invocata violazione non sussiste anche in particolare per la parte dei contribuenti che non sarebbero stati sottoposti a verifica, atteso che i predetti non avrebbero potuto presentare alcuna memoria difensiva relativamente all’accertamento. Si evidenzia comunque che l’Ufficio riteneva in ogni caso prive di contenuto sostanziale quanto dedotto dalla parte con riguardo alla posizione della società V.S.;
– con riferimento al motivo relativo all’illegittimità della sentenza per essere stato l’avviso di liquidazione emesso in violazione dell’art. 12, c. 5, legge 212/2000, si ritiene tale assunto infondato in quanto la permanenza presso la società si sarebbe protratta solo per alcuni giorni ed il termine di trenta giorni, è riferibile a quel dato e non al compimento delle operazioni di studio e verifica. Ci si riporta alle circolari ed alla giurisprudenza già richiamata sul punto; si ritiene inoltre desistere la competenza territoriale della CTP di Sassari, specificando che l’art. 27 D.L. 185/2008 non influisce sulla materia della competenza, ma attribuisce alla Direzione Regionale delle funzionalità specifiche con riguardo ad una ben determinata categoria di contribuenti. Con riferimento al richiesto e motivato parere richiesto alla Direzione Regionale da parte dell’Ufficio, e trattandosi di un atto interno all’amministrazione, lo stesso non si pone come vincolante per l’Ufficio emittente che, per la ragioni di opportunità e di orientamento dello stesso Ufficio, potrebbe ben decidere di disattenderlo.
In maniera differente deve invece valutarsi la ricostruzione della presente vicenda processuale con riguardo alla qualificazione giuridica dell’atto intervenuto tra le parti con la conseguente e necessaria conclusione di pronunciarsi per l’annullamento dell’avviso di liquidazione originariamente impugnato.
L’art. 20 DPR 131/86 in materia di applicazione di imposta e interpretazione degli atti recita “1’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presenti alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
Disciplina in materia di imposta di registro concernente la cessione di partecipazioni (azioni/quote) e la cessione di azienda si evidenzia che:
– la cessione di azioni o quote è esente da IVA ex art. 10 n. 4 D.P.R. 633/72 e di cui al R.D. 3278/1923 la cessione di azioni o quote non è più soggetta ad alcun altro tributo indiretto, salvo l’imposta di registro in misura fissa. L’art. 8 della Tabella allegata al DPR 131/86 sull’imposta di registro include tra gli atti per cui non vi è l’obbligo di richiedere la registrazione “atti, documenti, relativi, …, alla compravendita di azioni”. Per la cessione di aziende esistenti in Italia: l’operazione ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. b) DPR 633/72, non è soggetta ad iva e pertanto, per il principio di alternatività tra IVA e imposta di registro (cfr. art. 5 e art. 40 del DPR 131/86), è soggetta a registrazione in termine fisso, e cioè entro 20 giorni (o 60 se l’atto è firmato all’estero) dalla stipula del contratto (art. 13, comma 1 DPR 131/86). Ed ancora l’art. 2 D.P.R. 131/86: sono soggetti a imposta gli atti formati all’estero, compresi quelli dei consoli italiani, che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello stato e quelli che hanno per oggetto la locazione o l’affitto di tali beni.
Bisogna, ad oggi, anche tenere conto dell’intervenuta modifica legislativa al riguardo che, verosimilmente avrebbe recepito oltre che cercato di risolvere gli ultimi orientamenti e/o contrastanti orientamenti giurisprudenziali, in particolare in forza dell’art. 1 D.lgs. 128/2015 – Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente – l’introduzione dell’art. 10 bis in materia di “disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale” che recita: “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni. A tal fine si considerano: a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato; b)vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”.
“Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”.
Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.
… in materia di interpello e chiarimenti. Ed ancora:
“Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l’abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto.
L’amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio, in relazione agli elementi di cui ai commi 1 e 2. Il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3.
… (ancora) in sede di accertamento l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie.
Riprendendo in materia di applicazione di imposta di registro l’art. 20 DPR 131/1986 – interpretazione degli atti -: “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente” e preso atto di tale disposizione, l’Ufficio, avrebbe, previa individuazione di comportamento antielusivo del contribuente, ed interpretando gli atti così intervenuti tra le parti, riqualificato l’atto di cessione di quote, come atto di cessione di azienda immobiliare, quanto l’avvenuta cessione totalitaria delle quote societarie avrebbe comportato di fatto la cessione dell’immobile V.S. da V.S. – detentrice delle quote B. alla società K.
Anche a non voler utilizzare nel corso della motivazione la intervenuta modifica legislativa al riguardo, ciò non appare comunque negozialmente avvenuto atteso che, di contro, sarebbe stata realizzata dalle parti una sola operazione legittima e giustificabile dal punto di vista aziendale e fiscale: la società V.S. cede in toto le quote della società B. alla società K., non la V. e/o l’immobile che, con nominativo fuorviante chiamasi pur essa “V.S.” in quanto, di fatto e di diritto non ne sarebbe proprietaria, con la necessaria conseguenza che non avrebbe potuto procedere alla cessione immobiliare.
Pertanto l’Ufficio, basandosi esclusivamente sulle risultanze del p.v.c. redatto dai funzionari della Direzione Regionale Sardegna che avrebbero riqualificato ai sensi dell’art. 20 D.P.R. 131/1986 l’atto di cessione totalitaria di quote eseguita nell’anno 2010 dalla società V.S. alla Società K.I. inquadrandolo come atto di cessione di azienda, con la conseguenza di assoggettamento dello stesso ad imposta di registro, catastale ed immobiliare in misura proporzionale e non fissa (come invece avviene per la cessione e/o trasferimento di quote).
Tenuto conto di quanto stabilito nella disposizione di cui all’art. 20 D.P.R. 131/1986 (l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente) e tenuto conto del fatto che nel p.v.c. richiamato non si faccia cenno a precedenti conferimenti di azienda nelle società le cui quote di partecipazione hanno formato oggetto di cessione, è difficile procedere a riqualificare delle mere cessioni di quote di partecipazione in società di capitali, seppur totalitarie, in contratti di cessione di azienda o ramo di azienda.
Ed infatti si tratta di due fattispecie distinte sul piano giuridico, ove le parti contraenti operano la scelta tra cedere le quote seppur in modo totalitario o cedere l’azienda, senza per questo dover necessariamente configurare un intento elusivo che, sempre necessariamente, nel caso di specie, dovrebbe essere provato dall’Amministrazione finanziaria. Preso quindi atto che sussiste un diverso regime impositivo per le due operazioni astrattamente realizzabili dal contribuente, bisogna anche tenere conto delle scelte della compagine sociale e del risultato e degli effetti voluti dalla parti con quel negozio giuridico, tenuto anche conto del fatto che il legislatore disciplina le due ipotesi negoziali e le conseguenze impositive delle stesse: tassazione fissa per una – cessione di quote – e tassazione proporzionale per l’altra – tassazione proporzionale -.
Nella cessione di partecipazioni societarie (art. 11 Tariffa, Parte Prima, DPR 131/1986) il legislatore ha previsto l’assoggettamento a misura fissa, mentre nella cessione di azienda pur a fronte di un indice contributivo che può essere il medesimo di quello della cessione dell’intera partecipazione, ha previsto un calcolo dell’imposta in maniera proporzionale.
Tenuto conto pertanto del combinato disposto di tutte le norme richiamate, si evidenzia che sempre trattandosi di due figure negoziali assai diverse per natura ed effetti giuridici contabili, gestionali e fiscali, l’Amministrazione fiscale, nella ricerca della forma apparente e nella valutazione degli intenti elusivi, non potrebbe comunque trasformare e invertire la natura di un atto negoziale, riqualificandolo ai fini fiscali, ma snaturandolo da quella che è la volontà della parti nella libertà delle scelte aziendali e societarie. Pertanto l’adozione della scelta di cessione di partecipazioni comporta delle differenze contabili, legali e fiscali precise e distinte rispetto alla cessione di azienda, soprattutto ed anche in termini di responsabilità (es. responsabilità in solido del cedente per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili a precise annualità, limiti di responsabilità del cessionario, etc. ex art. 11 Dlgs 427/1997).
Con la conseguenza che non potendosi operare una tale riqualificazione, l’Ufficio non può, individuando erroneamente una intento elusivo della corretta tassazione dell’atto, procedere a tassare con l’imposta di registro proporzionale dei meri atti di cessione di quote sociali anche se totalitarie, con la conseguente e necessaria irrogazione di sanzioni.
In ogni caso, se ciò di fatto fosse avvenuto, l’Ufficio avrebbe dovuto dimostrare sia la natura dell’atto sottoposto al controllo sia i suoi effetti giuridici, cioè che le parti non avrebbero voluto compiere una cessione di quote ma una cessione di azienda immobiliare con la conseguente produzione di effetti giuridici della stessa. Il profilo oggettivo, che l’interprete deve andare a valutare deve riguardare gli effetti e la natura dell’atto negoziale posto in essere, senza comunque che l’amministrazione fiscale possa sindacare la natura della ragioni economiche, essendo, nel caso, necessario verificare l’esistenza di un vantaggio fiscale che costituisca lo scopo predominante ed assorbente dell’operazione posta in essere, potendo quindi disconoscere gli effetti fiscali derivanti dagli accordi contrattuali, con la conseguenza che la prova del disegno elusivo spetta all’Amministrazione fiscale (cfr. Sentenza Cass. Sez. Trib. n. 20030/2010, Sentenza Cass. Sez. Trib. n. 1371/2011).
In particolare la Commissione, dopo attenta lettura degli atti ed a seguito di discussione in pubblica udienza sia in fase di sospensiva sia in fase di discussione, ritiene di dover annullare le sentenze impugnate ed relativi avvisi di liquidazione dell’imposta e relativa irrogazione delle sanzioni. Alla luce della richiesta avanzata in tema di condanna della parte soccombente ad una somma di denaro ex art. 96 c.p.c. – pagamento di quota equitativamente determinata dal giudice -, la Commissione ritiene di non dover provvedere alla ulteriore condanna della parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata, avuto riguardo al contrasto di valutazioni operato dai doversi Uffici dell’Amministrazione Finanziaria e tenuto conto della complessità della vicenda processuale che si esponeva differenti interpretazioni giuridiche e processuali.
La commissione ravvisa comunque giusti motivi per condannare la parte soccombente ad euro 6.000 (seimila) di spese del giudizio avuto riguardo al valore della lite ed alla complessità della controversia.
P.Q.M.
A scioglimento della riserva in data 22 febbraio 2016, riforma la sentenza n. 751/02/14, emessa dalla Commissione Provinciale di Sassari in data 8 luglio 2014, e per l’effetto annulla l’avviso di liquidazione impugnato. Condanna la parte soccombente alle spese del giudizio che liquida in euro 6.000 (seimila).
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