COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE CAMPANIA – Ordinanza 01 ottobre 2018
Imposte e tasse – Tributi erariali e locali – Notificazione della cartella di pagamento – Notificazione diretta tramite il servizio postale eseguita dagli uffici finanziari o dagli enti locali nonché dagli enti concessionari della riscossione – Mancata applicazione delle modalità di notificazione, in particolare per la fase di consegna, previste dalla legge n. 890 del 1982, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 1, co. 461, della Legge n. 205 del 2017. – Art. 26, co. 1, seconda parte del DPR n. 602 del 1973 – Art. 14, Legge n. 890 del 1982, come modificato dall’art. 20 della Legge n. 146 del 1998 – Art. 1, co. 161 della Legge n. 296 del 2006
Premesso
che oggetto dell’appello è la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli sezione 29ª n. 3745/2017, che ha accolto parzialmente il ricorso del contribuente G. A. avverso intimazione di pagamento n. 07120159088282133000, fondata su varie cartelle esattoriali, nella parte in cui veniva richiesto il pagamento anche di ruoli per tributi recate da cartelle – in ricorso specificatamente indicate – asseritamente non notificate, domandando per queste l’annullamento della intimazione per difetto della notificazione dell’atto prodromico, ossia delle cartelle esattoriali indicate ed altresì relativa ritenuta formazione di decadenze e/o prescrizioni;
che la sentenza appellata innanzi indicata ha accolto il ricorso «in parte, nei sensi di cui alla motivazione» (dispositivo sentenza appellata);
che la motivazione della sentenza, integrante il dispositivo, così ha statuito (dalla sentenza appellata): «Ritenuto che il ricorso debba essere accolto con riferimento alla cartella n. 07120130027104450000 e 07120133005726041100, in quanto dalla copia della notifica depositata in atti da Equitalia emerge che le stesse sono state notificate a familiari conviventi e non seguite dalla successiva notifica al ricorrente (sulla nullità della cartella di pagamento notificata da Equitalia mediante spedizione diretta della raccomandata postale, qualora il plico sia stato consegnato a persona diversa dal destinatario ed a quest’ultimo non sia stata trasmessa l’ulteriore raccomandata recante comunicazione di avvenuta notificazione, cfr. CIP Campobasso n. 68/2016)»;
che dunque il parziale accoglimento è fondato dalla sentenza appellata sulla circostanza della mancata comunicazione a mezzo raccomandata della cd. CAN (prevista in via generale per le notificazioni a mezzo posta in caso di consegna a persona diversa dal destinatario, ex art. 7 legge n. 890/1982 testo vigente al tempo delle notificazioni, avvenute rispettivamente il 6 febbraio 2013 e il 27 marzo 2013);
che l’Agenzia delle entrate Riscossione – successore ope iuris nel munus di Equitalia Riscossione Servizi S.p.a. – ha interposto appello avverso la sentenza innanzi indicata, affidandolo ad un unico motivo, in forza del quale, premesso in fatto (peraltro così come riconosciuto dalla stessa sentenza appellata) che la notificazione delle due cartelle era avvenuta a mezzo posta raccomandata a.r. diretta (cioè senza intermediazione di ufficiale notificatore) ex art. 26 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 testo vigente anche all’epoca, lamenta la violazione di legge, perché la sentenza avrebbe richiesto un adempimento non previsto dalla fattispecie astratta in relazione alla detta forma di notificazione, ed invoca la granitica giurisprudenza della Corte di cassazione in funzione nomofilattica sul punto;
che l’appellato contribuente, benché ritualmente intimato, è rimasto assente in questo grado;
precisato che la giurisdizione è tributaria, in quanto le pretese di cui all’intimazione relazionate ai ruoli recati dalle due cartelle innanzi indicate sono riferite a ruoli per tributi (tassa auto e TARSU);
rilevato che effettivamente, come del resto già riconosciuto dal Giudice di primo grado, la notificazione delle due innanzi dette cartelle è avvenuta – come indiscutibilmente emerge dalla documentazione depositata dal concessionario in primo grado – a mezzo posta raccomandata a.r. diretta, cioè senza l’intermediazione di ufficiale notificatore;
Considerato
che rispetto alla detta situazione di fatto, stando alla giurisprudenza della suprema Corte di cassazione (costituente diritto vivente, cfr. di seguito) deve ritenersi – ai sensi dell’art. 1, comma 161, legge n. 296/2006 (per il tributo locale) e dell’art. 14, comma 1, primo periodo, prima parte, legge n. 890/1982 (per i tributi erariali regionali) e nello specifico, in relazione all’atto notificato (cartella esattoriale) per l’art. 26 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 – esistente valida e regolare la notifica di ciascuna delle cartelle perché avvenuta direttamente a mezzo posta, dovendosi applicare le disposizioni in materia di regolamento postale per gli atti a firma (nella specie, ratione temporis, decreto ministeriale 1° ottobre 2008, art. 27, che non pone alcun ordine e che consente la consegna anche direttamente al portiere senza alcuna ricerca del destinatario) e non quelle della notificazione a mezzo posta nella forma di cui alla legge n. 890/1982 (testo ante legge n. 205/2017), e dunque non necessaria né la specificazione della attività di ricerca del destinatario e della attestazione espressa di sua effettiva constatata precaria assenza, né, soprattutto per quello che qui interessa, l’invio di raccomandata di comunicazione di avvenuta notificazione, così come disposto dall’art. 7 ult. comma, legge n. 890/1982 (nel testo vigente all’epoca), nel caso di consegna a persona diversa dal destinatario;
che tale infatti è il consolidato indirizzo delle suprema Corte di cassazione (ex multiis, ordinanza n. 14196/2014) che proprio sul punto specifica «Ai fini che qui importano occorre rammentare che l’art. 60 decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973, che riguarda direttamente le imposte sui redditi ma è specificamente richiamato anche ai fini dell’imposta di registro, per quel che qui specificamente rileva – art. 52 decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986 – prevede che la notificazione è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti codice di procedura civile, e che i compiti dell’ufficiale giudiziario sono svolti «dai messi comunali o dai messi autorizzati dall’ufficio».
Orbene, si è affermato da Cassazione n. 9111/2012 che la legge n. 890/1982 regola esclusivamente la notifica (ex art. 149 c.p.c.) eseguita dall’ufficiale giudiziario, non altre forme di notifica, in particolare non quelle previste dalle singole leggi di imposta nonché dal decreto legislativo n. 546 del 1992, art. 16, comma 3 («le notificazioni possano essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento»). Si è quindi ricordato che (sentenza 28 luglio 2010, n. 17598) «a decorrere … dal 15 maggio 1998 (data di entrata in vigore della … legge n. 146 del 1998), è stata concessa agli uffici finanziari la facoltà di provvedere direttamente alla notifica degli atti al contribuente mediante spedizione a mezzo del servizio postale (Cass. n. 15284 del 2008)»: «ciò significa che, così come è stabilito per la notifica degli atti processuali dal decreto legislativo n. 546 del 1992, art. 16, comma 3, il notificante è abilitato alla notificazione dell’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ferma restando, ovviamente, quella dell’ufficiale postale), e, quindi, le modalità di notificazione semplificata, alle quali, pertanto, non si applicano le disposizioni della legge n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali autorizzati), bensì le norme concernenti il servizio postale ordinario (cfr., in materia di contenzioso tributario, Cassazione numeri 17723 del 2006 e 1906 del 2008; in tema di tributi locali, Cassazione n. 2690 del 2002)» – cfr. Cassazione n. 272/2014, conf. Cassazione 1207/2014 -. Ne consegue che, quando l’ufficio finanziario si sia avvalso della facoltà di notificazione a mezzo posta, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982 (Cass. 17598/2010 in tema di validità della notifica con raccomandata non ritirata presso l’ufficio postale, senza che ad essa fosse seguito l’invio della raccomandata informativa previsto dalla legge n. 890 del 1990, art. 8). Non appaiono dunque pertinenti le censure relative alla mancata osservanza dell’ordine dei soggetti ai quali effettuare la notifica o l’assenza del mancato inoltro della raccomandata al destinatario in caso di consegna al portiere – Cassazione n. 19771/2013-. Del resto, la diversità di disciplina fra notifiche a mezzo posta e a mezzo di ufficiale giudiziario è in linea con quanto più volte affermato dalla Corte costituzionale, avendo il legislatore disciplinato la notificazione a mezzo posta e quella eseguita con il tramite dell’ufficiale giudiziario in modo diverso «nel ragionevole esercizio della discrezionalità che gli appartiene» (sentenza n. 17 del 2011), trattandosi di situazioni differenti tra loro (ex multiis, Corte cost. n. 43/2010, n. 131/2007; Corte cost. n. 130/2011).»;
che tale indirizzo è stato confermato da ultimo tra le altre da:
Cassazione n. 14501 del 2016: «in tema di notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 890 del 1982, l’avviso di accertamento o liquidazione senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge citata attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 codice di procedura civile. Ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 del codice civile, superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato nella impossibilità senza sua colpa di prenderne cognizione»;
da Cassazione n. 1304 del 2017: «che l’unico motivo, di “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 25 e 26 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, 60 decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973, 140 codice di procedura civile in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”, è manifestamente fondato: infatti, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del comma 1 dell’art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati (in tali espressi termini: Cassazione 19 marzo 2014, n. 6395; Cassazione 6 marzo 2015, n. 4567; Cassazione 15 giugno 2016, n. 12351, che specifica altresì che la notificazione della cartella di pagamento è disciplinata dall’art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 anche dopo la modificazione apportata a quest’ultima norma con l’art. 12 del decreto legislativo n. 46 del 1999, sicché la notifica può essere eseguita direttamente da parte dell’esattore mediante raccomandata con avviso di ricevimento); – che pertanto (in termini: Cassazione, ordinanza 13 giugno 2016, n. 12083), qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982, sicché va cassata la sentenza .con cui il giudice di merito ha ritenuto invalida la notifica della cartella sull’erroneo presupposto che, non essendo stata ricevuta dal destinatario personalmente, occorresse l’invio di una seconda raccomandata;»;
che dunque – applicando il detto indirizzo nomofilattico – dal combinato disposto tra l’art. 1, comma 161, legge n. 296/2006 e art. 14, comma l, prima parte, legge n. 890/1982 e art. 26 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 deriva che non è applicabile al caso in esame – notifica diretta da parte dell’ente concessionario – l’art. 7, legge n. 890/1982, con la conseguenza che non è necessaria l’attestazione dell’agente postale della precaria assenza del destinatario e in via successiva degli altri soggetti; che è sufficiente la consegna al familiare (o anche al portiere) e, specie per quanto qui rileva ai fini del decidere – consegna a familiare, cioè a persona diversa dal destinatario-, non necessaria la raccomandata cd. CAN, prevista dall’ultimo comma dell’art. 7, legge n. 890/1982 nel testo all’epoca vigente;
che invece, come è noto, se la notificazione a mezzo posta avviene per ufficiale giudiziario, messo comunale o speciale, trovano applicazione integralmente le modalità di notificazione di cui alla legge n. 890/1982 ed in particolare l’art. 7 (per la fattispecie nel testo all’epoca vigente, cfr. di seguito sugli effetti della modifica introdotta dalla legge n. 205/2017) che stabilisce l’ordine e i presupposti delle persone cui consegnare il plico e che l’agente postale ha l’onere di ricercare nonché, in caso di consegna a persona diversa dal destinatario – per ciò che qui interessa specificatamente – la necessaria integrazione della fattispecie legale con la spedizione di raccomandata di comunicazione di avvenuta notificazione (cd. CAN);
Ritenuto
che applicando quanto innanzi, nel caso [notificazione delle cartelle presupposte recanti ruoli (atto impositivo) avvenuta direttamente dal Concessionario tramite il servizio postale], dovrebbe considerarsi la esistente valida e regolare notificazione per le due cartelle presupposte l’atto impugnato, in quanto notificate a familiare convivente (rispettivamente nipote e figlia) e dunque accogliersi l’appello;
che tuttavia la Sezione dubita della legittimità costituzionale delle dette disposizioni, che, privilegiando (art. 14, comma 1, prima parte, legge n. 890/1982) e comunque consentendo la scelta dell’Ente impositore o degli Uffici Finanziari o concessionari di riscossione (art. 1, comma 161, legge n. 296/2006 e sempre art. 14, comma 2, legge n. 890/1982 e nello specifico, art. 26, comma 1, seconda parte, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973), prevedono una forma di notificazione degli atti impositivi, e nella specie le cartelle esattoriali (art. 26 cit.), senza le garanzie nella fase di consegna del plico previste (all’epoca) dalla legge n. 890/1982 per le notificazioni a mezzo posta effettuate dall’Ufficiale giudiziario, dal messo comunale o speciale, sicché la proponendo questione di illegittimità è pienamente rilevante nel caso in esame, atteso che la eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni innanzi dette – ed in particolare del più volte citato art. 26, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 – nella parte in cui non prevedono che in caso di consegna del plico postale a persona diversa dal destinatario non trovi applicazione l’ultimo comma dell’art. 7, legge n. 890/1982 nel testo all’epoca vigente, comporta la diversa obbligata decisione di rigetto dell’appello;
che non si può obiettare che, nel caso, la parte contribuente non si sia costituita in secondo grado, e quindi non abbia riproposto la questione della nullità della notificazione, atteso che, essendo stata accertata la nullità in primo grado, il grado di appello verte essenzialmente sulla correttezza o meno della decisione del giudice di primo grado, che sarebbe errata alla stregua della regola giuridica applicabile ed invece corretta nel caso appunto in cui venisse dichiarata la illegittimità costituzionale;
che infatti la declaratoria di illegittimità costituzionale delle dette disposizioni – ed in particolare dell’art. 26 più volte citato decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 -, nella parte in cui non prevedono che anche nel caso di notificazione diretta da parte dell’Ufficio finanziario o dell’Ente impositore o concessionario per la riscossione trovano applicazione le disposizioni di cui alla legge n. 890/1982 ed in particolare l’art. 7 detta legge, implicherebbe una diversa valutazione dell’appello, essendo pacifico che non vi è stata la spedizione della raccomandata cd. CAN, che costituisce elemento integratore della stessa fattispecie legale di esistenza ai sensi dell’art. 7, ult. comma, legge n. 890/1982 nel testo vigente al momento della notificazione delle cartelle (l’avvenuta consegna ai familiari risulta processualmente attestato -come anche accertato dal giudice di primo grado, ammesso in appello dallo stesso ente concessionario appellante e comunque risultante dagli atti – per le due innanzi dette cartelle);
che pertanto l’esito della controversia all’esame dipende dalla applicazione delle disposizioni innanzi dette sospette di illegittimità costituzionale;
considerato che la Sezione dubita della legittimità costituzionale delle dette disposizioni per violazione degli articoli 3, 24, 97 e 111 Cost. nonché in relazione all’art. 11 Cost. e 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Non va certo ricordato (ma occorre farlo per evitare la inammissibilità della questione) alla Corte costituzionale che la notificazione di un atto unilaterale (giudiziario o sostanziale non importa) è richiesta dall’ordinamento ogni qual volta sia necessario avere certezza giuridica di conoscenza, ossia della probabile conoscenza, da parte del destinatario, non ritenendosi sufficiente la mera conoscibilità. Per questo, la notificazione è procedimentalizzata, di regola con l’intervento di un pubblico ufficiale (ufficiale giudiziario, messo comunale o speciale) specificatamente abilitato, e con specificazione dettagliata delle attività da compiere in sede di consegna, al compimento solo delle quali può legalmente presumersi l’avvenuta conoscenza. Vi è cioè una distinzione sistematica della rilevanza della conoscenza degli atti unilaterali: per la generalità degli atti unilaterali è sufficiente la conoscibilità, derivata in via presuntiva semplice legale relativa dall’oggettivo dato che l’atto sia pervenuto all’indirizzo del destinatario (art. 1334 e 1335 c.c.); per alcune tipologie di altri atti, invece, l’ordinamento richiede una probabilità di conoscenza maggiore, che si qualifica di certezza giuridica, ancorandola pertanto a dati fattuali ulteriori relativi alla fase di consegna, ossia in primis la consegna diretta e quindi, in mancanza, ad una serie di attività, a secondo i casi (precaria assenza, irreperibilità ecc.), essenziali. Solo il compimento di queste attività essenziali rende possibile una presunzione legale assoluta iuris et de iure di avvenuta conoscenza. Ed infatti, la certezza della conoscenza derivante dalla notifica può essere oggetto di reclamo da parte del destinatario solo ed esclusivamente o con querela di falso diretta a dimostrare la falsità di quanto risultante dalla relata e atti conseguenti ovvero denunciando la inesistenza o nullità per omesso o invalido compimento delle attività previste dal procedimento notificatorio (il che significa ritenere inidonea la notifica alla conoscenza legale «certa» – giuridica – per l’assenza o nullità di un elemento costitutivo della fattispecie legale di formazione), ma non potrà mai essere ammesso a denunziare il semplice dato della non diretta consegna o della non conoscenza (neppure) senza sua colpa. Del resto, mentre nel caso di notificazione sia per le disposizioni del codice di procedura civile che per la legge n. 890/1982 il dato che l’atto sia pervenuto all’indirizzo del destinatario costituisce un presupposto ma non integra la fattispecie legale, essendo appunto necessaria una attività specifica alla consegna diretta o a persona abilitata a cui segue, in caso di notifica a mezzo posta con consegna a persona diversa dal destinatario, la spedizione della CAN (e per gli atti tributari in generale la spedizione della CAN anche per consegna a mani da parte di messo a persona diversa del destinatario, cfr. art. 60, comma 1, lettera b-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973), nella comunicazione degli atti unilaterali invece è quello il mero dato di presunzione semplice, cioè la prova che l’atto sia pervenuto all’indirizzo del destinatario in qualsiasi forma. In definitiva la distinzione non è solo formale ma decisamente sostanziale: la notificazione è un procedimento diretto ad assicurare la certezza giuridica della (effettiva) conoscenza; la comunicazione assicura invece la mera conoscibilità dell’atto, essendo ancorata ad un dato di fatto che non implica la conoscenza (l’art. 1335 del codice civile è tecnicamente preciso: discorre di «notizia» dell’atto, non conoscenza), ma la conoscibilità (tanto che la prova liberatoria del destinatario riguarda la impossibilità assoluta e senza sua colpa di averne notizia).
Da questo sistema appare evidente che l’art. 14, comma 1, primo periodo, prima parte, legge n. 890/1982 come vigente a seguito della legge n. 146 del 1998 (art. 20), e l’art. 1, co. 161/2006 e nello specifico l’art. 26, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 – prevedendo una forma di notificazione a mezzo posta raccomandata normale, senza le garanzie di consegna previste all’epoca dall’art. 7, legge n. 890/1982 per rendere la certezza giuridica della conoscenza – in effetti considerano sufficiente la presunzione semplice e non assoluta per la comunicazione dell’atto impositivo. In effetti non richiedono più la notificazione, intesa come forma legale di avvenuta certa giuridica conoscenza, ma la mera avvenuta conoscibilità presunta semplicemente (cfr. la di seguito riportata motivazione della suprema Corte di cassazione n. 1980/2015 e Cassazione n. 10245/2017). Invero, non richiedono più la notificazione intesa come procedimento che porta alla conoscenza legale certa, ma di fatto la mera comunicazione, elevando a forma di notificazione, sul piano solo nominalistico, presunzioni semplici di conoscibilità che non corrispondono alla prima che è presunzione legale iuris et de iure di conoscenza. Ora, la scelta sul se sia necessaria o meno la notificazione di un atto è certamente nella discrezionalità del legislatore [è a questo che in sostanza si è riferita la Corte costituzionale nell’inciso «nel ragionevole esercizio della discrezionalità che gli appartiene» contenuto nella sentenza n. 17/2011 riportato dalla Corte di cassazione nella innanzi citata ordinanza n. 14196/2014], che tuttavia deve pur sempre essere esercitata ragionevolmente.
Quindi il primo motivo di censura di legittimità costituzionale delle disposizioni denunziate consiste proprio nella irragionevolezza manifesta della degradazione di fatto della notificazione dell’atto impositivo o riscossivo, se eseguito a mezzo posta diretta, alla mera comunicazione: ossia in una sostanziale elusione dell’obbligo di notifica, cioè di portare a conoscenza mediante un procedimento che garantisca la giuridica certezza di conoscenza, degradato alla mera conoscibilità così annullando, mediante elusione, l’obbligo di notificazione.
L’atto di accertamento tributario e il ruolo sono innanzitutto atti sostanziali idonei ad incidere sulla sfera patrimoniale del soggetto destinatario (tutelata costituzionalmente ex art. 23 Cost.) in modo diretto. Poiché sono assistiti dall’istituto della idoneità a divenire inoppugnabili per mancata impugnazione in un termine decorrente appunto dalla «notificazione» (art. 21, decreto legislativo n. 546/1992), sono potenzialmente definitivi. Sono inoltre anche atti a valenza processuale, poiché, per la struttura impugnatoria del processo tributario (cosi costruito in riferimento all’attitudine a divenire definitivi degli atti impositivi), essi si pongono come provocatio ad opponendum, che, senza alterare le posizioni sostanziali delle parti nel processo, ne implica la necessità di introduzione giudiziale in capo al soggetto destinatario.
Ne deriva che non può ragionevolmente escludersi la necessità di notificazione, cioè della applicazione di un procedimento che porti con adeguata garanzia alla certezza giuridica della conoscenza, proprio per la massiva e diretta incidenza e le conseguenze sfavorevoli nonché preclusive del ricorso al giudice, che derivano dalla conoscenza dell’atto, la quale pertanto deve essere legalmente certa. Del resto la necessità di notificazione di detti atti è prevista da tutte le singole leggi di imposta, a pena di decadenza, e per i ruoli, in generale, dall’art. 21, comma 1, secondo periodo, decreto legislativo n. 546/1992.
Dunque, alla Sezione appaiono illegittime costituzionalmente per violazione dell’art. 24 Cost. – a maggior ragione in combinato disposto con l’art. 3 Cost. prevedente il principio di razionalità o meglio ragionevolezza che deve guidare il legislatore nella proprie scelte – le disposizioni censurate, in quanto irragionevolmente lesive del diritto della difesa, che nel rango costituzionale dei diritti è considerato inviolabile e da assicurare in termini di effettività e non di mera astrattezza teorica. Esse infatti consentono agli uffici finanziari e agli enti locali e agli enti di riscossione nell’esercizio del potere impositivo o riscossivo di non notificare l’atto – notificazione cui sono tenuti per legge stessa – con forme che garantiscano la legale certa conoscenza del destinatario, ma diversamente di procedere con forme che realizzano la mera conoscibilità, e dunque autorizzano gli Uffici a non procedere a notificazione, intesa come procedimento assistito da formalità tali da garantire la certezza giuridica della conoscenza del destinatario, proprio di atti incidenti direttamente sulla sfera patrimoniale personale, contenendo di regola anche irrogazione di sanzioni, del destinatario. Dunque, il primo quesito sostanziale che si pone alla Corte costituzionale è se sia legittimo costituzionalmente, recte se sia legittima costituzionalmente perché non irragionevole, la scelta del legislatore di escludere dalla notificazione, con forme proprie che realizzino la presunzione di certezza giuridica di conoscenza, gli atti impositivi tributari e i ruoli (e cartelle che sono strumento di notifica dei ruoli, art. 21, comma 1, seconda parte, decreto legislativo n. 546/1992).
Del resto la manifesta irrazionalità si appalesa anche dalla circostanza che per le notificazioni dirette di tutti gli altri atti eseguite dalla pubblica amministrazione è prevista l’applicazione delle modalità di cui alla legge n. 890/1982 e quindi delle garanzie riguardo alle modalità di consegna fissate – nel testo all’epoca vigente – dall’art. 7 e dall’art. 8, legge n. 890/1982 (cfr. art. 12 stessa legge n. 890/1982), e che per atti sostanzialmente incidenti sul patrimonio o sulla persona a notifica diretta trovano sempre applicazione le disposizioni di cui alla legge n. 890/1982, come nel caso delle notificazioni delle violazioni al CdS o gli atti accessori a queste (cfr. art. 201, comma 3 CdS). In sostanza, solo per gli atti impositivi tributari, peraltro contestualmente ordinariamente anche sanzionatori (anche i ruoli nel caso di liquidazione automatica ad es. ex art. 36-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973 e 54-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972), viene derogato dalle disposizioni sospette la regola della notificazione secondo le modalità di cui alla legge n. 890/1982, in modo non ragionevole, si sospetta, rispetto alla natura di atto notificando della pubblica amministrazione all’un tempo sia accertativo che sanzionatorio, per la sua funzione di provocatio ad opponendum a valenza processuale e per la sua natura incidente gravemente sulla sfera patrimoniale e personale del destinatario.
Le dette disposizioni sembrano altresì in violazione diretta dell’art. 3 Cost. in quanto per stesse modalità di notificazione, cioè a mezzo posta, lo stesso atto, a seconda se viene o meno inoltrato con l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario o del messo, ai fini della consegna – e dunque della esistenza, prima, e, poi, della validità – subisce un diverso trattamento, irragionevolmente più garantista proprio nel caso in cui vi sia l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (o del messo), cioè di un soggetto abilitato specificatamente, e invece non garantista nel caso in cui non vi sia la detta intermediazione, per la stessa modalità, sempre inoltro a mezzo posta e consegna. Infatti, per un sostanziale identico procedimento per la fase di consegna non sono previste, nel caso di raccomandata diretta, le medesime modalità di consegna previste dalla legge n. 890/1982.
Non è da evidenziare alla Corte costituzionale che si realizza così anche la lesione della norma super primaria stabilita dall’art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali applicabile direttamente ex art. 11 Cost., non garantendo al soggetto passivo una conoscenza dell’atto sfavorevole con negazione della possibilità di adeguata e tempestiva difesa considerando le decadenze e preclusioni peraltro fissate in termini assai brevi (di regola 60 giorni), il tutto altresì rimettendo a sostanziale discrezione dell’Ufficio Impositore, cioè dell’Autorità, la scelta se adottare o meno un procedimento più garantista, o meglio una vera notificazione che conduce alla legale certa conoscenza ovvero una comunicazione che al massimo conduce ad una mera astratta conoscibilità.
Non può la Sezione applicare la normativa discendente dalla interpretazione (non solo possibile ma che le sembra addirittura corretta ai sensi dell’art. 12 disp. prel. al codice civile e conforme alla Costituzione) della disposizione dell’art. 14, legge n. 890/1982, nonché dell’art. 1, comma 161, legge n. 296/2006 (intendendosi questa come rinvio alle modalità di notificazioni della prima), nonché, per il caso specifico, dell’art. 26, comma 1, seconda parte (considerando che, laddove riferisce che «la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda», essa escluda che la notificazione diretta in caso di cd. irreperibilità relativa possa ritenersi eseguita per compiuta giacenza), che riferisce -sempre ferma la possibilità di inoltro diretto senza la intermediazione dell’ufficiale giudiziario (che non è in discussione) – l’ultima alinea del primo periodo dell’art. 14, comma 1, legge n. 890/1982 «secondo le modalità previste dalla presente legge» anche alla prima parte, sì da ritenere applicabili le modalità di consegna ordinarie per le notificazioni a mezzo posta, poiché la Corte di cassazione ha escluso da tempo una tale possibilità, come risulta anche dalla recente sentenza della V sezione n. 1980/2015 che testualmente, con richiami a uniformi precedenti, specifica: «7. Col terzo, il quarto ed il quinto motivo, si deduce la violazione: a) degli articoli 14 della legge n. 890 del 1982 e 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, per esser stata ritenuta valida la notifica effettuata per posta direttamente da parte dell’Ufficio; b) degli articoli 139 e segg. c.p.c. e 7 della legge n. 890 del 1982, in combinato disposto con gli articoli 156 e 160 c.p.c., per esser stata ritenuta nulla, invece che inesistente, la notifica dell’avviso, consegnato a genitore non convivente, e per esser stato ritenuto il vizio sanato per effetto della proposizione del ricorso; c) degli articoli 148 e 149 c.p.c., per esser stato ritenuto che la mancata redazione della relata di notifica costituiva una semplice irregolarità.
8. I motivi, da valutare congiuntamente per la loro connessione, sono infondati, anche se va parzialmente corretta la motivazione.
9. L’art. 20, della legge n. 146 del 1998, modificando art. 14 della legge n. 890 del 1982, ha, tra l’altro, previsto che la notificazione degli avvisi e degli atti che per legge devono essere notificati al contribuente «può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari», fermo rimanendo, «ove ciò risulti impossibile», che la notifica può esser effettuata a cura degli ufficiali giudiziali, dei messi comunali o dei messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria secondo le modalità previste dalla medesima legge n. 890 del 1982, o mediante il ricorso alle modalità di notifica previste dall’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, o dalle singole leggi d’imposta.
10. Questa Corte ha, pertanto, affermato (Cass. n. 15284 del 2008; n. 17598 del 2010; n. 1207 del 2014) che, a decorrere dal 15 maggio 1998 (data di entrata in vigore della citata legge n. 146 del 1998), è stata concessa agli uffici finanziari la facoltà di provvedere direttamente alla ratifica degli atti al contribuente mediante spedizione a mezzo del servizio postale, di talché, proprio come stabilito per la notifica degli atti processuali dall’art. 16, comma 3, del decreto legislativo n. 546 del 1992, l’Ufficio è abilitato a notificare l’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ferma restando quella dell’ufficiale postale), e quindi, a modalità di notificazione semplificata, alla quale non si applicano le disposizioni della legge n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali autorizzati), bensì le norme concernenti il servizio postale «ordinario» (cfr., in materia di contenzioso tributario, Cassazione n. 17723 del 2006; n. 1906 del 2008; in tema di tributi locali, Cassazione n. 2690 del 2002).
10. Poiché la disciplina postale non detta specifiche previsioni al riguardo, consegue che: 1) non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico; 2) l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass. n. 9111 del 2012). Non può, comunque, non rilevarsi che l’assunto della ricorrente – che nega per gli atti impositivi l’applicabilità del principio di sanatoria, di cui all’art. 156 c.p.c., relativo agli atti processuali – è smentito dalla giurisprudenza di questa Corte a partire da Cassazione SU n. 19854 del 2004.».
La suprema Corte di cassazione ha infine ribadito la propria detta ermeneutica di recente con sentenza n. 10245 del 26 aprile 2017 della V sezione Tributaria: «Questa Corte ha affermato che “in tema di notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 890 del 1982, l’avviso di accertamento o liquidazione senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge citata attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 codice di procedura civile. Ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 del codice civile, superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato nella impossibilità senza sua colpa di prenderne cognizione” (da ultimo, Cassazione n. 14501 del 2016). Nella specie, non è in contestazione che il prodromico avviso di accertamento sia stato consegnato all’indirizzo di Giorgio Cataudella e che la persona che ha ricevuto l’atto sia stata reperita presso l’indirizzo di spedizione, di modo che l’atto si presume consegnato al destinatario, indipendentemente dalla effettiva identità della ricevente e dalle dichiarazioni dalla stessa rese all’agente postale.».
Dunque si versa in una situazione di diritto vivente cui il giudice di merito deve adeguarsi oppure, ove ne sospetti la illegittimità costituzionale, sollevare la relativa questione.
Inoltre – con riferimento ai richiami alle regole delle notificazioni previste nel processo tributario da parte della Corte di cassazione per giustificare come non irragionevole la scelta del legislatore -, si evidenzia che le modalità di introduzione del ricorso nel rito tributario, che ammette la possibilità di utilizzare il servizio postale, trova il suo fondamento nella relativa legge delega – che sottolinea infatti l’uso più largo possibile del servizio, cioè sempre che tanto sia funzionale e non elimini le garanzie [cfr. art. 1, comma 1, n. 4, legge n. 413/1991:
«4) disciplina delle comunicazioni e delle notificazioni con la previsione dell’impiego più largo possibile del servizio postale»] – in considerazione che esclusivo iniziale agente in giudizio è il contribuente, il quale reagisce avverso un atto che ha funzione di provocatio ad opponendum (che processualmente costituisce in effetti il vero e proprio atto introduttivo sostanziale: e perciò ne è richiesta la notificazione, art. 21, decreto legislativo n. 546/1992, a fini della decorrenza del termine di impugnazione: cioè mediante forme che ne assicurino la certezza legale di conoscenza) e il destinatario del ricorso è sempre una pubblica amministrazione o un concessionario della pubblica amministrazione, che sono tenuti ad una organizzazione propria e per i quali non vi è in assoluto rischio di non consegna direttamente alla organizzazione destinataria. In questo caso la sufficienza della comunicazione del ricorso a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento postale non appare irragionevole dati proprio la natura e struttura del destinatario, la natura formalmente introduttiva del giudizio del ricorso ma sostanzialmente atto già interno al processo avanzato con l’atto impositivo, e la norma diviene così semplicemente agevolante il soggetto del rapporto debole, cioè il contribuente percosso. Così allo stesso modo non pare irragionevole che le ulteriori comunicazione e notificazioni possano farsi a mezzo posta trattandosi di atti all’interno del processo. Nel caso in esame, è invece prevista una comunicazione «semplificata» (la stessa Corte di cassazione la definisce «notificazione semplificata» ed applica la disciplina degli atti unilaterali generali di presunzione di conoscibilità ex art. 1335 c.c.) nei confronti del soggetto debole del rapporto, normalmente non organizzato e per il quale è ordinariamente probabile e prevedibile la non consegna diretta, e la norma diviene agevolante del soggetto forte del rapporto che agisce peraltro con poteri di autorità e non su un piano paritetico, con riferimento proprio all’atto sostanziale che provoca il processo, sicché appare irrazionale la previsione, rispetto ad atti la cui conoscenza è indispensabile sotto il profilo del diritto alla difesa e della lesione patrimoniale (e a volte con riflessi sulla persona e la sua dignità, come insegnano le vicende tristi di cronaca anche recente), di una forma semplificata di notificazione, che si risolve di fatto in una forma di non notificazione (posto che applicandosi il regolamento postale ordinario non è necessaria neppure la ricerca del destinatario) proprio in favore di uffici finanziari che hanno non solo la organizzazione ma mezzi più che adeguati per effettuare notifiche a mezzo posta nelle forme ex legge n. 890/1982 anche dirette in proprio.
Sotto questa angolazione, le disposizioni denunziate appaiono altresì lesive dell’art. 111 Cost. perché rendendo non certa la conoscenza legale al destinatario dell’atto sostanziale impugnabile determinano una lesione del contraddittorio, quale esplicazione della possibilità effettiva di agire e contrastare nel processo sostanzialmente aperto dall’ufficio finanziario con l’atto impositivo avente natura di provocatio ad opponendum, e dell’art. 97 Cost., norma di garanzia del cittadino, consentendo irragionevolmente agli uffici di non organizzare i propri uffici e le proprie attività in modo da consentire la certa legale conoscenza degli atti sfavorevoli al cittadino stesso.
Dunque appare sussistente una non manifestamente infondata questione di legittimità costituzionale, che impone il rinvio alla Corte costituzionale perché giudichi sul se siano legittime costituzionalmente – alla stregua degli articoli 3, 24, 23, 97, 111 e 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e 11 Cost. – le disposizioni di cui all’art. 26, comma 1, seconda parte, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e agli articoli 14, legge n. 890/1982, vigente (come modificato dall’art. 20, legge n. 146 del 1998) e art. 1, comma 161, legge n. 296/2006 nella parte in cui, ammettendo la notificazione diretta degli atti impositivi e dei ruoli da parte degli Uffici finanziari erariali e locali nonché degli Enti di riscossione a mezzo servizio postale di raccomandata con ricevuta di ritorno, escludono a tale forma di notifica la applicazione delle modalità di cui alla legge n. 890/1982 in particolare per la fase di consegna, nel testo vigente ante la novella di cui alla legge n. 205/2017 (art. 1, comma 461).
Considerato altresì che occorre valutare alla stregua della sopravvenuta modifica dell’art. 7, in particolare, e 8 della legge n. 890/1982 ad opera dell’art. 1, comma 461, legge n. 205/2017 (che ha inserito all’art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, dopo il comma 97 i commi da 97-bis a 97-quinquies) la persistenza della questione di legittimità costituzionale in riferimento alla controversia che occupa;
Ritenuto
che le dette modifiche non sono applicabili alla fattispecie concreta, retta dal precedente regime, atteso che la stessa disposizione innovativa ha stabilito con il comma 97-quinques cit. la decorrenza, collegandola ad un adempimento provvedimentale da emanarsi dal Ministero dello sviluppo economico, in data successiva (art. 97-quinques dell’art. 1, legge n. 190/2014, introdotto dall’art. l, comma 461, legge n. 205/2017: «Le disposizioni di cui ai commi da 97-bis a 97-quater si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento del Ministero dello sviluppo economico che disciplina le procedure per il rilascio delle licenze di cui all’art. 5, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261.»);
che il detto provvedimento del Ministero dello sviluppo economico avente le caratteristiche di cui all’art. 5, comma 2, seconda parte, introdotta solo dalla legge n. 124 del 4 agosto 2017, non risulta emanato e comunque sarebbe in ogni caso successivo al tempo in cui sono avvenute le notificazioni che occupano (in data 6 febbraio 2013 e il 27 marzo 2013), sicché per queste trovano applicazioni le disposizioni precedenti compromesse dal dubbio di legittimità costituzionale qui prospettato;
che dunque è esclusa dalla stessa legge anche la astratta ammissibilità di applicazione immediata alle notificazioni effettuate in precedenza in riferimento a situazioni non quesite;
che quindi, per quello che qui interessa, la questione di legittimità che si propone con la presente ordinanza permane rilevante e inalterata;
che, ma non è compito della Sezione, la Corte costituzionale di ufficio, in relazione all’art. 111 Cost., potrà anche valutare la legittimità costituzionale di una disposizione – come prevista dall’art. 97-bis, legge n. 190/2014 come introdotto dalla legge n. 205/2017 – che consente la consegna a persona diversa dal destinatario da parte di operatore postale (ancorché elevato riguardo alle funzioni a pubblico ufficiale e non più mero incaricato di pubblico servizio), mentre ordinariamente, in caso di notifica da parte di Ufficiale notificatore professionale (messo), si richiede per gli atti tributari, per il medesimo caso di consegnatario diverso dal destinatario, altresì l’invio di raccomandata di avviso (cfr. art. 60, comma 1, lettera B-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973 che recita: «se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata;»), restando a parere della Sezione inalterata la questione di legittimità costituzionale proposta per gli atti tributari, con l’aggravante di una oggettiva diminuzione delle garanzie già previste, senza alcuna giustificazione razionale, in situazione sempre più frequente di allontanamenti temporanei dovuti alla mobilità imposta alle persone dal mercato del lavoro e da ragioni di studio.
P.Q.M.
Visto l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza, rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale, nei termini innanzi esposti, delle disposizioni di cui all’art. 26, comma 1, seconda parte, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e agli articoli 14, legge n. 890/1982, vigente (come modificato dall’art. 20, legge n. 146 del 1998) e art. 1, comma 161, legge n. 296/2006 nella parte in cui, ammettendo la notificazione diretta degli atti impositivi e dei ruoli da parte degli Uffici finanziari erariali e locali nonché degli Enti di riscossione a mezzo servizio postale di raccomandata con ricevuta di ritorno, escludono a tale forma di notifica la applicazione delle modalità di cui alla legge n. 890/1982 in particolare per la fase di consegna, così come previste nel testo vigente ante la novella di cui alla legge n. 205/2017 (art. 1, comma 461);
sospende il presente giudizio e dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata a mezzo Ufficiale giudiziario C.d.A. Napoli alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
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