COMMISSIONE TRIBUTARIA Regionale di Campobasso – Sentenza n. 225 sez. 1 del 20 luglio 2015
APPELLO – MOTIVI SPECIFICI – NATURA DEL GIUDIZIO DI APPELLO
Con atto di appello depositato in data ……. l ‘Agenzia delle Entrate Ufficio di Campobasso impugnava la sentenza n. …. del …. con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla …….. aveva limitato la pretesa erariale al solo scambio intercorso tra l’anzidetta società e la ……. annullando nel resto l’impugnato accertamento avente ad oggetto l’IVA e l’IRAP dell’anno 2004. A sostegno dell’appello l’Ufficio lamentava:
– Il mancato riconoscimento da parte dei giudici di prima istanza del recupero a tassazione dei contributi erogati per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro del settore del trasporto pubblico che, a dire dell’Ufficio concorrevano alla determinazione della base imponibile ai fini dell’IRES in quanto per tali contributi non operava l’esenzione previste dall’art. 6 della legge 151/81 che riguardava i soli contributi erogati per il ripianamento delle perdite di gestione.
– L’assoggettabilità all’IRAP dei contributi erogati alla società dalla Regione Molise, evidenziando che tale contributo non era correlato ad uno specifico costo e quindi non esisteva un nesso tra la somma erogata dalla regione e il componente negativo non deducibile che era necessario per godere dell’esclusione dalla tassazione prevista dall’art. 11 comma 3 del D.lgs. n. 446/97.
Nel costituirsi in giudizio la …… eccepiva l’infondatezza dell’appello in quanto la Commissione Tributaria aveva correttamente applicato la normativa in materia che prevedeva la non tassabilità dei contributi erogati dallo Stato e dalle Regioni in quanto destinati a ripianare le perdite di esercizio. Proponeva poi appello incidentale per la parte in cui era risultata soccombente nel giudizio di primo grado evidenziando che l’accordo stipulato tra la …… e la …… .. era finalizzato unicamente a trasferire su quest’ultima società il costo della stampa dei biglietti di viaggio come contropartita della pubblicità derivante dall’esposizione del logo di tale società sui biglietti medesimi e quindi costituiva per entrambe le società un’operazione inequivocabilmente neutra. All’odierna pubblica udienza le parti venivano ammesse alla discussione orale e, sulle conclusioni rassegnate a verbale, l’appello veniva riservato per la decisione.
Osserva la Commissione che, in merito alla assoggettabilità a tassazione dei contributi si erano formati tre orientamenti e interpretazioni giurisprudenziali: il primo dei quali propendeva per l’assoggettabilità di tali contributi per intero a tassazione, una seconda per una loro non assoggettabilità ed una terza che li riteneva assoggettabili per la sola parte relativa alle spese per il personale. Tale contrasto è stato risolto da una recente ordinanza della Corte di Cassazione (la n. 4226 del 2 marzo 2015) che ha sancito che i contributi erogati per ripianare disavanzi d ‘esercizio e assicurare il rinnovo del contratto collettivo di lavoro relativo al trasporto pubblico concorrono a determinare la base imponibile ai fini Irap, se la legge istitutiva dei contributi medesimi non ne prevede espressamente la correlazione con costi indeducibili. In proposito la Corte ha evidenziato che l’articolo 11 del D.lgs. 446/97, nel prevedere che i contributi erogati a norma di legge non concorrono alla base imponibile ai fini Irap, laddove gli stessi siano correlati a componenti negativi – indeducibili, esclude l’imponibilità dei contributi nella sola ipotesi “in cui vi sia una specifica previsione, nella legge istitutiva, della correlazione tra il contributo ed un componente negativo indeducibile”. Aggiunge la corte che è pur vero che “i contributi erogati, dapprima dallo Stato, poi dalle Regioni (queste ultime mediante un apposito Fondo destinato ai trasporti, costituito con il D.lgs. n. 422 del 1997), per ripianare i disavanzi di esercizio degli enti e delle aziende di trasporto pubblico locale, non costituiscono componenti positivi del reddito, e quindi sono sottratti a imposizione diretta, ai sensi del Dl n. 833 del 1986, articolo 3, comma 3), convertito dalla legge n. 18 del 1987 (cfr Cassazione 26264/2010)”, ma diverse sono le conclusioni per quanto concerne, invece, la tassazione ai fini Irap in quanto le leggi istitutive di tali contributi non istituiscono alcuna diretta correlazione fra l’erogazione dei contributi e i costi non deducibili ai fini Irap, e più in particolare, i costi del lavoro.
A giudizio della Corte, dunque, la correlazione tra contributo e componente negativo deve essere prevista dalla legge che istituisce il contributo medesimo e non può essere riconosciuta dall’ente erogatore mediante un provvedimento di autorizzazione alla spesa. È necessario, puntualizzano i giudici, che la destinazione del contributo concesso sia vincolata in modo preciso e inequivocabile alla copertura di uno specifico costo non deducibile ai fini Irap, rappresentato ad esempio dal costo del personale.
La sottrazione dei contributi all’applicazione dell’imposta Irap è subordinata, conclusivamente, alla verifica della sua afferenza esclusiva, diretta e univoca a un componente negativo non deducibile ai fini Irap. La stessa Agenzia delle Entrate ha puntualizzato poi che l’eccezione alla regola della imponibilità dei contributi prevista dal citato articolo 11, deve essere intesa in senso restrittivo e, pertanto, può derivare solo da un’espressa e specifica previsione da parte delle leggi istitutive dei contributi stessi e di altre disposizioni di carattere speciale, in ciò aderendo ad un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui le norme che ammettono esenzioni o agevolazioni, in quanto norme che derogano alla regola generale dell’imponibilità, vanno interpretate restrittivamente (cfr. Cassazione 2931/2009 e 4501/2009). L’appello dell’Ufficio va pertanto accolto e, per l’effetto, confermato l’impugnato accertamento limitatamente alle parti oggetto della presente impugnazione.
Va invece dichiarato inammissibile l’appello incidentale in quanto la ….. si è limitata in maniera del tutto generica a ripresentare all’attenzione di questo Collegio le difese e le argomentazioni già proposte nel precedente grado di giudizio omettendo di indicare le ragioni per le quali egli contesti la motivazione della decisione impugnata. In proposito la Suprema Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato che il giudizio di appello va inteso non già in termini di “iudicium novum” bensì di una “revisio prioris istantiae” e che la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dell’appellante attraverso l’enunciazione di specifici motivi. In appello, pertanto, l’oggetto del giudizio è circoscritto alle questioni dedotte dall’appellante attraverso l’enunciazione di specifici motivi: tale specificità esige dunque che, alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, vengano contrapposte quelle dell’appellante volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono, di talché, alla parte volitiva dell’appello, deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal Primo Giudice.
Pertanto, non basta che l’atto di appello consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate, ma è altresì necessario che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità, da correlare peraltro con la motivazione della sentenza impugnata. Sussistono giustificati motivi, tenuto conto della peculiarità delle questioni trattate e dell’obiettiva incertezza interpretativa delle norme in esame per pervenire ad una compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione, definitivamente pronunciando sull’appello principale così decide: accoglie l’appello e conferma l’impugnato accertamento limitatamente alle parti oggetto della presente impugnazione. Dichiara inammissibile l’appello incidentale. Compensa tra le parti le spese di giudizio.
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