COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO – sezione 1 – Sentenza 22 aprile 2013, n. 238
IRAP – RIMBORSO – PROFESSIONI SEMPRE SENZA IRAP
massima
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Per alcuni professionisti come i notai, gli avvocati e gli ingegneri l’IRAP è sempre esclusa, indipendentemente dall’utilizzo di beni strumentali e/o collaboratori. Nell’esercizio di queste professioni l’erogazione della prestazione non può prescindere dall’intervento personale del professionista, per cui l’organizzazione, sia essa minimale o consistente, non può concettualmente definirsi “autonoma”, non essendo in grado di funzionare da sola e in assenza del titolare.
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FATTO
T. F. ricorre contro cartella di pagamento IRAP 2005 emessa a seguito di liquidazione del modello UNICO sostenendo di non aver versato l’IRAP ritenendo di svolgere l’attività professionale di geometra senza alcuna autonoma organizzazione e senza valersi di dipendenti e quindi di non essere soggetto passivo dell’imposta, secondo i dettami della Corte Costituzionale.
La Commissione tributaria provinciale di Viterbo ha accolto il ricorso ritenendo che nella specie non sussistano elementi di organizzazione tali da assoggettare ad IRAP l’attività svolta dal ricorrente.
Propone appello la Direzione provinciale di Viterbo sostenendo che nella specie non può riscontrarsi l’assoluta mancanza di organizzazione, dovendosi ritenere l’organizzazione stessa condizione intrinseca dell’esercizio di attività libero professionale, concludendo quindi per la riforma della sentenza impugnata.
Si costituisce nel giudizio di appello il T.F. sostenendo l’esiguità degli importi esposti tali da far ritenere la mancanza di organizzazione nell’attività svolta. Chiede quindi la conferma della sentenza di primo grado impugnata e l’annullamento della cartella.
DIRITTO
La materia del contendere consiste nell’interpretazione e concreta applicazione di alcune sentenze della Corte Costituzionale, le quali nel ribadire la legittimità dell’IRAP hanno però ritenuto che essa non si applicasse qualora l’attività fosse svolta in assenza di organizzazione imprenditoriale.
In particolare, la sentenza 156/01, ha sancito l’inammissibilità delle varie questioni di legittimità concernenti l’intero d.lgs. 446/97, ed ha dichiarato specificamente infondate le questioni di legittimità degli artt. 2, 3, 1° co. 4, 8, 11, 36 e 76 dello stesso decreto che concernono direttamente o indirettamente il lavoro autonomo artistico o professionale. Nella motivazione della detta sentenza la Corte Costituzionale si sofferma a lungo proprio sulla questione della rispondenza ai principi costituzionali dell’assoggettamento ad IRAP del lavoro autonomo, spiegando che questo è pienamente conforme ai principi di eguaglianza e capacità contributiva rispetto all’imposizione che colpisce la base imponibile costituita dall’attività imprenditoriale, essendo identica in entrambe i casi l’idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza prodotta, non apparendo inoltre la suddetta uguaglianza lesiva della garanzia costituzionale prestata al lavoro. Subito dopo però osserva che l’elemento organizzativo, necessario ai fini dell’imposizione IRAP, è connaturato alla nozione d’impresa, mentre è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in essenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui: in tal caso, in mancanza di specifiche disposizioni normative, l’accertamento costituisce una questione di mero fatto, e quindi una volta appurata l’assenza di elementi organizzativi, l’imposta non va applicata.
L’ufficio interpreta tale condizione di esenzione come assenza totale di elementi di organizzazione, condizione questa impossibile nell’ipotesi di lavoro autonomo, in cui l’organizzazione sarebbe in re ipsa, rappresentata dalla mera attività del professionista.
Una tale interpretazione non può essere condivisa in quanto la Corte Costituzionale aveva individuato i parametri minimi di applicazione dell’imposta proprio al fine di poter escludere gli elementi di incostituzionalità avanzati in sede di remissione.
Infatti, la specie che aveva dato luogo alla pronuncia della Corte Costituzionale consisteva nella sottoposizione ad IRAP dei redditi derivanti da attività libero professionale e la Corte espressamente ha sancito che “è evidente che nel caso di un’attività professionale svolta in assenza di elementi di organizzazione risulterà mancante il presupposto dell’IRAP”. Accedere quindi all’interpretazione dell’Ufficio sarebbe come considerare la sentenza della Corte Costituzionale come inutiliter data.
D’altra parte deve considerarsi la natura reale dell’IRAP, che ha come presupposto una pluralità di elementi ulteriori rispetto alla mera attività lavorativa. Accogliendo la tesi dell’organizzazione intrinseca avanzata dall’appellante si verrebbe a tassare non il valore della produzione netta, come previsto dalla norma istitutiva dell’IRAP, ma si attuerebbe una mera doppia imposizione del reddito, si tratterebbe in altre parole di un surrettizio aumento dell’aliquota IRPEF gravante sul reddito prodotto, della cui legittimità costituzionale sarebbe lecito dubitare.
In base all’affermazione della Corte Costituzionale l’esercizio delle professioni cosiddette protette, cioè quelle per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione all’ordine professionale, non integra mai il presupposto per l’applicazione dell’IRAP. In ambito fiscale l’attività di lavoro autonomo e quella d’impresa sono disciplinate separatamente perché caratterizzate da una differente natura: l’attività d’impresa si basa, infatti, sull’organizzazione che è data da un complesso di beni strumentali funzionalmente collegati tra loro al fine dell’esercizio dell’impresa, tanto da assumere le caratteristiche di un quid pluris rispetto all’attività di lavoro personale dello stesso imprenditore; detta organizzazione è di regola assente o riguarda l’esercizio delle professioni intellettuali, caratterizzate come sono dal requisito dell’intuitu personae. Ne consegue che nell’esercizio delle professioni intellettuali è, in via di principio, assolutamente non configurabile l’esistenza di un’organizzazione di beni che possa funzionare separatamente e indipendentemente dall’intervento del professionista, dovendo essere prevalente la sua personale attività professionale rispetto all’eventuale utilizzazione di qualsivoglia organizzazione di beni strumentali che non potrà mai essere sostitutiva dell’attività medesima.
Ne deriva così che ai fini IRAP rileva la presenza di un’organizzazione d’impresa e questa non è data dal coordinamento e dall’organizzazione più o meno complessa di cui è capace il professionista per migliorare o rendere più agevole lo svolgimento del proprio lavoro, ma da quella organizzazione, autonoma rispetto al lavoro professionale, capace di spersonalizzare l’attività svolta e di fornire come struttura a se stante quella prestazione professionale che connota l’attività professionale tipica del professionista.
Anche a parere della stessa agenzia delle entrate (risoluzione n. 118 del 28 maggio 2003) la natura personale dell’attività professionale non viene meno, anche nel caso di organizzazioni più complesse come quella della società tra professionisti. Le attività professionali, ad esempio geometra, ingegnere, avvocato, notaio, agente di commercio non possono svolgersi in sua assenza e, per quanto possa essere minima l’organizzazione professionale della quale egli si serva, la sua presenza nell’esercizio dell’attività sarà sempre e comunque indispensabile e, all’opposto, per quanto ampia e sofisticata sia la predetta organizzazione, sarà sempre e comunque necessario far riferimento alla presenza personale del professionista abilitato perché l’attività di questi possa effettivamente svolgersi.
Né risulta meritevole di condivisione che possa considerarsi soggetta ad IRAP l’attività professionale quando, in ragione della sua particolare specificità e complessità non può in alcun modo prescindere, neppure astrattamente, da una seppur minima forma di autonoma organizzazione, la quale appunto fornisce elemento fondamentale per differenziare tale attività di lavoro da quella svolta in maniera dipendente.
Nella specie inoltre non si evidenziano costi per beni ammortizzabili o per l’acquisizione di servizi di terzi che potrebbero far pensare ad un’organizzazione imprenditoriale, circostanze queste che fanno ritenere ricorrere le condizioni per l’esenzione dall’IRAP. Va quindi annullata la cartella relativa ai recuperi dell’IRAP non versata in sede di autoliquidazione. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La commissione respinge l’appello dell’Ufficio. Spese compensate.
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