Commissione Tributaria Regionale del Lazio sezione 11 sentenza n. 1644 depositata il 14 marzo 2018
VALORE AVVIAMENTO AZIENDA CEDUTA – LISTINO PREZZI FIMAA – CONFCOMMERCIO – ARREDI DEL BAR – ILLEGITTIMITA’ DELL’ATTO IMPOSITIVO
Ritenuto in fatto
La s.r.l. G. impugnava dinanzi alla CTP di Latina l’avviso di rettifica e liquidazione con il quale l’Agenzia delle Entrate, in relazione all’atto di compravendita dell’azienda stipulato in data 27/6/2011, ed ai fini dell’imposta di registro, aveva accertato un valore di avviamento dell’azienda ceduta pari ad € 206.300,00 a fronte di quello dichiarato di € 80.000,00, recuperando a tassazione la differenza.
La società contribuente deduceva la nullità dell’atto impositivo per violazione della disposizione di cui all’art. 42 DPR 600/1973 in relazione alla sottoscrizione dell’avviso da parte in un soggetto delegato, e, nel merito, il difetto di motivazione del provvedimento.
Costituendosi in giudizio l’Ufficio depositava l’ordine di servizio dal quale risultava la delega al funzionario che aveva sottoscritto l’avviso, sostenendo che il deposito era previsto solo in caso di specifica contestazione.
Nel merito deduceva che il valore dell’avviamento era stato calcolato applicando i parametri previsti nel “Listino prezzi delle aziende” pubblicato nell’anno 2010 dalla Federazione italiana dei mediatori ed agenti d’affari della Confcommercio sulla base di una serie di elementi posti a base della valutazione.
La CTP, con sentenza 192/06/15, depositata il 3/2/2015, accoglieva il ricorso e compensava tra le parti le spese di lite.
Il Giudice di primo grado ravvisava la nullità dell’avviso che, pur essendo stato sottoscritto dal Capo Team 37 A.F. e non dal Capo dell’Ufficio, non conteneva alcuna delega rilasciata da quest’ultimo, escludendo altresì che la delega potesse essere desunta dall’Ordine di servizio depositato dalla Agenzia.
In tale situazione era irrilevante che il sottoscrittore dell’avviso svolgesse un incarico dirigenziale.
Nel merito la CTP affermava che l’Ufficio non aveva compiuto alcuna valutazione della concreta fattispecie, non potendosi ritenere sufficiente il solo richiamo al “Listino prezzi”, che non teneva conto dei casi specifici, e, sotto questo profilo, non rispondeva ai criteri previsti dagli artt. 51 e 52 del DPR 131/1986.
Inoltre l’Agenzia era pervenuta alla valutazione del valore di avviamento applicando la percentuale del 75% alla media dei ricavi dei tre anni precedenti, senza depositare il listino applicato, in tal modo non consentendo alla parte ricorrente e all’Organo giudicante di verificarne le caratteristiche.
Avverso tale sentenza, non notificata, l’Agenzia delle Entrate ha proposto appello con ricorso depositato il 5/8/2015.
L’appellata si è costituita con controdeduzioni depositate il 27/10/2015 con le quali ha chiesto la conferma della sentenza impugnata.
All’udienza del 17/1/2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
Considerato in diritto
L’appellante ha articolato due motivi, di gravame.
Con il primo ha dedotto che, esclusa la necessità di una allegazione originaria della delega al provvedimento impositivo, andava riconosciuta la possibilità che la stessa fosse contenuta in un ordine di servizio; ha osservato, quanto alla necessità che la stessa fosse nominativa, come l’indicazione del dr. F. fosse contenuta nella Disposizione di servizio n. 2 del 3/1/2013, allegata all’atto di impugnazione, dalla quale risultava che tra le funzioni del Team n. 37 vi era anche la “redazione degli avvisi di rettifica del registro”.
Con il secondo ha censurato la sentenza in quanto la CTP sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione con riferimento all’applicazione della percentuale del 75% sui ricavi medi del triennio precedente, assumendo che comunque al provvedimento impositivo era stato allegato uno stralcio del “Listino”.
Il valore dell’avviamento era stato calcolato utilizzando una fonte “terza” e la stessa società, nel procedimento di accertamento con adesione intrapreso, era pervenuta ad una valutazione dell’avviamento – € 144.403,00 superiore al valore indicato nella compravendita ed allo stessa proposta dell’Ufficio (€ 137.511,00).
Sulla base di tali elementi l’appellante ha chiesto che il valore dell’avviamento venga accertato nell’importo proposto dall’Ufficio in sede di accertamento con adesione.
Il primo motivo è fondato.
Giova premettere che la delega di cui all’art. 42 DPR 600/1073 può anche essere contenuta in una disposizione o ordine di servizio, purché non si tratti di una delega “in bianco”, vale a dire che si limiti a indicare la sola qualifica professionale del delegato, senza consentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore dell’atto impositivo (cfr. Cass. 22803/2015).
Nella specie l’avviso di rettifica e liquidazione risulta sottoscritto da L.A.F. in calce al timbro che ne riporta il nome e la qualifica di “Capo Team 37”.
Posto dunque che deve escludersi la configurabilità di una delega “in bianco” e l’insussistenza di qualsiasi difficoltà, in capo al contribuente, di accertare le condizioni che legittimavano il F. a svolgere le funzioni di delegato, si deve rilevare come nel corso del giudizio di 1° grado l’Agenzia abbia depositato la Disposizione di servizio n. 14 del 2/4/2012 dalla quale risultavano le competenze del “Team 37”, e, nel presente grado, la Disposizione di servizio n. 2 del 3/1/2013, dalla quale emerge sta il nominativo del Capo del Team in questione – per l’appunto il F. – sia le attribuzioni della struttura, tra le quali è espressamente prevista l’emissione di avvisi di accertamento.
L’appello è peraltro infondato nel merito.
Ai sensi degli artt. 51 e 52 del DPR 131/1986 nel caso di atti che hanno per oggetto aziende, il valore dei beni che le compongono, compreso l’avviamento, deve essere determinato dei dati contenuti nelle scritture contabili in relazione ai tre ultimi esercizi.
Nel caso in esame, calcolata la media del volume degli affari nel triennio – pari ad € 275.023,33 – il valore dell’avviamento è stato determinato dall’Ufficio applicando la percentuale del 75% non in base alle concrete caratteristiche del locale, ma in quanto prevista nel richiamato “Listino”.
La CTP ha ritenuto che, in tal modo, l’Ufficio non avesse fatto una corretta applicazione degli artt. 51 e 52 del decreto presidenziale in materia di imposte di registro, in quanto l’atto impositivo si era basato unicamente su un documento – il sopra richiamato listino – che, per sua natura, non poteva tener conto delle specifiche caratteristiche della singola impresa.
L’appellante non ha contestato l’affermazione della CTP in ordine a tale affermazione, limitandosi a rilevare da un lato che neanche la contribuente si era doluta della misura percentuale utilizzata al fine di pervenire alla redditività dell’impresa, e, dall’altro, a sostenere che dal libro dei cespiti ammortizzabili gli arredi del bar risultavano acquistati nell’anno 2005, e quindi in epoca non molto risalente rispetto all’anno (2011) della cessione dell’azienda; sulla base di tali elementi ha sostenuto che la rettifica doveva essere confermata, sia pure nei limiti di quanto proposto dall’Ufficio in sede di mediazione (€ 137.511,00).
Entrambi gli argomenti debbono essere disattesi, tenuto conto per un verso che con il ricorso originario è stato contestato il coefficiente di redditività applicato al fine di determinare il valore dell’avviamento, mentre le considerazioni relative agli arredi appaiono il tentativo di legittimare, “a posteriori”, un atto impositivo illegittimo in quanto emanato sulla base degli indici di redditività contenuti nel “listino”, per loro natura approssimativi, senza una valutazione concernente la concreta azienda oggetto di cessione.
Al rigetto, nel merito, dell’appello consegue la condanna dell’appellante alla rifusione delle spese di lite, liquidate in complessivi € 2.500,00, oltre accessori.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, definitivamente pronunziando sull’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate avverso la sentenza 192/06/2015 della CTP di Latina, così provvede:
1) Accoglie il primo motivo e rigetta il secondo;
2) Condanna l’appellante a rifondere, in favore della appellata G. s.r.l. le spese del grado, liquidate in complessivi € 2.500,00 oltre accessori.
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