COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del Lazio sezione 6 sentenza n. 23 del 22 gennaio 2013
RISCOSSIONE – CARTELLA DI PAGAMENTO – NOTIFICA – CONTRIBUENTE CON RESIDENZA ALL’ESTERO – CENTRO DEGLI INTERESSI FAMILIARI E SOCIALI IN ITALIA – NOTIFICA IN ITALIA A PERSONA CHE SI È QUALIFICATA ADDETTA ALLA CASA – VALIDITÀ NOTIFICA
massima
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La notifica alla persona addetta alla casa è legittima anche se il contribuente ha trasferito la residenza all’estero, nel principato di Monaco, ma ha mantenuto il centro degli interessi familiari e sociali in Italia.Per individuare correttamente il domicilio sono «decisivi gli interessi di carattere personale», comprovati dalla disponibilità di una villa a Roma sull’Appia Antica, la presenza di personale nell’immobile, la stipula di polizze assicurative e l’effettuazione di movimenti bancari. Del resto, la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) non sono determinanti per escludere il domicilio o la residenza nello stato. Possono invece essere desunti con ogni mezzo di prova, anche qualora si pongano in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.
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SUCCINTA ESPOSIZIONE DEI FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA
La ricorrente F.A., rappresentata e difesa anche disgiuntamente come da giusta procura a margine, produce istanza per la riassunzione, a seguito di ordinanza n. 23368 del 12/10/2010, emessa dalla Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, del procedimento contraddistinto con il n. … pendente dinanzi alla Sez. 35 della CTR di Roma e conclusosi con la sentenza n. 34 del 18/3/2009.
I fatti di causa sono i seguenti:
la contribuente presentava ricorso avverso la cartella di pagamento n. …, notificata il 21/11/2002, emessa dalla Concessionaria al servizio della riscossione e mediante la quale le veniva richiesto il pagamento per l’anno 1995 di complessivi € 10.401,26 per contributi al servizio sanitario, Irpef e sanzioni, dovute a seguito di un avviso di accertamento non impugnato e divenuto definitivo.
Con due motivi di impugnazione la ricorrente lamentava l’illegittimità della notifica per violazione dell’art. 139 cpc e dell’art. 60 del DPR 600/73 in quanto avvenuta irritualmente presso la precedente residenza di Roma, senza la contestuale comunicazione al nuovo indirizzo estero. Infatti nel corso del 1997 la contribuente trasferiva la propria residenza da Roma, via A.A. nel Principato di Monaco ed il 27/11/1997 veniva iscritta all’elenco degli italiani residenti all’estero (AIRE). L’illegittimità della cartella di pagamento per omessa notifica dell’avviso di accertamento.
L’ufficio delle Entrate di Roma si costituiva in giudizio e precisava che la cartella esattoriale discende da un avviso di accertamento emesso il 22/10/2001 divenuto definitivo per mancata impugnazione.
La Concessionaria al servizio della riscossione si costituiva in giudizio ed affermava che la notifica della cartella era stata effettuata in via A.A. consegnando la cartella a persona che si è definita addetta alla casa.
La Commissione di primo grado respingeva il ricorso del contribuente e tale decisione veniva confermata dalla CTR del Lazio con la sentenza n. 34/35/09 e avverso la quale veniva richiesto l’annullamento con il ricorso per Cassazione presentato il 10/4/2009.
Con l’ordinanza n. 23368/2010 la Sezione tributaria della Corte di Cassazione ha ritenuto fondato l’unico motivo eccepito dalla parte in quanto le sentenze di illegittimità costituzionale sono retroattive e ha affermato che la tempestiva impugnazione dell’atto costituisce sanatoria della nullità della notificazione ed il giudice tributario ha applicato il principio erroneo anche con riguardo alla notifica del prodromico avviso di accertamento poiché, da come risulta nella sentenza, la contribuente aveva dedotto l’illegittimità della cartella anche per l’omessa notifica dell’avviso di accertamento.
In riassunzione la contribuente chiede alla luce del principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione l’accoglimento del ricorso.
L’ufficio con articolati motivi resiste ai rilievi di parte e insiste sulla legittimità della pretesa concludendo con la piena fondatezza degli atti impugnati, con vittoria di spese.
La vertenza è venuta in decisione in data 10 Dicembre 2012, previa discussione in pubblica udienza.
RAGIONI GIURIDICHE DELLA DECISIONE
La Suprema Corte con la sentenza n. 23368/2010, ha cassato la pronuncia della CTR Lazio n 34 del 18/3/2009 e rinviato ad altra sezione della CTR per il nuovo merito avendo i supremi giudici accolto l’unico motivo di doglianza della F.A. statuendo: “con l’unico motivo la contribuente censura la sentenza impugnata in quanto fondata sull’assunto che la sentenza della Corte Costituzionale n. 366 del 2007, che ha dichiarato illegittimo l’art. 58 del DPR 600/73, non spiegherebbe alcun effetto, a giudizio dei secondi giudici, riguardo alle notifiche effettuate, in base alla norma dichiarata incostituzionale, prima della pronuncia”. La Suprema Corte ha anche enunciato che il mezzo è manifestamente fondato in quanto le sentenze sono naturalmente retroattive e ha inoltre statuito che “il giudice di secondo grado ha applicato il principio erroneo anche con riguardo alla notifica del prodromico avviso di accertamento, non impugnato, e d’altro canto risulta dalla sentenza che la contribuente aveva dedotto l’illegittimità della cartella anche per l’omessa notifica dell’accertamento, cosicché appare in definitiva necessario il rinvio al giudice tributario per un nuovo esame dell’appello, in base al principio enunciato.
Orbene la Cassazione della sentenza ed il rinvio ad altra sezione della CTR Lazio sottopongono nuovamente al vaglio l’illegittimità della notificazione per violazione dell’art. 137 e seguenti e dell’art. 60 del DPR 600/73 e quindi il punto della domanda è se è legittima o meno la notifica dell’avviso di accertamento prodromico alla cartella di pagamento impugnata.
Secondo l’ufficio fiscale la notifica dell’atto di accertamento in rettifica degli imponibili IRPEF ed Cssn si presenta sostanzialmente conforma al dettato giuridico posto dal comma 1 Legge 448/98 che recita: “si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe della popolazione residente ed emigrati esteri o territori aventi regime fiscale privilegiato, individuati nel decreto del 1999 ed in questi elenchi vi è il Principato di Monaco ove la F.A. ha la stabile residenza dal 1997.
Questo Collegio osserva al riguardo che secondo quanto previsto dall’art. 2 del TUIR il mero fatto che un contribuente sia iscritto nelle anagrafi della popolazione residente rappresenta una presunzione assoluta di residenza fiscale italiana che, quindi, non è suscettibile di prova contraria. Contrariamente, una persona che si iscrive all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), cancellandosi dall’Anagrafe della popolazione residente, non perde automaticamente la residenza fiscale italiana ben potendo la stessa derivare dall’applicazione delle altre regole stabilite dall’art. 2 del TUIR. Anche l’Amministrazione Finanziaria con apposita circolare ha espresso l’avviso secondo il quale “la cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’AIRE non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici. A ben vedere l’art. 43 c.c. ha chiarito che “la locuzione affari ed interessi di cui al citato art. 43 comma 1 deve intendersi in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari sicché la determinazione di domicilio va desunta alla stregua di tutti gli elementi di fatto che, direttamente o indirettamente, denuncino la presenza in un certo luogo di tale complesso di rapporti e il carattere principale che esso ha nella vita delle persone”. Pertanto l’interpretazione accolta dalla giurisprudenza e dalla prassi amministrativa è orientata nel senso di ritenere decisivi gli interessi di carattere personale. Nella circostanza la F.A., anche se aveva trasferito la residenza all’estero dal 1997, ha mantenuto il centro degli interessi familiari e sociali in ITALIA e conseguentemente la notifica dell’avviso di accertamento, prima, e la notifica della cartella di pagamento, peraltro subito impugnata, notificati alla persona addetta alla casa è legittima e tempestiva. A riprova di quanto affermato vi è la villa sull’A.A., a piena disponibilità della ricorrente, la presenza continua del personale, le polizze assicurative stipulate in Italia nel 2002 e 2003, i movimenti bancari (€ 1.657.000,00 movimentati), l’atto di compravendita stipulato con la figlia nel 1998, l’atto di donazione di un terreno ed in ultimo il tempestivo ricorso inoltrato alla CTP di Roma avverso la cartella di pagamento e di cui è causa.
Da quanto evidenziato è incontestabile che la notifica dell’avviso di accertamento è legittima e rituale e attesa la irrilevanza della giustificazione addotta dalla contribuente ai fini dell’impedimento della notifica, l’avviso predetto è divenuto definitivo e inoppugnabile.
Conseguentemente la cartella di pagamento è sì atto impugnabile ma soltanto per vizi propri a mente dell’art. 19 D.Lgs. 546/92. Ebbene nella fattispecie risulta stato emesso e notificato l’atto presupposto e non impugnato e, nel silenzio del contribuente, non possono essere esposte osservazioni ed eccezioni di merito perché il contribuente sarebbe messo in condizione di riesaminare detto merito con la impugnazione della cartella che, si ripete, può essere esposto soltanto a rilievi ed eccezioni di rito espressamente indicati. La notificazione del predetto atto presupposto, poi, esime il concessionario dalla esposizione di una approfondita motivazione, atteso che essa è insita nel predetto atto. In conclusione nessuna impugnazione dell’atto presupposto e nessuna indicazione dei vizi propri della cartella risultano in essere per cui si respinge l’appello del contribuente e si dichiara legittima la cartella di pagamento.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo sulla base della tabella A3.b prevista dal decreto legge 1/2012 convertito con modificazioni nella legge 27/2012 e dei parametri previsti dal D.M. 140 del 20 Luglio 2012 in vigore dal 23 Agosto 2012: il compenso liquidato tiene conto del valore della lite di € 10.846,26 (compreso nello scaglione fino a € 25.000,00) e della 4 fasi (studio, introduttiva, istruttoria e decisoria) stabilendo il minimo previsto tenuto conto della particolare materia trattata, e così complessivamente in € 1.128,00, importo che va decurtato del 20% ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 15 della D.Lgs. 546/92.
P.Q.M.
Respinge l’appello contribuente. Spese € 902,40.
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