COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO – sezione n. 1 – Sentenza 17 maggio 2013, n. 295
ACCERTAMENTO – REGISTRO – ASSEGNAZIONE DI UNA SOMMA A TITOLO DI MAGGIORE QUOTA EREDITARIA – NATURA DI CONGUAGLIO
FATTO
Con verbale di conciliazione in data 2/12/05, intervenuto tra le parti ad estinzione del giudizio tra loro pendente presso il Tribunale di Civitavecchia ed avente ad oggetto divisione giudiziale del patrimonio del defunto Sig. P.G., le coeredi riconoscevano spettare all’altro coerede sig. P.R., in relazione alla domanda riconvenzionale da questi proposta, l’importo di € 80.000,00 derivante da un credito vantato nei confronti del de cuius; le stesse parti, poi, concordavano l’estinzione del debito mediante l’attribuzione di una quota maggiore di beni immobili ereditari, non avendo la disponibilità dell’importo in contanti. Conseguentemente la massa ereditaria, del valore di € 312.000,00, veniva ridotta di € 80.000,00 per risultare pari ad €. 232.000,00 e poi veniva divisa tra tutti i condividenti in ragione delle rispettive quote di diritto.
Con l’Avviso di liquidazione in epigrafe l’Ufficio liquidava le imposte dovute per la registrazione del verbale di conciliazione e divisione, tassando con differenti aliquote il valore complessivo dell’asse, ossia tassando con l’aliquota della divisione il valore pari ad €. 232.000,00 e con l’aliquota dei trasferimenti immobiliari il valore pari ad €. 80.000,00.
Avverso la pretesa impositiva ricorrevano tutti i contribuenti, lamentando che l’aliquota da applicarsi, per la registrazione dell’atto posto in essere, dovesse essere quella della divisione, ossia dell’1% sul valore dell’intera massa, atteso che il riconoscimento del credito aveva soltanto determinato una diversa ripartizione dell’eredità.
L’Ufficio si costituiva in giudizio insistendo sulla fondatezza e sulla legittimità del proprio operato.
La C.T.P. accoglieva il ricorso, ritenendo che gli €. 80.000,00 costituissero una mera restituzione.
Avverso la sentenza propone appello l’Ufficio lamentandone l’illegittimità; osserva infatti che le parti, con un unico atto, avevano posto in essere una serie di plurime ed autonome pattuizioni attraverso le quali avevano regolato negozialmente i propri diritti patrimoniali, ricomponendo un pregresso conflitto. Tuttavia, così facendo avevano di fatto realizzato una divisione, ove le quote di diritto non corrispondevano alle quote di fatto a ciascuno spettanti e, pertanto, sulla parte in esubero, non potevano che applicarsi le norme sul conguaglio. Chiede pertanto la riforma dell’impugnata sentenza.
Con proprie controdeduzioni, la parte contribuente resistente, insiste sulle ragioni, peraltro vagliate dal giudice del contenzioso civile, per cui l’importo di €. 80.000,00, convertito in un trasferimento di immobile di pari valore in favore del coerede P.R., deve ritenersi estraneo alla divisione ereditaria oggetto di tassazione, come comprovato dal riconoscimento, da parte di tutti gli altri coeredi, di tale diritto di credito. Chiede pertanto la conferma dell’impugnata sentenza ove si riteneva correttamente, che il valore di €.80.000,00 era stato assegnato al sig. P.R., non a titolo di maggiore quota ereditaria, come tale da assoggettare a conguaglio, ma a titolo di restituzione di quanto il de cuius aveva a questi sottratto in vita.
DIRITTO
La Commissione, preso atto di quanto dedotto dalle parti, ritiene fondata la censura mossa dall’Ufficio alla sentenza di prime cure e legittima la determinazione della pretesa impositiva.
Osserva infatti che il trasferimento dell’immobile del valore di €. 80.000,00, in favore del condividente P.R., ha determinato, di fatto, che la divisione posta in essere, avesse ad oggetto quote di diritto spettanti a ciascun condividente, non corrispondenti alle quote di fatto, costituite dal valore dei beni a ciascuno assegnati; conseguentemente il trasferimento immobiliare che eccede la porzione di diritto spettante al P.R., assume le caratteristiche giuridiche del “conguaglio” e come tale deve soggiacere all’aliquota stabilita per i trasferimenti immobiliari, ai sensi dell’art. 34, c. 2, DPR 131/86.
D’altra parte, volendo ragionare in modo più aderente alle prospettazioni della parte contribuente, comunque si arriva al medesimo risultato sotto il profilo fiscale; ossia, considerando il negozio conciliativo posto in essere tra le parti, come negozio conciliativo complesso e volendo ritenere separati i diversi accordi in esso contenuti (accordo sulla pretesa creditoria, accordo sul trasferimento di immobile a tacitazione del credito e accordo divisorio sulla massa residua), alla fattispecie dovrebbe applicarsi l’art. 21, c. 1, del dpr 131/86 secondo cui, se un atto contiene più disposizioni che non derivino le une dalle altre (come nel caso di specie ove l’esistenza dell’una disposizione può prescindere dall’esistenza dell’altra), ciascuna di esse è soggetta ad imposta, come se fosse un atto distinto.
A tutto ciò deve aggiungersi poi che, avendo le parti assolto alla pretesa creditoria con il trasferimento di un immobile del valore di €. 80.000,00, diversamente ragionando si arriverebbe alla conclusione di consentire un trasferimento immobiliare registrato e trascritto, in assoluta evasione di imposta.
In considerazione della materia trattata, si ritiene tuttavia di compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie l’appello. Spese compensate.
Così deciso in Roma il 26/2/2013
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