COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA – sezione 35 – Sentenza 30 aprile 2013, n. 60
REGISTRO – CONFERIMENTO DI RAMO D’AZIENDA E SUCCESSIVA CESSIONE DELLA PARTECIPAZIONE – PER CONTESTARE L’ELUSIVITA’ VANNO CONFUTATE LE VALIDE RAGIONI ECONOMICHE
massima
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Non è elusiva l’operazione di conferimento di un ramo d’azienda con successiva cessione della partecipazione da parte del conferente, se l’operazione è supportata da valide ragioni economiche.
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Avverso sentenza depositata il 28.06.2012 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che respingeva i ricorsi riuniti della società (omissis) in materia di avviso di liquidazione Registro 2008, con condanna alle spese del giudizio, facendo propria la tesi dell’Ufficio, secondo cui il conferimento in Società di ramo d’azienda e cessione della partecipazione da parte del conferente, unitamente agli atti sottostanti, sono tutti collegati al fine di produrre un unico effetto giuridico con intento elusivo, interpone appello la (omissis) (anche in qualità di avente causa del soggetto estinto (omissis) unitamente all’altra società sopra menzionata.
La tesi dei contribuenti tendeva a sottolineare come l’imposta di registro colpisce i singoli atti per gli effetti giuridici da essi prodotti, indipendentemente dal collegamento con altri atti in una ricostruzione dell’insieme dell’operazione svolta. Tale assunto è stato disatteso dai Primi Giudici che si sono pronunziati, invece, ponendo l’accento sul quadro d’insieme derivante dall’intera operazione, asseritamente elusivo.
In fatto:
Il 1° settembre 2008 la Società appellante costituiva la (omissis), con socio unico, e con capitale costituito da cessione di un ramo d’azienda.
Il 18 settembre 2008 la Società stessa costituisce la Srl (omissis) con socio unico, con versamento dell’intero capitale.
Il 3 ottobre 2008 (omissis) delibera di aumentare il capitale sociale, ma il socio unico rinunzia a sottoscrivere. Sottoscrive altro soggetto: (omissis)
Sempre il 3 ottobre 2008 (omissis) delibera un ulteriore aumento di capitale, che viene sottoscritto da (omissis) e (omissis)
Nello stesso 3 ottobre 2008 (omissis) cede a (omissis) una quota di capitale della (omissis) della quale, come si è detto era socio unico.
L’intera operazione era finalizzata, a parere dell’Ufficio, ad un passaggio diretto del ramo d’azienda da (omissis) e i vari atti intermedi avevano l’unico intento elusivo di non pagare l’imposta di registro su detta diretta cessione, frazionando l’operazione con le modalità indicate.
Il 14 maggio 2009 (omissis) incorpora la (omissis).
La Commissione Tributaria di Primo Grado si pronunzia nei termini di cui sopra.
Nell’appello del contribuente è premesso un excursus sui motivi di fatto, di natura assolutamente imprenditoriale e non finalizzati all’unico intento fraudolento nei confronti del Fisco, che hanno indotto la società a compiere le scelte in trattazione.
In diritto
È richiamata l’attenzione sulla libera iniziativa imprenditoriale che viene riconosciuta nel nostro Ordinamento; sul progetto di organizzazione ed espansione che l’imprenditore intendeva perseguire; si ribadisce che ciascun atto negoziale ha la sua autonomia e come tale va assoggettato ad imposta di registro; sull’applicabilità dell’art. 20 T.U.I.R. si afferma che, pur dovendosi tener conto, alla luce di detta disposizione normativa, “dell’intrinseca natura ed effetti giuridici degli atti” al di là del titolo e della forma apparente, ciò non vale fino al punto di sconfinare in “ricostruzioni antielusive”, come confermato da Giurisprudenza, nonché da atti del Consiglio Nazionale del Notariato; sulle garanzie procedimentali di cui all’art. 37 bis DPR 600/73 da seguire in materia antielusiva, si contesta quanto affermato in sentenza circa la natura di “liquidazione” e non di “accertamento” dell’atto impugnato, per cui tale articolo non sarebbe applicabile; si sostiene, viceversa che, al di là del nomen juris, quando vi sono, sostanzialmente delle valutazioni, tale procedura andrebbe seguita; in particolare si eccepisce la nullità, ex statuto del contribuente, dell’avviso di liquidazione, quando non vengono prese in considerazione le osservazioni del contribuente sul p.v. di constatazione.
È richiesta riforma della sentenza di Primo Grado, con vittoria di spese.
Con sue controdeduzioni l’Ufficio ribadisce che non c’è utilità economica nella complessa operazione, tenuto conto anche dei ristrettissimi tempi di attuazione, se non quella di avere l’unica finalità elusiva, in quanto l’effetto finale è quello della cessione di un ramo d’azienda da (omissis) a (omissis).
Afferma che l’operato dell’Ufficio, anche con riguardo all’applicazione dell’art. 20 D.P.R. n. 131/86 è assolutamente corretto, alla luce della Giurisprudenza in materia, non potendosi limitare l’attenzione ad ogni singolo atto, ma dovendosi aver riguardo all’esito finale dell’operazione.
Sull’art. 37 bis sopra richiamato si riafferma che esso non è applicabile all’imposta di registro, dove non vengono contestati nella loro valenza formale i singoli atti; il collegamento è semplicemente ideologico; stabilire cioè se si tratta di una operazione unitaria o varie operazioni distaccate tra loro.
È richiesta conferma della sentenza di Primo Grado, con vittoria di spese.
Con memoria del 7.3.2013 il contribuente ribadisce la validità economica dell’operazione, insiste sull’inapplicabilità dell’art. 20 in questo caso, non consentendo tale articolo di entrare nello specifico delle scelte imprenditoriali, sull’applicabilità, viceversa, dell’art. 37 bis trovandoci qui in presenza di una situazione analoga all’accertamento.
Alla pubblica udienza le parti ribadiscono le proprie posizioni.
L’Ufficio insiste nel ravvisare nell’operazione di conferimento di un ramo d’azienda e cessione della partecipazione, null’altro che la cessione di un ramo d’azienda, da assoggettarsi come tale a imposta di registro, risolvendosi la complessa operazione posta in atto, palesemente, in una manovra elusiva.
L’appellante insiste nel sottolineare la valenza della riorganizzazione aziendale posta in essere, la necessità di non dare risalto al consistente debito di (omissis) di 41,5 milioni di € che avrebbe potuto creare problemi operativi nel momento in cui non di conferimento e successiva cessione di quote si fosse trattato, ma di acquisizione di un ramo d’azienda; rappresenta come l’intento economico di realizzare redditività, con incremento, tra l’altro di posti di lavoro, per adeguarsi agli standard di investimenti previsti dai fornitori, poteva essere perseguito solo con investimento di un soggetto terzo, unicamente in tal modo ottenibile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Per quanto riguarda le questioni di principio sollevate si osserva che, a parere di questa Commissione, l’art. 20 D.P.R. n. 131/86 trova senz’altro applicazione laddove deve essere valutato l’effetto giuridico complessivo realizzato, ritenendosi riduttivo aver riguardo unicamente ad ogni singolo atto; verrebbe male interpretato lo spirito della legge tendente a far emergere la realtà delle operazioni, a favore di una stretta e arbitraria interpretazione letterale che, se del caso, sarebbe stata esplicitamente enunciata dal legislatore; altrettanto deve ritenersi applicabile l’art. 37 bis D.P.R. n. 131/86, contrariamente a quanto ritenuto in Prima Istanza, per analoghi motivi: la parte deve essere messa in grado di dare le proprie spiegazioni, non potendosi ritenere assolto il corretto rapporto tra contribuente e Fisco, nel momento in cui ci si trincea dietro l’apparenza formale di un atto;è altrettanto condivisibile l’assunto del contribuente circa la libertà di scelte imprenditoriali prevista dal nostro Ordinamento, per cui molto mirata e rigorosa deve essere la valutazione dell’Ufficio, non potendosi estendere fino ad invadere campi dell’economia e dell’imprenditoria che non gli competono.
Tanto premesso, alla luce dell’esame, in concreto, dell’operazione posta in essere da (omissis) occorre stabilire se essa mirasse unicamente ad ottenere lo stesso risultato di una cessione di ramo d’azienda, eludendo l’imposta di registro; ovvero ci fossero delle motivazioni economiche ed imprenditorialmente non contestabili nel suo operato, configurandosi la minore imposta pagata, nient’altro che come un effetto correlato, e questo ancorché fosse previsto e valutato dagli operatori economici,essendo impensabile in capo ad essi un agnosticismo in proposito, o addirittura una volontà di incrementare le entrate fiscali a discapito della convenienza strategica (o presunta tale) di una operazione negoziale.
Stando alle risultanze processuali, sopra ampiamente descritte, non vi è dubbio che si presentano come fondate le motivazioni offerte dal contribuente, ancorché poste in essere in tempi ristretti, essendo notoria la celerità che caratterizza le operazioni di tal genere, dettata dalla necessità di non incorrere in una frustrazione dell’operazione stessa, soprattutto quando si sviluppa attraverso l’intervento di terzi.
Tali motivazioni non vengono contestate dall’Ufficio che ha riguardo unicamente alla ricostruzione, per così dire, meccanica dell’operazione, perdendo di vista il risultato in termini di economia e utilità d’impresa.
La società appellante, in definitiva ha ottenuto un incremento di redditività con l’intervento di investimenti di soggetti terzi, e non già unicamente un vantaggio fiscale, che ove fosse stato acclarato come unico risultato, sarebbe stato, certamente, di carattere elusivo.
L’appello, quindi, merita accoglimento. Le difficoltà di interpretazione, deducibili anche dalla diversa risposta sul piano giudiziario, in primo e in secondo grado, fanno ritenere equo compensare le spese di Giustizia, di ambedue i gradi di giurisdizione.
P.Q.M.
La Commissione in riforma della sentenza impugnata e in accoglimento dell’appello del contribuente dichiara la nullità dell’avviso di liquidazione impugnato. Spese compensate dei due gradi di giudizio.
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