COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA – sezione 22 – Sentenza 4 aprile 2013, n.61
ACCERTAMENTO – SINTETICO – INCREMENTI PATRIMONIALI – PROVA EFFETTIVA PROVENIENZA DELLA SOMME UTILIZZATE
massima
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Il contribuente a cui vengono contestati incrementi patrimoniali non giustificabili coi redditi dichiarati deve provare l’effettiva provenienza delle somme utilizzate.
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OGGETTO DELLA DOMANDA, SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Sig. (omissis), nato a (omissis), CF. … , elettivamente domiciliato in (omissis), presso lo studio (omissis), che lo difendeva nel presente ricorso n. … contro l’Agenzia delle Entrate di Brindisi al fine di ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento n. … 8/2009 notificato in data (omissis) e relativo all’anno d’imposta 2004.
L’A.F. in data 29/06/2009 aveva già notificato al Sig.(omissis), un invito a presentarsi presso gli uffici della medesima agenzia per fornire chiarimenti in merito ad alcuni investimenti effettuati tra il 2004 e il 2007 che apparivano inconciliabili con il reddito dichiarato per quegli stessi anni. In particolare costituivano oggetto di contestazione le seguenti operazioni: 1) Conferimento per aumento di capitale di piena proprietà di denaro per Euro 900.000,00; 2) Conferimento per costituzione di piena proprietà di Euro 15.600,00; 3) Acquisto di fabbricato per Euro 57.457,00 venduto poi nel 2006 per Euro 156.000,00; 4) Movimentazioni bancarie per complessivi Euro 5.950.200,00, utilizzati per l’acquisto di azioni. L’Ufficio riteneva che la documentazione fornita dal contribuente non fosse sufficiente a giustificare le operazioni svolte, pertanto presumeva che fossero frutto di redditi prodotti e non dichiarati, L’Ufficio quindi notificava il suddetto avviso di accertamento, mediante il quale determinava un maggior reddito per Euro 1.242.615,00 assoggettabile ad IRPEF, addizionale comunale e addizionale regionale, da cui derivavano maggiori imposte per un ammontare di Euro 558,065,00.
Il Sig. (omissis) presentava istanza di accertamento con adesione producendo ulteriore documentazione che dall’Ufficio era considerata ancora una volta insufficiente a superare le proprie presunzioni; presentava allora istanza di annullamento in autotutela e, in seguito al rigetto da parte dell’Ufficio, procedeva ad impugnare ravviso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi, sostenendo l’illegittimità ed infondatezza dello stesso per i motivi di seguito indicati: in merito al punto 1, l’aumento di capitale era avvenuto in parte mediante capitalizzazione a riserva straordinaria, in parte utilizzando i versamenti in c/capitale effettuati dai soci, i fratelli (omissis) e (omissis), ed infine Euro 360.000.00 mediante bonifico bancario effettuato, in parti uguali, dai due fratelli le cui somme erano state messe a disposizione dai genitori. Egli riteneva pertanto che solo la somma di Euro 180.000 concorreva alla quota di incremento patrimoniale e quindi alla determinazione del reddito dell’anno d’imposta 2004. Quanto ai punti 2 e 3, il contribuente affermava che si trattasse di importi giustificati dalla entità di redditi dichiarati. Infine, in merito al punto 4, trattatasi di somme non di sua proprietà ma delle quali aveva avuto la disponibilità, nella qualità di mero fiduciario, da altro soggetto (Avv. … omissis, a sua volta fiduciaria di altri soggetti). Per i suddetti motivi il ricorrente chiedeva alla Commissione di disporre in via cautelare la sospensione della provvisoria esecutività dell’atto opposto e di riconoscerne l’illegittimità disponendone l’annullamento.
L’Agenzia delle Entrate di Brindisi si costituiva in giudizio e presentava le proprie controdeduzioni nelle quali confermava in toto l’atto impugnato in quanto dai controlli era emerso che l’insieme degli incrementi patrimoniali realizzati erano di entità non coerente con i dati reddituali indicati dalla parte. Chiedeva pertanto di rigettare il ricorso e confermare la legittimità dell’atto impositivo emesso.
La CTP di Brindisi accoglieva integralmente i rilievi posti dall’Agenzia delle Entrate; osservava cioè che le operazioni svolte non erano coerenti con l’entità del reddito dichiarato e che, in particolare in merito al punto 4, nessun documento avente data certa dimostrava che il ricorrente fosse il soggetto fiduciario di detti importi. La Commissione rigettava pertanto il ricorso.
Avverso tale sentenza, in data 14/12/2013. proponeva appello il sig. (omissis) sostenendo la violazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento al fatto che i giudici di prime cure non avevano considerato le prove da lui fornite a sostegno delle proprie ragioni. Egli chiedeva di riformare la sentenza appellata e dichiarare illegittimo l’opposto avviso di accertamento.
L’A.F presentava le proprie controdeduzioni al fine di ottenere la conferma della sentenza in questione e conseguentemente il rigetto dell’appello proposto dal contribuente in quanto infondato e contraddittorio.
In data 01/03/2012 Equitalia Sud spa notificava la cartella di pagamento n. … (omissis) contenente un complessivo tributo da pagare di Euro 507.169,01, di cui Euro 372.043,33 per sanzioni pecuniarie. Il contribuente produceva pertanto istanza di fissazione di udienza nonché istanza per la sospensione della provvisoria esecutività della sentenza appellata ai sensi dell’art. 49 D.Lgs. n. 456/92, nel combinato disposto con. l’art. 283 c.p.c.
La Commissione Tributaria Regionale di Bari, Sez. Staccata di Lecce, con ordinanza n. 36/22/12 pronunciata il 7/06/2012 dichiarava inammissibile l’istanza di sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata.
OSSERVA
Preliminarmente la Commissione non ritiene condivisibile l’eccezione dell’appellante circa la omessa od insufficiente motivazione della sentenza impugnata; tale sentenza al contrario è ricca di riferimenti e di considerazioni che spiegano bene le ragioni logico giuridiche che hanno portato alle determinazioni dei giudici; esse non lasciano spazio a pretestuose contestazioni che quindi si respingono.
La questione nasce dall’accertamento effettuato dall’Ufficio ex art. 38 del D.P.R. n. 600/1973 a seguito del quale venivano rilevati degli incrementi patrimoniali a carico del contribuente che non trovavano alcuna corrispondenza con la capacità reddituale.
Il ricorrente infatti risultava aver effettuato investimenti elencati nell’accertamento:
1) Euro 900.000,00 per aumento di capitale nei confronti della(omissis) dei quali una parte veniva giustificata mentre Euro 180.000,00 era considerato incremento patrimoniale;
2) Conferimento per costituzione di piena proprietà di Euro 15.600,00;
3) Acquisto di fabbricato per Euro 57.457,00 venduto poi nel 2006 per Euro 156.000,00;
4) Acquisto di azioni per l’importo complessivo di Euro 1.000.000; e movimentazioni bancarie per complessivi Euro 4.950.200, avendo una disponibilità finanziaria di complessivi Euro 5.950.000.
L’Ufficio riteneva che la documentazione fornita dal contribuente non fosse sufficiente a giustificare le operazioni svolte e pertanto costituivano incrementi patrimoniali non giustificati che venivano portati a reddito divisi nei cinque anni 2004-2007.
Passando all’esame dei singoli punti il ricorrente ritiene che i punti 2 e 3 costituissero investimenti normali giustificati dalla propria capacità reddituale e non forniva ulteriori argomentazioni.
Circa il punto 1 il ricorrente faceva presente che la posizione del fratello analizzata per le annualità 2001 al 2004 era stata esaminata ed archiviata dall’A.F. perché ritenuta congrua e corretta chiedeva analogo provvedimento di archiviazione.
L’Ufficio a tal proposito fa osservare che la posizione del fratello (omissis) non può essere confusa o assimilata a quella del ricorrente che risulta assai differente e comunque tale argomentazione da sola non può ritenersi accoglitele senza valide motivazioni; intanto l’indagine riguardava gli anni 2001-2003 e poi era l’unico investimento effettuato dal sig. (omissis) che determinava uno scarto contenuto ed accettabile.
Gli argomenti difensivi dell’Ufficio a proposito della correlazione tra le due posizioni appaiono del tutto ragionevoli e condivisibili, sicché il collegio ritiene che nessuna trasposizione ai fini della presente vicenda può effettuarsi in ragione dell’atteggiamento tenuto dall’Ufficio in relazione alla correlata questione di cui si è detto.
Venendo poi all’analisi delle ulteriori censure di parte appellante, particolarmente desta perplessità ed incertezza la doglianza relativa circa le determinazioni della commissione di primo grado relativamente al punto 4 dei rilievi sopra elencati, poiché è vero che il contribuente dimostra con i movimenti bancari la disponibilità di quelle somme (apparentemente estranee al novero dell’imponibilità), ma tale apparenza, da sola non può essere ritenuta sufficiente ad escludere una fonte di incremento patrimoniale se delle somme medesime non si riesce a dimostrare la provenienza, le ragioni e lo scopo.
Il contribuente sostiene di aver agito quale fiduciario dell’Avv. (omissis) che a sua volta risultava fiduciaria di altri soggetti, si tratterebbe quindi di somme non già di sua proprietà ma delle quali aveva avuto la disponibilità nella qualità di mero fiduciario al fine di consentire una serie di acquisizioni societarie e di aumenti di capitale.
Dalla documentazione prodotta dal ricorrente a dimostrazione della sua qualità di fiduciario emergono una serie di incongruenze ed ambiguità tanto da porre seri dubbi sulla validità del contratto sottostante invocato; le scritture private che attesterebbero la stipula del contratto fiduciario sono semplici scritture private non autenticate e prive di data certa a cui non può essere riconosciuta valenza probatoria.
È questo il punto carente che il ricorrente non riesce a chiarire; vengono citate delle scritture private prive di data certa che lasciano perplessi, mentre negli unici atti pubblici: del 25/01/2007 dei Notaio (omissis) di acquisto delle quote e scrittura privata autenticata del 06/02/2009 non si fa alcun riferimento al fatto che il (omissis) intervenisse quale fiduciario di terzi, ma interveniva esclusivamente a titolo personale. Nel caso andava dimostrata la validità del patto fiduciario che invece non viene mai provata, poiché è generico e privo di autentica o data certa; per provare la estraneità delle somme dal patrimonio del ricorrente occorreva risalire alla fonte ma non si capisce dove è la fonte dei flussi finanziari in contestazione.
Se poi si approfondiscono le indagini si arriva addirittura a rilevare situazioni paradossali. Quando l’Ufficio chiede di conoscere la fonte di quei Euro 5.950.000, il contribuente prima dichiara che quella liquidità gli è stata fornita dall’Avv. (omissis); solo nel 2010 il (omissis) dichiara che a sua volta l’Avv. (omissis) risultava fiduciaria di altre società che avrebbero fornito la liquidità.
All’indagine dell’A.F. le società che avrebbero fornito tutto quel flusso finanziario sono risultate assolutamente incapaci di fornire quelle somme. La (omissis) risulta essere addirittura cessata nel 1990 ed anche quando era in vita ha presentato redditi inadeguati; La (omissis) con capitale sociale di Euro 10.000,00 e sede a (omissis) e bilanci chiusi in perdita.
Da ultimo occorre rilevare che nella cessione delle quote del 6/2/2009, con autentica di firme del Notaio (omissis) registrata in data 9/02/2009, repertorio n. 1269, il (omissis) vende le quote confermando che esse erano state acquistate a titolo personale e non quale fiduciario, ciò che induce ulteriori elementi di sospetto in ordine alla genuinità della ricostruzione dei fatti qui proposta dalla parte contribuente.
Per tutto quanto sopra esposto appare evidente che i motivi d’appello proposti non abbiano coerenza e non chiariscano la provenienza dei flussi finanziari contestati e comunque le argomentazioni sostenute non riescono a chiarire diversi punti controversi: la Commissione ritiene quindi di respingere l’appello e confermare le la sentenza appellata.
Condanna la parte appellante alle spese di questo grado che quantifica in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello avverso la sentenza di primo grado; condanna la parte appellante a rifondere le spese di questo grado, liquidate in Euro 3.000,00 oltre accessori di legge.
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