COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’Aquila sentenza n. 987 sez. 7 del 25 ottobre 2016
ACCERTAMENTO – GLI UFFICI IMPOSITORI DEVONO VALUTARE LE OSSERVAZIONI E LE RICHIESTE AVANZATE DAL CONTRIBUENTE ENTRO 60 GIORNI DAL RILASCIO DEL P.V.C.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 803 del 13 novembre 2015 e depositata il 27 novembre 2015 la Commissione Tributaria Provinciale di Chieti rigettava il ricorso proposto dalla società V.A. srl, in persona del legale rappresentante S.P.N., avverso l’avviso di accertamento —81/2014 relativo all’anno di imposta 2005 con cui l’Amministrazione finanziaria accertava a carico del contribuente, maggiori redditi per Ires ed Iva per complessivi euro 1.711.276,13 nonché addizionali regionali e comunali.
Sosteneva la CTP che era infondata la doglianza del contribuente relativa alla mancata attuazione da parte dell’Ufficio del contraddittorio preventivo, risultando che il contribuente era stato costantemente invitato in sede di verifica effettuata dalla G.d.F. a produrre la documentazione che riteneva utile, che in sede di notifica del p.v.c. si era riservata la facoltà di controdedurre e che ciò aveva fatto con una corposa memoria presentata in data 16.12.2014, sostanzialmente disattesa dall’Amministrazione finanziaria che il 22 successivo provvedeva a notificare l’avviso di accertamento impugnato; in ogni caso il mancato esame della predetta memoria non era idoneo a travolgere la validità dell’avviso di accertamento successivamente notificato; che l’Ufficio aveva rispettato il termine dilatorio per la notifica dell’avviso di accertamento di cui alla L. 212 del 2000, art. 12, comma 7; che nella specie ricorrevano le condizioni per il raddoppio dei termini per la notifica dell’avviso di accertamento stante l’inoltro alla Procura della Repubblica di Chieti di una denuncia penale a carico del contribuente; che l’accertata manomissione dei misuratori fiscali presenti presso i punti vendita riconducibili alle società del Gruppo giustificava il ricorso all’accertamento induttivo extracontabile dei redditi di impresa, effettuato attraverso la verifica delle movimentazioni bancarie che aveva evidenziato l’esistenza dei maggiori ricavi accertati senza che il contribuente avesse fornito adeguata prova contraria.
Avverso tale statuizione proponeva appello il contribuente il quale deduceva che il giudice di prime cure:
1) aveva violato e falsamente applicato l’art. 12, comma 7, L. n. 212 del 2000 allorquando ha ritenuto rispettata detta disposizione nonostante l’Amministrazione finanziaria avesse espressamente ammesso nell’avviso di accertamento di non aver valutato le memorie presentate dal contribuente;
2) aveva violato e falsamente applicato l’art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 non sussistendo nella specie presupposti di legge per l’applicazione del termine raddoppiato di decadenza dalla potestà accertativa;
3) aveva violato e falsamente applicato l’art. 42, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973 non avendo rilevato il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento per mancata allegazione allo stesso di atti relativi a soggetti terzi.
Deduceva, altresì, in via subordinata, con riferimento al mancato accoglimento dei motivi di appello sopra indicati, ulteriori due motivi (indicati con numerazione sequenziale) in cui deduceva che la CTP:
4) aveva violato e falsamente applicato l’art. 39, commi 1 e 2, d.P.R. n. 600 del 1973 per non aver rilevato l’insussistenza sub specie dei presupposti legittimanti il ricorso all’accertamento induttivo;
5) aveva violato e falsamente applicato l’art. 32, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 stante l’effettività dei finanziamenti effettuati dal contribuente (nella forma del finanziamento del socio e/o nella forma dell’anticipazione dell’amministratore) con conseguente effettività e correttezza delle successive operazioni effettuate, aventi natura finanziaria e non reddituale.
Chiedeva, quindi, la riforma della sentenza appellata con vittoria di spese processuali.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle entrate che contestava punto per punto i motivi di appello proposti dal contribuente, ribadendo la correttezza del proprio operato e la fondatezza dell’accertamento e chiedendo il rigetto dell’appello con vittoria di spese processuali.
All’esito dell’udienza pubblica di trattazione questa Commissione ha pronunciato il dispositivo in calce trascritto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il motivo di appello con cui il contribuente lamenta che il giudice di prime cure ha violato e falsamente applicato l’art. 12, comma 7, L. n. 212 del 2000 allorquando ha ritenuto rispettata detta disposizione nonostante l’Amministrazione finanziaria avesse espressamente ammesso nell’avviso di accertamento di non aver valutato le memorie presentate dal contribuente, è fondato e merita accoglimento.
Invero, “la legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 12 (Diritti e garanzie dei contribuente sottoposto a verifiche fiscali) prevede, al comma 7, prima parte, che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori”; la seconda parte prosegue chiarendo che “l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”. E dalla lettura della prima parte del comma 7 – e dal raffronto con il tenore più perentorio della seconda parte, per la quale invece, all’esito di tanto complessa quanto nota evoluzione giurisprudenziale, si è pervenuti a conclusione opposta emerge che all’obbligo dell’amministrazione finanziaria di “valutare” le osservazioni del contribuente (cui l’imposizione del termine dilatorio, questa sì a pena di nullità, è strumentale) non si aggiunge l’ulteriore obbligo di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo, a pena di nullità”. In tal senso si è recentemente espressa la Suprema Corte nella sentenza n. 3583 del 24 febbraio 2016, con pronuncia che la Commissione condivide e che, con riferimento al caso di specie, comporta, in accoglimento del motivo di appello proposto sul punto dal contribuente, la riforma della sentenza della CTP di Chieti che non si è ispirato a tale principio, il quale, peraltro, è derivazione di una corretta interpretazione della volutan legis che stabilisce imperativamente che le osservazioni e le richieste avanzate dal contribuente nell’arco dei sessanta giorni dal rilascio del processo verbale di constatazione “sono valutate dagli uffici impositori”.
Valutazione che, seppur non debba necessariamente trovare riscontro motivazionale nell’atto impositivo, potendo l’amministrazione finanziaria implicitamente disattenderle, comunque non può essere omessa, come invece accaduto nel caso di specie dove l’Agenzia delle entrate ha dato espressamente atto di non aver esaminato la memoria del contribuente, fornendo all’uopo una giustificazione inaccettabile, fondata sulla ristrettezza dei tempi a sua disposizione per emettere l’avviso di accertamento, evidenziandosi, da un lato, che il contribuente ben avrebbe potuto depositare la memoria anche l’ultimo giorno utile e ciò non avrebbe comunque giustificato il suo mancato esame, e, dall’altro, che nello specifico l’Ufficio aveva comunque a sua disposizione un numero di giorni sufficienti per valutare le osservazioni ancorché corpose del contribuente.
In estrema sintesi, l’appello va accolto, con conseguente annullamento dell’atto impositivo, e le spese compensate in ragione della novità della questione trattata sui cui la giurisprudenza si è formata solo recentemente.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale di L’Aquila, Sezione distaccata di Pescara, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. 673/16 r.g.a., ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa e rigettata, così provvede:
– accoglie l’appello e compensa le spese del giudizio