COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Friuli Venezia Giulia sez. 4 sentenza n. 122 depositata il 24 maggio 2017
MOTIVAZIONE
” A ” proponeva ricorso contro l’atto di accertamento con cui l’ufficio finanziario Agenzia Entrate Pordenone recuperava a tassazione, con irrogazione di relative sanzioni, imponibile ires per l’anno 2009.
L’ufficio, a seguito di segnalazione di operazioni bancarie e dopo invio di questionario, riteneva che consistenti somme bonificate nell’anno sul c/c bancario cointestato al ricorrente da parte di una società avente sede nelle Isole Vergini, utilizzate poi per l’acquisto di una villa in Lignano intestata al medesimo, fossero riferibili al contribuente e nella sua effettiva disponibilità, integrandosi così la valenza reddituale in forza della presunzione di cui all’art. 12 comma 2 del dl 78/09.
Eccepiva preliminarmente il contribuente la nullità dell’atto di accertamento contestando la legittimazione del funzionario sottoscrittore dell’atto stesso in quanto privo dei requisiti prescritti a pena di nullità dell’atto all’art. 42 dpr 600/73.
Nel merito contestava la disponibilità in proprio delle somme estere in questione, essendosi egli prestato solo a fare da prestanome ad un imprenditore russo per la intestazione fiduciaria della villa acquistata in Lignano, essendo le somme bonificate dalla società estera di pertinenza e riferibilità esclusiva a tale soggetto straniero, reale acquirente e proprietario della villa in oggetto.
Adduceva a sostegno di tale difesa una serie di documenti e di carteggi intercorsi tra le varie parti, ritenuti ampiamente dimostrativi di quanto sostenuto.
Contestava altresì la argomentazione presuntiva svolta dall’ufficio per attribuire al contribuente la concreta e reale disponibilità all’estero delle somme oggetto dei bonifici sul suo c/c da parte di società terza a lui estranea, oltre che per attribuire alle stesse valenza reddituale.
L’ufficio finanziario si costituiva sostenendo la legittimità del proprio operato, atteso che era stata fatta esatta applicazione della presunzione normativa e che la documentazione prodotta dal ricorrente non era sufficiente ed idonea a vincere tale presunzione, tenuto conto di tutte le emergenze fattuali che connotavano ulteriormente la tesi della autonoma disponibilità delle somme provenienti dal cd paradiso fiscale.
La Commissione di primo grado rigettava il ricorso ritenendo legittimo ed adeguatamente fondato l’accertamento dell’ufficio finanziario, negando che gli elementi di prova prodotti dalla difesa del contribuente fossero certi, pertinenti e sufficientemente dimostrativi della mera intestazione fittizia rispetto a somme e beni effettivamente nella disponibilità di altri soggetti.
Avverso tale sentenza proponeva rituale appello parte contribuente, che – tra gli altri motivi – censurava preliminarmente la decisione gravata insistendo sulla mancata allegazione e produzione in giudizio da parte dell’ufficio finanziario onerato di prova in ordine alla formale legittimazione del funzionario emittente l’atto impugnato ex art. 42 dpr 600/73.
Nel merito censurava la motivazione della sentenza per non aver esaustivamente e congruamente confutato gli elementi fattuali e giuridici offerti dal ricorrente, che si riproponevano anche nel gravame.
L’ufficio resisteva nel grado ribadendo la fondatezza dell’accertamento alla stregua dei dati normativi e degli elementi acquisiti, correttamente valutati dai primi giudici.
Ritiene questa Commissione che il primo e preliminare motivo di appello sopra riportato sia fondato, con conseguente assorbimento in esso di ogni altra questione o censura.
Premesso che su tale punto la sentenza gravata si è limitata ad affermare che “in via preliminare deve ritenersi infondata la questione circa l’illegittima sottoscrizione dell’atto per carenza del potere dirigenziale del funzionario che lo ha sottoscritto, alla luce delle recenti decisioni della Suprema Corte”, citando al riguardo la sentenza 22800/15, senza null’altro aggiungere o motivare in ordine allo specifico motivo di ricorso, effettivamente e correttamente risulta richiamato il principio giurisprudenziale statuito da tale sentenza, secondo cui “in tema d’imposte sui redditi e sul valore aggiunto, l’avviso di accertamento, a norma dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, cioè, secondo la classificazione prevista dall’art. 17 del c.c.n.l. comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, applicabile ratione temporis, da un funzionario di terza area, di cui non è richiesta la qualifica di dirigente”.
Tale sentenza afferma tuttavia anche che “ove il contribuente contesti, anche genericamente, la legittimazione del funzionario che ha sottoscritto l’avviso di accertamento, l’Amministrazione finanziaria, in ragione dell’immediato e facile accesso ai propri dati, ha l’onere di dimostrare il possesso dei requisiti soggettivi, nonché l’esistenza della delega”.
Il principio è stato poi precisato in termini analitici e pertinenti proprio al caso in esame da Cass. Sez. trib. n. 9736 del 12/05/2016.
Nella fattispecie in esame, invece, malgrado la specifica censura e la puntuale contestazione svolta sul punto dalla contribuente sin dal ricorso di primo grado, puntualmente riproposta in appello, mai l’ufficio finanziario ha prodotto in giudizio alcun atto o documento attestante la nomina, qualifica e/o potere attribuito al funzionario che ha emanato e sottoscritto l’atto di accertamento impugnato, dott.ssa “omissis”.
Il solo documento offerto dall’ufficio consiste invero in un tabulato, non meglio contestualizzato, in cui la dott.ssa “omissis” è indicata come inquadrata nell’area funzionale terza ed appartenente al 1.1.2014 all’ufficio provinciale di Udine, laddove l’atto di accertamento è stato emanato dall’ufficio provinciale di Pordenone.
A prescindere da ogni altra questione inerente gli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale conseguenti alla sentenza 37/15, nella fattispecie concreta a fronte della specifica contestazione del contribuente non risulta fornita dall’ufficio onerato la prova – in termini univoci, adeguati e sufficienti – della effettiva sussistenza in capo al funzionario sottoscrittore dell’atto di accertamento dei requisiti prescritti dall’art. 42 citato, ovvero del ruolo di “capo” dell’ufficio finanziario di Pordenone o della delega da parte di questo a funzionario direttivo.
Ne consegue, per tale profilo preliminare ed assorbente, l’annullamento dell’atto impugnato dal contribuente, con riforma della appellata sentenza, salva la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio in ragione della natura interpretativa della questione alla luce della evoluzione giurisprudenziale e della non univocità della stessa, anche in relazione alla discrezionalità nella valutazione di fatto da operarsi alla stregua di parametri normativi, e ciò tenuto altresì conto della condotta decettiva del contribuente che ha giustificato l’accertamento stesso
in accoglimento dell’appello del contribuente, ed in riforma della sentenza impugnata
annulla 1’avviso di accertamento impugnato dal contribuente
spese del doppio grado del giudizio interamente compensate fra le parti.
Trieste, 9 novembre 2016
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