COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Calabria sentenza n. 3802 sez. 4 depositata il 22 dicembre 2016
Massima
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, seguendo il disposto dell’art. 32 del d.p.r. 600/1973, qualora l’accertamento eseguito dall’ufficio finanziario sia basato su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto dai dati e dagli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi in tal modo un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, chiamato a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili. I giudici della CTR di Catanzaro aggiungono inoltre che, al contrario di come avvenuto nel caso in questione, gli elementi di prova che il contribuente ha l’onere di offrire non possono essere rappresentati da mere affermazioni di carattere generico o formale, ma devono essere analitici, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario.
Due contribuenti, socie della società F S S s.a.s., cancellata dal registro delle imprese, appellano la sentenza della CTP di Cosenza, Sez. VI, n.5683/06/2015, pubblicata il 2 novembre 2015, che ha respinto il ricorso avverso avvisi di accertamento ed atti relativi ad operazioni catastali scaturenti da operazioni poste in essere versamenti sui conti correnti ritenute in evasione d’imposta.
L’Agenzia delle Entrate ha controdedotto.
All’udienza dell’l dicembre 2016, sulle conclusioni come da verbale e sentito il relatore, la causa è stata trattenuta in decisione.
Preliminarmente, va disattesa la censura concernente la sorte degli atti impositivi, formati anteriormente alla sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015, da soggetti la cui qualifica dirigenziale è stata attribuita per effetto della disposizione di cui art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, dichiarata incostituzionale.
Ed invero, essendo la materia tributaria governata dal principio di tassatività delle cause di nullità degli atti fiscali e non occorrendo, ai meri fini della validità di tali atti, che i funzionari (sia delegati che deleganti) possiedano qualifiche dirigenziali, ne consegue la piena validità degli atti sottoscritti da soggetti al momento rivestenti funzioni di capo dell’ufficio, ovvero da funzionari della carriera direttiva appositamente delegati, e dunque da soggetti idonei ai sensi dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 (cfr. Cass. civ., Sez. trib., 9 novembre 2015 n. 22810).
Passando oltre, occorre premettere che, in tema di società in accomandita, la responsabilità del socio accomandatario per le obbligazioni contratte dalla società è illimitata e non circoscritta alle somme conferitegli in base al bilancio finale di liquidazione nonostante l’estinzione della società conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, atteso che tale evento non determina l’estinzione dell’obbligazione sociale, ma solo il suo trasferimento in capo ai soci, i quali ne rispondono secondo lo stesso regime di responsabilità vigente pendente societate (cfr. Cass. civ., Sez. trib., 6 luglio 2016 n. 13805).
Opera, quindi, l’art. 2324 c.c., il quale, a proposito dei diritti dei creditori sociali dopo la liquidazione di una s.a.s., stabilisce che “salvo il diritto previsto dal secondo comma dell’art. 2312 nei confronti degli accomandatari e dei liquidatori, i creditori sociali che non sono stati soddisfatti nella liquidazionedella società possono far valere i loro crediti anche nei confronti degli accomandanti, limitatamente alla quota di liquidazione”.
Pertanto, nella fattispecie, in assenza della dimostrazione de!l’esistenza di somme conferite in base al bilancio finale di liquidazione a P.A. (socia accomandante) ed a C.P., nella qualità di liquidatore della s.a.s., queste ultime (la seconda, limitatamente alla qualità anzidetta) non possono essere chiamate a rispondere delle obbligazioni fiscali rivenienti dalla F.S.S. s.a.s., cancellata dal registro delle imprese, sicché gli atti emessi nei loro confronti (per la seconda, sempre limitatamente alla qualità anzidetta) devono essere annullati.
Venendo all’esame dell’appello presentato da C.P., quale socia accomandataria della s.a.s., la sentenza impugnata ha osservato che una serie di movimentazioni sui conti correnti non sono state adeguatamente giustificate e dunque sono state correttamente riprese a tassazione.
Al contrario, la stessa deduce di avere fornito all’Agenzia delle Entrate adeguata giustificazione di tutto e che di ciò la stessa non avrebbe tenuto conto.
In proposito, il collegio osserva che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili. Ebbene, tali giustificazioni analitiche non sono riportate nell’atto di appello che, aldilà di mere affermazioni di carattere formale, non ha dunque fornito l’apporto di significativi elementi fattuali, atti a confutare la sostanza della prima decisione.
Il tutto a fronte di un accertamento all’esito della quale tutte le operazioni finanziarie sono state inserite in un prospetto (accreditamenti e prelevamenti), in cui si è evidenziata la data e la natura della movimentazione bancaria, la giustificazione fornita dalla parte, i controlli e i riscontri effettuati dai verbalizzanti sulla contabilità e i documenti giustificativi esibiti, gli importi non giustificati con la motivazione del diniego.
L’appello è quindi venuto meno all’onere di specificità dell’impugnazione, di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 546 del1992.
La reciproca soccombenza consente di compensare le spese del giudizio.
La Commissione tributaria regionale per la Calabria, Sezione IV, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, richiesta, eccezione e deduzione accoglie in parte l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla l’accertamento con riferimento alla posizione di P.A. ed alla posizione di C.P., limitatamente alla qualità di liquidatore di F.S.S. s.a.s.; lo rigetta nel resto.
Spese compensate.
Così deciso in Catanzaro, addì 1 dicembre 2016
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