COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Campania ordinanza n. 8370 sez. 33 depositata il 22 settembre 2015
Massima
Secondo i giudici della CTR della Campania il contribuente esercente attività di compro-oro per poter beneficiare delle agevolazioni IVA e del meccanismo del reverse charge, di cui all’art. 74 commi 7 e 8 D.P.R.633/72, avrebbe dovuto provare che gli oggetti in oro, acquistati usati, siano stati successivamente destinati alla rottamazione attraverso processi di fusione.
Nel caso di specie, il primo giudice aveva accolto il ricorso del contribuente. L’Ufficio, infatti, con l’ avviso di accertamento impugnato, aveva contestato l’applicazione del regime del reverse charge poiché aveva ritenuto che gli oggetti in oro venissero rivenduti a terzi e quindi andava applicata l’aliquota ordinaria sull’imponibile IVA.
I giudici della CTR accolgono invece l’appello, condividendo la tesi dell’ufficio d’inapplicabilità del regime del reverse charge, dal momento che il contribuente non ha fornito alcuna prova che gli oggetti acquistati usati da privati siano stati successivamente destinati alla rottamazione, fusi e trasformati in oro da investire e dunque non destinati al consumatore finale.
Testo:
Svolgimento del processo e motivi della decisione
A seguito di verifica fiscale a carattere generale effettuata dalla Guardia di Finanza di Solofra, veniva emesso da parte dell’Agenzia delle Entrate di Avellino a carico di ??.. avviso di accertamento N. TFK010301465 per l’anno d’imposta 2010, rettificando l’applicazione dell’IVA sulle cessioni effettuate. L’ufficio contestava al ?? la erronea e non corretta applicazione ai fini IVA dell’art.17 DPR 633/72 del meccanismo del “reverse charge” ed applicava, invece, l’IVA sul margine ex art.36 D.L.41/95. Il ricorrente ha impugnato l’avviso di accertamento, invocando l’applicazione della risoluzione n.375/E della Agenzia delle Entrate che ha previsto l’applicazione del reverse charge anche agli operatori commerciali “compro oro” che acquistano oro da privati, purchè venga poi rivenduto sotto forma di rottami di gioielli d’oro , verghe aurifere, o come oggetti destinati alla fusione, a soggetti che operano nel settore dell’affinazione e del recupero dei metalli preziosi.
Con sentenza n.146\04\13 la Commissione provinciale di Avellino accoglieva il ricorso compensando le spese del giudizio. Avverso tale sentenza propone appello l’ufficio per il seguente motivo: 1.Difetto di motivazione, ovvero motivazione erronea. L’attività di compro oro consiste nell’acquisto da privati di oggetti d’oro e d’argento e non di materia prima destinata alla lavorazione industriale. Infatti, dal verbale della guardia di finanza risulta che la ditta ha acquistato oggetti di oreficeria e gioielleria usata per i quali è ragionevole desumere una rivendita a terzi senza alcuna manipolazione
Si costituiva in giudizio il S. deducendo che trovava applicazione il reverse charge risultando sulle fatture di vendita i quantitativi di oro usato venduto, integrate con la dicitura “vendita effettuata contro l’impegno dell’acquirente a destinare l’oro alla produzione-in proprio o conto terzi – di beni, nel rispetto della normativa di cui alla legge 712000.” La pretesa fiscale afferente il recupero IVA scaturisce dalla mancata esposizione dell’IVA dovuta per cessioni di rottami di gioielli d’oro che il ricorrente aveva considerato soggette al regime del “reverse charge” di cui all’art. 74, commi 7 e 8, del D.P.R. 633/72 e che, invece, l’Agenzia delle entrate considera imponibili ad aliquota ordinaria sul presupposto che trattandosi di gioielleria e oreficeria usata è ragionevole presumere una rivendita a terzi senza alcuna manipolazione.
Di fronte alla specifica contestazione della natura commerciale della attività svolta di rivendita di oggetti usati di oreficeria, il contribuente non ha dato la prova che gli oggetti acquistati da privati siano stati rivenduti come rottami o destinati alla fusione. Non ha fornito la prova della correttezza della applicazione del criterio del “reverse charge” ai fini IVA. Né tale onere probatorio può ritenersi assolto dalla semplice dicitura apposta sulle fatture ” vendita effettuata contro l’impegno dell’acquirente a destinare l’oro alla produzione di beni”, trattandosi di documento proveniente dallo steo contribuente” Ai fini probatori, il contribuente per potere beneficiare delle agevolazioni iva, avrebbe dovuto provare, che gli oggetti acquistati usati siano stati poi successivamente destinati alla rottamazione attraverso processi di fusione.
Per le considerazioni espresse va accolto l’appello e la sentenza impugnata riformata. All’ accoglimento dell’appello segue la condanna alle spese, secondo la regola della soccombenza.
P. Q. M.
La Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione 33, definitivamente pronunciando, così delibera:
-accoglie l’appello dell’ufficio e condanna il contribuente al pagamento delle spese di lite che si determinano in euro 300,00 oltre eventuali oneri fiscali. Così deciso in Napoli il 14 settembre 2015
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