COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Liguria sentenza n. 946 sez. 1 depositata il 5 luglio 2016
Massima
La cessione totalitaria delle quote sociali costituisce una vera e propria cessione d’azienda.
Lo dicono i giudici della CTR ligure, i quali, rifacendosi all’orientamento della Corte di Cassazione, espresso nella recente ordinanza n. 24594 del 2/12/2015, accolgono l’appello dell’Ufficio che aveva riscontrato un intento elusivo, da parte dei ricorrenti, nella cessione totalitaria delle quote sociali di una s.r.l.
Nella succitata ordinanza, infatti, la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui la cessione totalitaria delle quote sociali ha la medesima funzione economica della cessione della società, consistente nel trasferimento dei poteri di godimento e disposizione della stessa e, ai fini dell’imposta di registro, è a quest’ultima assimilabile, senza che occorra alcuna prova dell’intento elusivo.
Secondo l’indirizzo della Corte di Cassazione (ex multis, Cass., Ord. n. 24594/2015), la cessione totalitaria di quote societarie persegue la stessa funzione economica raggiungibile attraverso la cessione dell’azienda sociale. Ai fini dell’imposta di registro, pertanto, facendo prevalere gli effetti sostanziali ottenuti rispetto alla forma contrattuale utilizzata, il negozio di cessione della totalità delle quote di una società di capitali deve essere assimilato ad un contratto di cessione di azienda, anche in assenza della prova certa dell’intento elusivo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La signora S.M. ricorreva avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta suppletiva di registro ammontante a complessivi euro 21.564,00 dovuta a seguito di trasferimento, con atto a rogito Notaio Z., delle quote rappresentative il capitale sociale della L. s.r.l. dai signori M.F. e S.M. ai signori F.M. e F.M. al prezzo di euro 730.000,00.
Detto accertamento conseguiva alla riqualificazione dell’intera operazione in cessione d’azienda a terzi ex art. 20 del DPR n. 131/86.
Eccepiva la contribuente in via principale la nullità dell’accertamento per violazione dell’art. 37 bis DPR n. 600/73 per mancata instaurazione del contraddittorio e subordinatamente l’infondatezza della pretesa.
La Commissione Provinciale accoglieva il ricorso non ravvisando alcun intento elusivo da parte del ricorrente.
Appella l’Ufficio, evidenziando che in tema di imposte di registro l’art. 20 del D.P.R. n. 131/86 impone l’applicazione dell’imposta secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente; nel caso di specie la cessione totalitaria delle quote sociali costituirebbe una vera e propria cessione di azienda, con conseguente tassazione proporzionale dell’operazione.
Resiste la contribuente eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello per carenza di specifici motivi di impugnazione e ribadendo nel merito l’assenza di intenti elusivi.
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per l’appellante Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Savona:
“Vogliano codesti On.li Giudici, annullare la sentenza n. 160/04/14, depositata il 4/4/14, confermando quindi, in toto, l’operato dell’Ufficio.
Con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio“.
Per l’appellata sig.ra S.M.:
“Chiede in via principale, la declaratoria di inammissibilità dell’appello;
in subordine, la reiezione del medesimo in quanto infondato.
Con vittoria di spese anche del secondo grado di giudizio“.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio di dover preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta dalla contribuente.
Secondo la parte privata l’appello conterrebbe solo una generica richiesta di riforma della sentenza della Commissione Provinciale con una riproposizione delle difese approntate in quel grado, ma tale eccezione risulta infondata.
Nel proprio atto di appello l’Ufficio espone due motivi specifici di impugnazione della decisione dei Primi Giudici, quali l’insufficiente motivazione e la violazione dell’art. 20 del D.P.R. n. 131/86 e contrappone a passi della predetta sentenza la propria posizione critica; ciò, indipendentemente dalla fondatezza o meno del gravame, rende l’appello del tutto ammissibile e conforme al disposto dell’art. 53 del D.Lgs. n. 546/92-
Quanto sopra anche atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito.
Verificata positivamente l’ammissibilità dell’impugnazione proposta dall’Ufficio, ritiene il Collegio che la stessa sia anche fondata, alla stregua del costante indirizzo della Corte di Cassazione secondo cui, in tema di interpretazione degli atti ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, il criterio fissato dall’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 impone di privilegiare l’intrinseca natura e gli effetti giuridici, rispetto al titolo e alla forma apparente degli stessi, con la conseguenza che i concetti privatistici relativi all’autonomia negoziale regrediscono, di fronte alle esigenze antielusive. poste dalla norma, a semplici elementi della fattispecie tributaria, per ricostruire la quale dovrà, dunque, darsi preminenza alla causa reale e complessiva dell’operazione economica, rispetto alle forme dei singoli negozi giuridici (cfr. sentt. 23584/12, 6835/13, 17965/13, 3481/14).
Ancora nella recente ordinanza n. 24594 del 2/12/2015 la Suprema Corte ha avuto modo di osservare che “la cessione totalitaria delle quote di una società ha la medesima funzione economica della cessione dell’azienda sociale. Entrambi tali contratti tendono infatti a realizzare l’effetto giuridico del (e trovano la loro causa concreta nel) trasferimento dei poteri di godimento e disposizione dell’azienda sociale da un gruppo di soggetti (i partecipanti alla società che cedono le loro quote) ad un altro soggetto, o gruppo di soggetti (l’acquirente, o gli acquirenti, della totalità delle quote sociali).
Il contratto di cessione totalitaria delle quote di una società è dunque assimilabile, ai fini dell’imposta di registro, al contratto di cessione dell’azienda sociale, senza che al riguardo sia necessario ….che l’Agenzia delle entrate fornisca in giudizio la “prova certa dell’intento elusivo”.
Alla soccombenza consegue la condanna al pagamento delle spese del giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie l’appello.
Condanna la contribuente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in complessivi euro 1.500,00 oltre al rimborso del contributo unificato.
Genova, 20 giugno 2016
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