Commissione Tributaria Regionale per la Liguria Sezione 1 Sentenza del 11/10/2016 n. 1169
Imposta di registro – cessione di quote
OGGETTO DELLA DOMANDA-SVOLGIMENTO DEL PROCESSO-MOTIVI DELLA DECISIONE
La questione all’esame riguarda l’imposta di registro su atto pubblico del 16/3/2012 del notaio C., registrato al n. 3677, sulla cessione di quote sociali da parte di M. L. a V.A. e a V. S., con cui il primo acquistava una quota del valore nominale di Euro 34.175,00 e il secondo una quota del valore di Euro 825,00.
Con avviso di liquidazione in data 17 maggio 2012 l’Agenzia delle Entrate provvedeva al recupero della maggiore imposta dovuta di Euro 336,00, (168,00×2), rispetto a quella autoliquidata di Euro 168,00, poiché l’atto, secondo l’ufficio conteneva due distinte operazioni negoziali non derivanti le une dalle altre, pur essendo contenute in un unico documento.
Avverso l’avviso di cui sopra proponeva ricorso il notaio C., e la Commissione Tributaria Provinciale di Genova rigettava il ricorso, confermando il provvedimento impugnato.
Appella il notaio C., il quale, evidenziata la differenza tra imposta e tassa, richiama l’art. 11 della Tariffa di Registro, secondo il quale l’atto di cessione di quota sconta la tassa fissa di Euro 168,00, e ciò, sia che il valore della quota sia Euro 100,00, sia che sia Euro 10.000,00. Nel caso in esame sono contenute più disposizioni, e, secondo l’appellante, se il pagamento della tassa è il corrispettivo del servizio di registrazione fornito dallo Stato, occorre verificare quante volte viene utilizzato il servizio; se il servizio viene utilizzato una volta sola verrà corrisposta un’unica tassa, se viene utilizzato due volte, verranno corrisposte due tasse.
Nel caso di specie, ad avviso dell’appellante, poiché l’atto contenente più cessioni di quote è unico, unica sarà la registrazione e unico sarà il corrispettivo del servizio da corrispondere allo Stato, perché il servizio di registrazione verrà utilizzato una sola volta.
Richiama giurisprudenza di Cassazione e circolare ministeriale sul punto, affermando che l’art. 21 TUIR è applicabile solo alle disposizioni che esprimono capacità contributiva e non alle cessioni quote, che, a suo dire, non esprimono capacità contributiva.
In ogni caso è assurdo che , nonostante il servizio di registrazione venga utilizzato una sola volta, si paghino due tasse.
Secondo la parte contribuente, nella fattispecie le cessioni non costituiscono indici di capacità contributiva, essendo soggette a tassa fissa indipendentemente dal valore negoziato.
Alla luce di quanto sopra chiede l’annullamento della sentenza impugnata, dichiarando l’illegittimità, la nullità, l’infondatezza e l’inefficacia dell’avviso di liquidazione impugnato, con vittoria delle spese di giudizio.
Controdeduce l’Agenzia delle Entrate, la quale richiama preliminarmente l’art. 21 comma primo del DPR 131/86, secondo cui, se un atto contiene più disposizioni che non derivino necessariamente per la loro intrinseca natura le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto; richiama altresì l’art. 11 della Tariffa di Registro.
Queste disposizioni normative, secondo l’ufficio, sono state correttamente affrontate nella sentenza.
Per quanto riguarda l’appello del contribuente, afferma in primo luogo che controparte non ripropone più l’argomento relativo al termine plurale presente nell’art. 11 della Tariffa, e pertanto tale argomento è rinunciato.
In secondo luogo evidenzia che controparte, nell’atto d’appello, afferma che mai il ricorrente ha sostenuto l’intrinseca connessione dei negozi di cessione di quota di srl contenuti nel medesimo atto, riconoscendo che l’atto contiene due distinte cessioni.
Pertanto anche il motivo di ricorso relativo alla presenza di più cessioni è da ritenere rinunciato.
Entrando nel merito dell’appello contesta le disquisizioni dell’appellante sulla differenza tra tassa e imposta e il richiamo alla giurisprudenza di Cassazione e ai documenti di prassi non è pertinente, in quanto né la Cassazione né la Circolare richiamata hanno mai affermato che le cessioni di quote sono atti che non esprimono capacità contributiva.
Alla luce di quanto sopra chiede la reiezione dell’appello, con integrale conferma della sentenza impugnata, con vittoria delle spese di giudizio.
DIRITTO
L’appello del contribuente non è meritevole di accoglimento, e pertanto deve essere confermata la sentenza di 1° grado, peraltro ponendo a carico di parte soccombente le spese di questo grado di giudizio, che la Commissione quantifica in Euro 500,00.
Al fine di esplicitare l’iter” logico-giuridico che ha consentito di pervenire all’esito di cui sopra, la Commissione rileva quanto segue.
Il caso proposto all’esame concerne la cessione di quote sociali di srl da parte dell’unico titolare a più cessionari Il quadro normativo della fattispecie in oggetto è rinvenibile nell’art. 21 del DPR 131/86, in base al quale, se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto.
Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa.
La Corte di Cassazione nella sentenza n. 10180/2009 ha stabilito che l’imposta di registro si commisura all’atto sottoposto a registrazione e trova applicazione in occasione della stipula o della formazione di atti a contenuto economico, in quanto assunti dal legislatore come indici di capacità contributiva.
Quando un documento contiene più atti, ciascuno espressione di capacità contributiva, è normale che l’imposta si applichi distintamente ad ognuno di essi.
Ciò che assume rilevanza ai fini dell’assoggettamento a tassazione è il contenuto economico delle disposizioni recate dall’atto da registrare, come afferma anche l’Amministrazione Finanziaria, con la Risoluzione N. 225 del 2008.
Le disposizioni suscettibili di valutazione economica autonoma sono infatti indice di capacità contributiva e pertanto devono essere assoggettate a tassazione.
Quindi, se un atto presenta più disposizioni aventi contenuto economico autonomo, come nella fattispecie, la tassazione ai fini dell’imposta di registro deve riguardare singolarmente le varie disposizioni: ove invece, ma non è il caso rappresentato, ricorra un rapporto di derivazione necessaria, l’imposta di registro si applica una sola volta sulla disposizione più onerosa.
Alla luce di quanto sopra l’appello del contribuente non è meritevole di accoglimento e deve pertanto essere rigettato.
Per quanto concerne le spese di giudizio, le medesime devono essere poste a carico della parte soccombente e sono quantificate nella misura di Euro 500,00 per il presente grado di giudizio.
La Commissione rigetta l’appello e condanna l’appellante al pagamento delle spese di questo grado
di giudizio che liquida in Euro 500,00.
Genova 26 settembre 2016
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