COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Lombardia sentenza n. 5328 sez. 67 depositata il 7 dicembre 2015
Massima
È quanto emerge dalla sentenza n. 5328/2015 del 7 dicembre 2015 della Sezione 67 della CTR Lombardia.
In tema di sanzioni la condizione di detenzione, invocata dal contribuente come motivo in forza del quale non ha presentato la dichiarazione IRPEF per l’anno 2007, non configura in alcun modo la forza maggiore “cui resisti non potest” richiesta dalla legge. Secondo i giudici bresciani, infatti, il contribuente avrebbe certamente potuto conferire con il proprio difensore, per il tramite del quale avrebbe potuto informare il proprio consulente tributario e regolarizzare nei tempi la propria posizione.
In tema di sanzioni la condizione di “detenuto” del contribuente non configura in alcun modo la forza maggiore “cui resisti non potest”, richiesta dalla legge, in quanto il contribuente “detenuto” è certamente nella condizione di poter conferire con il proprio difensore, per il tramite del quale, può informare il proprio consulente tributario, al fine di ottemperare agli obblighi fiscali.
Testo:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
B. M. impugna la sentenza n. 699 depositata il 17.9.14, della CTP di Brescia, sez. 7, che, in parziale accoglimento del ricorso a suo tempo proposto avverso accertamento IRPEF 2007, rideterminava il reddito imponibile in € 22.116, il valore della produzione in € 29.839, determinando altresì, le imposte dovute e, per quel che interessa, questa sezione, le sanzioni. Spese compensate. Il contribuente lamenta sostanzialmente che le sanzioni non sarebbero dovute atteso che, la mancata presentazione della dichiarazione, per cui appunto erano state applicate le sanzioni, era dovuta a forza maggiore. Specifica l’appellante che nel periodo di presentazione della dichiarazione era ristretto in carcere e detta situazione era perdurata fino al 2012, pertanto non era in grado di adempiere agli oneri fiscali che gli sono stati contestati.
Chiede, pertanto, in via principale la rideterminazione del reddito in € 22.116, peraltro già così rideterminato dal primo giudice, e la disapplicazione delle sanzioni ai sensi dell’art. 5, Lgs. 472/97 e/o dell’art.6, c.5, stesso decreto. Si costituisce l’Ufficio che eccepisce preliminarmente, inammissibilità dell’appello essendo il deposito del medesimo avvenuto oltre il termine di 30 gg. dalla notifica (not. 16/3 – deposito 16/4).
Osserva che nella fattispecie le sanzioni sono legittime non ricorrendo la forza maggiore.
Chiede, perciò. Il rigetto dell’appello, con il favore delle spese.
Dimette memoria illustrativa il contribuente con cui ribadisce la tempestività del deposito dell’appello essendo la notifica intervenuta il 17/3, come risulta dalla cartolina di ritorno e insiste sulla inapplicabilità delle sanzioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, verificata l’eccezione di tardività del deposito dell’appello sollevata dall’Ufficio.
L’eccezione, ad avviso di questa sezione, è fondata.
L’appello è stato spedito il 16.3 come risulta dalla ricevuta postale di spedizione.
La notifica, perciò, per l’appellante è avvenuta appunto il 16.3. la data di ricevimento riguarda il notificando, per il quale, ovviamente i termini non possono che decorrere da quel momento, secondo la ormai nota divaricazione della notificazione per il notificante e per il notificando.
Il termine di 30 gg. per il deposito ha iniziato a decorrere dal giorno 16.3 conseguendone che la scadenza era il 15.4. essendo il deposito avvenuto il 16.4, questo è da ritenersi tardivo.
Va, in ogni caso, rilevato che, ad avviso di questa sezione, lo stato di detenzione, di per sé, non configura quella forza maggiore che giustifica il mancato invio della dichiarazione. Si consideri che il contribuente avrà certamente potuto conferire con il suo difensore, per il tramite del quale avrebbe potuto informare il proprio consulente tributario. Che lo stato di detenzione abbia potuto causare al contribuente una situazione di preoccupazione od ansia che gli abbia fatto “dimenticare” l’obbligo fiscale è circostanza del tutto soggettiva che non può configurare in alcun modo la forza maggiore “cui resisti non potest” richiesta dalla legge.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Commissione dichiara inammissibile l’appello. Le spese di giudizio liquidate in € 1000 (mille) seguono la soccombenza.
Brescia, lì 9 Novembre 2015
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