COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Lombardia sez. 1 sentenza n. 2457 depositata il 1 giugno 2017
DONAZIONI – Rinuncia a diritti reali – Imposizione proporzionale – Sussistenza – Titolo gratuito – Irrilevanza.
Massima:
La legislazione fiscale coglie e sottopone ad imposizione, anche al fine di evitare possibili elusioni fiscali, gli effetti economici dello spostamento di ricchezza conseguente all’atto unilaterale di rinuncia a diritti reali. Tale spostamento di ricchezza sarà soggetto all’imposta di registro se la rinuncia è a titolo oneroso e all’imposta di donazione se la stessa è a titolo gratuito.
Testo:
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Notaio A. S. di Lodi aveva registrato a tassa fissa (per imposta di registro, ipotecaria e catastale) l’atto col quale le signore Z. A. e B. G. avevano rinunciato senza alcun corrispettivo al diritto d’usufrutto loro spettante su un immobile, diritto costituito otto anni prima in occasione dell’acquisto di un appartamento. L’Ufficio recuperava la somma di ? 1.568,00 a titolo d’imposta di donazione proporzionale ed il Notaio presentava ricorso, accolto dalla C.T.P. di Lodi. Questo Giudice riteneva che solo la rinunzia onerosa poteva essere considerata atto traslativo mentre la rinuncia puramente abdicativa, quale atto unilaterale, provoca l’espansione del diritto di proprietà del nudo proprietario, che costituisce effetto ex lege della rinuncia. Le spese di lite erano compensate tra le parti. L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza n. 198/2/15 della C.T.P. di Lodi sostenendo che la legislazione tributaria, a fini antielusivi, e per cogliere la sostanziale capacità contributiva espressa dall’atto, ha inquadrato la rinuncia nell’ambito dell’imposta di registro se si tratta di “rinuncia a titolo oneroso” e dell’imposta di donazione se, come nel caso di specie, la rinuncia avviene a titolo gratuito. Ha richiamato sentenze della Cassazione e Risoluzioni, osservando che le sentenze citate dalla parte privata riguardano il regime civilistico della rinuncia. Ha concluso per la riforma della sentenza, col riconoscimento della legittimità dell’avviso di liquidazione. L’appellata ha sostenuto che trattandosi pacificamente di una rinunzia abdicativa, che risulta dall’atto, la stessa ha prodotto quale effetto automatico l’ampliamento dell’originario diritto di proprietà; sarebbe tassata proporzionalmente, se mai, la rinunzia a favore di un soggetto diverso dal nudo proprietario. Ha chiesto la conferma dell’impugnata sentenza, col favore delle spese.
MOTIVI
succintamente esposti ai sensi dell’art. 36 c. 2 n. 4 del D.lgs. 546/1992
L’appello dell’Agenzia delle Entrate merita accoglimento. L’art. 2, comma 47 del D.L. 262/2006, in connessione con l ‘art. 1, comma 2 del d.lgs. 346/1990, prevede che anche la “rinunzia a diritti reali” costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta di donazione; secondo l’art. 1, Tariffa Parte 1, allegata al D.P.R. 131/1986 sull’imposta di registro l’aliquota proporzionale si applica alla “rinuncia pura e semplice” a diritti reali immobiliari di godimento. In materia fiscale, quindi, l’atto unilaterale di rinuncia viene colto non già nei suoi effetti giuridici ma essenzialmente in quelli economici, con conseguente tassazione dello spostamento di ricchezza che si attua nel momento in cui un diritto si espande a scapito di un altro soggetto, prescindendo dai motivi per i quali quest’ultimo ha rinunciano al proprio diritto. Tale spostamento di ricchezza sarà soggetto ad imposta di registro se attuato a fronte di un corrispettivo e all’imposta di donazione se attuato a titolo gratuito. In tale senso si è espressa più volte la Corte di Cassazione ritenendo che “non vi sarebbe alcun logico motivo per assoggettare ad imposta la cessione di usufrutto di cui all’art. 980 del codice civile e non la rinunzia negoziale al diritto stesso, che arreca al nudo proprietario un arricchimento identico a quello conseguito da chi riceve l’usufrutto” (Cass. 2452/2005; Cass. 14279/2000). In tal senso anche la Circolare Entrate 28/E del 27.3.2008 e la Risoluzione del 16.2.2007. La giurisprudenza ricordata dalla parte privata secondo la quale la rinuncia meramente abdicativa è negozio unilaterale che non può essere considerato donazione attiene all’aspetto civilistico e formale dell’istituto, nel senso che – ad esempio – la rinuncia in quanto tale non richiede la forma solenne della donazione. Ma, come s’è detto, la legislazione fiscale coglie e sottopone a tassazione gli effetti economici della rinuncia, anche al fine di evitare ben possibili elusioni fiscali (acquisto della nuda proprietà con usufrutto ad un terzo poi rinunciante) che sarebbero ben possibili dopo l’abolizione dell’imposta di consolidamento. L’effetto economico della rinuncia non è del resto principio estraneo al nostro ordinamento. Anche in materia successoria può essere la rinuncia al diritto d’usufrutto equiparabile ad una donazione indiretta e quindi il suo controvalore soggetto a riunione fittizia ex art. 556 cod.civ. (Cass. 30.12.97 n. 23117). Deve pertanto essere riformata l’impugnata sentenza e riconosciuta la fondatezza della pretesa erariale. Anche per questo grado di giudizio le spese di lite possono essere compensate per la singolarità della questione e l’esistenza di pronunce giurisprudenziali apparentemente difformi.
P.Q.M.
la Commissione Tributaria Regionale, accoglie l’appello dell’Agenzia delle Entrate e dichiara la legittimità dell’avviso di liquidazione. Spese del doppio grado compensate.
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 15 maggio 2017
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