COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Puglia sentenza n. 2993 sez. 24 depositata il 1° dicembre 2016
Massima
In tema di disciplina antielusiva sulle “società di comodo”, il contribuente che non abbia presentato l’ istanza di disapplicazione, ai sensi dell’art. 37-bis DPR n. 600/73, può comunque impugnare l’eventuale avviso di accertamento emesso dall’Ufficio. I giudici baresi, confermando la tesi della facoltatività della suddetta istanza, ritengono pienamente legittimo il ricorso giurisdizionale direttamente esperito dal contribuente contro l’atto impositivo, in applicazione del diritto di difesa garantito dall’art. 24, comma 2, Cost. Nel caso di specie il collegio ha rigettato l’appello dell’Ufficio ritenendo che la documentazione presentata dalla società contribuente e attestante la piena operatività della stessa nel periodo relativo all’accertamento subito, sia del tutto sufficiente a provare l’assenza di tentativi di elusione fiscale.
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Lecce- appellante -, così come costituita in atti, depositava in data 15 aprile 2014 presso questa Commissione l’atto di appello avverso la sentenza n. 508/02/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, pronunciata il 10 dicembre 2013 e depositata il 17 dicembre 2013, con la quale, previo ricorso introduttivo della controversia proposto dalla società contribuente XXX S.r.l. – appellata -, così come costituita in atti, esercente l’attività di “confezione di abbigliamento esterno”, contro l’avviso di accertamento n. TV—/2010, emesso dalla stessa Agenzia appellante che, in considerazione del fatto di essere stata inserita nel Piano Annuale dei Controlli 2010 tra le società non operative, veniva ritenuta, ai sensi dell’articolo 30 della legge n. 724/1994, società di comodo, accertando, per l’anno di imposta 2006, ai sensi dell’articolo 41-bis d.p.r. n. 600/1973, ai fini IRES un maggior reddito di impresa nella misura di euro 157.554,96 e, ai fini IVA, ai sensi dell’articolo 54, comma 5, d.p.r. n. 633/1972, un minor credito di imposta pari ad euro 19.261,00, riliquidando gli importi dovuti con sanzioni ed interessi, così veniva deciso:
“La Commissione accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’avviso di accertamento impugnato: dichiara interamente compensate le spese processuali”.
L’ufficio appellante si opponeva alla sentenza gravata per i motivi di impugnazione riferibili alla sua nullità per il fatto, a suo dire, che i giudici di prime cure, errando, non avessero tenuto conto della disciplina delle società non operative che può essere disapplicata, solo e soltanto, attraverso l’interpello “disapplicativo”, ritenendo che “è proprio con tale strumento che il contribuente può dimostrare all’Agenzia delle Entrate le oggettive situazioni che non gli hanno consentito di raggiungere i ricavi, gli incrementi di rimanenze, i proventi e il reddito, nelle misure minime previste dall’articolo 30 della legge n. 724 del 1994“.
Quindi l’appellante, a conclusione dell’illustrazione di tutte le doglianze poste a corredo del gravame, rivolgeva a questa Commissione la richiesta di accoglimento dell’appello, di riforma della sentenza impugnata e di condanna della parte appellata alle spese di lite.
In data 24 giugno 2014 la società XXX Srl. -appellata -depositava presso questa Commissione le controdeduzioni e si costituiva in giudizio, chiedendo, preliminarmente, che le stesse fossero discusse insieme a quelle presentate dalla medesima società contribuente in pari data avverso altro appello proposto dall’appellante (Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Lecce) contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, Sezione 2°, avente il n. 509/02/2013, pronunciata il 10 dicembre 2013 e depositata il 17 dicembre 2013, emessa su ricorso rubricato col R.G.R. n.1993/10.
Argomentando, poi, l’opposizione all’appello, l’appellata ne eccepiva l’inammissibilità, ritenendo solo apparente la critica rivolta dall’Ufficio appellante contro la sentenza impugnata, quindi priva di specifici motivi di gravame e, nel merito, sosteneva l’assoluta infondatezza di tutte le censure sollevate dall’Agenzia delle Entrate.
Pertanto la parte appellata concludeva, con la richiesta, rivolta a questa Commissione, di rigettare l’appello, perché, a suo dire, inammissibile ed infondato, in fatto ed in diritto, e, di conseguenza, di confermare la sentenza impugnata, con condanna dell’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Lecce – appellante – alle spese di lite del doppio grado di giudizio.
All’udienza pubblica odierna -17 novembre 2016- il Collegio, come da separato verbale, terminata la discussione in cui, unitariamente, viene discusso anche l’appello rubricato al n. 1617/14, ricorrendo la connessione soggettiva, essendo l’oggetto di ogni controversia specificamente differente, successivamente, in camera di consiglio, decide, separatamente ed autonomamente, le due controversie, redigendo distinte sentenze.
DIRITTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello, proposto dall’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Lecce, è infondato ed è rigettato.
La sentenza gravata, emessa col n. 508/02/13 dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, è confermata.
Il Collegio, esaminati tutti gli atti che corredano il fascicolo della controversia, procede all’esame dei motivi specifici di impugnazione, già individuati in fatto, e, preliminarmente, rigetta l’eccezione della società contribuente appellata, riferita all’inammissibilità dell’appello, perché l’ufficio appellante ha proposto, effettivamente, nel merito, specifiche contestazioni, rivelatesi, all’esito del loro scrutinio, del tutto infondate ed illegittime, mediante le quali la sentenza gravata veniva ritenuta affetta da nullità, affermando che “i Giudici non hanno tenuto conto che la disciplina delle società non operative può essere, in tutto o in parte, disapplicata solo attraverso l’interpello “disapplicativo”; infatti, è proprio con tale strumento che il contribuente può dimostrare all’Agenzia delle Entrate le oggettive situazioni che non gli hanno consentito di raggiungere i ricavi, gli incrementi di rimanenze, i proventi e il reddito, nelle misure minime previste dall’articolo 30 della legge n. 724 del 1994“.
Addentratosi nello scrutinio del motivo centrale ed assorbente di ogni altro motivo proposto contro la sentenza impugnata, riferito all’errata interpretazione del suindicato articolo 30 della legge n. 724 deI 1994 da parte della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, questo Collegio rileva la totale infondatezza delle tesi dell’Ufficio appellante, perché tale legge, considerata estranea al caso che qui ci occupa, non inibisce affatto l’impugnazione dell’avviso di accertamento, su cui vi è disputa, essendo prevista al comma 4-bis la facoltà e non l’obbligo, ricorrendone i presupposti, per l’eventuale società interessata, di richiedere preventivamente, senza porre alcuna preclusione, alla competente Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate, in presenza di oggettive situazioni, la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell’articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29settembre 1973, n. 600.
E’ essenziale evidenziare, al fine di comprendere la totale legittimità dell’operato della società contribuente, ben accertato dai giudici di prime cure, qui totalmente condiviso, che, tra l’altro, hanno rilevato che “il comportamento tenuto dalla società ricorrente, diversamente da quanto sostenuto dall’ufficio, appare del tutto legittimo e fondato“, il principio cardine del nostro ordinamento costituzionale che, all’articolo 24, comma 2, della Costituzione della Repubblica Italiana, senza porre alcuna condizione e limitazione, così afferma:
“La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento“.
Pertanto, in diretta considerazione di tutto quanto è stato fin qui illustrato e motivato, non vi è alcun dubbio, per questo Collegio, che i motivi specifici di impugnazione, proposti dall’ufficio appellante contro la sentenza impugnata, siano risultati, all’esito del loro scrutinio, totalmente infondati ed illegittimi, quindi meritevoli di rigetto.
Precisamente la controversia, che qui ci occupa, è scaturita da una confusa azione accertativa, non essendo risultati aderenti i fatti contestati dall’ufficio alla realtà economica dell’azienda sottoposta ad accertamento, mancando, in modo evidente, anche il necessario e puntuale collegamento con le scritture contabili esibite in atti, mediante le quali, ai sensi dell’articolo 2697-Onere della prova – c.c., è stata esibita dalla contribuente la prova delle effettive e reali operazioni di gestione poste in essere dalla stessa nell’esercizio 2006, risultate, dopo attento esame, attendibili, quindi degne di considerazione ai fini dell’accoglimento delle sue ragioni, già riconosciute dai giudici di prime cure e qui condivise, perché sono ritenute anche utili a smentire l’operato dell’Ufficio, manifestatosi impreciso, contraddittorio ed illegittimo avendo lo stesso sostenuto, erroneamente, che, in assenza dell’interpello disapplicativo, la società contribuente non potesse impugnare l’avviso di accertamento, di cui vi è causa, effettuando, così, un’interpretazione del tutto arbitraria del combinato disposto dagli articoli 30 della legge n. 724 del 1994 e 37-bis, comma 8, del d.p.r. n. 600/1973, non precludendo affatto, nel caso di specie, l’impugnazione dell’avviso di accertamento in assenza della proposizione dell’interpello disapplicativo.
Orbene questo Collegio avverte il dovere di esprimere la piena condivisione della decisione dei giudici di prime cure, risultata puntuale ed incontrovertibile, perché la società contribuente, a causa di specifiche problematiche operative e gestionali, dalla stessa tempestivamente ed ampiamente illustrate, giustificanti da sole il suo risultato economico conseguito, rappresentativo dell’effettivo svolgimento dell’attività aziendale, dichiarato all’Amministrazione Finanziaria nel Modello Unico 760 Persone Giuridiche 2007 per l’anno 2006, non era riuscita a produrre, per cause estranee alla sua volontà, il reddito accertato dall’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Lecce con l’avviso di accertamento impugnato con il ricorso introduttivo.
Quindi la società ricorrente ed appellante non era soggetta alla compilazione del quadro RF riservato ai soggetti non operativi, ma, come in realtà è accaduto, essendo stato l’esercizio 2006 di fatto il primo periodo di effettiva operatività, sebbene ridotta, come dimostrato dalla copiosa documentazione comprensiva delle scritture contabili, allegata in atti, ha dichiarato il risultato economico, così come concretamente e realmente era scaturito dall’andamento della gestione, senza violare per nulla l’articolo 30 della legge n. 724 del 1994 e le altre leggi, invocate invano dall’Amministrazione Finanziaria nel pluricitato avviso di accertamento, di cui vi è causa.
Da tanto scaturisce il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
La particolare complessità, che caratterizza la controversia, consente al Collegio di compensare interamente, tra le parti, anche le spese di lite di questo giudizio di appello.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Lecce e conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Lecce, 17 novembre 2016
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