COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Puglia sez. 11 sentenza n. 1522 depositata il 26 aprile 2017
IMPOSTA UNICA SUI GIOCHI E SULLE SCOMMESSE – Presupposto oggettivo – Raccolta della scommessa nel territorio nazionale.
Massima:
Ai fini dell’applicazione dell’imposta unica sui giochi e sulle scommesse non rileva il fatto che il bookmaker sia un soggetto estero, atteso che la raccolta delle scommesse – presupposto oggettivo – è avvenuta in Italia, attraverso il Centro trasmissione dati, operatore interno, mediante un contratto con lo scommettitore, indipendentemente dal fatto che la scommessa venga trasmessa all’estero.
Intitolazione:
IDEM – Presupposto soggettivo – Attività autonoma del Centro trasmissione dati.
Massima:
Ai fini dell’applicazione dell’imposta unica sui giochi e sulle scommesse il presupposto soggettivo è costituito dall’attività del Centro trasmissione dati di gestione – per conto terzi – dei concorsi, per il tramite di autonoma organizzazione imprenditoriale e non di mera attività di intermediazione.
Intitolazione:
IDEM – Conflitto con la normativa dell’Unione Europea – Prova della duplicazione d’imposta – Necessità.
Massima:
In tema di imposta unica sui giochi e sulle scommesse non sussiste la necessità di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale ed alla Corte di Giustizia UE. In riferimento al configurarsi di una doppia imposizione in capo all’operatore comunitario, le norme italiane non sono in conflitto con quelle dell’Unione Europea, laddove non sia stato fornito alcun elemento per provare che lo stato in cui risiede detto operatore prevede la tassazione dell’importo delle scommesse giocate e che un’imposta sia effettivamente applicata.
Intitolazione:
IDEM – Incostituzionalità dell’art. 1, c. 66 della lett. b), legge 220/10 – Non sussiste.
Massima:
In tema di imposta unica sui giochi e sulle scommesse non è ravvisabile l’incostituzionalità dell’art. 1, c. 66 della lett. b), legge 220/10 poiché l’assoggettamento all’imposta dei soggetti che, non essendo concessionari o titolari di autorizzazione alla raccolta delle scommesse, non sono collegati al totalizzatore nazionale, non esclude che il volume della raccolta sia determinato con l’esercizio dei poteri di controllo dell’ amministrazione e che l’imposta sia applicata con le aliquote previste.
Intitolazione:
PROCESSO – Ricorso – Tempestività – Onere della prova – Incombe sul ricorrente – Rilevabilità d’ufficio – Non contestazione del resistente – Irrilevanza – Instaurazione del contraddittorio – Non sussiste.
Massima:
L’onere della prova della tempestività dell’atto introduttivo del giudizio incombe sul ricorrente (il quale, a tal fine, deve depositare il plico contenente l’atto impositivo e portante la data di consegna dello stesso) ed è rilevabile d’ufficio, senza che, pertanto, abbia rilievo il principio di non contestazione e la necessità di instaurare il contraddittorio sulla questione, né il giudice può supplire alle eventuali mancanze formulando ordine di esibizione che presuppone la dimostrata impossibilità del ricorrente.
Testo:
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso notificato 111/ 16-9-2015 la S.M.L. (d’ora in poi SB) ha proposto appello avverso la sentenza n.364/7/15 dell’i 1.-2-2015 con cui la Commissione Tributaria
Provinciale di Bari aveva dichiarato inammissibile il ricorso, da essa SB presentato, avverso l’avviso di accertamento recante n.M03080000566U -giochi lotterie 2008- perché tardivo, condannando la società alla rifusione delle spese di lite, liquidate in ?. 2.000,00.
Con successivo ricorso, poi riunito al primo, T.M. proponeva appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bari n. 2137/03/15 del 15.6.2015 che aveva rigettato nel merito il suo ricorso avverso lo stesso avviso di accertamento relativo a imposta sulle scommesse di cui ai D.Lgs.n. 504/1998. L’appellante SB censurava la statuizione di inammissibilità, riproponendo le proprie censure sul merito dell’accertamento. Il T.M. impugnava la sentenza articolando plurimi motivi di doglianza. Nel contraddittorio con l’AGENZIA delle DOGANE e dei MONOPOLI (già Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato- AAMS), questa Commissione ha deciso le cause riunite,
rispettivamente r.g.a. 5819/2015 e 859/ 2016, come da dispositivo in calce.
1. Sostiene la SB che la sentenza avrebbe violato il principio del contraddittorio ex art. 101 Co. 2 c.p.c. giacché la CTP avrebbe dovuto instaurare il contraddittorio sulla questione, da essa rilevata d’ufficio, della tardività dell’impugnazione; aggiunge che la CTP avrebbe dovuto trarre argomenti di prova dalla mancata contestazione dell’Agenzia sulla tempestività della impugnativa, senza dire che la prova della data di notifica del plico contenente l’avviso di accertamento sfuggiva al controllo della SB (essendo solo l’Agenzia a poterla fornire mercé il deposito dell’avviso di ricevimento del plico inviato con raccomandata a.r.).
L’appello della SB è infondato.
Se il profilo dell’art. 101 co. 2 c.p.c. è incongruamente richiamato in appello, atteso che il contraddittorio si è (per lo meno ora, in fase di gravame) instaurato sul punto, ed è onere della SB provare la tempestività della propria originaria impugnativa contro l’atto impositivo, non coglie nel segno l’ulteriore richiamo all’art. 115 c.p.c. sulla disciplina delle prove nel processo, atteso che la normativa sulla tempestività del ricorso ex art. 18 d. lgs. n. 549/1992 è cogente e sottratta alla disponibilità delle parti, sicché è l’opponente onerato di fornire la prova della tempestività del ricorso (e, in difetto, il giudizio non può che ritenere lo stesso inammissibile stante la definitività dell’accertamento; cfr. Cass. 9987/15; Cass.25753/07).
Né può dirsi che la cartolina di ricevimento del plico sarebbe nelle mani dell’A.F., atteso che il plico stesso reca evidentemente il timbro dell’agenzia postale di destinazione,
coincidente more solito con la data di consegna (ed è appena il caso si soggiungere che, in caso di scostamento temporale rispetto a quest’ultima, ben può il ricorrente darne
dimostrazione in giudizio con apposita attestazione dell’ufficio postale).
Si noti, a tal riguardo, che il plico in discorso (contenente l’atto impositivo) non ò stato significativamente prodotto in originale in giudizio, essendosi limitata SB a esibire una copia di una sola facciata della busta (facciata non contenente alcun timbro dell’ufficio postale). In tale cornice, non può certo emettersi un ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., richiesta del tutto nuova (siccome formulata in appello) e che avrebbe oltretutto supposto l’impossibilità per l’appellante di provare, mediante l’esibizione dell’originale del plico, la tempestività del proprio ricorso.
L’appello di SB va, dunque, respinto.
Peraltro, come subito appresso si vedrà (stante la sostanziale identità di argomenti con il T.M., di cui SB coobbligata solidale ex art. 1, co. 55 lett. a) I. n. 220/2010), l’appello sarebbe stato comunque infondato anche nel merito.
2. Analoga sorte ha il gravame del T.M..
L’appellante, con il primo motivo, sostiene la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento. Trattasi di motivo infondato, menzionando l’atto impositivo l’anno di riferimento (2008), l’imposta unica accertata (di cui agli artt. 1-3 d. lgs. n. 504/1998, come interpretati autenticamente dall’art. 1 co. 66 1. 220/10 e dall’art. 24 d.l. n. 98/ 11, conv. in I.
111/11), le ragioni dell’accertamento (esercizio dell’attività di raccolta scommesse a far tempo dal 2005 in locali esattamente indicati), il criterio di calcolo presuntivo (mediante ricorso alla media provinciale della raccolta nel periodo 1-1-2008/31-12- 2008 ex art. 24 co. 10 d.l. 98/11 cit.) di cui si è fatta applicazione stante la mancata risposta del T.M. al
questionario e, infine, i criteri di calcolo di interessi e sanzioni.
Peraltro l’adeguatezza della motivazione è resa evidente dall’esercizio compiuto del diritto di difesa e dallo sviluppo dell’impugnativa, anche in fase di gravame, siccome analiticamente condotta su tutti i profili dell’accertamento.
Con il secondo motivo l’appellante deduce la carenza del requisito di territorialità per l’applicazione dell’imposta unica che non potrebbe essere richiesta in Italia per essere il bookmaker un soggetto estero; ne discenderebbe la carenza di soggettività passiva
dell’affiliato o CTD.
Il motivo è infondato
La sede legale della SB in paese estero non rileva atteso che è la raccolta delle scommesse che costituisce il presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta.
Il soggetto passivo è il CTD che consente la scommessa e l’accordo si conclude in Italia. Le concrete modalità di svolgimento dell’attività da parte dell’esercente italiano prevedono il rilascio della ricevuta a fronte dell’introito dell’importo della giocata quale titolo atto
a certificare l’accettazione della scommessa ad opera dell’operatore interno, in base al quale lo scommettitore potrà avere successivamente diritto all’incasso della giocata.
La scommessa a quota fissa-intesa quale scommessa per la quale la somma da riscuotere, in caso di vincita, è previamente concordata, rappresenta un contratto tra l’esercente italiano e il giocatore (scommettitore) o, comunque, pur se la proposta del
giocatore viene trasmessa telematicamente all’estero, ciò non costituisce elemento rilevante, atteso che l’attività si concretizza nel territorio dello Stato per il tramite di operatori che operano «per conto” del soggetto estero.
Quanto al presupposto soggettivo, osserva questo Collegio che l’imposta unica si applica all’importo delle giocate e non al reddito ritratto dall’operatore comunitario in relazione al rischio di impresa che si assume. L’esercente è tenuto a selezionare gli scommettitori
applicando i divieti di legge e agendo in proprio per accertare e valutare la sussistenza delle condizioni che consentono la giocata. Il CTD trattiene, inoltre, costantemente parte delle somme raccolte ed agisce discrezionalmente nello stabilire le modalità di presidio del
banco a cui affluiscono le scommesse, individuando il personale da impiegare allo scopo, sia in qualità che in quantità. Il CTD svolge quindi attività di gestione dei concorsi tramite autonoma organizzazione imprenditoriale, in responsabilità solidale con SB ed è
pertanto indubitabile che l’attività svolta dal medesimo, assimilabile alla gestione per conto terzi, vada assoggettata a imposta.
Gli artt. 1 e 3 del D. Lgs. n. 504/1998, letti con riguardo all’art. 1, co. 66 lett. a) della legge di interpretazione autentica n. 220/2010, equiparano infatti, ai fini dell’assoggettabilità all’imposta unica, coloro i quali gestiscono le scommesse per conto proprio a coloro che invece lo fanno per conto di terzi, come i CTD. In tale ultimo caso non si è in presenza di una mera attività di intermediazione, ma di una vera e propria agenzia di scommesse che
ha accettato e pagato le vincite con denaro contante. Infatti l’autorizzazione conseguita dalla SB nel paese di origine non avrebbe affatto consentito, con riguardo al periodo oggetto dell’accertamento tributario, di operare legittimamente in Italia, neppure attraverso il contratto di stabilimento concluso con il CTD, non potendosi in alcun modo ritenere meritevole di apprezzamento una attività negoziale diretta all’elusione del Fisco, attività che invece, secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale, assumerebbe la forma
“abuso di diritto” (cfr. CTR Bari sent. 769/13/15 del 21.11.2014/13.04.2015; cui adde CTR Roma-Latina sent. 930/19/17 del 23-1-2017/1-3-2017).
In relazione poi alla violazione del principio del contraddittorio preventivo rispetto dll’emissione degli atti di accertamento, si osserva quanto segue.
Al T.M. è stato rilasciato il PVC di verifica contenente tutti gli elementi utili per esercitare il diritto di difesa, inoltre, come si ricava dallo stesso verbale di verifica, allo stesso veniva
rilasciato “il Questionario n. 130 del 9-10-2012 per fornire documentazione utile per la determinazione analitica dell’imposta Unica di cui al D.Lgs.n.504 del 1998 dovuta per l’attività di raccolta di scommesse per conto di società estere».
Inoltre, l’avviso di accertamento impugnato, dopo aver dato atto che in risposta al questionario la parte non aveva fornito alcuna documentazione atta a dimostrare l’effettivo
volume della raccolta di gioco, richiama in modo puntuale il contenuto essenziale del PVC e tanto basta per consentire al T.M. di adeguatamente difendersi, come ha fatto peraltro
proponendo argomentato ricorso.
La Corte di Cassazione ha inoltre escluso (cfr. ord. n. 14290/14) che «le risultanze emerse dalla attività di verifica prodromica all’emissione dell’avviso di accertamento o di rettifica
non possano costituire valido supporto probatorio della pretesa impositiva a tale avviso sottesa, per il solo fatto della mancata immediata loro contestazione al contribuente in sede di verifica” (nello stesso senso v. Cass. n. 26293 del 02/12/2005, Cass. n.
4273 del 23/03/2001).
Parimenti infondata è la censura relativa indebita applicazione retroattiva di disposizioni (art. 1, comma 66, L.220/2010), non meramente interpretative, ma asseritamente
innovative.
E’ pacifico che l’art. 1, co. 66 lett. a) della legge n. 220/ 2010 è norma di interpretazione autentica per fugare dubbi interpretativi degli articoli 1 e 3 del decreto legislativo 23
dicembre 1998, n. 504; come espressamente recita la norma:
«66. Ferma restando l’obbligatorietà, ai sensi della legislazione vigente, di licenze, autorizzazioni e concessioni nazionali per l’esercizio dei concorsi pronostici e delle scommesse, e conseguentemente l’immediata chiusura dell’esercizio nel caso in cui il relativo titolare ovvero esercente risulti sprovvisto di tali titoli abilitativi, ai soli fini tributari:
a) l’articolo 1 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è comunque dovuta ancorché la
raccolta del gioco, compresa quella a distanza, avvenga in assenza ovvero in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
b) l’articolo 3 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che soggetto passivo d’imposta è chiunque, ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di
qualsiasi genere. Se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni».
Sulla mancata rimessione degli atti alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia dell’U.E, osserva la Commissione che le norme italiane non sono in conflitto con norme UE in quanto, con riferimento al configurarsi di una doppia imposizione in capo all’operatore comunitario, alcun elemento di prova è stato esibito dalla parte privata
per provare che lo stato in cui risiede SB preveda la tassazione dell’importo delle scommesse giocate e che un’imposta sia effettivamente applicata alla fattispecie di cui è causa. In mancanza di un regime specifico di armonizzazione non può darsi luogo al
sindacato inerente al configurarsi di doppia imposizione per il quale è necessario individuare le fattispecie impositive produttive del fenomeno.
Né vale parlare di “discriminazione” sull’assunto che, a differenza delle altre ricevitorie, “i CTD non potrebbero in alcun modo recuperare il costo del tributo rimanendone definitivamente incisi”, essendo i CTD (evidentemente) in grado di traslare, ex art. 1720 co. 2 c.c. e secondo lo schema del mandato, l’imposta loro applicata su SB, per conto e
nell’interesse della quale essi in concreto operano (v. contratto di ricevitoria del 12-11-2005 allegato dal T.M., secondo cui “…la ricevitoria svolge attività di impresa … opera nel territorio italiano, per conto e nell’interesse esclusivo di S.B“).
Non si ravvisa neppure alcuna incostituzionalità dell’art. i co. 66 lett. b) legge stabilità 2011 per la ragione che l’assoggettamento all’imposta di quei soggetti che, non essendo concessionari o titolari di autorizzazione alla raccolta delle scommesse, non sono collegati al totalizzatore nazionale, non esclude che il volume della raccolta sia determinato, come nella fattispecie, con l’esercizio dei poteri di controllo dell’amministrazione finanziaria e che l’imposta sia applicata con le aliquote previste.
L’appello va -conclusivamente- respinto.
Spese del grado secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Commissione, rigetta entrambi gli appelli. Condanna gli appellanti in solido al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, delle spese del grado
che liquida in ?. 2.000,00 oltre accessori di legge.
Così deciso in Bari il 7-4-2017
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