COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Puglia sez. 13 sentenza n. 804 depositata il 10 marzo 2017
Accertamento – Ipotesi di reato tributario – Raddoppio dei termini decadenziali per l’accertamento – Mancata presentazione della denuncia penale – Irrilevanza – Verifica del presupposto – Onere del giudice.
Massima:
L’applicabilità del raddoppio dei termini decadenziali per l’accertamento consegue al mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa o dall’inizio dell’azione penale, non essendo richiesto necessariamente un accertamento penale definitivo circa la sussistenza del reato. Spetta al giudice tributario di vagliare autonomamente la sussistenza nel caso di specie dell’obbligo di denuncia.
Testo:
FATTO
A seguito di una verifica fiscale condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria di Bari nei confronti di F& L S.p.A., con sede in Putignano, conclusasi con pvc in data 24.02.2012, sono stati contestati alla predetta società:
– l’evasione, relativamente agli anni d’imposta dal 2005 al 2009, di accisa sull’acquisto di alcool etilico per Euro 6.424.833,72;
– l’emissione di fatture per operazioni inesistenti con conseguente evasione, relativamente agli anni d’imposta dal 2005 al 2009, di Iva per Euro 4.223.121,5 l.
Sulla scorta del predetto pvc, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Bari ha notificato alla predetta società avvisi di accertamento n. TVF03020526 per l’anno 2005, n. TVF030203558 per l’anno 2006, n. TVF030205911 per l’anno d’imposta 2007, n. TVF030206036 per l’anno 2008, n. TVECO0203 130 per gli anni 2008 e 2009 e alla sig.ra D.C., in qualità di socio della società suddetta, avviso di accertamento TVFO 10206464 con il quale sono state accertate in capo alla predetta, maggiori imposte ai fini Irpef, relativamente all’anno d’imposta 2008, alla stregua della presunzione di distribuzione di utili extracontabili tra i soci, in una società a ristretta base azionaria.
Con distinti ricorsi alla CTP di Bari iscritti ai nn. 297/14, n. 298/14, n. 1447/14, n. 1248/14, n. 1246/14 e n. 289/14 di RGR, successivamente riuniti per connessione oggettiva e soggettiva, F& L S.p.A.e la sig.ra D. C. hanno impugnato i suddetti avvisi di accertamento. Ivi hanno dedotto la nullità degli atti impugnati: – per difetto di motivazione in quanto in essi è fatto un rinvio acritico alle risultanze del pvc; – per l’illegittima ricostruzione del reddito operato in via induttiva dall’Agenzia, in quanto fondato su dichiarazioni rese da terzi non supportate da riscontri oggettivi; – per l’illegittimo utilizzo da parte dell’amministrazione finanziaria dell’istituto del raddoppio dei termini; – per l’illegittimo utilizzo da parte dell’Agenzia del controllo sulle movimentazioni bancarie su conti intestati a soggetti terzi rispetto a quelli oggetto di accertamento.
L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Bari, costituitasi in giudizio, ha dedotto:
– la inammissibilità del ricorso iscritto al n. 1249/14 di RGR in quanto l’accertamento impugnato con il predetto ricorso era già stato oggetto di un precedente giudizio definito con sentenza n. 2057/03/14 con la quale era stato dichiarato estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito della rinunzia al ricorso dalla parte ricorrente e dell’accettazione della parte resistente;
– la inammissibilità dei ricorsi iscritti al n. 297/14 e 298/14 di RGR in quanto per gli accertamenti n. TVF030203558 e n. TVF030205526 con gli stessi impugnati, la ricorrente aveva sottoscritto in data 18.10.2013 atti di adesione n. TVFA30201300 e n. TVFA3020 1299;
– la tardività dell’eccezione di nullità degli accertamenti impugnati per l’illegittimo utilizzo dell’istituto del raddoppio dei termini in quanto sollevata per la prima volta con le memorie illustrative e non anche con i ricorsi introduttivi in violazione di quanto disposto dall’art. 32 del D.Lgs. n. 546/1992;
– la cessazione della materia del contendere oggetto del giudizio introdotto con ricorso iscritto al n. 1248/14 in quanto l’avviso di accertamento n. TVF030206036, con esso impugnato, è stato dall’Agenzia annullato e sostituito con avviso di accertamento n. TVF03024649/2014.
Con sentenza n. 2835/9/15 depositata l’11.08.2015, la CTP di Bari ha dichiarato estinto il giudizio relativo ai ricorsi n. 1248/2014, n. 2289/2014 e n. 1246/2014 (relativamente all’anno 2008) per cessazione della materia del contendere; ha dichiarato il ricorso n. 1246/2014 (relativamente all’anno 2009) inammissibile per carenza di interesse stante la rinuncia ai motivi di ricorso, fatta dalla ricorrente, dichiarata con sentenza n. 2057/03/14; ha dichiarato cessata la materia del contendere quanto alle sanzioni oggetto degli accertamenti impugnati con i ricorsi n. 297/2014 e n. 1247/2014 di RGR; ha rigettato tutti i restanti motivi di ricorso ed ha compensato le spese di giudizio.
Avverso detta sentenza la V.I.. S.p.A. in liquidazione volontaria, già F& L S.p.A. in liquidazione, ha proposto appello iscritto al n. 6480/15 di RGA. Ivi ha dedotto la carente e/o apparente motivazione della sentenza impugnata in merito ai motivi di nullità degli atti di accertamento già dedotti conil ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Bari, costituitasi in giudizio, ha ribadito la legittimità del proprio operato ed ha dedotto la infondatezza dell’appello proposto dalla contribuente.
Con ordinanza del 14.09.2016, la CTR di Bari ha disposto l’interruzione del giudizio ex art. 40 D.Lgs. n. 546/1992, stante l’intervenuta sentenza dichiarativa del fallimento della contribuente.
Con istanza di trattazione depositata in data 13.12.2016, la curatela del fallimento V.I.. S.p.A. in liquidazione volontaria, già F& L S.p.A. in liquidazione, ha riassunto il giudizio interrotto n. 6480/15 di RGA.
L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Bari si è costituita con atto di controdeduzioni depositato in data 19.01.2016.
DIRITTO
“In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili” (così Cass. n. 15857/2016).
Inoltre, “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione di cui all’art. 32 del d.P.R n. 600 del 1973, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti, nella propria attività, dal contribuente che non ne dimostri l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi o professionisti intellettuali, essendo venuta meno, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, la modifica della citata disposizione, apportata all’art. 1, comma 402, della legge n. 311 del 2004, sicché non è più sostenibile l’equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività d’impresa e professionale” (così Cass. n. 23041/2015).
Legittimo, pertanto, va ritenuto l’accertamento di ricavi non dichiarati in capo alla contribuente, operato dall’Agenzia delle Entrate alla stregua dei versamenti riscontrati sui conti correnti e sui libretti intestati alla società e ai suoi soci e non contabilizzati.
La contribuente, di contro, non ha assolto all’onere probatorio ad essa facente carico non avendo provato, mediante il deposito di adeguata documentazione o mediante l’introduzione di presunzioni di senso contrario rispetto a quelle introdotte dall’Agenzia, che i predetti versamenti, imputati a ricavi non contabilizzati, siano stati, invece, regolarmente inclusi nella base imponibile oppure non sarebbero dovuti essere contabilizzati in quanto totalmente estranei all’attività d’impresa.
Inoltre, ai sensi dell’art. 39, co. 1, lett. d, e co. 2, del DPR n. 600/1973, qualora l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione o nei suoi allegati, risulti dalle ispezioni o verifiche compiute nei confronti del contribuente, e da dati e notizie raccolte dall’ufficio mediante l’esercizio dei suoi poteri ai sensi dell’articolo 32 del DPR n. 600/1973, l’amministrazione finanziaria può legittimamente rideterminare il reddito di impresa delle società commerciali in via induttiva ovvero in via extra-contabile, desumendo l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.
Orbene, nel caso di specie, l’accertamento di tipo induttivo operato dall’Agenzia delle Entrate è legittimo in quanto la falsità e l’inesattezza degli elementi indicati in dichiarazione dalla contribuente è risultata da dati, notizie ed informazioni che l’amministrazione finanziaria ha reperito mediante ispezioni e verifiche effettuate presso le sedi della società accertata e presso le sedi delle società che hanno intrattenuto rapporti commerciali con la contribuente oltre che mediante l’esercizio dei poteri previsti dall’art. 32 del DPR n. 600/1973.
All’uopo si rileva che l’Agenzia delle Entrate ha acquisito:
– da Società Autostrade per l’Italia S.p.A., i tabulati relativi al traffico generato dagli apparati telepass installati sui mezzi di trasporto della società accertata;
– da vari istituti bancari, gli estratti dei conti intestati alla società accertata ed ai suoi soci;
– fogli manoscritti e schede di prima nota cassa, rinvenuti presso le sedi della società accertata, sui quali erano stati annotati importi corrisposti “a nero” agli agenti, a titolo di provvigioni;
– assegni postdatati rinvenuti presso le sedi della società accertata;
– effettive rimanenze di magazzino riscontrate nelle sedi della società.
Quanto all’eccepito difetto di motivazione si rileva che l’avviso di accertamento va ritenuto adeguatamente motivato. Esso, infatti, rinvia, quanto ai motivi dell’accertamento, a quanto verbalizzato dagli agenti verificatori nel pvc già in possesso della contribuente.
Quanto, infine, all’applicabilità, nel caso di specie, dell’istituto del raddoppio dei termini si rileva quanto segue.
La Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 20043/15, ha richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 247/2011 la quale, nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità costituzionale della normativa in esame, ha chiarito che:
a) il raddoppio dei termini consegue al mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale;
b) l’obbligo di denuncia sussiste anche ove esistano cause di non punibilità impeditive della prosecuzione delle indagini penali ed il cui accertamento sia riservato all’autorità giudiziaria penale;
c) la lettera della legge impedisce di interpretare la disposizione nel senso che il raddoppio dei termini presuppone necessariamente un accertamento penale definitivo circa la sussistenza del reato, anche perchè ciò contrasterebbe con il regime del “doppio binario” esistente fra giudizio penale e procedimento e giudizio tributario;
d) l’obbligo di denuncia opera quando si è in grado di individuare con sicurezza gli elementi del reato da denunciare, escluse le cause di estinzione (come la prescrizione) e non punibilità che possono essere valutate solo dall’autorità giudiziaria penale;
e) il pubblico ufficiale non può valutare liberamente se e quando presentare la denuncia ma deve presentarla prontamente;
f) sussiste l’obbligo del giudice tributario di vagliare autonomamente la sussistenza nel caso di specie dell’obbligo di denuncia.
Dalla lettura del pvc si evince che per i fatti contestati alla contribuente, oggetto del presente giudizio, non solo è stata presentata denuncia ma ne è, anche, scaturito un procedimento penale. Pertanto, si ritiene applicabile al caso di specie l’istituto del raddoppio dei termini di accertamento. La complessità della vicenda oggetto di giudizio ed i connessi profili problematici rinvenienti dall’utilizzo da parte dell’Agenzia del sistema Radar per determinare la percentuale di ricarico, inferiscono per la compensazione delle spese
P.Q.M.
la Commissione Tributaria Regionale di Bari, sez. XIII, rigetta l’appello proposto dalla Curatela del Fallimento V.I.. S.p.A. in liquidazione volontaria, già F& L S.p.A. in liquidazione.
Spese compensate.
Così deciso in Bari, il 22.02.2017
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