COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Puglia sez. 7 sentenza n. 1921 depositata il 29 maggio 2017
Sanzioni – Comunicazione telematica dei dati relativa alla dichiarazione di intento – D.L. n. 746/1983 – Mera modifica del termine ex d.l. n. 16/2012 – Persistenza del fatto punibile – Sussiste.
Massima:
In materia di comunicazione telematica dei dati relativa alla comunicazione d’intenti, l’art. 2, comma 4, d.l. n. 16/2012, conv. in legge n. 44/2012, non ha introdotto una nuova fattispecie punibile, ma ha meramente differito il termine per l’adempimento della medesima fattispecie ed ha confermato la punibilità dell’eventuale inosservanza, seppure con riferimento al diverso termine, non facendo, pertanto, venir meno il fatto punibile, ma modificando solo un aspetto procedurale, senza alcuna valenza retroattiva e con conseguente persistenza della correlata sanzione.
Testo:
FATTO
L’Agenzia delle Entrate – Ufficio legale – Direzione Regionale della Puglia, ha proposto appello, depositato il 04 febbraio 2016, avverso la sentenza n. 2230/06/2015 pronunciata il 19 marzo 2015 e depositata il 18 giugno 2015, dalla Commissione Tributaria Provinciale – Sezione 6- di Bari.
L’adita Commissione, con l’impugnata sentenza, ha accolto, con condanna al pagamento delle spese di giudizio secondo soccombenza, il ricorso proposto dalla S.p.A. XXX, con sede in Taranto, avverso il provvedimento di irrogazione sanzioni, n. TUBIRO200001/2014, contestate, ex artt. 7 -comma 4-bis- e 9 – comma 1- del D. Lgs. n. 471/97, dalla Direzione Regionale per la Puglia – Ufficio Grandi Contribuenti – dell’Agenzia delle Entrate, nell’importo di € 30.637,94.
Il provvedimento trae origine dal processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia Tributaria – di Taranto, in data 26 ottobre 2010, a seguito del quale l’appellante Ufficio aveva emesso atto di contestazione della violazione di cui all’articolo 1 -commal, lett. c)- del D.L. n. 746/1983, per avere la Società effettuato la comunicazione telematica dei dati, relativa a due dichiarazioni d’intenti per operazioni non soggette ad IVA, oltre il termine del sedicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento.
L’Agenzia, con l’appello all’odierno esame, eccepisce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D. Lgs. n. 472/1997, concernente la disciplina del principio di legalità e del favor rei, sostenendo che il giudice di prime cure avrebbe errato nel statuire che la violazione contestata non sarebbe più punibile stante la novella legislativa, introdotta con l’art. 2 -comma 4- del D.L. n. 16/2012, convertito in legge n. 44/2012, che ha differito il termine di presentazione della comunicazione facendolo coincidere con quello della prima liquidazione periodica, mensile o trimestrale, nella quale confluiscono le operazioni effettuate senza applicazione dell’IVA.
Tanto perché l’intervenuta modifica non avrebbe abrogato l’obbligo di comunicazione, bensì stabilito un differente termine per la trasmissione della comunicazione, rimanendo per questo immutato il regime sanzionatorio, con conseguente applicazione della disciplina vigente al momento dell’omissione dell’adempimento anche per la considerazione che la violazione era sta contestata in epoca antecedente l’entrata in vigore della novella legislativa.
L’Ufficio, pertanto, conclude per la riforma dell’impugnata sentenza e conferma della legittimità dell’opposto atto, con condanna della controparte al pagamento delle spese di lite.
L’appellata Società, rappresentata e difesa in virtù di mandato in atti dall’avv. F. P. D.G., con controdeduzioni depositate il 05 marzo 2016, si è costituita nel presente grado per contrastare ogni ex adverso dedotto, insistere sulla non punibilità della propria condotta per effetto delle intervenute disposizioni legislative e chiedere il rigetto dell’appello con vittoria delle spese di lite da distrarsi in favore del difensore.
All’odierna udienza pubblica, ritualmente chiesta, previamente ascoltato il relatore sui fatti di causa e di diritto, il rappresentante dell’Agenzia, d.ssa E.D.M., si riporta ai motivi di appello e ne chiede l’accoglimento, mentre il difensore dell’appellata Società nel riportarsi alle proprie controdeduzioni conclude per il rigetto del gravame.
DIRITTO
L’appello è fondato.
Diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, l’art. 2 -comma 4- del D.L. n. 16/2012, convertito nella legge n. 44/2012, non ha introdotto una nuova fattispecie punibile, bensì ha meramente differito il termine per l’adempimento della medesima fattispecie, consistente nella comunicazione dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute, e ha confermato la punibilità dell’eventuale inosservanza pur se con riferimento a diverso termine.
In definitiva, la modificazione del termine non ha determinato il venir meno del ‘Fatto punibile”, ma ha modificato un aspetto procedurale, peraltro, senza alcuna valenza retroattiva.
Per questo la questione va valutata con riferimento alla vigenza della norma al momento in cui si è verificata l’omissione [art. 1 -comma 1, lett. c) ultimo periodo- del D.L. n. 746/83, convertito in legge n. 17/84] la quale prescriveva l’obbligo di effettuare la comunicazione dei dati per via telematica entro il giorno 16 del mese successivo al ricevimento delle dichiarazioni d’intento.
Va aggiunto poi che, diversamente da quanto affermato nell’impugnata sentenza, l’omissione era stata contestata già in data antecedente l’entrata in vigore del D.L. n. 16/2012, ovvero in sede di redazione, avvenuta in data 26 ottobre 2010, del processo verbale di constatazione.
In definitiva, non risulta violato il principio di legalità sancito dall’art. 3 del D.Lgs. n. 472/97 atteso che il fatto contestato (obbligo di comunicazione nel termine fissato dalla legge) non è stato abrogato dal successivo D.L. n. 16/2012, bensì confermato, onde ne deriva la legittimità dell’atto opposto con conseguente riforma dell’impugnata sentenza.
Le spese del presente grado di giudizio, ex art. 15 del decreto legislativo n. 546 del 1992 come novellato dall’art. 9 – comma 1, lett. f) – del D. Lgs. n. 156/2015, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Commissione Tributaria /Regionale della Puglia – Sezione 7″ – di Bari, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello dell’Ufficio e, per l’effetto, riforma l’impugnata sentenza. Spese secondo soccombenza da liquidarsi in favore dell’Amministrazione finanziaria in € 3.000,00 (tremilal00).
Così deciso in Bari, nella Camera di Consiglio del 05 maggio 2017.