Commissione Tributaria Regionale per la Puglia Sezione 13 Sentenza del 12/10/2016 n. 2364
Imposta unica sulle scommesse – Avvisi di accertamento – violazione art. 12 legge 212/2000
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con avvisi di accertamento notificati il 31/10/2014 al Sig. Q. D. in qualità di presidente dell’Associazione V. CLUB con sede in Carmiano (LE) l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Ufficio Regionale della Puglia Sede di Bari (in seguito denominato Ufficio) accertava per gli anni d’imposta 2009 e 2010, a carico della suddetta, ai sensi del D. Lgs. n. 504/1998 e dell’art. 1 comma 66 della Legge n. 220/2010, nonché dell’art. 24 D.L. n. 98/2011 conv. in L. n. 111/2011, i rispettivi imponibili di € 357.557,77 e di € 95.537,26 ai fini dell’imposta unica sulle scommesse su eventi sportivi che determinava rispettivamente in € 17.877,89 e in € 4.776,86, oltre alle rispettive sanzioni amministrative di € 5.363,37 e di € 1.433,06 e agli interessi nella rispettiva misura di €3.440,39 € di € 728,18.. Gli accertamenti facevano riferimento all’attività ispettiva svolta dalla Guardia di Finanza di Lecce nei confronti di oltre 400 agenzie che dedite alla raccolta di scommesse, in violazione della normativa vigente, per conto del bookmaker estero Goldbet Sportwetten GMBH.
Gli stessi accertamenti traevano origine dalle risultanze del p.v.c. redatto dall’Ufficio in data 616/2014 e notificato alla parte il 10/6/2014 sull’attività di raccolta scommesse esercitata dall’Associazione, nonché dalla insufficiente documentazione atta a determinare analiticamente l’imposta dovuta, esibita dalla parte in data ‘9/8/2013 in risposta a questionario inviato dall’Ufficio. L’Ufficio, pertanto, aveva accertato induttivamente la base imponibile calcolandola sulla raccolta media provinciale delle scommesse risultante dal totalizzatore nazionale ai fini dell’accertamento dell’imposta unica sulle scommesse.
Avverso gli accertamenti l’Associazione proponeva unico ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari con cui eccepiva l’illegittimità degli accertamenti in violazione dell’ art. 12 c. 1 e 2 della Legge n. 212/2000 per aver tenuto all’oscuro il contribuente delle operazioni di verifica effettuate dalla G. d. F. e delle presunte violazioni da lui compiute e per non avergli permesso di conoscere il contenuto del processo verbale da cui sono scaturiti gli accertamenti ed ancora per la mancata instaurazione di un contraddittorio. Eccepiva, inoltre, l’illegittimità degli accertamenti per totale assenza di motivazione non avendo l’Ufficio effettuato una descrizione dei fatti contestati né allegato i rilievi degli accertatori solo affermando che la raccolta era stata determinata in via presuntiva. Eccepiva, infine, l’ irragionevolezza ed illegittimità delle sanzioni irrogate per palese incertertezza delle norme. La ricorrente chiedeva, pertanto, l’annullamento degli accertamenti. Con vittoria delle spese di giudizio.
L’Ufficio, con controdeduzioni, contestava gli assunti di parte sostenendo di aver inviato al Sig. Q. il p.v.c. il 10/6/2014 e di aver rilasciato in data 21/7/2014 copia del p.v.c. della Guardia di Finanza, redatto il 18/1/2013, per la parte in cui risultava che l’esercizio del Sig. Q. era uno dei punti di commercializzazione della Goldbet, invitando l’interessato a fare richiesta di eventuali ulteriori atti alla autorità penale che aveva curato le indagini. Sosteneva l’Ufficio che, comunque, la parte era stata messa in grado di conoscere gli elementi della pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali per esercitare con sufficiente garanzia lI proprio diritto di difesa per cui il documento richiesto era del tutto superfluo ai fini della stessa. Quanto alla carenza di motivazione degli accertamenti l’Ufficio sosteneva che negli stessi è pienamente descritto il processo logico e giuridico che ha condotto alla determinazione dell’imponibile e della relativa imposta non versata. Infine, circa l’applicazione delle sanzioni, sosteneva l’Ufficio che la stessa è conseguenziale al mancato versamento dell’imposta come previsto dall’art. 5 comma 2 del D. Lgs. n. 504/98. L’Ufficio, pertanto, chiedeva la conferma della legittimità degli accertamenti. Con vittoria delle spese di giudizio. La ricorrente, insisteva, con memorie illustrative sull’illegittimità degli accertamenti poiché l’Ufficio non ha mai fornito il p.v.c. completo della Guardia di Finanza.
La Commissione Tributaria Provinciale di Bari Sez. II, con sentenza del 10/7/2015 accoglieva il ricorso e compensava le spese di giudizio. Ritenevano i primi giudici che gli accertamenti mancano di adeguata motivazione poiché la determinazione forfetaria dell’imposta è avvenuta secondo un procedimento di tipo induttivo che sarebbe stato apprezzabile se avesse consentito di giungere da un dato storico inoppugnabile ad una affermazione, sebbene di tipo probabilistico, ragionevolmente condivisibile. Nel caso specifico, secondo i giudici, tale dato storico non è individuabile nella media provinciale delle scommesse risultante dal totalizzatore nazionale atteso che la stessa non può ragionevolmente esser riferita ad “una piccola associazione inserita nella realtà di un minuscolo e sperduto paesino della Provincia di Lecce”.
L’Ufficio ha proposto appello sostenendo di aver proceduto ad un accertamento di tipo induttivo la cui legittimità trae origine dal disposto dell’art. 24 comma 8 del D.L. n. 98/2011 che ammette il ricorso a presunzioni semplici non qualificate, cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Il che è stato possibile in quanto la parte non ha fornito elementi sufficienti a quantificare il volume d’affari realizzato con la raccolta delle scommesse e perché le stesse non sono affluite al totalizzatore nazionale. in tale situazione, dunque, il comma IO del suddetto articolo 24 detta il criterio di accertamento dell’imponibile utilizzando la raccolta media della provincia nella quale è ubicato l’esercizio desunta dai dati registrati nel Totalizzatore nazionale, né la legge prevede l’adozione di metodi diversi. Lamenta, dunque, l’Ufficio che i primi giudici hanno disatteso i criteri stabiliti dalla legge, né hanno suggerito un diverso criterio di accertamento compatibile con il sistema normativo. Inoltre, esso denuncia l’illogicità della sentenza in quanto pur avendo essa accertato l’esistenza dei presupposti di imposta e l’esatta identificazione del soggetto passivo, conclude per l’illegittimità dell’accertamento solo per un profilo di merito che condona adpersonam l’imposta dovuta. L’Ufficio chiede, pertanto, il riconoscimento della legittimità degli accertamenti ovvero di rideterminare la base imponibile e la conseguente imposta. Con vittoria delle spese del giudizio. L’Associazione ha depositato controdeduzioni e memorie illustrative con le quali eccepisce l’inammissibilità dell’appello notificato via p.e.c., in violazione dell’art. 46 comma 2 del D.L. n. 90/2014, e privo della sottoscrizione con firma digitale. Quindi essa ripropone le medesime eccezioni già ampiamente esposte in primo grado e chiede in via preliminare la dichiarazione d’inammissibilità dell’appello e comunque il rigetto dello stesso per infondatezza in fatto e in diritto Con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio. Le parti sono state ritualmente avvisate. L’appellante ha chiesto la discussione in pubblica udienza alla quale è presente, con delega, la Dott.ssa L. L.
Per l’Associazione sono presenti l’Avv. I. P. e l’Avv. M. S.
MOTIVI DELLA SENTENZA
L’appello è inammissibile. Ciò che determina l’inammissibilità dell’appello è che l’impugnazione della sentenza è stata effettuata dall’Ufficio in modo difforme da quanto stabilisce il combinato disposto degli artt. 53, comma 2, e 20, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992. Va rilevato, infatti che per la notifica dei ricorsi e degli appelli a mezzo posta elettronica certificata, ancora attualmente, vige un’espressa esclusione ai sensi dell’art. 16 comma 4 del Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, approvato con D.P.R. 11/2/2005 n. 68 secondo cui “Le disposizioni di cui al presente regolamento non si applicano all’uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo penale, nel processo amministrativo, nel processo tributario e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, per i quali restano ferme le specifiche disposizioni normative ‘ Utilizzo previsto dall’art. 39 del D.L. 6/7/2011 n. 98 limitatamente alle comunicazioni di cui all’art. 16 del D. Lgs. n. 546/92 ed esteso alle notificazioni, in via sperimentale, soltanto per le Commissioni dell’Umbria e del Friuli Venezia Giulia per effetto del Decreto Ministero Economia e Finanze 26/4/2012 n. 7425 in attuazione del processo tributario telematico e, in linea generale, per effetto del Decreto ministeriale 23/12/2013 n. 163 sui “Regolamento recante la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nei processo tributario in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 39, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011,n. 111”.
P.T.M.
La Commissione Sezione 13 così provvede: 1) Dichiara l’appello inammissibile. 2) Condanna l’Ufficio al pagamento delle spese di giudizio che fissa in € 2.000,00 oltre accessori di legge.
Bari, 21 settembre 2016