COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Sardegna sentenza n. 116 sez. 8 depositata il 25 marzo 2015
Massima
La CTR di Cagliari si è pronunciata su un caso relativo alla natura non commerciale di una associazione sportiva dilettantistica. Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate ha, sia in primo che in secondo grado, invocato invece la natura commerciale dell’associazione desumendola da un contratto di affitto di locali ad uso di palestra che secondo la stessa avrebbe configurato un affitto di ramo di azienda.
Secondo i giudici cagliaritani non esistono nel caso prove concrete in grado di modificare la natura di associazione sportiva riconosciuta in forza delle attività perseguite ed i cui servizi sono riservati esclusivamente ai soci.
Più precisamente, la formale esistenza di un lucro oggettivo non può costituire il parametro per il disconoscimento del sodalizio sportivo, essendo necessaria la distribuzione di utili provata con i necessari riscontri contabili e non con mere presunzioni semplici.
SVOLGIMENTO, DEL PROCESSO
L’ AGENZIA DELLE ENTRATE-UFFICIO DI xxxxx, si appella avverso la decisione n. 75/2/07 del 10/5/07 depositata in data 21/06/2007, con la quale la Commissione Provinciale di xxxxx, Sez. 2^ aveva accolto il gravame riferito all’avviso di contestazione n. RL7C00100340/2006 notificato in data 10/10/2006, emesso con riferimento all’avviso di accertamento n. RL7C00100454 nel quale era stato accertato in capo alla Società per l’anno 2003 l’omesso versamento di IRPEF a Add. Reg. non essendo state operate le ritenute sulle retribuzioni al personale dipendente, in violazione dell’art. 23 del DPR.n.600/73, per cui veniva irrogata una sanzione pari ad euro.1371,00.
LA xxxxx, con sede in xxxxx, Via xxxxx, in persona del legale rappresentate xxxxx, rappresentata e difesa dai xxxxx, si opponeva al provvedimento richiamando nel suo ricorso gli stessi motivi addotti avverso gli avvisi di accertamento riferiti agli anni 1999 e 2000 ai fini IRPEG, IRAP ed IVA impugnati dalla società ed
annullati dalla CTP di xxxxx con le sentenze n.111/03/05 e n.84/03/06. Chiedeva pertanto il riconoscimento delle agevolazioni di cui alla legge 133/99 e l’annullamento dell’atto impugnato.
L’Agenzia nelle sue controdeduzioni chiedeva il rigetto del ricorso, l’integrale conferma del suo operato ed all’uopo precisava che dai p.v. della G.d.F. dell’8/5/2004 e 20/12/2004 emergeva la natura commerciale della xxxxx apparentemente senza fini di lucro, con il conseguente disconoscimento dello status di Società sportiva con esclusione quindi dai benefici di cui alla legge n.133/1999. Ciò in conseguenza di un contratto di affitto stipulato fra la Società ricorrente con la Società di fatto xxxxx di xxxxx, considerato dalla stessa ricorrente come semplice affitto di locali ad uso palestra, mentre per i verificatori si trattava d’affitto di ramo di azienda da cui deriverebbe l’attività commerciale rilevata con evidenti fini di lucro.
Il Giudice di prime cure accoglieva il ricorso, e constatando che dai rilievi sul p.v.c. della
G.d.F. emergevano la natura non commerciale della Società, osservava che :” a tutti i punti dell’accertamento manchi il requisito della prova certa richiesta dalla legge. Inoltre, precisa la statuizione, “nel p.v. e nell’accertamento manca anche un minimo riscontro contabile delle eventuali somme movimentate per scopi diversi da quelli sociali”.
L’Agenzia appella la sentenza, ritenendola affetta dai seguenti vizi: violazione dell’art.111 della Costituzione e dell’art.36 del D.Lgs.546/92 per carenza della motivazione; pur riconoscendo i forti indizi si omette la loro valutazione complessiva che la natura presuntiva della prova avrebbe richiesto. L’Ufficio che non condivide anche nel merito la sentenza appellata, aveva allegato alle proprie controdeduzioni i p.v. della G.d.F
proprio per dare dimostrazione dei presupposti di fatto e di diritto atti a dimostrate la natura non commerciale della attività esercitata. Le caratteristiche del contratto di affitto sono state sottolineate per evidenziare che l’attività dal punto di vista sostanziale altro non è che la prosecuzione della medesima azienda commerciale concessa in locazione, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, con la sola variante della relativa veste giuridica. La sentenza poi risulta meno comprensibile nella sua conclusione a proposito del riscontro contabile, tenuto conto che la Società aveva attivato solo un registro di cassa in forma elementare; l’Ufficio non ha contestato l’ammontare numerico delle entrate e delle uscite, bensì la loro natura di ricavi e costi in relazione alla qualificazione giuridica attribuita alla Società. Disconosciuto quindi lo status di associazione sportiva senza fini di lucro i compensi corrisposti al personale dovevano essere considerati normali retribuzioni al personale dipendente, soggetti agli obblighi di ritenuta.
E’ stata richiesta la trattazione della causa in udienza pubblica ex at.33 del D.Lgs.546/92.
La Società ricorrente nelle controdeduzioni all’appello ripropone le eccezioni articolate nel ricorso introduttivo e ribadisce: che nell’avviso di accertamento non vi sia la prova della natura corrispettiva delle quote versate dai soci e di conseguenza dell’ottenimento, da parte dell’Associazione, della retribuzione di un servizio, in luogo invece della semplice equa suddivisione delle spese fra i soci; in secondo luogo, rileva come non sia stata contestata la regolare convocazione delle assemblee, né tanto meno, il regolare coinvolgimento dei soci nella attività amministrativa dell’associazione; infine i militari verbalizzanti non hanno rinvenuto la presenza di terzi all’interno della palestra.
Nel 1998, sottolinea la società appellata, la stessa G.d.F. aveva chiuso un precedente p.v. rilevando l’assenza di irregolarità, nonostante avesse esaminato il funzionamento amministrativo dell’associazione che era già identico a quello che poco tempo dopo avrebbe consentito di rilevare evidenti prove di evasione. Il complesso aziendale si sostanzia in un insieme di beni e rapporti giuridici in grado di produrre servizi; l’acquisizione di azienda in affitto si giustifica con l’esigenza di disporre di un complesso immediatamente ed efficacemente utilizzabile, per cui l’azienda risponde alla capacità funzionale di un complesso di beni e non al fine di lucro, che invece ne motiva l’eventuale impiego. L’Associazione risulta in regola riportando ordinatamente i dati significativi degli associati, sotto l’aspetto delle formalità amministrative obbligatorie e con un registro di presa visione dei soci del regolamento interno. L’esercizio della attività associativa si è sempre estrinsecato in circostanze a fattispecie assolutamente compatibili e coerenti fra loro, oltre che trasparenti ed in piena armonia con le norme di diritto civile e di diritto tributario che regolano il mondo dell’associazionismo sportivo. La Società xxxxx ha adempiuto agli obblighi di legge e risulta in regola anche sotto l’aspetto delle formalità amministrative obbligatorie; nel corso del procedimento dinanzi alla CTP ha prodotto un corposo fascicolo con decine di articoli apparsi su quotidiani, riviste e pubblicazioni di settore, in cui vengono richiamatati i numerosi successi sportivi degli atleti dell’Associazione sia in ambito agonistico che dilettantistico, tale da costituire prova oggettiva e inconfutabile di una ampia attività che rientra nel più puro spirito dell’associazionismo sportivo. La sentenza appellata è un monito ed un messaggio, un atto dovuto, che esprime un preciso confine ad una fantasiosa concatenazione di asserzioni, ed anche la pretesa tributaria è infondata secondo il disposto dell’art.111,1° comma del TUIR.
La causa trattata in udienza pubblica, è stata decisa sulle conclusioni sopratrascritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Esaminati gli atti di causa e sentite le parti in udienza pubblica, questo Collegio, nel condividere le considerazioni del ricorrente, ritiene altresì lacunoso il thema probandum proposto dall’Ufficio a contrasto della decisione così come adottata dal primo Giudice. Il Collegio infatti nel richiamare le statuizioni n.102/8/2009 e n.64/8/2010 riferite alla medesima materia, osserva che il caso di specie riguarda una Associazione sportiva gestita dal Presidente e dal Consiglio direttivo che svolge nei confronti degli associati, è per definizione non commerciale, essendo l’Associazione stessa affiliata ad organizzazioni nazionali, alle quali, con apposita comunicazione viene riconosciuto il carattere sociale in forza delle finalità perseguite, posto che i servizi offerti sono riservati esclusivamente ai soci, per cui le eccezioni proposte dall’Ufficio non sono fondate e non riescono a contraddire quanto dettagliatamente eccepito dalla ricorrente sia nel ricorso introduttivo che nella costituzione in appello, la quale giustifica il proprio status di Associazione Sportiva Dilettantistica e, come tale, svolge attività di natura non commerciale, come inequivocabilmente previsto dall’art. 111 del TUIR ( oggi art. 148), ancorché discendente dalla fortunosa e strumentale circostanza per i soci di poter contare su un contratto di affitto di azienda, che nella sua preesistenza risultava essere una palestra sportiva organizzata e pronta all’uso. Ad avviso del Collegio le caratteristiche oggettive del contratto non possono modificare quelle soggettive dell’utilizzatore del bene oggetto dello stesso; ciò che rileva in sostanza è l’utilizzo che se ne fa: la xxxxx (attività commerciale) viene ceduta in locazione dai precedenti proprietari soci di fatto, alla Associazione Sportiva che ne assume la gestione sociale, prevista dall’art.4 dello statuto, in linea con gli indirizzi della Federazioni Sportive Nazionali e del CONI.
Per altro non sembra irragionevole che in una struttura già esistente possa iniziare una nuova attività con diversa ragione sociale, finalità diverse e con diversi rappresentanti, così come è avvenuto per l’Associazione Società Sportiva dilettantistica xxxxx
L’Associazione in sostanza possiede tutte le caratteristiche previste dall’ 111 del TUIR sopracitato, che dispone: “…Per le associazioni ….sportive dilettantistiche … non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti di altre associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o Statuto, fanno parte di un’unica organizzazione, locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati”. La predetta disposizione stabilisce, in sostanza, la non rilevanza fiscale dei corrispettivi specifici versati dagli associati, o da altri soggetti ivi menzionati, in favore di enti associativi con particolari finalità.
In sede di accertamento è necessario non dimostrare l’esistenza o meno dello svolgimento di una attività commerciale, che può eventualmente rilevare solo ai fini dell’applicabilità o meno di determinate agevolazioni fiscali, ma la finalità lucrativa o meno dell’attività economica svolta.
L’esame degli atti in effetti conferma che quanto statuito dai primi giudici sinteticamente per relazione, nel confuso rinvio a documenti e p.v, che l’Ufficio avrebbe dovuto più ordinatamente segnalare in ordine alla specifica contestazione delle ritenute non operate e versate per il personale, determina il convincimento di questo Collegio sulla circostanza che il provvedimento emesso si basa essenzialmente su indizi e irregolarità formali, che da un lato trascurano le caratteristiche socio mutualistiche dell’Associazione e dall’altro alterano le incombenze statutarie riservate ai soci nella vita associativa e nei fatti amministrativo – contabili. Sui quali comunque l’Ufficio disquisisce eludendo il principio per cui l’esistenza di un lucro oggettivo non può costituire il parametro per il disconoscimento di sodalizio sportivo (basti pensare che è la stessa Agenzia, nella sua circolare n.21/03 a riconoscere le società di capitali sportive dilettantistiche come enti commerciali) ma dovrà essere solo la prova e l’esistenza del lucro soggettivo, ossia di quella distribuzione diretta o indiretta di utili, che è la sola che potrà far decadere lo status di “sportiva”, in assenza peraltro di verifiche certe con i necessari riscontri contabili; in molti casi si tratta infatti di presunzioni semplici, che non possiedono i requisiti di gravità, precisione e concordanza, tassativamente previsti dall’art.2729 del c.c., per essere ammessi come prova attendibile.
Restando con ciò assorbe tutte le altre osservazioni proposte ne consegue che l’atto di contestazione deve essere annullato per mancanza dei presupposti di legge.
Ricorrono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio fra le parti.
P.Q.M.
La Commissione, rigetta l’appello iscritto al n. xxxxx e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata n.75/02/2007 della CTP di xxxxx.
Dichiara compensate fra le parti le spese processuali.
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