COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Toscana sentenza n. 1252 sez. 13 depositata il 7 luglio 2016
Massima
L’atto di cessione di quote pari al 100% del capitale sociale equivale ad una vera e propria cessione di azienda, con la conseguenza che l’operazione deve essere assoggettata al medesimo regime tributario.
Lo dicono i giudici della CTR toscana i quali, richiamando il disposto dell’art. 20 del DPR 131/86, in base al quale l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente, ritengono elusiva l’operazione posta in essere nel caso di specie. La cessione di quote è, infatti, soggetta ad imposta di registro in misura fissa, mentre, nel caso di cessione di azienda, la medesima imposta deve essere calcolata in misura proporzionale al valore dell’azienda ceduta.
MOTIVI di FATTO e di DIRITTO
Con atto depositato il 10/03/2014 ha presentato ricorso in appello C.E. contro la sentenza della C.T.P. di Lucca n. 101/2/13. A sostegno della impugnazione l’appellante ha addotto i seguenti motivi :
1) Difetto di motivazione;
2) Ingiustificata condanna alle spese, dal momento che si tratta comunque di una questione controversa e quindi sarebbe stata giustificata una compensazione;
3) Omessa pronuncia su un punto decisivo, ovvero la inesistenza della notifica dell’avviso di liquidazione, già dedotta in primo grado, per mancanza di una serie di indicazioni essenziali.
Si è costituita l’Ag. Entrate depositando le proprie controdeduzioni nelle quali ha ribadito la fondatezza del proprio atto (avviso di liquidazione), ha contestato la pretesa nullità della notifica ed anche il vizio di omessa pronuncia perché la C.T.P. ha congruamente motivato spiegando le ragioni per cui ha ritenuto di adottare una decisione, né era tenuta ad analizzare tutte le possibili argomentazioni addotte dalla ricorrente.
Nella udienza dell’8/06/2016 le parti procedevano alla discussione e quindi la Commissione decideva.
L’appello è infondato e deve essere respinto.
La controversia è nata dall’avviso di liquidazione e contestuale applicazione di sanzioni, con il quale l’Ag. Entrate di Lucca recuperava a tassazione l’imposta di registro dovuta in seguito alla riqualificazione di un atto di cessione di quote per il 100% del capitale sociale. In sostanza l’Ag. Entrate riqualificava tale atto come atto di cessione di azienda, applicando l’imposta di registro nella misura del 3% per l’anno di imposta 2010.
Preliminarmente si deve osservare che la questione sollevata dalla difesa a proposito della notifica dell’avviso di liquidazione non è fondata. La notifica è stata correttamente eseguita a mezzo posta rispettando tutte le regole vigenti ed il fatto che la firma del messo speciale incaricato della notifica sia illeggibile è una mera irregolarità. Peraltro – come ha sottolineato anche parte resistente – qualunque vizio della notifica deve intendersi come sanato, perché l’atto ha indubbiamente raggiunto il suo scopo dal momento che il contribuente ha tempestivamente proposto ricorso alla C.T.P. contro l’avviso di liquidazione.
Per quanto riguarda il merito della controversia si deve osservare che la valutazione operata dall’Agenzia delle Entrate di Lucca è pienamente condivisibile perché poggia su un dato di fatto incontestabile: la cessione ha riguardato il 100% delle quote della società A.B. di C. e G.& C. s.n.c.
Di conseguenza in seguito alla cessione gli acquirenti – M.R. e B.D. – hanno ottenuto in sostanza il controllo completo dell’attività commerciale costituita in forma di società di persone.
L’Ag. Entrate ha correttamente ritenuto che una operazione di questo tipo sia equiparabile – quanto al risultato pratico conseguito – ad una cessione di azienda e quindi ha ritenuto che debba essere assoggettata al medesimo regime tributario.
La sentenza appellata nella sua – stringatissima – motivazione mostra di valorizzare questo dato fattuale, parlando di “cessione indiretta” di azienda, e affermando che si deve dare preminenza al dato reale ed agli effetti giuridici conseguenti, piuttosto che al dato puramente formale.
Tale valutazione è pienamente condivisa da questa Commissione Regionale.
L’art. 20 del D.P.R. n. 131/86 che disciplina l’Imposta di Registro testualmente afferma che “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente”.
Questo dato testuale è già sufficientemente chiaro per orientare l’interprete verso una corretta decisione della controversia in esame, ma vi è di più, perché si deve anche considerare che la più recente evoluzione giurisprudenziale della Corte di Cassazione ha ribadito e rafforzato questo principio, specificando che si deve privilegiare una interpretazione “dinamica” degli atti, tale da individuarne la reale finalità. In questa ottica l’art. 20 cit. viene considerato come una sorta di clausola generale antielusiva.
Non vi è dubbio che la cessione del 100% delle quote di un’azienda sia equivalente ad una vera e propria cessione di azienda, con la conseguenza che l’operazione deve essere assoggettata all’imposta di registro.
D’altra parte è chiara anche la finalità elusiva insita nell’effettuare questo tipo di operazione anziché una cessione di azienda che sia tale (anche) sul piano formale. Infatti le cessioni di quote sono soggette ad Imposta di Registro in misura fissa (pari ad euro 168,00) mentre in caso di cessione di azienda la medesima imposta deve essere calcolata in misura proporzionale al valore dell’azienda ceduta. Questa è stata – cori ogni evidenza – l’unica vera ratio dell’operazione effettuata, non essendovi nessuna altra ragione valida.
Sulla base di tutte queste considerazioni ritiene questa Commissione Regionale che l’appello debba senz’altro essere respinto.
Al rigetto dell’impugnazione segue anche la condanna dell’appellante alle spese del grado di giudizio deciso, non sussistendo concreti motivi per compensare le spese, proprio perché sia il dato normativo che l’orientamento giurisprudenziale ormai pacifico della Corte di Cassazione sono estremamente chiari.
PQM
La Commissione Tributaria Regionale Sez. XIII, così provvede :
Respinge l’appello e condanna l’appellante a rimborsare all’Agenzia delle Entrate le spese del presente grado che liquida in euro 1.000,00 (mille/00) oltre accessori di legge.
Firenze lì 8/06/2016
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