COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Toscana sentenza n. 1777 sez. 8 depositata il 14 luglio 2017
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel procedimento RGA 1696/2014, con ricorso presentato dalla Direzione Provinciale di Prato dell’Agenzia delle Entrate veniva interposto appello avverso la sentenza n. 03/03/14 pronunciata dalla Terza Sezione della Commissione Tributaria Provinciale di Prato in data 13.12.2013 e depositata in data 10.1.2014, richiedendone la riforma, con conferma della legittimità dell’avviso di accertamento n. …………. IVA-ALTRO 2008 impugnato in primo grado dalla società contribuente ………….. Srl.
La controversia ha ad oggetto la riqualificazione giuridica operata dall’Agenzia delle Entrate di somme corrisposte alla società ……………. SRL (d’ora in poi ……….) dalla ………. SPA (d’ora in poi ….) quale promittente acquirente di una cessione del contratto di locazione finanziaria in essere tra …………. SRL e …………… SPA avendo attribuito alla dazione di denaro in luogo della veste letteralmente conferita dalla parti (deposito cauzionale) quella di acconto sul corrispettivo del contratto di compravendita, come tale imponibile ai fini IVA; in particolare, le clausole del preliminare stipulato (attraverso la proposta in data 15.12.2008 e l’accettazione in data 19.12.2008) tra ………. e …….. per la cessione del contratto di leasing, subordinato all’accettazione del contraente ceduto (la ……….), prevedevano, tra l’altro, che il corrispettivo per l’acquisto del contratto fosse pari ad euro 23.000.284,00 da pagarsi all’atto del definitivo subentro nel contratto e, contestualmente, che il cessionario provvedesse alla dazione, entro il 23 dicembre 2008, di un deposito cauzionale pari ad euro 23.000.284,00 «a titolo di garanzia, nei limiti del danno subito, dell’obbligo di acquisto assunto». Sulla base di tali premesse e dell’operata riqualificazione, l’Ufficio ha contestato la violazione della normativa in tema di fatturazione ed ha accertato ai sensi dell’art. 54, comma 4, DPR 633/72 un’omessa fatturazione di operazione imponibile, con aliquota ordinaria del 20%, pari ad euro 4.600.057,00, irrogando le corrispondenti sanzioni per infedele dichiarazione IVA e per mancata emissione di fatture relative ad operazioni imponibili per un totale sanzionatorio pari ad euro 5.750.071,25.
In primo grado, la società contribuente presentava articolate doglianze, collegate a profili di vizi procedurali afferenti l’avviso di accertamento, oltre che all’infondatezza del medesimo nel merito, cui resisteva la Direzione Provinciale di Prato dell’Agenzia delle Entrate.
Dopo la fase cautelare, la sentenza oggetto del gravame accoglieva il ricorso della società contribuente, osservando che:
(1) le eccezioni preliminari della parte ricorrente erano infondate:
(1a) la violazione del diritto alla difesa in sede di contraddittorio (per supposta violazione delle disposizioni relative all’obbligo di emissione del processo verbale di constatazione ai sensi dell’art. 24 della Legge 7 gennaio 1929 n. 4 e delle disposizioni previste dall’art. 12, commi 2, 4 e 7 dello Statuto dei diritti del Contribuente) non ricorreva; infatti, le disposizioni dell’art. 12, commi 2, 4 e 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212 si riferivano solamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio dell’attività del contribuente, mentre, nel caso di specie, la documentazione era stata acquisita dall’Agenzia delle Entrate sulla base di richieste formulate ai sensi dell’art. 32 del DPR 600/1973 e dell’art. 51 del DPR 633/1972 e consegnata dal professionista, in sede di primo contraddittorio; la Corte di Cassazione (sentenza n. 14026 del 2012) aveva chiarito la distinzione tra il procedimento di accertamento tributario in senso stretto (che comporta accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali ed i cui risultati sono compendiati in un processo verbale delle operazioni compiute) dalla attività che si esaurisce, invece, nel mero controllo della documentazione pervenuta agli uffici finanziari, solo nel primo caso risultando previste specifiche garanzie di difesa del contribuente esercitabili nel corso della fase istruttoria per il carattere particolarmente pervasivo dei poteri di indagine interferenti con lo svolgimento dell’attività economica del contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7; D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, coma l, n. l) e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33; D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. l) e art. 52); nel caso di attività di controllo dei dati acquisiti attraverso “inviti e richieste” di trasmissione agli uffici finanziari di dati, documenti ed informazioni, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma l nn. 3-8ter, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, nn. 3-7bis, è prevalente l’esigenza di funzionalità degli uffici ed efficienza della azione amministrativa rispetto alla anticipata partecipazione del privato già nella fase istruttoria della ricerca, individuazione ed acquisizione di dati ed informazioni che dovranno essere poi sottoposti a controllo ai fini dell’esercizio – peraltro solo eventuale – della potestà di accertamento; la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 18184 del 2013 circoscriveva l’applicazione del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 ai casi in cui è previsto il rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni e cioè al contribuente nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività; la disposizione procedurale dell’art. 24 della legge 7 gennaio 1929 n. 24, seppur originariamente riguardante la constatazione delle violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie in genere, appariva aggi limitata dalle norme vigenti per ciascuna legge di imposta e, nel caso di specie, dalle citate disposizioni dell’art. 12, commi 2, 4 e 7 dello Statuto dei diritti del Contribuente;
1b) in merito all’eccepita violazione dei principi di pubblicità e trasparenza, di cui all’art. l della Legge 7 agosto 1990 n. 241, la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14026 del 2012 aveva avuto modo di affermare come il procedimento impositivo, in relazione all’aspetto in considerazione, rimane sottratto alla disciplina generale del procedimento amministrativo, per l’espressa deroga disposta per i procedimenti tributari dall’art. 13, comma 2, della Legge 241/1990, che esclude l’applicazione alla materia tributaria in particolare delle norme concernenti la comunicazione dì avvio del procedimento, l’intervento nel procedimento ed i diritti dei partecipanti al procedimento;
1c) quanto all’inesistenza giuridica della notifica dell’avviso di accertamento per essere la relata stata apposta sulla prima pagina del provvedimento e non sull’ultima, l’eccezione era infondata, in quanto la sentenza della Corte di cassazione 6750 del 2007 citata dalla parte si riferiva ad un caso in cui la parte ricorrente aveva sostenuto di aver ricevuto solo il frontespizio dell’avviso di accertamento, mentre nella presente controversia era dimostrato che la ricorrente aveva ricevuto l’intero provvedimento impositivo, come dimostrato dalla copia allegata al presente ricorso; onde, per effetto del richiamo dell’art. 60 del DPR 600/1973 alle norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, l’eventuale vizio di notifica esistente rimaneva sanato, non potendo essere pronunciata la nullità, in quanto l’atto ha raggiunto il suo scopo;
(2) nel merito li ricorso andava accolto; infatti, l’Agenzia delle Entrate era entrata nel merito della promessa di cessione del contratto di locazione finanziaria (in essere tra …. e …..SPA) posta in essere dalle società ……. e ……. ed aveva riqualificato la funzione giuridica della della dazione di denaro a titolo di deposito cauzionale in acconto del prezzo del futuro trasferimento, assoggettandolo ad IVA, non ravvisando nei fatti la qualificazione dichiarata dalle parti; a tal fine si era basata sull’atipicità del ricorso a tale tipo di garanzia rispetto alla caparra confirmatoria, sull’inutilità di tale funzione nei rapporti tra società dello stesso gruppo già occupanti l’immobile oggetto della locazione finanziaria, sulla mancata registrazione dell’atto, sulla corrispondenza dell’importo del deposito cauzionale con il prezzo convenuto, considerato che in base alla sentenza della Corte di Cassazione 1320/2007 “il pagamento di somme di denaro versate a qualsiasi titolo per un contratto di compravendita per un bene immobile doveva ritenersi soggetta ad IVA ed obbligo di fatturazione“; per contro,
2a) la promessa di cessione era avvenuta per scambio di corrispondenza, con apposizione del timbro postale rispettivamente sulla proposta e sulla conseguente accettazione e legittimamente non era stata sottoposta a registrazione ai sensi dell’art. 5 del DPR 131/1986 e dell’art. l Parte II della Tariffa allegata, null’altro potendo significare tale comportamento delle parti, non venendo in discussione il regime impositivo della cessione di contratto, che è atto soggetto ad IVA ai sensi dell’art 3 del DPR 633/1972;
2b) la sentenza di legittimità citata dall’Agenzia aveva sostenuto che “il pagamento di somme di denaro, effettuato a titolo di caparra confirmatoria di un contratto di compravendita di bene immobile, è soggetto ad IVA ed all’obbligo di fatturazione nella misura in cui tali somme siano destinate, per volontà delle parti, accertabile dal giudice di merito in base ad elementi intrinseci ed estrinseci al contratto, ad anticipazione del prezzo di acquisto”, senza stabilire alcun automatismo come ipotizzato dall’Ufficio e subordinando la revisione solamente dopo aver ben individuato la reale volontà delle parti; nel caso di specie, le parti avevano, letteralmente, costituito la somma di euro 23.000.284,00 (pari all’importo del prezzo della promessa compravendita) “quale deposito cauzionale a garanzia, nei limiti del danno subito, dell’obbligo di acquisto assunto”; il deposito sarebbe poi stato restituito, «avendo esaurito la sua funzione di garanzia, in sede di subentro effettivo” nel contratto; onde le parti avevano letteralmente attribuito funzione di garanzia della dazione di denaro; la stessa contabilità aziendale della ricorrente rilevava tra le passività del bilancio il conto “…… deposito cauz. …. c/cess. leasing” Euro 23.000.284,00; non era precluso alla libertà contrattuale delle parti concordare la dazione di somme con funzione di garanzia nel contesto della promessa di cessione di un contratto, senza che questo possa considerarsi in contrasto con le previsioni dell’art . 1782 del codice civile o alterarne le finalità; il deposito cauzionale, infatti, consente al creditore di realizzare il suo interesse comunque, verificatosi l’evento che rende operativa la garanzia, con il definitivo incameramento della somma in deposito a soddisfazione della ragione ereditaria; l’Agenzia non aveva tenuto conto che “gli effetti giuridici della promessa” di cessione del contratto di leasing erano «sospensivamente condizionati al consenso al subentro da parte di ……….» e quindi era ragionevole che ……….SRL non avesse preteso la somma a titolo di acconto sul prezzo della futura cessione, in quanto non poteva disporre liberamente del contratto, dipendendo la decisione da un terzo soggetto, che avrebbe potuto autonomamente impedirne il trasferimento; per ciò non era stato possibile prevedere una caparra confirmatoria nella promessa di cessione, che avrebbe potuto causare un danno derivante da un motivo non imputabile al promittente la vendita; il fatto che la …… promittente l’acquisto già detenesse l’immobile in locazione non rendeva irragionevole la costituzione del deposito cauzionale alla ……………, soggetto giuridico diverso, in attesa dell’avveramento della condizione sospensiva, a compensazione patrimoniale del valore del contratto di cui promessa la cessione, il quale aveva ad oggetto bene che non era nella detenzione della ……… Srl e che, poste le importanti cifre della cessione, la crisi economica del settore edilizio non prometteva di dare sicurezze circa la previsione di adempimento della …., tanto che quest’ultima dopo circa un anno aveva sottoscritto con le banche un accordo di ristrutturazione del debito.
L’Ufficio ha proposto in appello le seguenti questioni ed eccezioni, non accolte in primo grado, assumendo l’erroneità della mancata qualificazione contrattuale e tributaria della somma ricevuta dalla …… nei termini di acconto (come sostenuto dall’Ufficio) in luogo di quella letteralmente accreditata dalle parti (deposito cauzionale). Per l’effetto ha chiesto la riforma della sentenza n. 03/03/14 e in via principale la conferma dell’avviso di accertamento impugnato ed in via subordinata confermare le sanzioni irrogate nel provvedimento impositivo.
A conforto delle doglianze, nella prima parte dell’appello, l’Ufficio ha omesso di confrontarsi con la motivazione della sentenza della CTP riproponendo lo ragioni dell’avviso impugnato.
L’appellante, cosi, ha ripercorso la storia dei passaggi di proprietà del complesso immobiliare oggetto della promessa di vendita (sito a Calenzano con accesso da Via …, sede della società ….spa e diverse altre società riconducibili ad essa, di fatto utilizzatrice del complesso immobiliare in qualità di locataria) e rimarcato come, posta l’imponibilità ai fini IVA dei contratti di leasing, la previsione dell’art. 3, comma 2, n. 5, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (”le cessioni di contratti di ogni tipo ed oggetto“ se effettuate dietro corrispettivo costituiscono prestazioni di servizi), rendeva applicabile alla cessione del contratto in questione tale imposta, commisurata al corrispettivo pattuito in atto. Nel caso la particolarità era che nel contratto preliminare, la parte promittente l’acquisto aveva effettuato un pagamento a titolo di “deposito cauzionale” alla parte promittente la vendita (quindi come tale formalmente non classificato come corrispettivo) per un importo, però, pari all’intero corrispettivo.
In realtà, indagando la reale intenzione delle parti e valutando la credibilità del nomen juris “deposito cauzionale” dato dalle parti alla somma di denaro individuata nel preliminare, l’Ufficio ne aveva escluso la ricorrenza, tenuto conto anzitutto dell’art. 1782 del c.c. (“Deposito irregolare”) e del carattere anacronistico in seno alla prassi commerciale e finanziaria; inoltre, avendo come funzione tipica, nel caso del negozio di compravendita, la garanzia a fronte di danni potenzialmente cagionabili dal promittente acquirente sul bene oggetto della compravendita, consegnato al primo dal promittente venditore, almeno per i beni mobili, essa non si ravvisava nel caso in esame, nel quale tale immissione non conseguiva alla stipula del preliminare in quanto il promittente l’acquisto ovvero la …….. era già in possesso del complesso immobiliare promesso in vendita, a seguito di regolare contratto di locazione sottoscritto in data 31.07.2005.
Altri elementi persuadevano che la somma di euro 23.000.284,00 non potesse considerarsi neppure caparra confirmatoria, tenuto conto delle previsioni dell’art. 1385 c.c., la cui funzione è direttamente collegata all’evenienza in cui si verifichi l’inadempimento, mentre nel caso le parti non avevano inteso far riferimento testuale a tale istituto; nei casi di dubbio circa la sua natura indicazioni giurisprudenziali militavano a favore della prevalenza della natura di acconto.
Venendo più direttamente alle censure rispetto al percorso motivazionale della pronuncia dei primi giudici, l’appellante, continuando in più porzioni a confrontarsi più con le tesi delle contribuenti che quelle esplicitate dalla CTP, ha osservato:
l^ censura: l’Ufficio non ha sostenuto che le somme versate al momento della stipula del preliminare rappresenterebbero automaticamente un acconto.
L’insegnamento della Corte di Cassazione (sentenza n. 1320/2007, sentenze nn. 15150/03 e 261/06) rende necessario verificare, caso per caso, al di là del nomen juris, la funzione delle somme di denaro per i soggetti contraenti, salvo considerare che in caso di dubbio nella qualificazione delle somme versate anteriormente alla formale stipulazione di un contratto tra le diverse qualificazioni deve prevalere proprio quella dell’acconto (Cass., sent. nn. 10874/1994, 28697/2005).
2^ censura: la CTP ha improntato il suo ragionamento sulla rilevanza che deve assumere l’interpretazione letterale del contratto, cui in effetti ha limitato l’indagine, in contrasto con la ricerca della reale volontà delle parti imposta dall’art. 1362 c.c. e dalla giurisprudenza della Corte regolatrice (Cass. n. 12758/93; Cass. n. 15150/03 e Cass. n. 26l/06) che sottolinea come il ricorso al criterio d’interpretazione meramente letterale non può in alcun modo considerarsi esaustivo.
3^ censura: i primi giudici si sono richiamati all’utilizzo legittimo di uno strumento concesso dall’ordinamento anche in modo diverso dalla normalità dei casi, secondo il principio di libertà contrattuale, non sacrificabile da una lettura troppo rigida e formalistica dell’art. 1782 c.c. ma hanno omesso di interrogarsi sulla reale intenzione delle parti e sulle circostanze che le avrebbero concretamente indotte ad utilizzare tale strumento giuridico in luogo dell’acconto. Nel caso, trattandosi di bene immobile posseduto già dal promittente l’acquisto, la dazione di una somma pari all’intero corrispettivo qualificata come deposito cauzionale non avrebbe avuto alcun senso, mentre la Cassazione ha individuato nell’entità della dazione di somme, sia in termini assoluti che in termini relativi (rispetto al corrispettivo pattuito, un elemento fondamentale par l’interpretazione da parte del giudice, ritenendo che a fronte di entità considerevoli (metà dell’importo) o esorbitanti possa escludere che la somma sia stata versata a titolo di caparra e non di corresponsione di un acconto soggetto ad IVA (sentenza Cassazione n. 7056/92; cfr. anche sentenza n. 8792/2009).
Nel caso di specie si potrebbe escludere con ragionevole certezza che la somma di euro 23.000.284,00 costituisca deposito cauzionale, atteso anche che la stessa giurisprudenza di legittimità ha cristallizzato in un sesto del prezzo complessivo l’importo individuato dagli usi commerciali per potersi parlare di una caparra e, a maggior ragione, di un deposito cauzionale (sentenza n. 727/80), mentre i primi i giudici non hanno speso parole per spiegare l’abnormità della garanzia prevista dalle parti.
4^ censura: mentre la CTP ha sostenuto che “il deposito cauzionale consente al creditore di realizzare il suo interesse comunque, verificatosi l ‘evento che rende operativa la garanzia, con il definitivo incameramento della somma in deposito a soddisfazione ragione creditoria“, non ha chiarito quale sarebbe stato l’interesse del debitore a dare al creditore una somma pari al corrispettivo pattuito a titolo di deposito cauzionale né in cosa sarebbe consistito “l‘evento che rende operativa la garanzia”, dato che il soggetto promissario acquirente era già in possesso dell’immobile. La previsione per cui “il deposito verrà restituito, avendo esaurito la sua funzione di garanzia, in sede di subentro definitivo” è sostanzialmente illogica e priva di buon senso; infatti, seguendo letteralmente proprio gli accordi contrattuali, si arriverebbe all’assurdo per cui, al momento della stipula dell’atto definitivo di compravendita, la promissaria acquirente si sarebbe trovata costretta a versare per intero l’importo complessivo concordato, per poi vedersi restituire l’importo asseritamente versato a titolo di deposito cauzionale, nonostante il valore della somma data a garanzia, ammontante a più di 23 milioni di euro.
5^ censura: la tesi per cui l’importo di euro 23.000.284,00 riguarderebbe esclusivamente la cessione del contratto di leasing, senza alcun riferimento all’oggetto del contratto medesimo (e cioè un bene immobile) non appare né logica né corretta, mentre dare rilevanza alla condizione sospensiva cui era subordinato il contratto e perciò ritenere che la società di leasing potesse in qualche modo ostacolare la cessione tra ………. e ………… significa non avere ben chiaro il complesso (e singolare) passaggio del bene tra le tre società, in cui si evidenzia l ‘accordo che di fatto esisteva tra i tre soggetti commerciali; sulla quantificazione dell’importo dato a “garanzia” la CTP non sì è pronunciata autonomamente, se non facendo propria una tesi suggerita in primo grado da controparte; inoltre, la ……. e ….. spa facevano parte dello stesso gruppo imprenditoriale con la conseguenza che parole come “rischio” e “garanzia” devono essere modulate in rapporto all’evidente connessione soggettiva tra le due parti in causa; se il deposito doveva garantire ….. dall’inadempimento di ……., non ha senso parlare di un rischio di inadempimento in capo a …….. che avrebbe dovuto semplicemente cedere il contratto di leasing e che di fatto non avrebbe neanche potuto rendersi inadempiente con la mancata consegna del bene immobile, già in possesso di …….. Inoltre da un punto di vista finanziario per …….. non c’è stata alcuna differenza, atteso che quella somma è stata versata, indipendentemente dalla sua causale mentre al punto di vista dell’opportunità economica, il fatto che il contratto fosse soggetto a condizione sospensiva avrebbe semmai dovuto consigliare le parti a posticipare il pagamento del prezzo, ma non sostituire un acconto con un deposito cauzionale di pari importo.
L’appellante ha svolto inoltre altre osservazioni su deduzioni della società appellante, non esaminate dalla sentenza impugnata, in quanto assorbite dall’accoglimento di doglianze logicamente preliminari all’esame delle prime.
1^: Secondo ……… vi sarebbe una conseguenza fiscalmente “aberrante” nel fatto che l’Ufficio, avendo qualificato la somma di denaro contestata come acconto ed avendola quindi ritenuta imponibile ai fini IVA, in presenza di una risoluzione della promessa di cessione che avrebbe consentito alla parte di redigere una nota di credito a storno dell’IVA versata all’Erario, si sarebbe trovato creditore di una somma indebita, in quanto relativa ad una cessione di fatto mai realizzata.
Per contro, l’Ufficio contrasta il rilievo osservando che l’IVA è un’imposta per sua natura di carattere formale e che l’esatta qualificazione di un istituto ha una rilevanza fondamentale ai fini impositivi; inoltre, basare una difesa sull’eventuale emissione di una nota di credito che avrebbe di fatto azzerato il danno erariale risulterebbe discutibile, anche considerato che l’emissione di una nota di credito è sì un diritto per il contribuente, ma soprattutto necessita di determinati requisiti temporali e di forma che una “eventuale emissione” non può evidentemente garantire; in ogni caso, la ………., debitrice dell’IVA nei confronti dell’Erario non può motivare la neutralità dell’imposta, chiamando in causa il rapporto debito-credito tra Erario e un altro contribuente.
2^: Nella denegata ipotesi in cui la CTR dovesse ritenere neutrale il trattamento ai fini impositivi, l’Ufficio evidenzia che la tesi della controparte, secondo cui, in considerazione dell’illegittimità del recupero dell’Ufficio ai fini impositivi, sarebbero da ritenere illegittime anche le sanzioni irrogate, è errata. Se infatti da una parte il recupero ai fini impositivi si giustifica in relazione ad una interpretazione formale e cartolare dell’imposta sul valore aggiunto, il recupero ai fini sanzionatori è anche sostanzialmente giustificato da un comportamento non lineare di controparte, che, in presenza di una serie di elementi chiari, evidenti ed incontrovertibili, ha ritenuto di classificare in modo scorretto la dazione di una somma di denaro con conseguenze fiscali e finanziarie diverse, quantomeno nel breve periodo; non esistono affatto nel caso di specie obiettive condizioni di incertezza nell’applicazione della normativa sopra analizzata, la sanzione è incontestabilmente dovuta, indipendentemente dal giudizio che la CTR potrebbe dare circa il recupero fiscale ai fini impositivi, il cui eventuale annullamento sarebbe motivato solo ed esclusivamente non già da un errore accertativo dell’Amministrazione Finanziaria, ma dal fatto che “nella sostanza” non ci sarebbe stato alcun danno erariale per il Fisco, in considerazione di un comportamento successivo delle parti che hanno risolto il contratto preliminare di cui in questa sede si discute.
Per parte sua, la società contribuente si è costituita presentando controdeduzioni ed appello incidentale sui motivi di impugnazione disattesi e/o assorbiti in primo grado.
In particolare, la società contribuente ha riproposto una ricostruzione delle premesse in fatto della vicenda. A tal fine ha segnalato che oggetto del contratto era la promessa di cessione di un contratto di leasing, con prezzo pattuito per il subentro nel contratto di leasing pari a ? 23.000.284,00 ed ammontare dei canoni ancora da pagare ad ……… pari ad euro 11.999.716,00; ricorreva la sospensione degli effetti della promessa di cessione sino al manifestarsi del consenso al subentro da parte di ………. e in pendenza della condizione sospensiva (con atto del giorno 8 settembre 2009, avente data certa) ……… e ………… avevano risolto consensualmente il contratto preliminare sopra descritto; a fronte dell’intervenuta risoluzione, ……. si impegnava a restituire il deposito cauzionale pagato da ……… e contabilizzava tale impegno girocontando l’importo a debito di Euro 23.000.284,00, registrato nel conto depositi cauzionali all’atto della sottoscrizione del preliminare, nel conto debito verso …….; il 27 febbraio 2013 l’Ufficio – a seguito di un’istruttoria documentale sfociata nella redazione dei verbali del 3 dicembre 2012 e del 15 febbraio 2013 – emetteva l’avviso con il quale affermava che il deposito cauzionale di cui al preliminare di cessione del contratto di leasing (peraltro risolto) avrebbe in realtà avuto (nell’intenzione delle parti) la funzione di pagamento del prezzo della cessione e pertanto avrebbe dovuto essere assoggettato ad Iva.
Ciò posto, la società contribuente ha osservato:
(i) l’erronea riqualificazione operata dall’Ufficio: in altre occasioni (come sarebbe documentato da sentenze prodotte) l’Ufficio ha riqualificato come caparre confirmatorie le somme corrisposte da …….. a titolo di deposito cauzionale ed ora considerate a titolo di acconto; il comportamento delle parti non ha determinato alcun danno per l’Erario posto che l’intervenuta risoluzione della promessa di cessione avrebbe comportato l’emissione di una nota di credito tale da sterilizzare completamente gli effetti fiscali dell’operazione;
(ii) benché l’oggetto del contratto preliminare fosse la cessione di un contratto di leasing, l’Ufficio ha redatto la motivazione dell’avviso come se si trattasse di un contratto preliminare di compravendita di un bene immobile, onde appaiono del tutto inconferenti ed erronee le affermazioni circa l’asserita inutilizzabilità del deposito cauzionale nell’ambito dei contratti preliminari di compravendita di beni immobili;
(iii) il deposito cauzionale ha funzione di garantire qualsiasi pregiudizio, per il creditore e non solo il danneggiamento di uno specifico bene, non vi è nessun riferimento né alcuna limitazione all’ipotesi della locazione di beni immobili o alla compravendita di beni mobili; piuttosto l’istituto ha identica funzione giuridico-economica rispetto alla garanzia fideiussoria, potendo il creditore realizzare il suo credito sui beni oggetto della garanzia mediante un atto unilaterale costituito, nel primo caso, dalla richiesta della somma assicurata e nel secondo, dall’incameramento della cauzione; l’osservazione circa il presunto scarso utilizzo dell’istituto, non influiva in alcun modo sulla piena legittimità della pattuizione;
(iv) in merito al fatto che l’immobile sottostante al contratto di leasing oggetto del preliminare di cessione fosse condotto da ….. (soggetto promittente l’acquisto) e sull’ammontare del deposito cauzionale; poiché ….. (promittente l’acquisto del contratto di leasing finalizzato all’acquisto della proprietà dell’immobile) era già in possesso dell’immobile in virtù di un contratto di locazione in essere con ………, ……….. avrebbe potuto arrecare qualsiasi tipo di danno all’immobile (essendone il conduttore) e proprio per questo la pattuizione del deposito cauzionale si rivelerebbe del tutto giustificata seguendo la stessa tesi dell’Ufficio; il prezzo pattuito era pari a ? 23.000.284,00 e il deposito cauzionale di pari importo era previsto “a titolo di garanzia, nei limiti del danno subito, dell’obbligo di acquisto assunto”; risulta evidente che il deposito cauzionale è stato previsto per tutelare ………. dai possibili danni derivanti da inadempimenti di ……….., danni che potevano consistere soprattutto nel mancato pagamento del prezzo (euro 23.000.284,00) e nella permanenza in capo a ……… dell’obbligo di corrispondere i canoni di leasing residui (euro 11.999.716,00): dunque l’ammontare del deposito cauzionale era perfettamente coerente rispetto alla funzione tipica di garanzia assolta da tale istituto;
(v) sulla riconducibilità di ……… e …….. allo stesso centro d’interesse all’epoca di fatti: ……. non appariva in grado di garantire in prospettiva futura la capacità di adempiere alle proprie obbligazioni e la pretesa di una garanzia si era rivelata quanto mai opportuna, anche in ossequio al principio in base al quale le operazioni infragruppo devono avvenire a condizioni di mercato; inoltre, l’appartenenza di fatto ad uno stesso gruppo è fondamentale per dimostrare l’inesistenza di qualsiasi vantaggio fiscale, inizialmente, adombrato dall’Ufficio: infatti, l’avvenuta risoluzione del contratto avrebbe determinato la registrazione di scritture opposte che avrebbero completamente sterilizzato la dazione del presunto acconto da tutti i punti di vista (sia per le singole società, sia per il gruppo, sia per l’erario);
(vi) legittimità del comportamento della società e descrizione delle valide ragioni economiche che hanno portato a pattuire la corresponsione del deposito cauzionale in luogo di una caparra confirmatoria e/o di un acconto sul prezzo: la situazione di crisi del settore imprenditoriale in cui operava ……… e la necessità di attendere del tempo per poter rivendicare il prezzo della cessione rendevano opportuno per ……… prevedere una tutela per ripararsi dal rischio di eventuali danni, considerato che a fronte dell’inadempimento di ……. il danno potenziale complessivo avrebbe potuto raggiungere l’importo di euro 35.000.000,0 (? 23.000.284,00 mancato incasso del prezzo di cessione ed euro 11.999.716,00 permanenza dell’obbligo di pagare i canoni di leasing ad ………); per ciò è stato ritenuto opportuno e congruo prevedere il versamento di un deposito cauzionale pari al prezzo della cessione del contratto; l’unico strumento giuridico utilizzabile, nel caso di specie, era proprio quello del deposito cauzionale in quanto: – …….. non poteva permettersi di accettare una somma di euro 23.000.284,00 a titolo di caparra sia perché non era intenzione delle parti disciplinare la facoltà risolutoria che caratterizza la caparra confirmatoria sia perché il rischio di dover restituire (per qualsiasi motivo) il doppio di tale cifra era finanziariamente insostenibile; inoltre se la caparra fosse stata pattuita per un importo inferiore al prezzo di cessione, in caso di inadempimento di ………, …….. sarebbe rimasta priva di garanzia finanziaria per la differenza tra il prezzo di cessione e il minor importo della caparra; – ………, a causa della mancanza di solidità finanziaria di ………., in prospettiva futura, non avrebbe mai accettato di concludere un contratto di così elevata rilevanza economica in assenza di una idonea garanzia da parte di …….. circa la possibilità di adempiere agli impegni economici e finanziari che ne derivavano; …… non era disposta a pagare un acconto sul prezzo di cessione in quanto per la stessa era inaccettabile pagare un corrispettivo in relazione ad una promessa di cessione sottoposta a condizione sospensiva la cui verificazione era demandata unicamente al consenso di un terzo, ossia di ………; ……… non era in condizione di richiedere una fideiussione sia a causa del notevole costo della stessa sia perché la sua situazione finanziaria non le permetteva di ottenere tale garanzia dagli istituti bancari o assicurativi (si consideri che circa un anno dopo gli avvenimenti in esame …….. dovette negoziare con i propri creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti);
(vii) reale volontà delle pariti e congruità del deposito cauzionale:
l’intenzione delle parti deve essere ricostruita non solo attraverso il dato testuale del contratto, ma anche attraverso il comportamento complessivo delle parti, così come previsto dall’art, 1362 del c.c.; ebbene, quanto alla modalità di contabilizzazione della somma da parte di ………, nel bilancio al 31 dicembre 2008 1a Società ha registrato tra le passività, in particolare tra i depositi cauzionali, l’importo di euro 23.000.284,00 (conto n. 328.90222) a fronte dell’incasso della somma versata da ……….; a seguito della risoluzione del contratto preliminare il suddetto importo è stato regolarmente girocontato dal conto afferente il deposito cauzionale al conto di debito verso …….. derivante dalla risoluzione del preliminare;
(viii) priva di pertinenza al caso che occupa risulta la giurisprudenza addotta dall’Ufficio alla cui stregua in caso di dubbio sulla qualificazione di una somma come caparra confirmatoria o come acconto dovrebbe prevalere la qualificazione come acconto, trattandosi di sentenze emesse in materia di caparra confirmatoria relativa a contratti preliminari di compravendita di beni immobili, a fronte di dubbi sulla qualificazione delle somme fondate su elementi precisi e particolarmente eclatanti, mentre non sarebbe possibile assimilare la caparra confirmatoria (art. 1385 del c.c.) e il deposito cauzionale (art . 1782 del c.c.) avendo funzioni diverse: la prima predetermina l’importo del danno senza che sia necessaria la prova né dell’esistenza né dell’ammontare dello stesso; il secondo costituisce unicamente un deposito a titolo di garanzia (la cui funzione è equiparata alla fideiussione) sul quale il percettore si può soddisfare nei limiti dell’effettivo danno subito, che va provato sia nell’an che nel quantum; la Corte di Cassazione ha invece assimilato per natura e funzione il deposito cauzionale alla garanzia fideiussoria;
(ix) quanto all’interesse del debitore a versare il deposito cauzionale esso riposerebbe nel fatto che senza di esso il creditore non avrebbe concluso il contratto;
(x) priva di sostanza l’affermazione dell’Ufficio secondo cui, stando alla lettera del contratto preliminare, ………. avrebbe dovuto corrispondere il prezzo della cessione, sostenendo un esborso duplicante il deposito cauzionale, e poi si sarebbe vista rimborsare il deposito cauzionale; ovvio, infatti, che il debito per il pagamento del prezzo e il credito per la restituzione del deposito cauzionale sarebbero stati compensabili a seguito del verificarsi della condizione sospensiva e della conseguente stipula del contratto definitivo (il contratto parla di ”effettivo subentro”;
(xi) era rilevante la condizione sospensiva, tanto che al momento della risoluzione del contratto preliminare ……. non risultava aver fornito il proprio consenso alla cessione del contratto di leasing; elemento che dimostrerebbe che la società bancaria era parte terza rispetto a ……… e ……., in quanto laddove così non fosse stato avrebbe senza dubbio acconsentito tempestivamente alla cessione;
(xii) inammissibili risulterebbero le conseguenze dell’accoglimento della tesi dell’Ufficio con palese distorsione del tributo Iva e del rapporto tra fisco e contribuente;
(xiii) illegittimità delle sanzioni irrogate come conseguenza dell’illegittimità delle contestazioni;
La società contribuente ha proposto, inoltre, i seguenti motivi di appello incidentale condizionato (i) illegittimità dell’avviso per mancanza di una verifica sfociata nella redazione di un processo verbale a carico di ………;
(ii) illegittimità dell’avviso per violazione dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212;
(iii) inapplicabilità degli interessi e dalle sanzioni; nel caso di specie sussistono le obiettive condizioni di incertezza che giustificano la non applicazione delle sanzioni; in subordine, l’appellante incidentale chiede che, previa sospensione del presente giudizio, sia disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’unione europea ai sensi dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea per violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni e conseguente incompatibilità con il diritto comunitario della normativa sanzionatoria domestica, formulando il quesito.
Con memoria depositata in data 30.3.2017 la società contribuente ha provveduto ad illustrare le controdeduzioni ed i motivi sopra riepilogati.
l. Ragioni di pregiudizialità logica consigliano di valutare preliminarmente i motivi di appello incidentale collegati alla dedotta illegittimità dell’avviso per mancanza di una verifica sfociata nella redazione di un processo verbale a carico di …….. ed alla illegittimità dell’avviso per violazione dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212. Sul punto devono essere confermate le valutazioni di infondatezza delle censure mosse dalla società contribuente per le ragioni ben espresse dalla CTP.
l.a. Infatti, non ricorre la violazione del diritto alla difesa in sede di contraddittorio, per supposta violazione delle disposizioni relative all’obbligo di emissione del processo verbale di constatazione ai sensi dell’art, 24 della Legge 7 gennaio 1929 n. 4 e delle disposizioni previste dall’art. 12, commi 2, 4 e 7 dello Statuto dei diritti del Contribuente. Tali disposizioni si riferiscono solamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio dell’attività del contribuente, mentre, nel caso di specie, la documentazione è stata acquisita dall’Agenzia delle Entrate sulla base di richieste formulate ai sensi dell’art. 32 del DPR 600/1973 e dell’art. 51 del DPR 633/1972 e consegnata dal professionista, in sede di primo contraddittorio; la Corte di Cassazione ha chiarito la distinzione tra il procedimento di accertamento tributario in senso stretto (che comporta accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali ed i cui risultati sono compendiati in un processo verbale delle operazioni compiute) dalla attività che si esaurisce, invece, nel mero controllo della documentazione pervenuta agli uffici finanziari, solo nel primo caso risultando previste specifiche garanzie di difesa del contribuente esercitabili nel corso della fase istruttoria per il carattere particolarmente pervasivo dei poteri di indagine interferenti con lo svolgimento dell’attività economica del contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7; D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. l) e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33; D.P.R. n. 633 del l972, art. 51, comma 2, n. 1) e art. 52). Ancora di recente la Corte di Cassazione (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15583 del 08/07/2014, Rv. 631683 – 01; n. 16354 del 2012 Rv. 623835 – 0l) ha ritenuto che «In tema di accertamento tributario, le garanzie previste dall’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, si riferiscono espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguiti “nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, e, quindi, sono assicurate esclusivamente al soggetto sottoposto ad accesso, ispezione o verifica, ma non si estendono al terzo a carico del quale emergano dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento”.
l.b. La sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. l8184 del 2013, inoltre, ha circoscritto l’applicazione del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 ai casi in cui è previsto il rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni e cioè al contribuente nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività.
2. Anche l’appello principale proposto dall’Ufficio è infondato.
2.a. L’ampia esposizione che precede offre testimonianza della difficoltà di entrambe le parti processuali di confrontarsi con il percorso argomentativo della sentenza impugnata, non avendo nessuna di esse evitato di riproporre diffusamente le ragioni dell’avviso di accertamento ovvero del ricorso di primo grado. Come noto, la Corte di Cassazione (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7369 del 22/03/2017, Rv. 643485 – 01), in proposito, ha stabilito che nel processo tributario, ove l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992. Nondimeno occorre rammentare che sempre il giudice di legittimità ( Sez. 5 – Sentenza n. 4558 del 22102/2017, Rv. 643214 – 01) ha affermato che “in tema di contenzioso tributario, benché l’appello abbia carattere devolutivo pieno, le deduzioni dell’appellante devono essere svolte in contrapposizione alle argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, di cui la parte non può disinteressarsi, limitandosi a riproporre al giudice di secondo grado le medesime testuali difese contenute nel ricorso introduttivo. (Così statuendo, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva omesso di rilevare la mancanza, in sede di gravame, di una qualsivoglia critica alla decisione di prime cure, essendosi l’appellante limitato a riprodurre testualmente le deduzioni difensive iniziali, senza prendere minimamente in considerazione il contenuto della sentenza di primo grado”. Nel caso di specie non può dirsi che il confronto con la sentenza del primo giudice sia stato assente, anche se in più porzioni dei rispettivi atti le parti hanno mostrato di prescinderne affidandosi a tutte le loro argomentazioni illustrate in primo grado.
2.b. Nel merito, con percorso motivazionale logico ed esaustivo, il primo giudice ha disatteso l’operazione riqualificatoria realizzata dall’Agenzia dalle Entrate rispetto alla funzione giuridica della dazione di denaro consegnato dalla ……. alla ……… (dal “dichiarato” deposito cauzionale al “ritenuto” acconto del prezzo del futuro trasferimento, assoggettato ad IVA) per la promessa di acquisto del contratto di locazione finanziaria (in essere tra ……… e ……..SPA).
Il primo giudice, in particolare, non ha riconosciuto persuasivi gli argomenti adotti dall’Ufficio (atipicità dell’impiego di tale tipo di garanzia rispetto alla caparra confirmatoria, inutilità di tale funzione nei rapporti tra società dello stesso gruppo già occupanti l’immobile oggetto della locazione finanziaria, mancata registrazione dell’atto, corrispondenza dell ‘importo del deposito cauzionale con il prezzo convenuto) ciascuno dei quali passati in rassegna e disatteso:
– la promessa di cessione era avvenuta per scambio di corrispondenza, con apposizione del timbro postale rispettivamente sulla proposta e sulla conseguente accettazione;
– la sentenza di legittimità citata dall’Agenzia aveva sostenuto che “il pagamento di somme di denaro, effettuato a titolo di caparra confirmatoria di un contratto di compravendita di bene immobile, è soggetto ad IVA ed all’obbligo di fatturazione nella misura in cui tali somme siano destinate, per volontà delle parti, accertabile dal giudice di merito in base ad elementi intrinseci ed estrinseci al contratto, ad anticipazione del prezzo di acquisto”, senza stabilire automatismi e subordinando la revisione alla chiara identificazione della reale volontà delle parti; nel caso di specie,
– le parti avevano, sotto il profilo letterale, costituito la somma di euro 28.000.284,00 (pari all’importo del prezzo della promessa compravendita) “qualedeposito cauzionale a garanzia, nei limiti del danno subito, dell’obbligo di acquisto assunto“; il deposito sarebbe poi stato restituito, «avendo esaurito la sua funzione di garanzia, in sede di subentro effettivo” nel contratto; onde le parti avevano letteralmente attribuito funzione di garanzia alla dazione di denaro;
– la contabilità aziendale della ……… presentava tra le passività del bilancio il conto “328.90222 deposito cauz. …. c/cess. leasing” ? 23.000.284,00; circostanza che avvalorava la considerazione della somma quale debito per la cauzione ricevuta (e dunque non attivo per il prezzo conseguito);
– rientrava nella libertà contrattuale delle parti concordare la dazione di somme con funzione di garanzia nel contesto della promessa di cessione di un contratto, senza violare l’art. 1782 del codice civile o alterarne le finalità; il deposito cauzionale, infatti, consente al creditore di realizzare il proprio interesse, verificatosi l’evento che rende operativa la garanzia, con il definitivo incameramento della somma in deposito a soddisfazione della ragione ereditaria;
– “gli effetti giuridici della promessa“ di cessione del contratto di leasing erano “sospensivamente condizionati al consenso al subentro da parte di ….. e quindi era plausibile che ……….SRL non avesse preteso la somma a titolo di acconto sul prezzo della futura cessione, in quanto non poteva disporre liberamente del contratto, dipendendo dalla decisione di un terzo soggetto che avrebbe potuto autonomamente impedirne il trasferimento;
– non era stato possibile prevedere una caparra confirmatoria nella promessa di cessione, che avrebbe potuto causare un danno derivante da un motivo non imputabile al promittente la vendita;
– il fatto che la ….. promittente l’acquisto già detenesse l’immobile in locazione non rendeva irragionevole la costituzione del deposito cauzionale alla ……….., soggetto giuridico diverso, in attesa dell’avveramento della condizione sospensiva, a compensazione patrimoniale del valore del contratto di cui promessa la cessione, il quale aveva ad oggetto bene che non era nella detenzione della ……….. Srl e che, poste le importanti cifre della cessione, la crisi economica del settore edilizio non prometteva di dare sicurezze circa la previsione di adempimento della …….., tanto che quest’ultima dopo circa un anno aveva sottoscritto con le banche un accordo di ristrutturazione del debito.
2.c. A tali elementi, già di per sé persuasivi, occorre aggiungere quanto rilevato dalla società …………, sul punto senza efficace contrasto argomentativo dell’Ufficio.
In pendenza della sospensione degli effetti della promessa di cessione in argomento, collegata al manifestarsi del consenso al subentro da parte di ………, con atto del giorno 8 settembre 2009, avente data certa, ……… e ……… avevano risolto consensualmente il contratto preliminare; a fronte dell’intervenuta risoluzione, ……… si era impegnata a restituire il deposito cauzionale pagato da …….. e aveva contabilizzato tale impegno girocontando l’importo a debito di Euro 3.000.284,00, registrato nel conto depositi cauzionali all’atto della sottoscrizione del preliminare, nel conto debito verso ……….. Solo successivamente, il 27 febbraio 2013 l’Ufficio – a seguito di un’istruttoria documentale sfociata nella redazione dei verbali del 3 dicembre 2012 e del 15 febbraio 2018 – aveva emesso l’avviso con il quale aveva affermato che il deposito cauzionale di cui al preliminare di cessione del contratto di leasing (peraltro risolto) avrebbe in realtà avuto (nell’intenzione delle parti) la funzione di pagamento del prezzo della cessione e pertanto avrebbe dovuto essere assoggettato ad Iva.
Quanto all’interesse del debitore a versare il deposito cauzionale vale la considerazione che senza di esso il creditore non avrebbe concluso il contratto mentre il debito per il pagamento del prezzo e il credito per la restituzione del deposito cauzionale sarebbero stati poi compensabili a seguito del verificarsi della condizione sospensiva e della conseguente stipula del contratto definitivo. La condizione sospensiva era rilevante e non mera formalità, tanto che al momento della risoluzione del contratto preliminare ………. non risultava aver ancora fornito il proprio consenso alla cessione del contratto di leasing, la società bancaria essendosi comportata come parte terza rispetto a ……… e ……
Ciò posto tra i comportamenti rilevanti ai fini della interpretazione del contratto e della definizione della comune intenzione delle parti vi è “il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto” (art. 1362, comma 2, c. c.). Occorre rammentare, ad esempio, che “la qualificazione del contratto come preliminare o definitivo (nella specie, relativo alla cessione di un pacchetto azionario) si risolve in un accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, il quale, nell’interpretazione del contratto, ove il dato letterale sia equivoco, può ricorrere al criterio di cui all’art. 1862, secondo comma, cod. civ. (comune intenzione delle parti), assegnando rilievo anche all’avvenuta esecuzione delle prestazioni (nella specie, immediata, sì da rendere evidente che le parti avessero inteso concludere un contratto definitivo e non preliminare) (Sez. 3, Sentenza n. 23142 del 31/10/2014, Rv. 633557 – 01). Le circostanze poc’anzi riepilogate, afferenti a comportamenti delle parti contrattuali successivi alla conclusione del contratto ed antecedenti alla formalizzazione della verifica fiscale appaiono espressive e comunque coerenti con la comune intenzione delle parti palesata dai documenti, ovvero della loro volontà di considerare la somma corrisposta al momento della stipula del preliminare quale deposito cauzionale: dunque non caparra né acconto. Se l’Ufficio può aver nutrito qualche plausibile perplessità sul significato della dazione della somma (specie considerando come il deposito cauzionale fosse stato di importo pari al prezzo convenuto) non sembra ammissibile prescindere dal significato univoco di tale quadro documentale (letterale) e comportamentale. Non si può escludere, inoltre, che ragioni prudenziali inducessero il promittente venditore, a conoscenza della condizioni finanziarie “non tranquillanti” della controparte, a sollecitare l’immediata assunzione della custodia delle somme di denaro della promittente acquirente “a garanzia, nei limiti del danno subito, dell’obbligo di acquisto assunto“, senza ricollegare ad essa né il significato di una caparra confirmatoria (con la conseguente regolazione ex art. 1385 c.c.) né quello di un acconto rispetto ad una promessa di cessione sottoposta a condizione sospensiva del consenso di un terzo estraneo all’intesa (che avrebbe potuto essere potenzialmente interessato a mantenere una relazione di credito con un soggetto finanziariamente più “rassicurante”).
2.d. In definitiva non ricorrono condizioni certe per operare la riqualificazione giuridica dell’operazione come di contro sostenuto dall’Ufficio, tali non potendo considerare la dedotta inusualità del ricorso a tale tipo di garanzia rispetto alla caparra confirmatoria (assimilabile alla non conformità all’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato), la dubbia utilità di tale funzione nei rapporti tra società dello stesso gruppo già occupanti l’immobile oggetto della locazione finanziaria ovvero la corrispondenza dell ‘importo del deposito cauzionale con il prezzo convenuto. Il fatto che ………. e ………… spa facessero parte dello stesso gruppo imprenditoriale non significa che il concetto di rischio si annientasse (posta la distinzione dei soggetti giuridici, della loro responsabilità patrimoniale e della loro sorte imprenditoriale) e che la logica della garanzia si svalutasse irrimediabilmente. Inoltre appare valutazione alternativa comprensibile ma non dirimente né necessitata in termini contrattuali e imprenditoriali quella per cui il fatto che il contratto fosse soggetto a condizione sospensiva avrebbe semmai dovuto consigliare le parti a posticipare il pagamento del prezzo, ma non sostituire un acconto con un deposito cauzionale di pari importo.
Merita di essere rimarcato che non risulta contestata dall’Ufficio una condotta elusiva di norme tributarie, circostanza che induce a non approfondire la ricerca dell’eventuale compresenza di valide ragioni extrafiscali se non per la componente che agevola l’interpretazione dell’intesa contrattuale, posta la libertà di scelte del contribuente tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.
La valutazione espressa assorbe ogni ulteriore motivo di doglianza dedotto dall’appellante principale. Parimenti è a dirsi per il motivo di appello incidentale collegato alla inapplicabilità degli interessi e della sanzioni.
3. La complessa enucleazione del significato giuridico economico dell’operazione, in alcuni profili non del tutto perspicua, e la plausibilità di alcune incertezze interpretative che l’Ufficio si è trovato ad affrontare nella sua soluzione, testimoniata anche dalla composita ricostruzione della vicenda processuale, persuadono della necessità di compensare le spese di lite.
Conferma la sentenza appellata. Dispone la compensazione delle spese.
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