COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Toscana sez. 16 sentenza n. 802 depositata il 27 marzo 2017
Accertamento imposte – Articoli 36 bis e 36 ter del d.P.R. 29.09.1973, n. 600 – Controllo delle dichiarazioni meramente cartolare – La soluzione di questioni giuridiche va effettuata con emissione di avviso di accertamento e non con l’immediata iscrizione a ruolo che produrrebbe una nullità rilevabile d’ufficio.
Massima:
La S.C. con Ordinanza 31.05.2016, n. 11292, ha espresso il seguente principio: “In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. 29.09.1973, n. 600 e 54 bis dl d.P.R. 26.10.1972, n. 633, è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche, sicché il disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di un credito d’imposta non può avvenire tramite l’emissione di cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero del credito d’imposta o quanto meno bonario”. Pertanto, il disconoscimento di un credito d’imposta da parte dell’Amministrazione finanziaria con la semplice iscrizione a ruolo dell’importo del credito disconosciuto, si risolve in un comportamento illegittimo che produce una nullità rilevabile anche d’ufficio.
Testo:
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto dep. il 27.11.2015 e notificato il 5.11.2015, 1′ AG. ENTRATE – DIR. PROV. Lucca, in persona del Direttore p.t. (d’ora in poi DT) ha proposto appello avverso la sentenza N. 176/2015 del C.P. T. Lucca chiedendo, l’annullamento della sentenza n. 176/1/2015 emessa dalla C TP di Lucca e la conferma della legittimità dell’atto impugnato nei limiti delineati nella parte di fatto del presente scritto e nell’ambito dei profili di censura dell’atto impugnato sopra dettagliati. Con vittoria di spese ed onorari.
A sostegno delle proprie ragioni l’appellante ha dedotto 1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonché della norma di «attuazione del redetto precetto processual-civilistico di cui all’art. 7 d.lgs. n. 546/92 per avere il giudice di prime cure posto a fondamento della propria decisione una eccezione non sollevata dal ricorrente (ossia l’avere l’A.F. fondato la ripresa a tassazione delle ritenute di acconto dei redditi di partecipazione conseguiti dal contribuente quale socio della ……… s.p.a. dichiarando illegittima la deduzione dalla base imponibile ex art. 10 del TUIR di un importo corrisposto al … di Viareggio a titolo di canone periodico per lo sfruttamento di un bene demaniale su un controllo di tipo formale ex art. 36 ter DPR 600/73) incorrendo nel vizio di extra-petizione; 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 ter DPR 600/73 atteso che il giudice di prime cure ha escluso che esuli dai controlli formali il potere di accertamento in senso proprio quale quello esercitato nel caso in esame laddove l’AF a seguito di un controllo formale ha reputato illegittima e quindi escluso una deduzione di oneri ex art. 10 del TUIR, che secondo il consolidato orientamento della S.C. è invece possibile (C. 7493/09) avendo l’ente impositore disconosciuto i titoli di deducibilità asserito dal contribuente nella dichiarazione dei redditi atteso che l’art. 10 c. 1 del TUIR non contempla tra gli oneri deducibili i canoni concessori per lo sfruttamento di beni demaniali; 3. L’inconfigurabilità dei canoni concessori nel novero degli oneri deducibili al reddito ex art. 10 c. 1 lett. A) del DPR 917/86 – norma di stretta interpretazione e quindi insuscettibile di applicazione analogica – atteso che essi non sono pesi che insistono sui redditi degli immobili ma sono pesi correlati alla superficie sulla quale gli stessi insistono incidendo sul suolo sul quale il fabbricato è realizzato in guisa da essere una obbligazione personale che il concessionario sopporta a fronte di una utilità rilasciata dalla PA.
Si è costituito ………….. che contestando tutto quanto ex adverso dedotto e prodotto e ha chiesto in tesi rilevare la cessata materia del contendere in considerazione dello sgravio delle iscrizioni a ruolo intervenuta nelle more del termine per proporre impugnazione e di conseguenza dichiarare l’inammissibilità dell’appello stante l’assenza di interesse dell’ufficio alla prosecuzione della lite; in ipotesi rigettare l’appello avversario e per l’effetto in conferma dell’impugnata sentenza dichiarare illegittime e infondate le pretese impositive e sanzionatorie recepite nelle iscrizioni a ruolo impugnate dichiarando che niente è dovuto a fronte di esse dal comparente né a titolo di imposta né a titolo di sanzioni ed interessi; in via ulteriormente gradata dichiarare non dovute le sanzioni inflitte con le iscrizioni a ruolo ai sensi degli artt. 5 c. 1, 6 c. 2 del d.lgs. n. 472/97, 8 del d.lgs. n. 546/92 e 10 c. 3 della L. n. 212/00.
L’appello è infondato e non merita accoglimento per quanto di seguito si esporrà.
In via preliminare va esaminata e respinta la richiesta cessazione della materia del contendere e/o inammissibilità dell’appello come formulata dall’………. Sul punto è sufficiente richiamare la recente Cassazione, con l’ordinanza n. 918 del 20 gennaio 2015 che, richiamando la pregressa giurisprudenza di legittimità, ha evidenziato che l’esecuzione della pronuncia, oltre a poter essere originata da un comportamento spontaneo, può derivare anche dalla vera e propria necessità “…di evitare le eventuali u1teriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione” (cfr sentenze 766/2011, 24547/2009 e 2826/2008), in guisa che un comportamento del genere non può integrare gli estremi dell’acquiescenza che, ai sensi dell’articolo 329 cpc, ricorre “soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronunzia, e cioè gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione” (cfr ex multis Cassazione 16460/2004, 4650/2006, 26156/2006, 12384/2009 e 766/2011).
Da tali premesse si desume l’illegittimità del provvedimento di cessazione della materia del contendere, in quanto lo sgravio del ruolo, in esecuzione della pronuncia provvisoria, non ha determinato, ancorché intervenuto prima della proposizione dell’appello, il venir meno dell’interesse dell’Ufficio all’accertamento della legittimità della pretesa impositiva.
Per consolidata giurisprudenza di legittimità, infatti, la cessazione della materia del contendere presuppone che “le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale” (cfr Cassazione 27598/2013, 24738/2013 e 909/2006). In altri termini, secondo la Cassazione, è indispensabile la sussistenza di un accordo tra le parti che determini un mutamento della situazione di fatto che ha indotto il contribuente a presentare ricorso: ciò si verifica con la definizione del rapporto tributano e il venir meno della pretesa erariale.
E’ evidente come una tale situazione non si sia verificata nel caso di specie in cui, a seguito dello sgravio del ruolo in esecuzione della sentenza di primo grado, tenuto peraltro conto che nelle controdeduzioni l’AF ha dichiarato di aver comunque esercitato la pretesa erariale nelle forme non censurate dalla sentenza di prime cure e per le annualità per le quali era ancora possibile.
Passando al merito della questione, ritiene il Collegio che la procedura seguita dall’Agenzia per disconoscere la detrazione in oggetto sia del tutto illegittima, in guisa che va confermata la statuizione di prime cure: l’articolo 36 ter comma 2 citato consente infatti, senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice, espressamente di escludere in tutto in parte le deduzioni del reddito non spettanti in base ai documenti richiesti dai contribuenti; di determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e in base ai documenti richiesti ai contribuenti; di liquidare la maggiore imposta sul reddito delle persone fisiche e di correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta. Qualora il contribuente esibisca documentazione carente o di dubbia rilevanza per giustificare la detrazione d’imposta, oppure non esibisce affatto la documentazione giustificativa, l’Ufficio può compiere ogni valutazione conseguente, anche interpretativa, per stabilire la legittimità o meno della detrazione riportata nella dichiarazione.
Corretta e adeguatamente motivata nonché conforme anche ai più recenti principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità (CFR: Cass. 2016 n. 11292: “In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del D.p.r. n. 600 del 1973 e 54 bis del D.p.r. n. 633 del 1972 è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche, sicché il disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di un credito d’imposta non può avvenire tramite l’emissione di cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito d’imposta o quanto meno bonario.”) è la decisione di prime cure che quindi va condivisa dal Collegio. Né peraltro sussiste il dedotto vizio di extra petizione tenuto conto che l’azione dell’Amministrazione si è risolta in un comportamento illegittimo che ha prodotto una nullità rilevabile d’ufficio, tenuto conto che in ossequio ai suesposti principi giurisprudenziali, l’ufficio avrebbe dovuto procedere ad emettere tre avvisi di accertamento con l’enunciazione delle ragioni di fatto e diritto poste a base della pretesa tributaria.
Alla stregua di tali considerazioni l’appello proposto dall’A.f. va respinto e per l’effetto va confermata la decisione di prime cure.
Le reciproche soccombenze nei termini di cui sopra impongono la compensatone delle spese di lite tra le parti.
PQM
Rigetta l’appello; compensa le spese di lite tra le parti.
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