COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Abruzzo ordinanza n. 905 sez. 6 depositata il 14 settembre 2015
Massima
I giudici abruzzesi si sono pronunciati su un caso di impugnazione da parte di una società francese di un silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate, la quale, nel corso del procedimento giurisdizionale sulla pretesa tributaria, aveva adottato un nuovo provvedimento espresso sulla medesima materia.
La CTR, sostenendo che l’Ufficio in pendenza di giudizio non può emettere un nuovo provvedimento sulla medesima materia, afferma che, diversamente opinando, si consentirebbe all’Amministrazione di mettere in discussione le risultanze del giudizio sulla pretesa tributaria, con evidente rischio di contrasti di giudicato.
Testo:
Fatto e diritto.
Con atto notificato in data 22.10.2012 Centro Operativo di Pescara proponeva appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Pescara in data 5.3.2012 , nei confronti di F. H. S.A. . Esponeva che aveva errato la Commissione di primo grado a ritenere consumato il potere dell’Ufficio di provvedere in merito alle istanze di rimborso del contribuente. Nel merito, chiedeva il rigetto del ricorso di parte. Si costituiva l’appellata, chiedendo la conferma della sentenza impugnata. All’udienza del 27.1.2015 la controversia è stata decisa come da dispositivo che segue.L’ appello principale va rigettato. è pacifico che la ricorrente presentò alcune istanze di rimborso di crediti di imposta e che, trascorso il termine di legge, impugnò il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione.
Nel frattempo, l’ufficio aveva iniziato una attività istruttoria (richiesta questionario), le cui risultanze furono trasfuse nel giudizio in corso avvero il silenzio-rifiuto, nel quale furono anche emesse delle sentenze di primo grado. Successivamente, l’Ufficio emise un provvedimento espresso di diniego di rimborso in ordine alle medesime istanze, che è stato impugnato davanti alla CTP di Pescara, che ha accolto il ricorso della parte con la sentenza che oggi viene impugnata.
E’ evidente dallo svolgimento della vicenda che allorchè l’Ufficio emise il provvedimento espresso di diniego di rimborso chiesto dalla parte, era già in corso il contenzioso giudiziario avverso il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione sulle stesse istanze, ed addirittura erano già state emesse le sentenze di primo grado.
Il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione era un vero e proprio provvedimento, sia pure di natura tacita, ed il relativo contenzioso instaurato riguarda il merito della pretesa tributaria (e non solo la legittimità formale del provvedimento tacito), sulla quale, quindi, vi è già un giudizio in corso, nel quale si è discusso nel merito sulla spettanza del diritto della parte privata al rimborso del credito di imposta. Tant’è che in quel giudizio sono state trasfuse le risultanze dell’attività istruttoria nel frattempo espletata dall’Ufficio (richiesta di documenti attraverso un questionario). E’ del tutto evidente che, nel corso del processo giurisdizionale sulla pretesa tributaria, l’Ufficio non può emettere nuovo provvedimento sulla medesima materia del contendere, poiché le risultanze di quel giudizio saranno in ogni caso vincolanti per l’Amministrazione, sia in senso favorevole che sfavorevole per l’Amministrazione.
Altrimenti si consentirebbe all’Amministrazione di mettere in discussione, con un nuovo provvedimento amministrativo le risultanze del giudizio sulla pretesa tributaria. Con un evidente pericolo di contrasto di giudicati, che non sarebbe in ogni caso ammissibile. La tesi dottrinale citata dal COP riguarda il diverso caso nel quale il contenzioso relativo all’impugnativa del provvedimento tacito dell’Amministrazione riguarda o profili meramente formali del ricorso (ad esempio, per essere stato proposto prima del termine concesso all’Amministrazione per provvedere) oppure quei casi in cui, nel contenzioso amministrativo, la sentenza non provvede sul merito della questione controversa, ma solo sulla legittimità della mancata risposta dell’Amministrazione, concludendosi, in caso di accoglimento del ricorso, con un ordine all’Amministrazione di provvedere (o con un provvedimento sostitutivo), ma senza entrare nel merito della pretesa del richiedente azionata con l’istanza. Invece, come detto, in questo caso il giudizio riguardante l’impugnativa del silenzio-rifiuto ha per oggetto il merito della pretesa tributaria, e solo in quella sede si può risolvere il relativo contenzioso tra le parti.
E’ altrettanto evidente che l’Amministrazione ben poteva (come ha fatto) fare attività istruttoria, ma per limitato fine o di annullare in autotutela il provvedimento tacito di rifiuto sull’istanza proposta o per riversare nel contenzioso in corso (come ha fatto) le relative risultanze. Sulle caratteristiche del giudizio avverso il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione si è discusso in quella sede, ma le relative questioni non interessano questo giudizio.
Ne deriva che l’appello dell’Ufficio va rigettato.
Non sussiste alcuna necessità di sospendere il giudizio in corso in attesa della definizione dell’altro giudizio, poiché l’esito di quel giudizio sarà comunque vincolante per le parti sulla medesima pretesa tributaria di cui si discute in questa sede, per cui sarebbe assolutamente inutile proseguire questo contenzioso, la cui decisione sarebbe in ogni caso inutiliter data. Dall’accoglimento del ricorso della parte non deriva l’obbligo per l’Ufficio di rimborsare le somme richieste, poiché questo effetto, eventualmente, deriverà solo dall’esito del giudizio in corso tra le parti sulla pretesa tributaria. Ciò che si afferma in questa sede è che l’Ufficio, in pendenza del giudizio sulla pretesa tributaria, non poteva provvedere (nuovamente, dopo il silenzio-rifiuto) sul merito delle istanze presentate. Al rigetto dell’appello segue la condanna al pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.
rigetta l’appello e condanna l’Ufficio al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in euro 30.000, 00, oltre accessori di legge.
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