COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Abruzzo sez. 2 – Sentenza n. 840 depositata il 9 ottobre 2017
Il contribuente proponeva rituale e tempestivo appello avverso la decisione della commissione tributaria provinciale che aveva rigettato il ricorso per la rettifica del reddito inerente prestazioni professionali.
Nei motivi di impugnazione censurava che il giudice di primo grado avesse ritenuto legittimo il recupero a tassazione, ai sensi dell’art. 36 ter del d.p.r. 600/73, di ritenute di acconto esposte nella dichiarazione dei redditi e corrispondenti a compensi professionali, compensi in realtà non percepiti, ignorando la documentazione prodotta, e la successiva denuncia in rettifica, e considerando inutile perché mera scrittura privata senza data certa l’atto di transazione intercorso con il beneficiario delle prestazioni che riconosceva di non averle retribuite.
L’ufficio appellato si costituiva nel giudizio di secondo grado, chiedendo il rigetto dell’appello sostanzialmente perchè si trattava di mera rettifica della dichiarazione su redditi esposti dallo stesso contribuente che a seguito di invito non aveva documentato le corrispondenti ritenute di acconto, non essendo stato poi operato un valido ravvedimento o correzione, Al di là di impropri riferimenti contenuti nelle scritture difensive delle contrapposte parti in primo grado ed anche in appello alle vicende successive e sottostanti ai rapporti di prestazioni professionali, con compensi asseritamente non corrisposti e tentativi di correggere conseguentemente la dichiarazione fiscale, va chiarito che in realtà la materia del contendere riguarda unicamente la rettifica ex art. 36 ter delle esposte ritenute di acconto non documentate, oggetto esclusivo del ricorso in primo grado, tanto che il ricorrente pur dilungandosi in spiegazioni e documentati inadempimenti da parte del committente non ha mai chiesto di escludere dal reddito i compensi dichiarati (perchè oggetto di fatture comunque emesse) anche se non percepiti.
In questo caso e indipendentemente, ripetesi, dalla sottoposizione ad imposta dei redditi dichiarati, l’appello appare meritevole di accoglimento perché il contribuente in ogni caso non era tenuto a rispondere del mancato versamento delle ritenute di acconto, da lui indicate nella dichiarazione come corrispondenti ai compensi fatturati, ma che avrebbero dovute essere corrisposte all’erario dal sostituto d’imposta, dal momento che la componente positiva del reddito è costituita dal compenso dichiarato al netto della corrispondente ritenuta fiscale.
Nel richiedere a chi espone nella dichiarazione fiscale redditi sottoposti all’origine a ritenuta di imposta la somma corrispondente alla ritenuta che non risulti versata dal sostituto d’imposta, l’ufficio sottoporrebbe il contribuente a doppia tassazione perché il percettore del compenso esposto nella fattura lo ha già avuto decurtato dell’acconto di imposta che l’erogatore del compenso avrebbe dovuto direttamente versare al fisco. In caso di inadempienza l’ufficio è legittimato invece ad escutere il sostituto di imposta che non ha provveduto al versamento.
Nè può porsi a carico del dichiarante la mancata documentazione dell’avvento versamento della ritenuta d’acconto, che a lui non compete, in specie quando, come nel nostro caso, l’odierno appellante sarebbe già stato penalizzato dalle ulteriori conseguenze fiscali per aver denunciato componenti di reddito non percepite. Il comportamento delle parti già nella fase amministrativa e poi nel corso del giudizio, che ha creato confusione ed incertezza nella stessa delimitazione dell’oggetto del contendere, giustifica anche in questo grado la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La commissione accoglie l’appello, dichiara compensate le spese.
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