COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Abruzzo sezione 4 sentenza n. 306 depositata il 7 aprile 2017
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il secondo motivo dell’appello proposto dal contribuente è fondato (con la conseguenza che resta assorbita ogni questione sollevata dal medesimo contribuente con il primo motivo). Del tutto correttamente la Commissione Tributaria Provinciale ha affermato che a norma dell’art. 3 del d.l. n. 2 del 1986 (convertito nella legge n. 60 del 1986) l’azione per il recupero delle tasse automobilistiche si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui la tassa avrebbe dovuto essere pagata; che il pagamento delle tasse dovute dal B., essendo riferite agli anni 2001 e 2002, avrebbe dovuto, dalla Regione Abruzzo, essere richiesto (anche per effetto della proroga disposta dall’art. 37 del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. n. 326 del 2003) entro il 31 dicembre 2005; e che, poiché proprio in tale data era stata effettuata la notificazione degli avvisi di accertamento presupposti, la pretesa tributaria nei confronti del B. era stata tempestivamente azionata.
Errata, al contrario, deve essere ritenuta l’ulteriore affermazione della Commissione Tributaria Provinciale secondo cui, una volta che l’accertamento era divenuto definitivo per mancata impugnazione da parte del contribuente, il temine prescrizionale era quello ordinario di dieci anni di cui all’art. 2046 c.c. Con una recentissima sentenza (la n. 23397 del 17 novembre 2016), infatti, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nel comporre il contrasto al riguardo manifestatosi nella giurisprudenza, hanno chiarito che la scadenza del termine, pacificamente perentorio, previsto per proporre impugnazione avverso gli atti elencati dall’art. 19 del D.L.vo n. 546 del 1992 produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito tributario, e non anche l’effetto della cosiddetta “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie triennale) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 cod. civ., dal momento che tale ultima disposizione può trovare applicazione soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, laddove gli atti tributari, avendo natura amministrativa, sono privi dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Si tratta, come hanno evidenziato le Sezioni Unite, di un principio di applicazione generale.
Esso, dunque, vale per tutti gli atti, comunque denominati, di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, di crediti degli enti previdenziali o relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, oltre che delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative, e comporta che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.
Per quanto riguarda il caso di specie, la notifica degli avvisi di accertamento (effettuata, come si è vis; .11 dicembre 2005), essendo tali atti destinati a produrre’ effetti nella sfera giuridica del destinatario e quindi idonei a costituire in mora il contribuente (art. 2943, quarto comma, e art. 1219 c.c.), aveva evidentemente interrotto il decorso della prescrizione (che, come si è visto, in tema di recupero delle tasse automobilistiche ha durata triennale, a norma dell’art. 3 del d.l. n. 2 del 1986, convertito nella legge n. 60 del 1986). Poiché l’effetto interruttivo determinato dalla predetta notifica aveva natura istantanea, il nuovo periodo di prescrizione (primo comma dell’art. 2945 c.c.), avente anch’esso durata triennale e anch’esso decorrente dall’anno successivo all’evento interruttivo, aveva iniziato il suo decorso 1’1 gennaio 2006, ed era quindi scaduto il 31 dicembre 2008.
Ne consegue che alla data (11 novembre 2015) in cui al B. era stata notificata l’ingiunzione dì pagamento, non essendo intervenuti ulteriori atti interruttivi, il diritto di credito vantato dalla Regione Abruzzo era ormai prescritto. Alla relativa declaratoria non osta la circostanza che l’eccezione sollevata al riguardo dal contribuente sia stata fondata su argomentazioni in parte diverse da quelle ritenute in questa sede. In tema di prescrizione estintiva, infatti, elemento costitutivo della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio prolungatasi per il tempo previsto dalla legge, il che implica che la parte ha solo l’onere di allegare il predetto elemento costitutivo e di manifestare la volontà di voler profittare di quell’effetto, ma non anche quello di individuare, direttamente o indirettamente, le norme applicabili al caso di specie, costituendo l’identificazione del diritto e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge una quaestio iuris riservata alla cognizione del giudice, che al riguardo non è vincolato dalle allegazioni della parte (cfr. Cass. S.U. n. 10955 del 2002; n. 16573 del 2004; n. 1064 del 2014; n. 15631 del 2016). La sentenza di primo grado, di conseguenza, deve essere riformata, con accoglimento del ricorso proposto dal contribuente. Atteso il solo recente intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in ordine alla questione dell’applicabilità, o meno, all’atto tributario divenuto definitivo del principio sancito dall’art. 2953 c.c., sussistono giusti motivi perché le spese del doppio grado del giudizio siano integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale, in riforma della sentenza impugnata ed in accoglimento del ricorso del contribuente, annulla l’ingiunzione di pagamento. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
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