COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE LAZIO – Sentenza 10 aprile 2017, n. 2025
Tributi – Accertamento – Reddito d’impresa – Oneri per prestazioni professionali – Principio della competenza – Esercizio in cui viene ultimata la prestazione
Fatto
Gli odierni appellanti ricevevano da parte dell’Agenzia delle Entrate avvisi di accertamento relativi all’anno di imposta 2001 per non avere l’Ufficio riconosciuto le deduzioni operate dai contribuenti in merito a spese sostenute per prestazioni di lavoro dipendente (indicate al rigo dell’UNICO RE10 pari ad euro 5.112,02) e fatturazioni avvenute nell’anno solare 2001 (indicate al rigo dell’UNICO RE11 pari ad euro 10.751,70). Ricevevano, altresì, avvisi di accertamento relativi all’anno di imposta 2002 per avere loro imputato l’Ufficio il mancato inoltro della denuncia dei redditi per quell’anno di imposta.
Con sentenza n. 318/08/08 la C.T.P. di Roma rigettava i ricorsi, dopo averli riuniti, affermando che i ricorrenti non avevano prodotto alcuna prova della trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi per gli anni sottoposti a verifica.
Con ricorso in appello avverso la sentenza della C.T.P. di Roma n. 318/08/08 i signori Avv. M. di P., R. L. e lo Studio Legale Avv.ti Di P.- Dr. L. Associazione Professionale sollevavano preliminarmente eccezione di mancata comunicazione di fissazione dell’udienza di trattazione, con violazione del diritto di difesa. Nel merito rilevavano la erroneità, illegittimità ed infondatezza della decisione relativamente al capo della omessa trasmissione del Modello Unico 2003 relativo ai redditi per l’anno di imposta 2002 e la mancata pronuncia e mancata motivazione sui ricorsi proposti avverso gli avvisi di accertamento per l’anno di imposta 2001.
La Commissione Tributaria Regionale adita con sentenza del 29.1.10 accoglieva l’appello, rilevando la fondatezza delle doglianze relative alla mancata comunicazione dell’avviso di trattazione dei giudizi in primo grado e la conseguente violazione, in danno di essi appellanti, del principio del contraddittorio, rimettendo la causa alla Commissione di primo grado senza decidere nel merito.
Con sentenza 11306/10/15 la Commissione Tributaria Provinciale di Roma ha respinto il ricorso per asserito mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dei ricorrenti, dopo avere precisato, in motivazione, di non potere entrare nel merito dell’oggetto del ricorso in base al seguente assunto: “La sentenza di II grado nel cassare la prima citata pronuncia della C.T.P. fissava invero il principio per cui “La sentenza impugnata va pertanto cessata, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, affinché provveda a regolarizzare il contraddittorio mediante invio dell’invito all’udienza fissata” senza rilevare nulla circa il merito della sentenza stessa delimitandone, in tal modo, il thema decidendum. Si tratta di un limite all’operato del giudice di rinvio che, in concreto all’odierna udienza, è stato rispettato, non potendo più in questa sede né proporsi una rivisitazione dei presupposti giuridici per il riconoscimento della dichiarazione inviata, né una disamina in fatto dei requisiti in base ai quali il ricorso è stato rigettato dal Giudice di prime cure”.
I contribuenti hanno proposto appello, censurando l’erroneità ed infondatezza della decisione relativamente al capo della mancata disamina in fatto dei requisiti del ricorso nel giudizio di rinvio nonché con riferimento al punto in cui afferma che non è stata prodotta alcuna documentazione per contrastare le pretese dell’ufficio, dal momento che tale documentazione (n. 41 allegati) era stata depositata regolarmente all’atto della presentazione del ricorso in appello con elenco documenti del 4.03.2009. Gli appellanti censurano quindi la omessa pronuncia del Giudice del rinvio in ordine al mancato esame ed accoglimento delle deduzioni dei ricorrenti in merito alle spese oggetto degli avvisi di accertamento per l’anno di imposta 2001 secondo il principio della competenza. Infine, gli appellanti rendono noto di avere presentato domanda di condono per gli anni fiscali 2001 e 2002 e anche su tale aspetto la C.T.P. non si è pronunciata. Inoltre, nelle more, a seguito di istanza di autotutela presentata in data 24.05.2012, l’Ufficio ha proceduto all’annullamento dell’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2002 emettendo il relativo provvedimento dì sgravio, allegato all’appello.
L’Ufficio si è costituito con controdeduzioni depositate il 22.11.2016, con le quali ha riconosciuto l’intervenuto sgravio quanto all’anno di imposta 2002. Quanto agli avvisi di accertamento relativi all’anno 2001, l’Ufficio rileva che né nel presente appello, né in quello proposto avverso la sentenza n. 318/08/08 della C.T.P. di Roma risulta allegato l’elenco dei 41 documenti che gli appellanti sostengono di avere depositati in copia presso la Commissione Tributaria regionale. Sostiene inoltre l’Ufficio la correttezza della sentenza impugnata e che, in ogni caso, controparte non avrebbe fornito la prova di avere sostenuto le spese per prestazioni di lavoro dipendente, e quelle per compensi a terzi per prestazioni afferenti l’attività, con idonea documentazione bancaria che ne attesti l’effettuazione – secondo il principio della competenza – entro il 31.12.2001, come sostenuto dagli appellanti.
Relativamente alla domanda di condono, l’Ufficio ritiene l’inammissibilità di tale motivo di doglianza in quanto non riprodotto nell’appello avverso la sentenza n. 318/08, e ribadisce comunque quanto già dedotto in primo grado, e cioè che all’Ufficio non risultava il perfezionamento di alcun condono ex art. 9 della L. n. 289 del 2002, non avendo il dr. R. L. inviato alcuna dichiarazione per l’integrazione e definizione per gli anni pregressi. In conclusione, l’Ufficio ha chiesto che sia confermata la pretesa tributaria contestata con gli avvisi di accertamento per l’anno 2001 n. RCE02501400/2005 e n. RCE010201726/2005, rigettando l’appello proposto.
Ragioni giuridiche della decisione
Con un primo motivo di gravame gli appellanti contestano la mancata disamina in fatto dei motivi del ricorso da parte del giudice del rinvio.
Il motivo è fondato. Il vizio rilevato dalla Commissione Tributaria Regionale era di gravità tale da imporre che lo stesso giudicante, lungi dall’espletare un riesame del merito della controversia, rimettesse la causa, ai sensi dell’art. 59 del D.Lgs. n. 546/92, dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale e questo per l’esigenza di evitare che venisse perso un grado di giurisdizione, poiché nel contenzioso tributario l’omessa comunicazione alle parti dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione costituisce causa di nullità del procedimento e della decisione della commissione tributaria per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio (Cass. n. 11014 del 2003; n. 6952 del 1996, con riferimento all’art. 19 del d.p.r. 636/1972; Cass. 6 marzo 2000, n. 2509; Cass. 28 agosto 2000, n. 11229; 15 giugno 2001, n. 8133, con riferimento all’art. 31 del d. Igs. 546/1992).
Il giudizio di rinvio si svolge nelle medesime forme di quello di primo grado e secondo i motivi di ricorso in esso enunciati; pertanto la C.T.P. quale giudice del rinvio, aveva tutti i poteri di accertamento e di valutazione in fatto e doveva decidere nel merito sulle domande proposte dai ricorrenti.
Risulta quindi fondato anche il secondo motivo di appello relativo alla omessa pronuncia del giudice del rinvio in ordine alle censure ed alle difese prospettate dai ricorrenti in merito alle esibite prove documentali per contrastare le pretese tributarie dell’Ufficio poste a fondamento degli avvisi di accertamento relativi all’anno di imposta 2001.
Con riferimento ai suesposti motivi di doglianza, la sentenza impugnata si profila errata e la relativa motivazione del tutto carente.
Venendo al merito della controversia, questa Commissione prende atto dell’intervenuto annullamento, in via di autotutela, degli avvisi di accertamento riferiti all’anno 2002 da parte dell’Ufficio, come risulta dal provvedimento di sgravio in atti. Pertanto in relazione a tale annualità deve ritenersi intervenuta la cessazione della materia del contendere.
Non può, invece, prendersi in considerazione la censura formulata in ordine alla un omessa pronuncia sulla domanda di condono presentata per il 2001 in quanto tale censura non è stata proposta anche nell’appello avverso la sentenza n. 318/08.
Con riferimento alle spese contestate per l’anno 2001, questo Collegio rileva che – contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio – nella documentazione di causa (secondo faldone) risulta presente l’elenco in data 5.03.2009 con n. 41 documenti depositati, unitamente all’appello, quali prove di tutto quanto dedotto ed argomentato nel gravame.
Si ravvisa peraltro la correttezza delle spese sostenute per prestazioni di lavoro dipendente, che appaiono dimostrate dal modello 770 semplificato 2002 e dai modelli CUD dei dipendenti e collaboratrici Co.Co.Co. Quanto alla spesa per prestazione professionale al dr. P. De V., la stessa è stata documentata con fattura emessa in data 31.12.2001 quietanzata contestualmente dal professionista, e con assegno datato 31.12.2001, ma incassato successivamente in quanto il 31.12.2001, essendo vigilia di festività, le Banche avevano osservato orario ridotto.
Rammenta la Commissione che, in merito alla deducibilità dei costi dei professionisti, è ormai principio consolidato in giurisprudenza di legittimità quello della competenza, in base al quale gli elementi reddituali debbono essere iscritti in bilancio non già alla data della fatturazione o del pagamento, ma nel momento in cui essi vengono a completa maturazione con l’ultimazione della prestazione (Cass. n. 24474/2006; n. 16023/2009, n. 6331/2008).
Per i suesposti motivi l’appello merita accoglimento, e va pertanto dichiarata la cessazione della materia del contendere per le somme richieste con avvisi di accertamento relativi all’anno 2002. Vanno inoltre annullati gli avvisi di accertamento riferiti all’anno 2001, essendo presente in atti e congrua la documentazione probatoria depositata per contrastare le pretese tributarie. Con assorbimento degli ulteriori motivi di gravame. Sono poste a carico dell’Agenzia le spese di lite, liquidate equitativamente nella misura di euro 2.000,00/duemila/00).
P.Q.M.
Accoglie l’appello dei contribuenti come in motivazione e condanna l’Agenzia alle spese di lite, liquidate equitativamente nella misura di euro 2.000,00 (duemila/00). Dichiara cessata la materia del contendere per l’annualità 2002.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 23850 depositata il 1° agosto 2022 - I costi relativi a prestazioni di servizio sono, a norma dell'art. 75 (ora 109), secondo comma, lett. b), d.P.R. n. 917 del 1986, di competenza dell'esercizio in cui le prestazioni…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 29485 depositata il 21 ottobre 2021 - Con riferimento all’Iva, invece, la natura di prestazione di servizi dell’appalto rileva anche ai fini del momento in cui l’operazione si considera effettuata, trovando applicazione…
- MINISTERO del LAVORO - Decreto ministeriale n. 10 del 29 febbraio 2024 - Determinazione del costo medio orario del lavoro dei dipendenti delle lavanderie industriali, centrali di sterilizzazione ed imprese del sistema industriale integrato di beni e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 marzo 2021, n. 7637 - In materia di impresa familiare, il reddito percepito dal titolare, che è pari al reddito conseguito dall'impresa al netto delle quote di competenza dei familiari collaboratori, costituisce un…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21601 depositata il 7 luglio 2022 - In base ai principi contabili sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori , la cui automatica maturazione, indipendentemente da impulsi volontaristici, impone, in virtù…
- Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, sentenza n. 3856 depositata il 17 aprile 2023 - Il subappalto è il contratto con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di una parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…