COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE LAZIO – Sentenza 19 giugno 2019 n. 3673
Tributi – Accertamento catastale – Classamento – Revisione – Incremento rendita catastale – Motivazione – Richiamo della normativa applicata unitamente agli atti amministrativi – Sufficienza
Ritenuto in fatto
L’Agenzia dei Territorio- Ufficio di Roma- appella la sentenza della C.T.P. di Roma in atti, n. 27720/16, che ha accolto il ricorso di S. L. avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate- Ufficio Provinciale di Roma- aveva proceduto alla nuova determinazione di classamento delle seguenti unita immobiliari, tutte site in Roma, via (…), nella microzona (…): un appartamento, per il quale, la categoria è stata elevata da A3 ad A2 mentre !a classe è stata portata da 4 a 3 ed altro immobile ( una cantina), per il quale, ferma restando la categoria C12, la classe è stata variata da 6 a 9.
La CTP accoglieva il ricorso, ritenendo che l’atto non conteneva un’adeguata motivazione per rendere intellegibile il quantum della variazione, non fornendo sufficienti spiegazioni sull’incremento del classamento delle unità immobiliari in questione, alla luce della caratteristiche degli immobili.
Si sostiene che l’attività di classamento è una procedura individuale che va effettuata considerando i fattori posizionali ed edilizi pertinenti a ciascuna unità immobiliare.
Si palesavano, invece, generici i riferimenti contenuti nello stesso avviso ai fini dell’attribuzione di una maggiore rendita catastale.
L’appellante Ufficio censura la sentenza di primo grado per violazione dell’art. 1, comma 335 della I. 311/2004 e dell’art. 3 I. 241/90, rilevando che la procedura seguita si era fondata sullo scostamento previsto tra il rapporto valore medio di mercato/valore medio catastale e l’analogo rapporto relativo all’insieme di significativi e concreti. miglioramenti del contesto urbano.
Conclude per l’accoglimento del gravame, chiedendo la conferma della legittimità dell’avviso e la condanna alla rifusione delle spese.
L’appellata contribuente si è costituita in questa fase di giudizio ed ha contestato il fondamento dell’appello, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
All’odierna udienza, sentiti i difensori di entrambe le parti, la causa è stata decisa all’esito della camera di consiglio.
Considerato in diritto
L’appello dell’Agenzia è fondato.
Si controverte riguardo alla congruità dei classamento delle unità immobiliari di proprietà de appellata, come sopra identificate catastalmente, operato dall’Agenzia delle Entrate a seguito di una generalizzata attività di revisione degli immobili di proprietà privata, effettuato ai sensi dell’art. 1, comma 335, della L. 2004 n.311 (finanziaria 2005).
La CTP ha accolto il ricorso, ritenendo inadeguata la motivazione dell’avviso.
Tale motivazione non è in linea con la giurisprudenza di legittimità.
Nel vigente sistema catastale, la qualificazione in Categorie serve, a distinguere i beni ubicati nella stessa Zona censuaria in base alla loro tipologia, alla loro destinazione di uso ed alle loro caratteristiche di costruzione (ad es. Cat. A: unità immobiliari ad uso abitativo ed assimilabili, la cui consistenza si valuta in vani; Cat. B: alloggi collettivi, la cui consistenza si valuta in metri cubi; Cat. C: unità immobiliari a destinazione ordinaria commerciale e varia, la cui consistenza si valuta in metri quadri).
La Classe, invece, viene determinata, in primo luogo, in base al contesto urbano di ubicazione (condizioni estrinseche) e, In secondo luogo, con riferimento alle altre caratteristiche proprie dell’unità immobiliare (condizioni intrinseche), non considerate per l’attribuzione della Categoria (in tal senso anche l’Istruzione II della Direzione Generale del Catasto e dei Servizi tecnici erariali -Accertamento e Classamento- emanata il 24 maggio 1942). Essa consente, pertanto, di differenziare il livello di redditività di immobili identici quanto a caratteristiche intrinseche (e pertanto rientranti nella medesima Categoria), ma che risultano ubicati in zone connotate da un diverso mercato immobiliare di riferimento, avendo diverse qualità estrinseche (centralità, collegamento con servizi pubblici, posizione paesaggistica, qualità del contesto urbano di riferimento, viabilità).
La Suprema Corte, con l’ orientamento che questa Commissione ritiene di condividere (v. Sez. V, sent. 19 ottobre 2016, n. 21176), ha chiarito che la revisione del classamento delle unità di proprietà privata ubicate nelle microzone comunali, effettuata ai sensi dell’art. 1, comma 335, della L. Fin. 311/2004 (Finanziaria 2005) ha i requisiti di congruità e di sufficienza, che consentono di ritenere pacificamente assolto l’obbligo di motivazione dell’atto di classamento, quando esso menzioni:
1. la determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio del 16 febbraio 2005;
2. la richiesta del Comune interessato diretta ad ottenere la revisione del classamento delle unità di Proprietà privata ubicate nelle microzone individuate nella planimetria allegata all’avviso;
3. la determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio con la quale è stato attivato l’indicato processo di revisione nella microzona in cui l’immobile è ubicato.
Il richiamo alla normativa applicata, unitamente a questi atti amministrativi tesi a darne applicazione, è sufficiente a sorreggere la validità dell’atto di accertamento catastale sotto il profilo motivazionale, “in quanto presupposto della revisione è il riallineamento resosi essenziale per li registrato significativo scostamento di valore rispetto all’insieme delle microzone comunali, senza che sia necessario indicare specifiche caratteristiche dell’immobile alle quali deve essere invece attento un diverso tipo di atto di classamento, che trova in altre norme la propria giustificazione (come ad es. quello previsto dalla stessa L. n 311 del 2004, art. 1, comma 336.,.)” (in tal senso, v.fa sentenza sopra citata).
E’ chiaro -ed è anche esplicitato nella menzionata sentenza- che il contribuente, dinanzi a questa unilaterale rideterminazione del classamento operate d’ufficio dall’Agenzia – in esecuzione della legge e della richiesta del Comune Interessato – non resta sprovvisto di tutela, in quanto ‘ben potrà poi dare liberamente prova, nella fase contenziosa, del fatto che il proprio immobile abbia caratteristiche tali da sottrarlo alla razio del riclassamento per microzona di appartenenza, caratteristiche rispetto alle quali non si pongano (o possano recedere) le esigenze perequative che hanno motivato l’accertamento in coerenza con il disegno del legislatore” (cit. sent. n. 21176/2016).
La successiva giurisprudenza della S.C.( v. Sez. 6, ordinanza 3 luglio 2018, n. 17413), pur valorizzando l’obbligo di motivazione come termine di riferimento per comprendere il presupposto del nuovo classamento ed approntare eventuali difese, sottolinea che la motivazione è sufficiente allorchè dai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, abbiano inciso sui diverso classamento.
La S.C., pertanto, non pone in dubbio la natura di accertamento “semplificato” dell’avviso, ma richiede che dall’avviso o dal suoi allegati siano evincibili gli elementi che in concreto hanno inciso sul diverso classamento.
Tale situazione è evincibile nei caso in esame laddove è stata ritenuto in concreto significativo lo scostamento tra il rapporto fra il valore di mercato medio e media dei valori catastali nella singola microzona e l’analogo rapporto calcolato per la generalità delle microzone evidenziando l’ ubicazione degli immobili in zona di pregio del centro storico.
Grava, pertanto, sul contribuente, al fine di sottrarsi all’incremento di rendita catastale effettuato dall’Agenzia col riclassamento, l’onere di provare che il valore migliorativo della microzona a cui l’immobile appartiene è stato neutralizzato o addirittura subissato da specifici elementi attinenti alle caratteristiche tecniche peculiari estrinseche o intrinseche dell’immobile o del fabbricato in cui il medesimo si trova, atti a diminuirne il valore catastale, in modo da comportare l’attribuzione di una classe invariata o addirittura inferiore rispetto a quella che l’immobile aveva prima dell’atta gravato.
Nei casi analoghi a quello in esame non sussiste necessità né di analitica indicazione nell’atto impositivo delle trasformazioni edilizie subite dall’unita immobiliare, né di specificazione degli immobili da portare in comparazione.
Ciò in quanto il maggior classamento è stato effettuato ai sensi del citato comma 335 e, dunque, soltanto sulla base dell’accresciuto valore complessivo della microzona nella quale l’immobile si trova, spettando poi al contribuente l’onere di fornire l’eventuale prova contraria, adducendo tutte le specifiche circostanze riguardanti anche l’immobile ed il fabbricato in cui il medesimo è ubicato.
La Cassazione è stata, infatti, chiara nel precisare che la problematica di cui al sopralluogo ed ai contraddittorio si pone solo in caso di accertamento giustificato da variazioni specifiche dell’immobile, dovendosi ribadire che la revisione delle rendite catastali urbane (regolata dalla L. n. 662 del 1996, art.3, comma 58, e ricorrendone i presupposti – ripartizione del territorio comunale in microzone – dalla L. n.311 del 2004, art.1, comma 335) in assenza di variazioni edilizie, non richiede la previa “visita sopralluogo” dell’Ufficio, non essendo condizionata ad alcun preventivo contraddittorio endoprocedimentale (Sez. 5, n. 9629/2012, cui ha fatto seguito sent. n. 21923 del 2012 e, da ultimo, la citata sent. n. 21176/2016).
Venendo all’esame delle specifiche caratteristiche degli immobili oggetto di causa, l’appello è fondato e deve essere accolto, in quanto la parte contribuente non ha specificamente fornito alcuna prova in merito alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche in base alle quali sarebbe spettato alle unità immobiliari in questione di mantenere la classe originaria, emergendo dagli atti una evidenza contraria, stante la loro ubicazione in zona di pregio del centro storico. In proposito va sottolineato che la contribuente ha affidato le censure ad una perizia tecnica, già depositata nei giudizio di primo grado, che non rappresenta elementi di segno contrario idonei ad invalidare i principi sopra indicati, tenuto conto delle caratteristiche strutturali degli immobili e della loro ubicazione in zona di pregio del centro storico.
Né a conclusioni diverse può portare la circostanza che l’immobile era già stato oggetto di un classamento nel 2006, alla luce dl criteri diversi rispetto a quelli introdotti dalla L. n. 311/2004, che non ha trovato immediata applicazione in molti dei Comuni interessati.
Alla stregua di quanto sopra esposto, sono condivisibili le censure formulate dall’Ufficio, in merito alle carenze motivazionali della sentenza di primo grado, avendo l’avviso impugnato dato conto dei caratteri sostanziali costituenti il contenuto necessario del provvedimento tipo, che non hanno trovato adeguata smentita nell’attività probatoria svolta nell’interesse della contribuente.
Tutte le suesposte motivazioni determinano l’accoglimento dell’appello dell’Agenzia, con riforma della sentenza di primo grado, nella parte in cui ha ritenuto non congruamente motivato l’atto di accertamento catastale e, in difetto di congrua prova contraria da parte della parte contribuente appellata, il classamento operato dall’Ufficio è da ritenersi, in conclusione, confacente ed appropriato.
Il contrasto di giurisprudenza tuttora esistente legittima la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Accoglie l’appello dell’Ufficio.
Spese compensate.
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