COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sez. 10 sentenza n. 2075 depositata il 11 aprile 2017
Processo tributario – Appello – Mancanza di motivi specifici – Inammissibilità – Consegue
Massima:
In tema di impugnazioni, è inammissibile, per difetto di specificità dei motivi, l’appello tributario quando non risultano enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata.
Pertanto, la specificità che deve caratterizzare i motivi di appello, va intesa in rapporto alla funzione dell’impugnazione, nel senso che i predetti motivi devono contenere nelle linee essenziali le ragioni che confutano o sovvertono sul piano logico e strutturale le valutazioni del primo giudice, non essendo sufficiente la mera riproposizione di temi reputati nel primo grado insufficienti o inidonei. (V.D.)
Riferimenti normativi: art.53, comma 1, del d. lgs n.546/92;
Riferimenti giurisprudenziali: Cass.n. 4049/01, n. 7981/03 e n. 227/16.
Testo:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La presente controversia ha come oggetto la cartella di pagamento n. 0972010120157080 emessa nei confronti del sig. T. M. per imposta di registro, relativamente all’acquisto di una prima casa avvenuta nel 2006.
Nel ricorso introduttivo il contribuente chiedeva l’annullamento di tale cartella, nonché dell’intimazione di pagamento che ne seguiva.
La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n.15175/24/15, dichiarava inammissibile il ricorso, così motivando:
“Nel caso di specie, nella documentazione allegata al ricorso, non risulta inserita la busta di spedizione/ricevimento della cartella di pagamento né della successiva intimazione di cui il ricorrente ha domandato l’annullamento, circostanza che non permette all’organo giudicante di verificare la tempestività del ricorso. Inoltre neppure nel corpo del ricorso è stata mai indicata la data di ricezione dell’intimazione di pagamento, unico atto di cui è stata allegata copia, in tale contesto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.” E compensava le spese.
Avverso detta sentenza propone appello il contribuente per chiederne la riforma, asserendo che tra i 101 allegati prodotti certamente c’erano le buste e le cartella ricevute.
Sostiene altresì l’irregolarità della notifica, in quanto inviata a un indirizzo dove lo stesso non risiedeva più.
Non risulta costituita Equitalia sud s.p.a.
La causa viene trattata in pubblica udienza, essendo stata presentata regolare istanza in tal senso.
All’udienza odierna nessuna delle parti è presente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Questa Commissione ritiene che l’appello del contribuente sia infondato e non possa, pertanto, essere accolto e, anzi, l’appello deve essere dichiarato inammissibile per mancanza di motivi specifici.
Al riguardo, deve farsi riferimento al primo comma dell’art. 53 del D.lgs 546/92, secondo il quale i motivi di impugnazione devono intendersi come “critiche alle soluzioni date nella sentenza alle questioni della causa quali censure puntuali e determinate con cui si alleghi l’esistenza di errori del giudice a quo“.
In sostanza, si richiede all’appellante di svolgere una critica puntuale ed approfondita rispetto all’operato del primo giudice.
Le argomentazioni dell’appellante devono essere tali da “incrinare il fondamento logico-giuridico” della sentenza impugnata.
L’esclusiva mera riproposizione di circostanze e ragioni già dedotte ed argomentate in primo grado non può essere qualificata come impugnazione e deve essere dichiarata inammissibile per carenza del suo oggetto (così Cass. 4049/01; Cass. 00/16).
Sulla base di questo orientamento giurisprudenziale, si ritiene insufficiente a fondare il requisito della specificità il richiamo agli atti del giudizio di primo grado così come si ritiene insufficiente la generica denuncia in fatto o in diritto del primo provvedimento o l’affermazione della sua ingiustizia (Cass. 03/7981). Ne deriva che, nel caso in esame, l’atto di appello così come formulato è privo dell’indicazione dei motivi specifici di impugnazioni configurabili quali “critiche puntuali” all’operato dei giudici di prime cure, con conseguente inammissibilità dello stesso.
Sulla base delle dedotte considerazioni, l’appello del contribuente deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese di lite, in applicazione del principio della soccombenza, vanno posta a carico del contribuente appellante e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione tributaria regionale del Lazio – Sezione 10a, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, così dispone:
“Dichiara inammissibile l’appello. Condanna l’appellante alle spese di giudizio liquidate in euro 200,00 (duecento/00)”.
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