COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sez. 3 sentenza n. 2022 depositata il 10 aprile 2017
IVA – Eccedenza d’imposta – Omessa dichiarazione per il periodo di maturazione – Diritto alla detrazione – Sussiste
Massima:
La neutralità dell’IVA implica che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta, risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione. Di talché, in siffatta ipotesi, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio di impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto, ovvero non controverso, che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo di imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili. (A.T.)
Riferimenti normativi: d.P.R. n. 633/72 art. 30.
Riferimenti giurisprudenziali: Conf. Cass. Sez. Un. n. 17757/2016.
Testo:
FATTO E DIRITTO
Con sentenza in data 14/3/ 2012 Ia Commissione Tributaria provinciale di Latina -sezione 4 – ha accolto parzialmente il ricorso del contribuente XXX
srI avverso cartella di pagamento per IVA 2007 emessa dall’Agente di Riscossione Equitalia SUD spa. I fatti sono cosi riassumibili. La Direzione Provinciale di Latina effettuava il controllo e la liquidazione automatizzata della dichiarazione modello Unico/2008 per l’anno d’imposta 2007, ai sensi dell’articolo 36 bis dei d.p.r. 600/1973 e dell’articolo 54 bis d.p.r. 633/1973. Dal controllo emergeva che la società ricorrente aveva portato in dichiarazione un credito Iva relativo all’anno d’imposta 2006 pari ad euro 28.008 ,che veniva ritenuto indebito in quanto nessuna valida dichiarazione era stata presentata per l’anno 2006. Rilevava la Commissione che nel caso la dichiarazione “era stata inoltrata tramite Web ma poi scartata dal sistema per errata indicazione dei dati relativi all’ intermediario abilitato alla trasmissione telematica. Comunque i dati significativi erano stati memorizzati quale volume d’affare e credito Iva e quindi erano nella disponibilità dell’Agenzia”.
La Commissione riteneva che il credito nasceva dall’attività svolta e quindi doveva l’ufficio controllare i dati, cosa che non è avvenuta in nome di unburocratico e formalistico principio circa la mancata presentazione sebbene in concreto la parte l’avesse presentata e comunque ripetuta nel corso delcontraddittorio instauratosi.Infatti “il credito Iva per essere riconosciuto è sufficiente che esista in concreto anche in caso d’ omissione della dichiarazione” come ribadito dallo stesso Ministero con risoluzione numero 74. D’altronde trattasi di errore incolpevole del ricorrente, in quanto l’irregolarità era stata causata dalla trasmissione dei dati da parte dell’intermediario e quindi era qualcosa di esterno alla dichiarazione .
Di qui l’accoglimento del ricorso con compensazione delle spese del grado di giudizio.
L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza di primo grado rilevando:
1) violazione e falsa applicazione di legge: sull’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. Motivazione illogica e contraddittoria in quanto “l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi di un dato non contestato, da cui i giudici avrebbero dovuto far discendere le uniche conseguenze ammesse dalla legge: le dichiarazioni dei redditi inviate oltre 90 giorni si considerano omesse ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in essere indicate e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta”
2) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 54 bis del d.p.r. 26 ottobre 1972 numero 633 e del secondo comma dell’articolo 30 del d.p.r. 633 del 1972: sul riconoscimento del credito Iva maturato in un anno in cui la dichiarazione dei redditi risulta omessa. Infatti “il credito… non essendo stato dichiarato nell’anno in cui è maturato, non è utilizzabile in detrazione del debito d’imposta in una dichiarazione successiva, a nulla rilevando che lo stesso sia, in ipotesi, effettivamente maturato.”
Chiede pertanto la riforma della sentenza di primo grado e la conferma del proprio operato.
Ciò premesso ritengono i Giudici che nella specie l’appello della Agenzia delle Entrate debba essere respinto e per l’effetto che vada confermata la sentenza di primo grado.
Dopo infatti un orientamento giurisprudenziale sviluppatosi con sentenze pressoché costanti della Suprema Corte, secondo cui l’inosservanza dell’obbligo della dichiarazione annuale comportava la perdita del credito Iva e quindi anche l’impossibilità di portarlo in detrazione negli anni successivi, così accentuandosi un criterio estremamente formalistico della natura del credito in questione, si è poi sviluppato un indirizzo dottrinario che ha posto in rilievo che, se il credito emerge dai registri dell’iva e dalle liquidazioni periodiche, non rileva l’aspetto formale della mancata dichiarazione, in quanto la sostanza deve prevalere sulla forma. Infatti il sistema di imposizione sul valore aggiunto, a seguito del decreto Legislativo n. 313 del 1997 e dei d.p.r. n. 322 del 1998, subordina il diritto di detrazione solo a due presupposti: l’esistenza del credito risultante dalla dichiarazione annuale o da documentazione alternativa come la liquidazione periodica e il rispetto del termine entro cui occorre esercitare il diritto. Si è posto poi in luce che differentemente da quanto avviene relativamente alle imposte dirette, nell’imposizione sul valore aggiunto la dichiarazione annuale ha una funzione riepilogativa delle operazioni attive e passive registrate liquidate.
Tale indirizzo, pur essendo stato avversato dall’Amministrazione finanziaria a livello nazionale, ha trovato sponda sul versante comunitario: infatti, la Corte di giustizia ha evidenziato che “il diritto alla detrazione, costituendo parte integrante del fondamentale del meccanismo dell’ Iva (caso Schmeink & Cofrreth e Strobel, punto 59, conf. Marks & Spencer, punti 49-50), in tesi generate non è soggetto a limitazioni, fatte salvo deroghe esclusivamente in casi espressi (caso Varzim Sot, punto 36) e che la detrazione può essere legittimamente esercitata nel periodo d’imposta nel corso del quale ricorrono contemporaneamente i requisiti del possesso detta fattura dell’esistenza del diritto alla deduzione (caso Terra, 33)”.
Ancora più di recente la Corte di giustizia ha affermato che “il principio fondamentale di neutralità dell’Iva esige che la detrazione dell’imposta a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi” (punto 38, caso Idexx Laboratories).
Resta fermo, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza eurocomunitaria che l’Amministrazione finanziaria, qualora rilevi che il diritto a detrazione è stato esercitato in maniera fraudolenta o abusiva, ha il diritto di chiedere con effetto retroattivo il rimborso delle somme sottratte. I principi enucleati dalla giurisprudenza comunitaria sono stati condivisi dalle Sezioni Unite detta Suprema Corte di Cassazione la quale, con sentenza 17.757/16, ha affermato il principio secondo cui “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto insorto sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione”. Pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio di impugnazione dalla cartella emessa dal fisco a seguito del controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto-ovvero non controverso- che si tratti di acquisi fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad Iva e finalizzati ad operazioni imponibili. Detto principio si attaglia perfettamente al caso di specie in cui risulta incontestata la sussistenza di un credito da parte del contribuente nei confronti dell’Amministrazione, la quale possedeva, d’altronde, gli elementi utili a verificarne la sussistenza; si trattava per di più di un credito realmente esistente, non ottenuto attraverso operazioni fraudolente.
Ne consegue che risultano ricorrenti tutti gli estremi perché nella specie debba riconoscersi il diritto a detrazione del credito relativo all’anno d’imposta in esame.
Va quindi respinto l’appello dell’Agenzia e confermata l’impugnata sentenza.
La controvertibilita della materia, oggetto di numerose sentenze di legittimità contrastanti, impone di disporre la compensazione delle spese di giudizio.
PQM
Conferma la sentenza di primo grado. Spese compensate.
Roma, 30/3/2017.
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