COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sez. 7 sentenza n. 1551 depositata il 23 marzo 2017
Accertamento, liquidazione e controlli – IRPEF – Dichiarazione dei redditi – Omessa dichiarazione – Accertamento ex art. 41 bis d.P.R. 600/73 – Mancato riconoscimento degli oneri e delle spese – Illegittimità – Errata indicazione del codice fiscale – Mero errore materiale – Dichiarazione integrativa – Non necessita
Massima:
L’Amministrazione finanziaria, in ipotesi di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, deve riconoscere nell’accertamento le spese e gli oneri appurati in sede di verifica, in applicazione dei principi costituzionali della capacita contributiva e della correttezza dell’azione amministrativa. Costituisce mero errore formale, a maggior ragione ove le imposte risultino regolarmente pagate, la inesatta indicazione del codice fiscale, che provoca lo scarto della dichiarazione dei redditi, inesattezza per la cui correzione è sufficiente la presentazione di istanza in autotutela e non necessita la presentazione di dichiarazione integrativa al mero fine di correggere il codice fiscale. (G.T.)
Riferimenti normativi: art. 41 bis d.P.R. 29/09/1973, n. 600; art. 2 d.P.R. n. 322/1998;
Riferimenti giurisprudenziali: Cass. sent. n. 12166/2014; Cass. ord. n. 110742016.
Testo:
Con ricorso notificato in data 8 aprile 2016, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Roma ha proposto appello avverso la sentenza n. 22011/21/15 della Commissione tributaria provinciale di Roma, pronunciata il 14.10.2015 e depositata il 22.10.2015. Con tale sentenza il Giudice di prime cure accoglieva il ricorso di M. G. O. avverso l’avviso di accertamento relativo all’annualità 2008 con il quale l’Ufficio aveva richiesto l’imposta sul reddito delle persone fisiche ai sensi dell’art. 41 -bis del D.P.R. 29/09/1973, n. 600. In particolare, l’Agenzia delle Entrate notificava avviso di accertamento in mancanza di presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente e al fine di recuperare le imposte sul reddito derivante dal contratto di locazione di un immobile regolarmente registrato. A seguito di tale notifica, la contribuente presentava istanza di annullamento in autotutela in considerazione del fatto che la dichiarazione dei redditi trasmessa risultava scartata solo per errata indicazione del codice fiscale e che comunque erano state versate tutte le imposte derivanti dalla liquidazione della dichiarazione stessa. L’Ufficio provvedeva a rideterminare la pretesa erariale con provvedimento di autotutela parziale, accogliendo le doglianze con riferimento ai versamenti comunque effettuati ma non riconoscendo gli oneri portati in detrazione relativi alle spese mediche e agli interventi per recupero del patrimonio edilizio. Il ricorrente quindi proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento come rideterminato in autotutela e la Commissione tributaria provinciale lo accoglieva in considerazione della buona fede del contribuente, dell’avvenuto pagamento delle imposte liquidate in dichiarazione e del principio di capacità contributiva.
L’appellante rileva l’infondatezza del decisum in quanto “contrariamente a quanto erroneamente affermato nel dispositivo della sentenza … alcuna dichiarazione integrativa è stata mai prodotta dalla sig.ra O. al fine di correggere il codice fiscale”.
Con atto di controdeduzioni si è costituita la sig.ra O. contestando le motivazioni dell’appello.
1. L’appello non merita accoglimento.
2. Costituisce principio generale dell’ordinamento tributario quello secondo cui l’Amministrazione finanziaria, anche nel caso di avviso di accertamento per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, deve comunque riconoscere gli oneri e le spese che siano emerse a seguito degli accertamenti compiuti. Il principio vale a maggior ragione nel caso di specie in cui la dichiarazione dei redditi trasmessa è stata scartata per mera indicazione errata del codice fiscale e il contribuente ha regolarmente pagato le imposte sulla base della relativa liquidazione. Diversamente opinando si violerebbe il principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 della Costituzione. In questi termini, sia pur con riferimento a fattispecie in parte diverse, si è pronunciata la Corte di Cassazione precisando che “In tema di imposte sui redditi, l’art. 50, comma 8, del d.P.R. n. 917 del 1986 (nel testo vigente “ratione temporis“), nel disciplinare, nell’ambito del genere “lavoro autonomo”, il “reddito derivante dai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 49, comma 2, lett. a)”, stabilendo che in tal caso il reddito a dichiararsi “è costituito dall’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, con esclusione delle somme documentate e rimborsate per spese di viaggio, alloggio e vitto relative alle prestazioni effettuale fuori del territorio comunale, ridotto del 10 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle altre spese”, non ha lo scopo di concedere un beneficio fiscale, ma quello di determinare, con riferimento ad una specifica sottospecie, la base imponibile da prendere in considerazione per calcolare l’imposta, trovando, pertanto, applicazione a prescindere dal comportamento del contribuente, e, quindi, anche nell’ipotesi di volontaria omessa dichiarazione di tale tipo di reddito” (Cass. civ. Sez. V, 25-02-2011, n. 4643). In termini analoghi più di recente è stato precisato che “Allorquando si proceda d’ufficio all’accertamento del reddito d’impresa con metodo induttivo, compete all’Amministrazione finanziaria di identificare le fonti di prova a sostegno del criterio di liquidazione della pretesa e non semplici volizioni apodittiche, tenendo conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse all’esito degli accertamenti compiuti” (Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord. 30/5/2016, n. 11074).
3. In considerazione della particolarità della fattispecie e del fatto che comunque risulta un errore formale del contribuente nella trasmissione della dichiarazione dei redditi, sussistono le gravi ed eccezionali ragioni per compensare tra le parti le spese di lite.
La Commissione tributaria regionale, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello e compensa tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 marzo 2017
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