COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per le MARCHE – Sentenza 06 ottobre 2017, n. 524
Tributi – Imposte sui redditi ed IVA – Reddito d’impresa – Deducibilità dei costi e detraibilità dell’IVA – Condizioni – Inerenza del costo e puntuale indicazione in fattura
L’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Ancona, propone appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Ancona del 23 novembre 2012 numero 318/1/12.
Con tale sentenza i primi giudici avevano accolto il ricorso proposto da M. Spa.
Per quanto riguarda il primo rilievo, si contesta la circostanza che i primi giudici abbiano ritenuto che i beni strumentali potessero beneficiare della integrale deduzione, quando invece lo stesso contribuente aveva limitato la detrazione per tali beni, nella misura del 40%.
Per quanto riguarda il secondo rilievo, l’ufficio contesta la eccessiva genericità della descrizione della prestazione contenuta in fattura, che non permette di poter provare l’inerenza della stessa rispetto al reddito di impresa prodotto.
In merito al terzo rilievo l’Agenzia delle Entrate fa presente che la società sammarinese in realtà non ha svolto una vera attività di segnalazione studio della potenziale clientela nei vari mercati nazionali, così come previsto da contratto, in quanto è stato dimostrata solamente la produzione di una elaborazione con l’applicativo Excel con relativi grafici relativi ai fatturati realizzati dalla M. Spa nei confronti dei propri clienti, rispetto ai quali è stato apprezzato il calo di fatturato.
Per quanto riguarda il rilievo numero 4 l’ufficio ritiene che l’istallazione di un motore più potente su un bene acquisito in leasing, non possa essere detraibile ma doveva essere la società di leasing ad accordarsi tale costo, che avrebbe dovuto riaddebitare alla società utilizzatrice.
Riguardo al recupero numero 5 che è relativo a rimborso delle spese agli amministratori, l’Agenzia delle Entrate espone che sono stati dedotti rimborsi spese chilometrici per utilizzo di autovettura di proprietà per importi superiore al costo fiscalmente deducibile in base alla normativa in vigore, mentre la Commissione di primo grado ne ha sostenuto l’inerenza senza motivare il proprio convincimento sul punto.
Si chiede in conclusione l’accoglimento dell’appello e quindi la riforma della sentenza appellata con vittoria di spese di giudizio.
La Commissione osserva:
Le argomentazioni dell’appello, con l’eccezione relativa al rilievo n. 4, appaiono sostanzialmente convincenti ed in grado di permettere la riforma della sentenza dei primi giudici.
Relativamente al rilievo n. 1 infatti, la circostanza non smentita che il contribuente abbia limitato al 40% la detrazione per tali beni, inficia la decisione dei primi giudici che hanno invece ritenuto che la detrazione potesse esse conteggiata sull’intero importo.
Per quanto riguarda il secondo rilevo, l’art. 21 del DPR 633/72 prevede che dalla fattura debba risultare la natura, la qualità e quantità dei beni e dei servizi che formano oggetto dell’operazione. Non è quindi tassativamente previsto un contenuto obbligatorio predeterminato ma è evidente che il contenuto previsto dalla norma è necessario per poter in qualunque momento operare i dovuti controlli al fine di accertare inerenza e competenza dell’operazione; una carenza del contenuto informativo ha allora come conseguenza quello di non permettere la comprensione dell’inerenza e della competenza, sicché il documento è inidoneo a costituire un documento di spesa valido per essere computato tra i costi.
Anche sul terzo rilievo appare convincente l’assunto dell’Agenzia delle Entrate in quanto non risultano svolte concrete attività di ausilio alla ricerca di nuovi clienti e, quindi di nuovi mercati, mentre l’elaborazione con l’applicativo Excel appare quasi una messa in scena per giustificare le attività fatturata e comunque ciò che era previsto da contratto, la ricerca dei nuovi clienti, non è stata affatto provata.
Per il quarto rilievo, invece, esso non appare fondato perché l’Ufficio non può certo arrogarsi il diritto di decidere come l’impresa debba operare nei confronti della società di leasing; se la prima ha avuto la necessità di installare un motore più potente su un bene acquisito in leasing, l’ufficio non può sanzionare il contribuente impedendogli la detrazione perché esso non è un soggetto estraneo al rapporto di leasing ma ne è l’utilizzatore. E ciò vale anche se l’utilizzatore lo avesse fatto senza il consenso della società di leasing. Trattandosi di interventi operati su beni di terzi, come sono i beni oggetto di leasing, la spesa andava iscritta tra i costi pluriennali ed ammortizzarla in base alla durata residua del contratto di leasing.
Da ultimo, sul rilevo relativo al rimborso delle spese agli amministratori non appare convincente la soluzione fornita dei primi giudici in quanto risulta evidente che sono stati spesati rimborsi chilometrici per utilizzo di autovettura di proprietà per importi superiore al costo fiscalmente deducibile previsto dalla normativa in vigore.
La sostanziale alternanza di giudizio, che testimonia la difficoltà ad individuare la soluzione corretta dal punto di vista tributario e la circostanza che comunque non tutti i punti dell’appello sono stati accolti; suggeriscono l’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
In parziale accoglimento dell’appello, si dichiara fondato il recupero tributario per i punti 1, 2, 3 e 5. Spese compensate.
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