COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per le Marche sez. 2 sentenza n. 327 del 12 giugno 2017
Versamenti post-preliminare da fatturare come acconti ai fini Iva.
Massima:
In riferimento al contratto di compravendita, in caso di adempimento contrattuale (cioè in caso di stipula dell’atto definitivo), i singoli versamenti effettuati come caparra assumono la connotazione di acconti sul prezzo e, dunque, possono essere correttamente fatturati dall’alienante in un unico documento fiscale.
CONCLUSIONI DELLE PARTI:
– Dell’appellante :.”l’ufficio chiede che codesta commissione tributaria regionale voglia annullare la sentenza e confermare la pretesa tributaria. Con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio. “; – Dell’appellato: “con la più ampia facoltà di integrazione e replica nei termini di legge ove dovessero sorgere elementi nuovi o diversi da quelli indicati nel presente ricorso, si chiede che codesta onorevole commissione tributaria ogni contraria istanza, ragione od eccezione respinta o disattesa, voglia rigettare l’appello proposto e confermare il provvedimento gravato, con condanna dell’erario al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.”.
FATTO
Con ricorso depositato in data 22 febbraio 2011 l’Agenzia delle Entrate di Fermo ha proposto appello avverso la sentenza n. 226/01/09, depositata il 15 dicembre 2009, con cui la Commissione Provinciale di Ascoli Piceno ha accolto il ricorso proposto da l’impresa edile “V. Sas di V. G. M. e C.”‘ .avverso l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta. 2004, con cui l’ufficio aveva rettificato l’ammontare delle operazioni imponibili ai fini IVA a seguito dell’accertamento di acconti versati dagli acquirenti di immobili, ma fatturati successivamente, cioè al momento della stipula degli atti definitivi di compravendita. La CTP ha ritenuto che quegli importi fossero da qualificare come caparra confirmatoria anziché acconto, e pertanto, fuori campo IVA. Assume l’appellante che il primo giudice ha errato in quanto, in assenza di una espressa volontà delle parti, le somme periodicamente corrisposte andavano qualificate come acconti sul prezzo pattuito. Pertanto ha concluso per l’annullamento della sentenza, con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio. Si è costituita la società contribuente con motivata memoria di controdeduzioni, instando per il rigetto dell’ appello e la conferma della sentenza di primo grado. Alla pubblica udienza del 3 aprile 2017 le parti hanno illustrato oralmente i motivi a sostegno delle proprie richieste, come in epigrafe trascritte:, ed all’esito la Commissione si è riservata di decidere e, quindi, nella camera di consiglio del 22 maggio 2017 ha deciso la causa come di seguito esposto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello non merita accoglimento per le seguenti ragioni. Va premesso che la controversia è stata incentrata dalle parti- coinvolgendo in ciò anche la Commissione di primo grado – sull’accertamento della natura delle somme versate dal promissario acquirente in corso del contratto preliminare di acquisto, dell’immobile, pacifico essendo che se tali versamenti costituisco acconti sul prezzo di vendita pattuito, essi sono soggetti ad autonoma fatturazione, come previsto dalla normativa fiscale (articolo 6, comma3 e 4 del D.P.R 633/1972). Orbene al riguardo la Suprema Corte ha affermato il principio (come da sentenze Richiamate dallo stesso Ufficio appellante) che la qualificazione di caparra o acconto sul prezzo delle somme versate in esecuzione del contratto preliminare di compravendita deve risultare formalmente dal contratto stesso ovvero desumersi dalla effettiva intenzione delle partì. Di qui la contesa tra le parti, atteso che nel caso che ne occupa la specifica volontà. Delle medesime non è desumibile dagli atti depositati nè appare condivisibile la tesi dell’ufficio che, in difetto, qualifica quei versamenti sic et simpliciter come acconti sul prezzo di vendita. Fatta tale premessa osserva preliminarmente la Commissione che l’appellante Ufficio è carente di interesse ad agire, interesse che l’art. 100 del. codice di procedura civile pone come condizione per proporre una domanda giudiziale o contraddire ad essa per la seguente ragione. Infatti l’impresa alienante ha inglobato gli acconti ricevuti in un’unica fattura finale, talchè non vi è stata alcuna sottrazione di imponibile, nè l’Ufficio ha allegato che siffatta irregolarità (cioè il differimento della fatturazione) ha comportato per il Fisco un’indebita sottrazione o per il contribuente un qualche vantaggio fiscale (come, ad esempio, l’aver beneficiato di un credito IVA in un’annualità non di competenza). Pertanto non si vede quale concreto interesse abbia l’Ufficio ad pronuncia a sé favorevole relativamente ad un profilo esclusivamente formale, domandando, peraltro, l’annullamento della sentenza di, primo gradò e la conferma della pretesa tributaria, senza tenere in alcun conto che il contribuente ha diligentemente versato l’imposta in questione, (pur se – secondo l’Ufficio – in una diversa annualità), così pretendendone una indebita duplicazione. Per’ completezza di esposizione ed in ossequio al principio di “non autosufficienza” della motivazione affermato dalla Suprema Corte (in quanto il processo tributario è strutturato come “impugnazione-merito” e non come “impugnazione-annullamento”, sicchè non basta il mero annullamento dell’ atto impositivo per motivi sostanziali, ma occorre che, il giudice investito della controversia esamini nel merito la pretesa tributaria, con motivata “valutazione sostitutiva”) – così Cassazione 3309/2004, 7791/2001, 4280/2001) , va aggiunto che, in difetto di espressa volontà delle parti contrattuali, è più corrispondente all’interesse delle medesime qualificare i singoli versamenti come caparra – la cui funzione è quella di incitare entrambe a dare esecuzione al contratto preliminare, mentre in caso di inadempimento esse sono autorizzate a ritenerla – e che soltanto in caso di adempimento contrattuale, cioè con la stipula dell’atto definitivo di compravendita, quei versamenti assumono la connotazione certa di acconti sul prezzo; e, dunque, correttamente fatturati in unico documento fiscale. In conclusione l’appello deve essere rigettato. La particolarità della questione costituisce giusto motivo di compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
la Commissione rigetta l’appello dell’Ufficio e compensa tra le parti le spese processuali.
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