COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per le Marche sez. 2 sentenza n. 49 depositata il 13 febbraio 2017
Fatture per operazioni inesistenti: il giudicato penale è efficace nel giudizio tributario
Massima:
In tema di fatture per operazioni inesistenti, la sentenza (irrevocabile) pronunciata nel giudizio penale con la formula “perché il fatto non sussiste”, avendo dichiarato insussistenti i presupposti su cui si fonda la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria (quale la condotta materiale del contribuente), non può non esplicare efficacia anche nel giudizio tributario.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso in appello depositato in data 27 maggio 2016 il sig. C. G., in qualità di legale rappresentante della T. s.r.1., ha impugnato la sentenza n. 885/01/15 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Pesaro, Sezione I, il 29 settembre 2015 e depositata il 29 ottobre 2015, chiedendo la riforma della sentenza di primo grado e l’annullamento dell’avviso di accertamento. Risulta dagli atti che l’avviso di accertamento n. TQ9035T01082/2014 IRES, IVA e IRAP 2008 impugnato in primo grado dal contribuente è stato emesso all’esito della verifica condotta dalla Guardia di Finanza con la quale i militari hanno accertato che, anche per l’anno in esame, le società “A.L. di A. R.” e “W.S.r.l.”, entrambe riconducibili ad A.R., avevano messo in atto un sistema fraudolento che permetteva alla “W. S.r.1.” di emettere fatture per operazioni inesistenti nei confronti di numerosi clienti, consentendo loro di abbattere il reddito di impresa effettivamente conseguito con conseguente minor versamento di imposte dirette e maggiore detrazione di IVA. L’accertamento effettuato nei confronti della “W. S.r.1.” si è reso definitivo per mancata opposizione della Società e conseguentemente l’Ufficio ha ritenuto che anche le operazioni commerciali intercorse tra la “W. S.r.l.” ed i propri clienti, tra i quali figurava anche l’odierna appellante, fossero da ricondurre ad operazioni oggettivamente inesistenti ed ha pertanto emesso gli avvisi di accertamento di cui sopra. Conclusasi infruttuosamente la procedura dell’accertamento per adesione la Società ha proposto ricorso avverso l’accertamento ed i giudici di prime cure, dopo un’approfondita analisi dei fatti di causa, sono giunti alla conclusione che l’Ufficio, in merito alla contestazione dei costi illecitamente dedotti con fatture emesse dalla “W. S.r.l.” per operazioni ritenute inesistenti, avesse debitamente assolto l’onere della prova, mentre l’odierna appellante non ha provato il contrario a sua discolpa e per tale motivo il ricorso è stato respinto. Avverso la predetta sentenza il contribuente ha proposto l’appello in epigrafe, lamentando l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistente l’ipotesi di reato anche per i rapporti intrattenuti dall’appellante con la “W. S.r.l.” e lamentando altresì che, in contrasto con quanto esposto dal contribuente in sede di ricorso in primo grado, i giudici non si fossero pronunciati sull’eccezione sollevata dal contribuente medesimo di nullità dell’accertamento per violazione degli artt. 7, comma 1, I. n. 212 del 2000, 42, comma 2, del d.P.R. 600/1973 e 56, penultimo comma, del d.P.R. n. 633/1973, in quanto sia la Guardia di finanza che l’Amministrazione finanziaria avevano omesso di allegare (o, almeno, di riprodurre integralmente il contenuto) della documentazione probatoria sulla quale si basava l’accertamento nei confronti del contribuente. Inoltre, secondo la parte, i giudici di primo grado avrebbero tralasciato di pronunciarsi ovvero, in subordine, sarebbero incorsi in una insufficiente motivazione, sulle questioni e sulle eccezioni pregiudiziali e di merito sollevate dal contribuente con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, che vengono riproposte in questa sede da parte dell’appellante, il quale illustra e argomenta altresì gli indizi a favore dell’esistenza delle prestazioni rese da “W.S.r.l.” e contrari all’ipotesi di fatturazione per operazioni inesistenti sulle quali la Commissione Tributaria Provinciale di Pesaro avrebbe omesso ogni valutazione. L’appellante precisa altresì che il G.U.P. del Tribunale di Urbino ha assolto il rappresentante legale dell’epoca perché il fatto reato (fatturazioni per operazioni inesistenti) non sussiste. In data 18 agosto 2016 il contribuente ha depositato la sentenza con la quale il G.U.P. di Urbino ha assolto i legali rappresentanti pro tempore della T. S.r.l. dall’imputazione di utilizzazione, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, di fatture per operazioni inesistenti emesse dalla società “W. S.r.1.” perché il fatto non sussiste. L’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Pesaro e Urbino, si è costituita con nota depositata il 24 giugno 2016, contestando in diritto e nel merito l’appello di parte. La parte ha presentato ulteriore memoria in data 19 dicembre 2016, con la quale vengono depositati i seguenti documenti: copia della sentenza del G.U.P. di Urbino divenuta irrevocabile l’li ottobre 2016; visura catastale negativa a carico di W. s.r.l.; visura catastale negativa a carico di A.R. di A. R.; visura catastale negativa a carico di A. R..
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è fondato e va pertanto accolto. Va rilevato che la materialità dei fatti contestati dall’amministrazione finanziaria alla parte, in ordine a fatture per operazioni inesistenti, risulta incontrovertibilmente esclusa dalla pronuncia del giudice penale, passata in giudicato. Infatti i presupposti, in ordine a presunte fatture per operazioni inesistenti, su cui si fonda l’avviso di accertamento, sono stati ritualmente dichiarati insussistenti dal giudice penale con la formula “perché il fatto non sussiste”, come emerge dalla sentenza del Tribunale di Urbino n. 35/16 del 14 aprile 2016, divenuta irrevocabile l’11 ottobre 2016. Pur essendo questo giudicante consapevole dell’autonomia del giudizio tributario rispetto al giudizio penale, è evidente che una pronuncia penale che escluda in termini espliciti il carattere materiale delle condotte attribuite al contribuente ovvero al dante causa delle condotte attribuite al contribuente, dichiarando l’insussistenza dei fatti su cui si basa il contenzioso, non possa permettere di giungere a soluzioni diverse, neanche parzialmente. La sentenza della Commissione Tributaria Provinciale impugnata con l’appello in epigrafe va quindi riformata. Restano assorbite le connesse questioni sollevate dall’appellante e le correlative eccezioni formulate dall’amministrazione, in quanto comunque inidonee a condurre ad un diverso risultato. Le spese seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale delle Marche accoglie l’appello, in riforma della sentenza di primo grado, e liquida le spese in euro 4.200, oltre Iva e CAP se dovuti.
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