COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per le Marche sez. 3 sentenza n. 18 depositata il 18 gennaio 2017
Raddoppio dei termini sempre condizionato all’inoltro della denuncia prima della decadenza
Massima:
E’ legittimo l’avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2008 notificato nel mese di maggio 2014 (e, quindi, oltre il termine ordinario ex articolo 43 del DPR n. 600 del 1973), anche in assenza di previa trasmissione della denuncia di reato entro la scadenza ordinaria del termine di accertamento, ex articolo 43. E, invero, ai fini del raddoppio dei termini per l’esercizio dell’azione di accertamento, rileva l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, mentre non è necessario che la notitia criminis sia stata trasmessa entro i termini ordinari. Ciò, per le situazioni in fase transitoria, si desume anche dal comma 3 dell’art. 2 del D.Lgs. 5 agosto 2015, n.128, il quale ha stabilito, che <>.
Testo:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La PCM M. s.r.l. impugna la sentenza, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Pesaro, ha respinto il ricorso, promosso in primo grado avverso un avviso, con il quale l’Ufficio accertò, nei confronti dell’odierna appellante per l’annualità 2008: 1) ai fini delle imposte dirette, un maggior reddito d’impresa di euro 46.000,00; e 2) ai fini dell’Irap, minori componenti negativi per euro 46.000,00; 3) ai fini dell’IVA, l’indetraibilità di euro 9.200,00. Giova premettere quanto segue. Per i fini di un controllo sulla regolarità fiscale della registrazione di costi per spese di pubblicità e sponsorizzazione l’Ufficio richiese alla PCM, per gli anni dal 2008 al 2011, l’intera documentazione contabile attestante le spese di pubblicità, in quanto – a seguito di un accesso effettuato il 22 ottobre 2013 presso due società sportive (le ASD F. C. e I.D.F.) – erano emersi indizi (almeno con riferimento alla F. C.) di un meccanismo operativo finalizzato all’emissione di fittizi contratti pubblicitari per prestazioni pubblicitarie e di sponsorizzazioni sovrastimate, con contestuale emissione di fatture per operazioni inesistenti. Più in dettaglio, il meccanismo avrebbe funzionato in questo modo: successivamente all’incasso tramite assegno o bonifico, gli importi fatturati dalle ASD (associazioni sportive dilettantistiche) sarebbero stati in gran parte restituiti agli sponsor. Tali restituzioni sarebbero avvenute grazie a rimborsi forfetari a sportivi e tecnici, come sarebbe risultato dai verbali di assemblee non ufficiali. La dinamica del reperimento delle somme di denaro sarebbe stata identica per le stagioni 2006/07, 2008/09 e 2009/10. Per l’anno 2008 la PCM avrebbe registrato, sotto la voce pubblicità e propaganda, due fatture da 15.000 euro (più IVA) con I’ASD F.C., in riferimento al contratto di pubblicità del 31 luglio 2008 e due fatture da 8.000 euro (più IVA) con la ASD I. D.F. in riferimento al contratto del 5 marzo 2008 (del quale, peraltro, non vi era alcuna documentazione) e al contratto del 1 0 luglio 2008. In base alle indagini svolte l’Ufficio rilevò l’indeducibilità (art. 109 TUIR) e l’indetraibilità ai fini IVA, dei costi fatturati: dalla ASD F. C. perché ritenuti relativi ad operazioni inesistenti dalla ASD I.D. F. (in mancanza di qualunque documentazione idonea), in quanto le scritture negoziali fornite erano mere scritture private senza una data certa (l’unico documento fornito a provare il costo era la foto di un cartellone esposto in un campo sportivo vuoto).
A seguito dei fatti sopra esposti ‘Ufficio comunicò il 19 maggio 2014 alla Procura della Repubblica le seguenti notizie di reato: per ASD F. C. (art. 8 D.Lgs. n. 74/2000), l’emissione di fatture per operazioni inesistenti; per la PCM (art. 2 D.Lgs. n. 74/2000) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti per gli anni dal 2008 al 2011. L’ufficio ritenne altresì applicabile alla fattispecie la disciplina del raddoppio dei termini di accertamento, di cui agli artt. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973 e 57, comma 3, dei D.P.R. n. 633/1972. Il Primo Giudice ha respinto il ricorso originario, in particolare: a) escludendo che si fosse determinata la decadenza del potere di accertamento; b) avendo ravvisato la piena legittimità dell’atto impugnato, in quanto l’Ufficio aveva correttamente accertato la fittizietà a monte della prestazione, dal momento che i contratti erano privi di data e consistenza certa, né vi erano documenti inerenti il tipo di propaganda effettuato e, anzi, i verificatori avevano raccolto indizi di retrocessione delle somme pagate per le future ricevute da PCM. L’impugnativa è affidata ai seguenti mezzi di gravame, non distintamente rubricati, ma così riassumibili: I) il Primo Giudice avrebbe errato nel ritenere che “per gli anni dal 2009 al 2011 la società sri ne confermava i rilievi al 100% beneficiando della riduzione delle sanzioni”, in quanto l’adesione, per gli anni 2009-2011, sarebbe stata fatta esclusivamente per beneficiare della riduzione delle sanzioni ed evitare il rischio di doverle pagare per intero su tutte le quattro annualità oggetto di accertamento; Il) con riferimento al raddoppio dei termini, contrariamente a quanto riportato nei motivi della sentenza, l’invio della denuncia penale, entro la scadenza degli ordinari termini d’accertamento, costruirebbe un elemento imprescindibile per l’applicazione del raddoppio dei termini. Ciò sarebbe confermato dalle nuove disposizioni normative (D.Lgs. n. 128/2015), entrate in vigore il 2 settembre 2015, per cui il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione Finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini. III) nell’appello sono poi riportati integralmente i motivi in diritto e in merito esposti nel ricorso di primo grado, in ordine: A) alla decadenza dell’Ufficio dal potere accertativo; B) nel merito l’appellante sostiene che le spese di pubblicità e di sponsorizzazione poste in essere dall’azienda per complessivi euro 30.000,00 2 (ASD F.C.) ed euro 16.000,00 (ASD I. D. F.), siano regolarmente registrati, supportati da contratti di pubblicità e sponsorizzazione e debitamente pagati con strumenti tracciati, come tra l’altro infondata sarebbe la tesi secondo cui le spese di pubblicità e sponsorizzazione sostenute dalla PCM fossero antieconomiche (e, quindi, prive del carattere INERENZA), giacché inquadrabili come mera erogazione liberale finalizzata al sostentamento e al supporto di locali iniziative sportive, senza alcun interesse della PCM al possibile ritorno economico. Contrariamente a quanto ritenuto dall’Ufficio, la PCM deduce che: a) con riferimento al parametro dell’esistenza, l’attività pubblicitaria e di sponsorizzazione è stata effettuata tramite l’apposizione di cartelloni pubblicitari nei campi sportivi, annunci sonori mediante altoparlante prima e durante le partite calcistiche, adesivi, stemmi con logo, passaggi sui giornalini e almanacchi sportivi, promozione dell’immagine dell’azienda nelle manifestazioni di carattere socio-ricreative delle ASD e tutte quelle iniziative tendenti prevalentemente, anche se non esclusivamente, a garantire la pubblicizzazione dei prodotti, marche e servizi e in generale dell’attività svolta dall’azienda sponsor; b) I’inerenza e la congruità delle operazioni, oggetto di contestazione da parte dell’Ufficio, sarebbe comprovata da un prospetto, dal quale si evincerebbe l’aumento esponenziale del fatturato aziendale nel corso degli anni (dal 2008 al 2011), con una bassa percentuale di incidenza delle spese di sponsorizzazione e pubblicità (tra il 2% e il 3%) per il periodo 2008 – 2011. Si è costituita, per resistere all’impugnazione, l’Agenzia delle entrate, la quale ha controdedotto in relazione a tutte le censure di appello. All’esito dell’udienza pubblica il ricorso è stato trattenuto in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio osserva che la controversia verte su due profili giuridici: il primo concerne la verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della regola sul raddoppio dei termini di accertamento, in presenza di una notizia di reato; il secondo riguarda il merito dell’accertamento, ossia il giudizio sull’inerenza, o no, delle spese per sponsorizzazione sopra richiamate. Non costituisce, invece, un ammissibile motivo di doglianza il primo rilevo, con il quale la PCM non ha censurato un capo della motivazione, ma si è limitata a contestare una parte della sentenza recante una narrativa delle tesi dall’Ufficio. Il ordine al primo motivo di appello, rivestendo esso carattere pregiudiziale, lo stesso è stato già vagliato nell’ordinanza di rigetto della istanza di sospensione datata 5 aprile 2016, che si riporta nel punto di interesse. L’accertamento, per l’anno 2008, è stato effettuato a termini ordinari scaduti: infatti la notifica risale al 26/5/2014, mentre i termini di decadenza erano spirati al 31/12/2013. La notizia di reato è stata trasmessa il 19/5/2014 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Urbino. Il ricorrente eccepisce che, poiché la notizia di reato è stata trasmessa oltre i termini ordinari di accertamento, erroneamente sarebbe stata applicata la fattispecie del raddoppio dei termini. Invero, non vi sono argomenti per discostarsi dai principi espressi nella sentenza n. 247/2011 della Corte Costituzionale, più volte richiamata nella decisione impugnata. La Corte Costituzionale, nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 26, (convertito nella L. n. 248 del 2006), nella parte in cui prevede il raddoppio dei termini di accertamento nel caso di violazioni comportanti obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati di cui al D.LgS. n. 74 del 2000, ha stabilito tra I’ altro che: a) “il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro difatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale”; b) l’obbligo di denuncia “sorge anche ove sussistano cause di non punibilità impeditive della prosecuzione delle indagini penali ed il cui accertamento resti riservato all’autorità giudiziaria penale”; c) “la lettera della legge impedisce di interpretare le disposizioni denunciate nel senso che il raddoppio dei termini presuppone necessariamente un accertamento penale definitivo circa la sussistenza del reato”; d) subordinare il raddoppio dei termini a un accertamento penale definitivo circa la sussistenza del reato, “contrasterebbe anche con il vigente regime del cosiddetto doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario, evidenziato dal D.Lgs. n. 14 del 2000, art. 20”; e) l’obbligo di denuncia opera quando si “sia in grado di individuare con sicurezza gli elementi del reato da denunciare (escluse le cause di estinzione e di non punibilità, che possono essere valutate solo dall’autorità giudiziaria), non essendo sufficiente il generico sospetto di una eventuale attività illecita”; f) il pubblico ufficiale “non può liberamente valutare se e quando presentare la denuncia ma deve presentarla prontamente, pena la commissione del reato previsto e punito dall’art. 361 c.p. , per il caso di omissione o ritardo nella denuncia”; g) sussiste ‘Il dovere del Giudice tributario di vagliare autonomamente (o su richiesta del contribuente) la presenza dell’obbligo dì denuncia”. In senso conforme si registrano anche successive pronunce della Corte di Cassazione Sezione Tributaria 7 ottobre 2015 n.200043 e della Corte di Cassazione n.9974/2015. Applicando tali principi di diritto alla fattispecie in esame, risulta evidente che, ai fini del solo raddoppio dei termini per l’esercizio dell’azione di accertamento, rileva l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, e non anche che la notizia di reato sia stata trasmessa entro i termini ordinari di accertamento. Il ricorrente invoca, inoltre, il disposto dell’art. 2 del D.Lgs. 5 agosto 2015, n.128(disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente) con il quale sono stati modificati, sia l’art. 43, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sia l’art. 57, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nel senso indicato dalla società appellante. Si deve tuttavia osservare che il comma 3 del medesimo art. 2 ha stabilito, con previsione di diritto transitoria, quanto segue: “sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrativetributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanziona torta, notificati alla data di entrata invigore del presente decreto. ‘ Le citate disposizioni sano entrate in vigore il 2 settembre 2015 e, a tale data, era stata notificato sia il processo verbale di constatazione, sia il conseguente avviso di accertamento da parte della amministrazione finanziaria. I predetti articoli 43 e 57 sono stati, infine, sostituiti dai commi 130 e 131 dell’art. i della legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208). Seconda la nuova disciplina i termini per l’accertamento scadono il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione è stata presentata. Anche in questo caso, il comma 132 ha previsto una disciplina transitoria che si riporta: “Le disposizioni di cui all’articolo 57, commi i e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 19 7n2. ,6 33, e all’articolo 43, commì 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, come sostituiti dai commi 130 e 131 del presente articolo, si applicano agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi. Per i periodi d’imposta precedenti, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Tuttavia, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini dì cui al periodo precedente sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte de/l’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo .. ‘ Calando tale regola nella fattispecie concreta, la dichiarazione per l’anno 2008 è stata presentata nel 2009 e, dunque, il termine quinquennale veniva a scadere il 31 dicembre 2014. Poiché la denuncia è stata presentata il 19 maggio 2014 e l’avviso fu notificato il 26 maggio 2014, non è maturata alcuna decadenza. Con riferimento al secondo motivo di appello, va osservato che l’Ufficio ha disconosciuto i costi di sponsorizzazione, in quanto oggettivamente inesistenti, nonché per difetto dei requisiti di certezza e inerenza, ai sensi dell’art. 109 del TUIR. Con riferimento al riparto dell’onere della prova perché un costo possa essere incluso tra le componenti negative del reddito, non solo è necessario che ne sia certa l’esistenza, ma occorre altresì che ne sia comprovata l’inerenza, ossia che la spesa si riferisca effettivamente ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa e, a questo fine, non è sufficiente la sola regolare contabilizzazione. Più in generale, il requisito di certezza non può ritenersi integrata dalla mera esibizione di fatture e documenti di pagamento, mentre in rapporto al requisito di inerenza del costo, il giudizio sulla deducibilità va collegato alla natura del bene o del servizio (tipologia della spesa) e al suo rapporto con l’attività d’impresa (oggetto dell’attività esercitata), da valutarsi in relazione allo scopo perseguito al momento in cui la spesa è stata sostenuta e con riferimento a tutte le attività tipiche dell’impresa stessa (ragioni concrete della spesa). Nello specifico ‘Ufficio, con riferimento ai rapporti della PCM con la ASD F. C., ha dato atto che la PCM, in sede procedimentale, depositò un contratto di pubblicità, datato 31 luglio 2008 con la previsione di un corrispettivo pari ad euro 30.000,00, scrittura privata non autenticata, priva di data certa e dunque inopponibile ai terzi, oltre a fatture , pagamenti e registrazioni contabili. Analogamente, in relazione ai costi per sponsorizzazione fatturati dalla ASD I.D.F., è stato dedotto come prova un contratto pubblicitario il quale prevede, per l’anno 2008, il corrispettivo di euro 16.000,00 (oltre all’IVA), a fronte dell’esposizione di un cartellone pubblicitario nel campo sportivo di Isola di Fano. L’unica foto esibita all’Ufficio riguarda un cartellone esposto in un campo sportivo vuoto e al di fuori di qualunque contesto di gara o evento. generico, senza indicazioni sul tipo e sulle modalità di svolgimento della prestazione. Infine, la fattura n. 22 del 23 ottobre 2008 si richiama ad un contratto di sponsorizzazione del 5 marzo 2008, la cui esistenza giuridica non sarebbe stata dimostrata, posto che l’unica scrittura privata prodotta sarebbe stata quella del 1 0 luglio 2008. In merito al requisito di inerenza, l’Ufficio ha poi osservato che la PCM svolge l’attività di lavorazione metallica e che, in concreto, difetterebbe il collegamento logico e funzionale Infine, nell’appello la PCM non ha formulato alcuna censura sulla presunzione di distribuzione degli utili, vista la ristretta base azionaria e, quindi, il tema esula dall’oggetto dell’impugnazione. In conclusione l’appello va respinto. Il regolamento delle spese processuali segue la soccombenza.
P.Q.M.
La Commissione tributaria regionale respinge l’appello. Condanna l’appellante alla rifusione delle spese processuali nei confronti dell’Ufficio liquidate in euro 1.500,00.
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