COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Emilia-Romagna sentenza n. 1972 sez. 12 depositata il 2 ottobre 2015
Massima
La CTR di Bologna ha accolto l’appello proposto da un monastero di clausura avverso la sentenza di primo grado che ne aveva stabilito l’assoggettamento al pagamento della TARSU. L’ente monastico, secondo i giudici emiliani, è da ritenersi escluso dal pagamento della tassa in quanto il regolamento per l’applicazione della TARSU deliberato dal comune di Bologna prevede l’esclusione per “gli edifici o loro parti adibiti al culto, nonché i locali strettamente connessi all’attività del culto”. Nel caso di specie, infatti, trattandosi di un Monastero di clausura, i giudici propendono per ritenere connessi con il culto tutti i locali del monastero, con relativa esenzione dal pagamento dell’imposta degli stessi.
Il Monastero di clausura, per la diffusa pratica di culto in tutti i locali che lo costituiscono, è escluso dalla tassazione ai fini Tarsu, sia in base al disposto dell’art. 68 del D.Lgs. n. 507/93, che in base al conseguente regolamento dell’Ente comunale, che statuisce la totale esclusione dalla tarsu sia la parte della struttura monastica, ove si celebra il culto, sia i locali strettamente connessi all’attività del culto stesso.
Testo:
Con avviso n. XXXX il Comune di Bologna Settore Entrate – ufficio TARSU – accertava a carico dell’appellante Monastero XXXXXXX – sito in via XXXXX (BO) l’omesso pagamento della TARSU entro la data del 30/11/2012 del carico tributario liquidato per il periodo d’imposta 2012 pari ad euro 11.314,00, intimandone il pagamento.
Il Monastero proponeva ricorso contro tale avviso di fronte alla Commissione tributaria provinciale di Bologna, che con la sentenza n. 1324/02/2014 lo rigettava, compensando le spese di giudizio.
L’Ente monastico appellava la sentenza dei Primi Giudici, deducendo la non tassabilità – ai fini della tassa sui rifiuti solidi urbani – dei propri locali, dediti al culto esercitato da Suore di clausura, da lunghissimo tempo.
CHIEDEVA di dichiarare del tutto infondato l’avviso di pagamento del suddetto importo relativo alla TARSU del 2012, con la contestuale richiesta di sospensione cautelare della sentenza dei Primi Giudici per la esistenza dei presupposti sia del fumus boni iuris che del periculum in mora.
All’odierna pubblica udienza, le Parti esponevano le proprie tesi difensive sui contenuti della sentenza appellata ed oggetto della presente causa.
Questo Collegio, preso atto delle tesi difensive delle suddette Parti in causa e disaminata la documentazione versata in atti dalle Stesse, non ritiene condivisibili le conclusioni della sentenza di primo grado.
Va puntualizzato il fatto che, a prescindere dalle vicende contenziose che si sono sviluppate negli anni dal 2005 al 201l, cui fanno riferimento i Primi giudici, l’odierno giudizio verte sul periodo d’imposta 2012, dotato di una sua peculiare autonomia (come tutti i periodi d’imposta) ed al quale corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria, come disposto dallo articolo 64 – I comrna – del D.lgs 507/93, istitutivo al Capo III della TARSU.
Sulla scorta dell’art. 68 del citato D.lgs n.507/93 il Comune di Bologna ha adottato un apposito Regolamento al fine di regolamentare le categorie o sottocategorie di locali , le potenzialità connesse di produrre rifiuti e la tassabilità con la medesima misura tariffaria.
Il suddetto Regolamento per l’applicazione della TARSU, è stato deliberato in data 11/7/1994, n. prot. Gen. 65431/94, e risultava in vigore alla data del periodo d’imposta oggetto della presente causa (2012).
L’articolo 5 del suddetto Regolamento, intitolato ” Esclusione dalla TARSU ” alla lettera “h” recita che sono esclusi dalla tassa: ” edifici o LORO PARTI ADIBITI AL CULTO, nonché i LOCALI STRETTAMENTE CONNESSI all’ATTIVITA’ del CULTO stesso”.
Una ponderata riflessione ed interpretazione della norma regolamentare suddetta, porta in re ipsa a ritenere del tutto esclusa dalla tassa di che trattasi l’edificio di culto , oggetto dell’appello.
Sia tutta l’architettura monastica, che la specificità del culto esercitato dalle suore (appartenenti ad un Ordine di clausura) fanno sì che tutte le parti strutturali del Monastero siano destinate al culto: la cappella, il Coro, il chiostro, lo stesso refettorio sono luogo di preghiera e meditazione claustrale.
Parimenti, sono considerati esclusi dalla tassazione, a norma del citato Regolamento comunale ” i locali strettamente connessi alla attività di culto stesso”: questo Collegio ritiene molto problematico per l’Ente locale impositore stabilire quali possano definirsi -nell’ambito di un Monastero di CLAUSURA- quali siano i locali NON STRETTAMENTE connessi con il culto, posto che per motivi di natura ” funzionali” TUTTO il Monastero di clausura è architettato e strumentale alla attività costante, giornaliera e diffusa al proprio interno di preghiera e meditazione.
Appare, dunque, del tutto fondata l’ipotesi di esclusione dalla tassazione del Monastero di che trattasi, cosi come identificato dalla normativa regolamentare del citato art. 5 -lettera “h” del Regolamento comunale.; come appare del tutto giustificato il comportamento di Parte appellante (relativamente ad annualità pregresse) di opposizione alla tassazione ai fini di una tassa comunale, per la quale lo stesso Ente comunale – fin dal 1994- ne aveva previsto l’esclusione, in base al Regolamento fin da allora vigente: sul punto si ribadisce il dissenso con la sentenza di prime iure.
La particolarità della questione, riguardante un’ipotesi complessa di fiscalità locale, legittima la compensazione delle spese di giudizio.
La Commissione accoglie l’appello del Monastero e – per l’effetto dichiara non dovuto il pagamento della TARSU di euro 11.304,00 con relative spese accessorie. Compensa le spese di giudizio.
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