COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE LIGURIA – Ordinanza 23 settembre 2020
ICI e IMU – Agevolazioni per l’abitazione principale – Requisiti – Dimora abituale e residenza anagrafica del contribuente e del nucleo familiare – Preclusione, in base all’interpretazione giurisprudenziale assunta come diritto vivente, della riduzione/esenzione dall’imposta per entrambi i coniugi, non legalmente separati, aventi residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in Comuni differenti – – Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), art. 8, comma 2, come modificato dall’art. 1, comma 173, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”); decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 13, comma 2
Fatto e svolgimento del processo
1) Con l’impugnata sentenza (n. 44/03/18) la C.T.P. di Genova respingeva il ricorso proposto da D.P.A. avverso l’avviso diaccertamento (n. 1365/16) col quale il Comune di Lavagna gli contestava il mancato pagamento dell’ICI per l’anno 2011 (di euro 524,00) per l’appartamento di sua esclusiva proprietà sito in Lavagna, corso B.A., dove lo stesso aveva «residenza anagrafica» ma, secondo l’Ufficio – non anche «dimora del nucleo familiare», in quanto la moglie sig.ra C.L. era residente, nello stesso anno, col figlio D.P.M., in Chiavari, via S.R., in appartamento di sua esclusiva proprietà.
La presente controversia è parte di un contenzioso «seriale» del Contribuente contro gli accertamenti del Comune di Lavagna per ICI (dal 2007 al 2011) e IMU (dal 2012 in poi), tutti fondati sugli stessi presupposti di fatto, conclusi con giurisprudenza altalenante nei due gradi di giudizio di merito.
2) L’avviso di accertamento motivava: che la moglie usufruisce per la propria abitazione in Chiavari l’esenzione ICI; che la moglie e il figlio sono fiscalmente a carico del Ricorrente; che i consumi di energia elettrica nell’appartamento del Contribuente in Lavagna risultano bassi, incompatibili con l’uso costante dell’abitazione da parte del nucleo familiare; che pertanto «si ritiene che la dimora abituale del nucleo familiare sia in Chiavari», presso la residenza della moglie e che, di conseguenza, il Ricorrente abbia «usufruito dell’agevolazione ICI prima casa relativamente ad unità immobiliare non rispondente al domicilio abituale del Contribuente assieme al nucleo familiare».
3) Il ricorrente formulava alcune eccezioni preliminari, riproposte in appello, relativamente alla regolarità di svolgimento del preventivo contraddittorio endoprocedimentale, anche sotto il profilo dell’incompletezza della motivazione in violazione dell’art. 7, comma 2, legge n. 212/2000 (cd. Statuto del Contribuente).
4) Nel merito, riconosceva come pacifici alcuni fatti (i coniugi erano residenti in appartamenti di loro esclusiva proprietà, siti in due comuni liguri diversi, Lavagna e Chiavari, per i quali hanno sempre usufruito delle aliquote agevolate e, dal 2008, dell’esenzione nel versamento dell’ICI e poi dell’IMU, cosi come per l’anno 2011 (oggetto del presente giudizio).
5) Contestava viceversa gli altri fatti allegati dal Comune, assumendo: di essere «… separato di fatto dal 1993, in regime di separazione dei beni, con domicili e residenze in comuni diversi fin dal 1993 (io sempre a Lavagna e mia moglie prima a Milano e poi dal 2006 a Chiavari…» (pag. 20 ricorso primo grado); che tutte le raccomandate indirizzate al Contribuente presso l’indirizzo di Chiavari della moglie non erano mai state ritirate costituendo serio indizio, colà, di sua non dimora abituale; che esistevano tutte le usuali utenze domestiche allo stesso intestate in Lavagna con consistenza dei consumi rilevati compatibile con l’uso prevalente del piccolo appartamento da parte del nucleo familiare, senza prova contraria da parte del Comune; che in Lavagna aveva anche scelto il medico di famiglia e ha domicilio fiscale.
6) Il Comune controdeduceva, in sintesi, che nel caso di specie la prova, anche indiziaria, della residenza «effettiva» o «fittizia» del Ricorrente in Lavagna era inconferente e superflua il quanto la (pacifica) residenza della moglie, non legalmente separata, nel diverso Comune di Chiavari era, di per sé sola, in applicazione dell’art. 8 del decreto legislativo n. 504/1992, preclusiva dell’agevolazione ICI praticata dal marito in quanto prova inconfutabile della non convivenza nella «abitazione principale mila quale il contribuente e i suoi familiari dimorano abitualmente».
7) La Commissione tributaria provinciale – ritenute infondate tutte le eccezioni preliminari in quanto, allo stato della prevalente giurisprudenza, anche comunitaria, l’obbligatorietà del contraddittorio preventivo (dal quale poter far discendere la nullità dell’accertamento) vale solo per i tributi cd. armonizzati, esclusi quelli locali, a maggior ragione se effettuati «a tavolino», come nel caso di specie – con la sentenza appellata, respingeva il ricorso, compensando integralmente le spese del grado.
8) La prima sentenza (depositata il 12 febbraio 2018) superava – assorbendola nel merito – l’eccezione del Comune, che riteneva generalmente preclusivo del beneficio il (solo) fatto diversa residenza dei coniugi (con presunzione juris et de jure di «non convivenza nella abitazione principale») ma, al contempo, ne accoglieva la linea difensiva nel caso concreto, sulla base del seguente ragionamento logico-giuridico: la norma in esame ha natura «agevolatrice», quindi di «stretta interpretazione» e «nell’ipotesi di non coincidenza tra abitazione principale e residenza anagrafica soggetto passivo dell’imposta ha l’onere di fornire la prova rigorosa in merito… di avere effettivamente la residenza nell’appartamento a Lavagna in modo continuativo». Quindi, spetterebbe al Contribuente la prova, anche indiziaria, di coincidenza della propria residenza «effettiva» (e dimora abituale) con quella «anagrafica o, al contrario ma simmetricamente, che la propria residenza anagrafica non sia «fittizia».
9) Avverso tale sentenza proponeva tempestivo appello il Contribuente riproponendo e ulteriormente specificando le stesse eccezioni e difese, preIiminari e di merito già formulate, sostenendo l’erroneità della decisione adottata, alle quali controdeduceva tempestivamente il Comune.
10) Questo collegio, a seguito di rinvio dell’udienza, dell’11 marzo 2020 per emergenza sanitaria COVID-19, all’udienza del 23 settembre 2020, svoltasi con le formalità di cui all’art. 34, decreto legislativo n. 546/92, ritenute infondate tutte le eccezioni preliminari, riproposte in appello dal Contribuente, relativamente alla regolarità di svolgimento del preventivo contraddittorio endoprocedimentale, nondimeno ritiene che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale che, per i motivi di seguiti illustrati, viene sollevata d’ufficio.
Motivi
11) S’impone a questa CTR, per decidere la presente controversia, di esprimersi sull’interpretazione adottata dal Comune di Lavagna, ai fini dell’esenzione dall’imposta, sotto il duplice profilo del valore probatorio (legale o semplice) della certificazione di residenza anagrafica e dell’onere probatorio (del Contribuente o del Comune) al fine della prova della residenza «effettiva» nella «abitazione principale/familiare».
Tale interpretazione, risulta ormai trasformata in «diritto vigente» dalla recente giurisprudenza di legittimità del 2020 che lo ha parzialmente confermato (ordinanze della Cassazione, sez. VI, nn. 4166/2020 e 4170/2020) e, non consentendo ormai diverse interpretazioni, pare presentare profili di legittimità costituzionale.
12) Ciò in quanto il Comune, nonostante la (pacifica) residenza anagrafica del Ricorrente in Lavagna, ha revocato (anche) per l’anno 2011 il beneficio dell’esenzione ICI (per «abitazione principale»), applicando la tassazione dell’immobile (per «casa a disposizione»), per il solo fatto della diversa residenza anagrafica della moglie nel Comune di Chiavari, ritenuta abitazione principale, da ciò presumendo che il Ricorrente fosse colà di fatto domiciliato/dimorante; con l’aggiunta, in via subordinata, che lo stesso non avrebbe comunque indicato «la dimora abituale del nucleo familiare ed individuato l’abitazione a cui applicare l’esenzione per abitazione principale» (cfr: nota all’avviso di accertamento).
13) L’art. 8, comma 2, del decreto legislativo n. 504/1992 in materia ICI, applicabile ratione temporis, per le agevolazioni/esenzioni fiscali, definisce «unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, … salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica… (aggiungendo infine che)…Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente».
14) L’interpretazione fornita dal Comune di Lavagna – sia per quanto concerne il valore probatorio della residenza anagrafica (legale o semplice) e sia circa l’onere probatorio (del Contribuente o del Comune) – non è l’unica possibile tanto che la Cassazione con alcune sentenze/ordinanze in materia (n. 18937/19, n. 15439/19, n. 8367/19, n. 5413/19, n. 20368/18, n. 13062/14, n. 14389/10) nell’intento di interpretare la norma (di non felice formulazione) scoraggiando comportamenti fraudolenti ed elusivi dell’obbligo di pagamento di ICI e IMU, aveva delineato i seguenti principi di diritto:
a) la residenza anagrafica di un coniuge vale come indizio di «abitazione principale» del Contribuente e del suo nucleo familiare, anche unipersonale, in quella abitazione, dove si presume abbia anche dimora abituale;
b) tale indizio deve però cedere di fronte alla prova sostanziale, anche indiziaria, fornita dalla parte onerata, che i due coniugi non sono conviventi in un’unica abitazione e che quella dell’altro coniuge costituisce «abitazione principale» del nucleo familiare, solo alla quale (ricorrendo le condizioni di legge), è applicabile il beneficio fiscale dell’esenzione, ancorché i due coniugi abbiano residenze anagrafiche diverse;
c) la diversa residenza (anagrafica) dei coniugi – magari per motivi di salute o lavoro – non esclude la convivenza che dovrebbe caratterizzare il rapporto affettivo di coniugio che viene meno solo con il verificarsi della insanabile frattura dei reciproci sentimenti e con la conseguente separazione.
La Cassazione ancora recentemente (ordinanza n. 15439/2019) dopo aver ribadito che la ratio della norma, è quella di impedire che la fittizia assunzione della dimora o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei la possibilità per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per la abitazione principale, ha chiarito che l’interpretazione dell’art. 8 citato «… deve tener conto che il concetto di “abitazione principale” richiama quello tradizionale di “residenza della famiglia”, desumibile dall’art. 144, comma 1 del codice civile, come inteso nell’elaborazione giurisprudenziale e, dunque, quale luogo di ubicazione della casa coniugale, perché tale luogo individua presuntivamente la residenza di tutti i componenti della famiglia, salvo che tale presunzione sia superata dalla prova che lo spostamento della propria dimora abituale sia stato causato dal verificarsi di una frattura del rapporto di convivenza…» (V. Cassazione sez. 5, 15 giugno 2010, n. 14389, cit. in motivazione). Ne deriva – prosegue la motivazione – che «… occorre distinguere l’ipotesi in cui il presupposto di fatto, in relazione al quale deve valutarsi l’applicabilità del beneficio per la casa principale, sia costituito dalla mera circostanza che due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, da quella, ben diversa, in cui risulti accertato che il trasferimento della dimora abituale di uno dei coniugi sia avvenuto “per la frattura del rapporto di convivenza, cioè di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilità della prosecuzione della coesistenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra casa coniugale e abitazione principale” (v. Cassazione, sez. 6-5, 17 maggio 2018, n. 12050, non massimata). Nel primo caso, infatti, il nucleo familiare (inteso come unità distinta ed automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potrà essere anche l’abitazione principale” ad esso riferibile… nel secondo caso, invece, la frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, intesa quale separazione di fatto, comporta una disgregazione del nucleo familiare e, conseguentemente, l’abitazione principiale” non potrà essere più identificata con la casa coniugale».
15) Fino a questo punto al giudicante sarebbe stata ancora consentita un’interpretazione – eventualmente difforme da quella adottata dal primo giudice – tendente a superare il dubbio di costituzionalità con un’interpretazione (ritenuta più) «costituzionalmente orientata», nel senso di limitare il beneficio ICI a un solo immobile sito nel comune di residenza di entrambi i soggetti costituenti il nucleo familiare, senza escluderlo a priori, per il soggetto residente in altro comune per esigenze personali, salva la prova, anche indiziaria, della parte onerata che la doppia residenza dei-coniugi avesse (o non avesse) finalità elusiva del pagamento dell’imposta in quanto la residenza anagrafica del Contribuente fosse «fittizia». Ciò in quanto, in presenza di una diversa residenza anagrafica certificata da due comuni diversi, che presuppone anche una diversa dimora abituale dei coniugi, può legittimamente presumersi che la cessazione della convivenza dipenda dalla frattura di fatto del rapporto coniugale (specialmente se tale circostanza è dichiarata anche da uno o entrambi i coniugi, che si aggiunge agli altri fatti indiziari), salva la prova contraria a carico della controparte interessata che può essere resa anche con altri fatti indiziari contrari e più convincenti al prudente apprezzamento del giudice. In conclusione, questo collegio – sulla base dell’indirizzò che pareva essere stato tracciato dalla precedente giurisprudenza di legittimità – avrebbe potuto dare continuità alle precedenti sentenze di questa Commissione regionale, favorevoli ai Contribuenti (CTR Liguria n. 119/2020, nn. 818, 914, 1242, 1439/2019, e altre: CTR Bologna n. 914/2019, CTR Toscana n. 551/2017, CTR Roma n. 1524/09/2016), che non escludevano il doppio beneficio per coniugi residenti anagraficamente in comuni diversi, onerando (a seconda dell’impostazione accolta) il Contribuente o il Comune dell’onere della prova.
16) Tale conclusione interpretativa si fonda sulle seguenti considerazioni:
a) Alla normativa ICI si è sovrapposta dal 2012 quella IMU del 2012 per le parti espressamente modificate, rimanendo per il resto in vigore le precedenti disposizioni e le applicazioni di prassi.
b) L’interpretazione logico-sistematica dell’art. 8 del decreto legislativo n. 504/1992 in materia ICI non può non tener anche conto anche dell’art. 13, ultima parte, della legge n. 214/2012 in materia IMU (Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze ln relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile) e dell’interpretazione data dal MEF che, seppure non avente rango di «legge di interpretazione autentica» e, come tale, non gerarchicamente vincolante per il Comune, nondimeno costituisce autorevole indirizzo applicativo concreto avente efficacia generalizzata e vincolante a livello nazionale per tutti gli Uffici finanziari («Il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative»);
c) La disposizione normativa applicabile ai coniugi residenti nello stesso comune, come precisato dalla sopra ricordata circolare MEF del 2012, ha natura certamente «antielusiva» ma non «agevolatrice» (per entrambi, altrimenti entrambi sarebbero esclusi dal beneficio) non suscettibile di interpretazione estensiva, bensì «limitatrice» (a uno solo, altrimenti entrambi sarebbero ammessi al beneficio), ammessa a interpretazione estensiva. Limite che viene meno per i coniugi residenti in comuni diversi per i quali l’agevolazione spetta a entrambi, salva la prova del comportamento elusivo/abusivo del Contribuente.
La Cassazione ha chiarito che, ricorrendone le condizioni di legge, il beneficio ICI/IMU spetta (solo) al coniuge che possegga la «abitazione principale» (il beneficio dell’esenzione per l’abitazione principale, che spettano al possessore e al suo nucleo familiare che hanno residenza e dimora abituale in un determinato immobile, costituisce un vantaggio fiscale di natura eccezionale che per i coniugi non legalmente separati non può essere duplice. Cassazione n. 7436/2019).
d) L’interpretazione accolta dal giudice di primo grado porta (conseguentemente) a escludere senz’altro il beneficio per entrambi i coniugi con residenza anagrafica in comuni diversi, salva la prova, a carico del contribuente, della separazione legale o divorzio.
e) Cosi interpretando, il fondamento dell’esenzione dell’Imposta sarebbe la «rottura di fatto del rapporto coniugale», cioè un «motivo» soggettivo e personale (non formalizzato con la separazione legale o il divorzio in data certa), in contrasto con tutti i principi del diritto tributario che, viceversa, richiedono ai presupposti di qualsiasi imposta il carattere della precostituita oggettività.
Si aggiunge che la prova della separazione di fatto, per giustificare la non convivenza col coniuge, posta a carico del Ricorrente potrebbe scontrarsi con i principi posti a tutela della privacy non solo del Contribuente ma anche di soggetti terzi quali i componenti della famiglia nella più ampia accezione e che il requisito formalistico della «rottura di fatto del rapporto coniugale» sarebbe facilmente ottenibile dai coniugi con semplice dichiarazione di separazione consensuale, magari, «fittizia».
f) Inoltre l’interpretazione adottata – pur nella formale differenza delle situazioni raffrontate – porterebbe sostanzialmente a discriminare i «matrimoni» rispetto alle «coppie di fatto» e alle «unioni civili», perché nel primo caso (specialmente in assenza di figli minori conviventi col padre o con la madre, quindi nell’impossibilità di stabilire il domicilio, del nucleo familiare prevalente), sia il marito che la moglie perderebbero (astrattamente) il beneficio, con disparità di trattamento rispetto ai conviventi di fatto (in coppie eterosessuali o omosessuali) i quali potrebbero (astrattamente) beneficiare, entrambi, del beneficio fiscale, determinando un trattamento meno favorevole della coppia «matrimoniale» rispetto a quella «di fatto».
g) Le nozioni di «famiglia anagrafica» e di «nucleo familiare» sono distinte e non sempre coincidenti stante che l’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223/89, stabilisce che «la famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona» e che la residenza anagrafica costituisce certificazione pubblica di dimora abituale per ciascun coniuge e che non può escludere sic et simpliciter la connotazione di «abitazione principale» all’immobile di residenza per il quale si chiede l’esenzione per il solo fatto della residenza in altro comune dell’altro coniuge. Ciò in quanto, ai fini ICI e IMU, la «famiglia» richiede la «coabitazione» e la «dimora abituale» se i coniugi risiedono nello stesso comune, ma non anche in comuni diversi, stante che il vincolo coniugale non cessa col venir meno – magari temporaneo per motivi personali o di lavoro – della convivenza pena, in caso contrario.
h) La prova, anche indiziarla, a dimostrazione che la residenza anagrafica del Contribuente sia «fittizia» in quanto lo stesso dimora abitualmente altrove e l’abitazione agevolata non è la sua «abitazione principale» è sempre possibile, con qualsiasi mezzo, ma deve essere fornita dal Comune che assume il comportamento elusivo del coniuge e che, con le facoltà investigative suo possesso (certificati anagrafici, di stato di famiglia, di collegamento con banche dati nazionali del Fisco e di altri comuni/amministrazioni/enti, ecc.), magari attivando un mirato contraddittorio endoprocedimentale, è in grado di raggiungere e motivare, sulla base delle informazioni acquisite, il proprio convincimento circa la discordanza tra la residenza anagrafica e quella effettiva del contribuente, in quanto, se non esiste la «prevalente dimora abituale», deve cessare (per cancellazione) anche «la residenza anagrafica certificata» nello stesso comune; fino ad allora la prima e la seconda devono presuntivamente ritenersi coincidenti, salvo prova contraria della parte che afferma la divergenza.
i) La legge n. 126/2008 di conversione del decreto-legge n. 93/2008, per l’esclusione dell’ICI alla «abitazione principale» ripropone quella «considerata tale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504» e successive modifiche ed integrazioni.
j) La legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019), all’art. 1, commi 738 e ss., ha modificato la materia introducendo la nuova IMU/TASI. Il comma 740, stabilisce che non costituisce presupposto dell’imposta il possesso dell’abitazione principale come definita alle lettere b) e c) del comma 741 e, per quanto qui interessa, la lettera b) stabilisce che per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente, e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile.
k) La nuova IMU 2020 ha identica definizione e presupposto impositivo rispetto all’IMU 2012; come ulteriormente precisato nella circolare MEF 3/DF del 2012, con limitazione del beneficio a un solo immobile per i coniugi residenti nello stesso comune ma non conviventi. Anche nella novella del 2020 nulla si dispone per i coniugi residenti in comuni diversi. Ora, l’interpretazione logico-sistematica della norma, che tenga anche conto dell’intenzione del legislatore, porta a ritenere che lo stesso, qualora fosse di contrario avviso rispetto all’indirizzo espresso dal MEF a livello nazionale, lo avrebbe espressamente stabilito, limitando il beneficio a uno dei due e a quale.
17) L’opzione interpretativa sopra esposta – che avrebbe astrattamente consentito la concessione della doppia esenzione per due immobili siti in comuni diversi, ovviamente previa prova delle condizioni di legge – difforme da quella proposta dal Comune e accolta dal primo giudice, che certamente rientrava nella prerogativa decisionale di questa CTR, pare oggi preclusa da due recenti ordinanze della Cassazione, sezione VI, nn. 4166/2020 e 4170/2020, entrambe depositate il 19 febbraio 2020, che – pur avendo a oggetto un accertamento IMU – necessariamente estendono il loro effetto anche alla precedente imposta in quanto espressamente richiamano precedenti arresti giurisprudenziali in materia ICI (Cassazione n. 14389/2010, n. 20368/2018, n. 5314 e altri sopra elencati).
18) Infatti queste due recenti sentenze, partendo dal fatto «incontestato che il coniuge della ricorrente risieda in un altro comune»: fattispecie identica a quella in esame), ritengono «la necessità che in riferimento alla stessa unità immobiliare tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo vi dimorino stabilmente, ma vi risiedano anche anagraficamente», così estendendo anche all’IMU il principio originariamente enunciato per l’ICI per cui «ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le abitazioni principali dall’art. 8 del decreto legislativo n. 504/1992, un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari» (Cassazione n. 14389/2010).
19) La giurisprudenza di legittimità, da ultimo richiamata come consolidata nel decennio precedente, costituisce ormai orientamento nomofilattico di legittimità tale da con figurare «diritto vivente», tanto da annullare ogni difforme spazio interpretativo, oltre quello enunciato da ultimo dalla Cassazione per cui l’agevolazione dell’imposta è preclusa per entrambi i coniugi, non legalmente separati, per il solo fatto di avere residenza e dimora abituale in diversi comuni (in logica conseguenza della carenza per ciascuno di una propria «abitazione principale»).
20) La norme così intese (art. 8 del decreto legislativo n. 504/1992 e art. 13, comma 2, del decreto-legge n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011) paiono assumere profili di illegittimità costituzionale in violazione degli art. 3, 16, 29 e 53 della Costituzione (nella parte in cui precludono per entrambi i coniugi dimoranti in comuni diversi, sulla base della sola certificazione anagrafica, l’agevolazione fiscale ICI/IMU) in quanto:
a) determinano una disparità di trattamento tra coppie «coniugate» che, pur conviventi di fatto, hanno residenza anagrafica nello stesso comune o in comuni diversi (consentendo alle prime una detrazione ICI/IMU e nessuna alle seconde);
b) determinano una disparità di trattamento tra coppie «coniugate» e «di fatto» o «unioni civili» (consentendo alle prime una o nessuna detrazione, a differenza dalle altre, alle quali possono spettarne anche due);
c) determinano un irrazionale onere alla libertà di circolazione. e soggiorno delle coppie «coniugate», rispetto alle altre, ponendo limitazioni economiche (esclusione dal beneficio fiscale) in base esclusivamente alla scelta della diversa residenza anagrafica dei coniugi;
d) correlano (parte de) la capacità contributiva dei coniugi al solo fatto formate della loro residenza anagrafica, in base esclusivamente alla scelta della diversa residenza anagrafica dei coniugi.
21) Pertanto si ravvisa nel presente giudizio la rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni poste, relative al: decreto legislativo n. 504/1992 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche ed integrazioni, art. 8, comma 2 (Dalla imposta dovizia per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica, … Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente), come integrato dalla legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) all’art. 1, comma 173, lettera b, che ha aggiunto, dopo le parole «adibita ad abitazione principale dei soggetto passivo»: «intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica»; decreto-legge n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche ed integrazioni, art. 13, comma 2, (Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile).
22) Conseguentemente si ravvisa l’illegittimità costituzionale di entrambe le norme nella parte in cui, secondo il «diritto vivente», escludono la riduzione/esenzione dall’imposta per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in diversi territori comunali, di fatto escludendo la prova contraria della parte interessata, Comune o Contribuente, in quanto è la stessa certificazione anagrafica a costituire prova documentale della residenza/dimora abituale attuali.
23) Pertanto questa CTR, ai sensi dell’art. 23, comma 2 della legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva d’ufficio questione di legittimità costituzionale, sospende il presente giudizio fino alla definizione dell’incidente, di costituzionalità e manda la Segreteria, ai sensi dell’art. 23, comma 4 della legge 11 marzo 1953, n. 87, a notificare la presente ordinanza alle parti costituite ed al Presidente del ConsigIio dei ministri, nonché a darne comunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
P.Q.M.
Letti gli articoli 134 e 137 Costituzione; l’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, decreto legislativo n. 546/92, sia in sé che in relazione al comma 1 di essa norma, per divisato contrasto con gli articoli 3, 24 e 117, comma 1 Costituzione, nonché con criteri di razionalità e con i principi generali dell’ordinamento nei sensi di cui in motivazione;
A. dispone la sospensione del presente giudizio;
B. dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonché comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;
C. dispone infine l’immediata trasmissione della presente ordinanza alla Corte costituzionale assieme al fascicolo processuale, nella sua interezza e con la prova delle avvenute e rituali notificazioni e comunicazioni predette.
Ordinanza di rimessione atti alla Corte costituzionale per questione di legittimità.
Decreto di correzione di errore materiale
Premesso che la Commissione regionale della Liguria, sezione seconda, con ordinanza n. 297 (R.G.N. 168/2018) depositata il 23 settembre 2020 nel giudizio d’appello promosso da D.P.A. contro Comune di Lavagna (GE), ha sollevato questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo n. 504/1992 e successive modifiche ed integrazioni, art. 8, comma 2, come integrato dalla legge n. 296/2006 art. 1, comma 173, lettera b, decreto-legge n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011 e successive modifiche ed integrazioni, art. 13, comma 2, nella parte in cui escludono la riduzione/esenzione dall’IMU per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in diversi territori comunali;
considerato che l’ordinanza contiene il seguente errore materiale: nel P.Q.M. viene indicato come atto impugnato l’art. 58, secondo comma, del decreto legislativo n. 546/92, diversamente da quanto invece segnalato in motivazione nella quale vengono menzionati il decreto legislativo n. 504/, art. 8, secondo comma ed il decreto-legge n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011 art. 13, comma 2;
preso atto dell’errore materiale;
Decreta:
Il P.Q.M. di cui alla predetta ordinanza viene corretto nella prima parte come segue e confermato per il resto.
P.Q.M.
Letti gli articoli 134 e 137 Costituzione; l’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, del decreto legislativo n. 504/1992, come integrato dalla legge n. 296/2006, art. 1, comma 173, lettera b, art. 13, comma 2, decreto-legge n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011 e successive modifiche ed integrazioni, per ravvisato contrasto con gli articoli 3, 16, 19 e 53 della Costituzione.
Fermo il resto.
Dispone che il presente decreto sia notificato e comunicato ai sensi dell’art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87.
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