COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE LOMBARDIA – Sentenza 02 marzo 2018, n. 893
Tributi – TARSU – Ingiunzione di pagamento – Mancata notifica dell’accertamento – Allegazione dell’accertamento all’ingiunzione – Effetto sanante – Esclusione – Impugnazione della sola ingiunzione – Perfezionamento della notifica dell’accertamento – Nuova emissione dell’ingiunzione – Sussiste
Il contenzioso ha ad oggetto 5 ingiunzioni di pagamento emesse dal Comune di Milano in data 04.12.2014 per richiedere alla signora M. il pagamento della Tassa Smaltimento Rifiuti per gli anni dal 2008 al 2012, come risultante da 5 avvisi di accertamento presupposti, emessi tutti in data 29.10.2013; e ciò in relazione all’immobile di residenza di via E..
La Commissione Tributaria Provinciale in primo grado ha accolto il ricorso della contribuente ed ha annullato le ingiunzioni rilevando, in accoglimento di una specifica eccezione sollevata dalla parte privata, che non era stata fornita la prova della avvenuta notifica degli avvisi di accertamento sottostanti e presupposti dalle intimazioni di pagamento; circostanza in sé decisiva indipendentemente dal fatto che le ingiunzioni potessero risultare apparentemente motivate attraverso la predisposizione e inserimento di una tabella. Il Comune è stato anche condannato a rifondere le spese di lite.
Propone appello il Comune rilevando: che la signora M. abita nell’appartamento indicato e non ha mai dichiarato l’occupazione dell’immobile a fini TARSU; l’attività di accertamento è stata avviata nel 2013 ed è emerso che la M. è entrata in possesso della unità immobiliare addirittura dal 1998 e non ha mai dichiarato l’occupazione dell’immobile, come imposto dalla normativa vigente; la M. ha confermato di occupare l’immobile e non ha contestato la superficie imponibile, limitandosi a contestazioni formali. La decisione di primo grado, a dire del Comune, è sbagliata perché i plichi, notificati solo nel gennaio 2015, per ciascuna annualità contenevano entrambi gli atti: gli avvisi di accertamento e le ingiunzioni di pagamento. Ne consegue quindi che, anche se l’ufficio non ha potuto rinvenire la prova della prima notifica degli avvisi di accertamento avvenuta nel 2013, certamente, quantomeno per le annualità dal 2009 al 2012, gli stessi si dovevano comunque intendere rinotificati e, quindi, ben notificati gli stessi atti di accertamento, anche se si fosse trattato della prima notifica degli stessi, perché comunque si tratta di una notifica effettuata entro i termini di decadenza previsti dalla legge (quanto al 2009, in particolare, comunque il plico risulta spedito il 31.12.2014 – sebbene ricevuto a gennaio 2015 – e quindi entro il termie del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui si doveva effettuare il pagamento; stando quindi al principio di scissione degli effetti della notifica fra mittente e destinatario la notifica è valida e tempestiva). Ne consegue che la parte privata avrebbe dovuto impugnare anche gli avvisi di accertamento e non le sole ingiunzioni di pagamento per evitare il consolidamento della pretesa tributaria. Peraltro, il comportamento della parte, che contesta anche il merito della pretesa tributaria – laddove rileva che per le annualità 2008 e 2009 la pretesa è prescritta e laddove sostiene che la TARSU è stata abolita dal 2010 – di fatto dimostra come la parte stessa abbia inteso impugnare non solo le ingiunzioni di pagamento per motivi formali, ma anche gli avvisi di accertamento presupposti, allegati alle stesse, per ragioni di merito. Il Comune da ultimo, ribadisce e analizza diffusamente – per confutare una serie di eccezioni formali sollevate dalla parte in sede di ricorso, anche se non esaminate dal giudice di primo grado – gli argomenti normativi e giurisprudenziali a supporto delle seguenti tesi: l’Ente Impositore può procedere autonomamente alla notifica degli atti tributari (art. 1 comma 161 L. 296/2006); era applicabile e vigente la TARSU negli anni di interesse; è legittima applicazione delle sanzioni e del loro conteggio, trattandosi di un caso di omessa dichiarazione, violativa di un preciso obbligo di legge.
Si è costituita la parte contribuente chiedendo la conferma della decisione di primo grado avendo i primi giudici fatto corretta applicazione del basilare principio di diritto secondo il quale l’omessa notifica di un atto di accertamento determina la nullità dell’atto consequenziale. Questa era stata, come sottolinea la parte, l’eccezione preliminare ed assorbente; e solo in via subordinata si era eccepita l’illegittimità nel merito della pretesa.
L’appello del Comune è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Al di là del fatto che, nel merito, risulta pacifico e nemmeno contestato che la M. non abbia versato gli importi dovuti a titolo di TARSU per gli anni di interesse, è altrettanto pacifico, perché risulta per via documentale ed è ammesso dallo stesso ente impositore, che non è stata fornita in questa sede la prova della avvenuta notifica dei 5 avvisi di accertamento emessi in data 29.10.2013, relativi alla pretesa in discussione per gli anni dal 2008 al 2012, e rappresentanti atti presupposto delle ingiunzioni di pagamento emesse in data 04.12.2014 e notificate nel gennaio 2015 (con allegati gli avvisi di accertamento stessi).
Il Comune sostiene che la circostanza che alle ingiunzioni di pagamento siano stati allegati gli avvisi di accertamento sani ogni eventuale problema di notifica autonoma con riguardo a questi ultimi; e che la parte privata era comunque obbligata ad impugnare gli avvisi di accertamento unitamente alle ingiunzioni di pagamento.
La Suprema Corte ha già chiarito, in diverse occasioni, che la mancanza della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto conseguenziale che pur sia stato correttamente notificato, dato che la correttezza e la legittimità del procedimento è assicurata attraverso il rispetto di una sequenza di determinati atti e della loro notificazione, anche al fine di consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa del contribuente. Né appare pertinente l’argomento speso dal Comune secondo il quale tale orientamento riguarderebbe solo il caso in cui sia stato notificato unicamente l’atto conseguente (ad esempio una cartella esattoriale) e non anche l’atto presupposto (ad esempio un avviso di accertamento) né in via autonoma né in allegato – e contestualmente come nel caso in esame – all’atto conseguente. Infatti, la Suprema Corte ha anche chiarito (Cass. SS. UU. n. 5791/2008) che, sebbene sia possibile impugnare l’atto conseguente unitamente all’atto presupposto, si tratta di una mera facoltà del contribuente e non di un suo obbligo e spetterà al giudice di merito interpretare la domanda proposta per verificare se la parte abbia inteso fare valere la nullità dell’atto conseguente per difetto di notifica dell’atto presupposto o piuttosto abbia voluto impugnare contemporaneamente entrambi gli atti contestando nel merito la pretesa avanzata.
Ora. Nel caso in esame, dalla lettura del ricorso introduttivo e dal contenuto delle doglianze riprospettate in appello dalla contribuente M., risulta evidente come la parte privata abbia inteso impugnare unicamente le intimazioni di pagamento, eccependone la nullità per difetto di notifica degli avvisi di accertamento presupposti e non questi ultimi direttamente, nonostante fossero stati allegati alle ingiunzioni di pagamento; laddove le doglianze di merito risultano prospettate unicamente in via subordinata e per l’ipotesi in cui il Comune avesse fornito in giudizio la prova della avvenuta notifica autonoma degli avvisi di accertamento; notifica pregressa e prodromica alla emissione delle ingiunzioni di pagamento, una volta decorsi inutilmente i termini previsti dalla legge per la loro impugnazione.
Ciò detto deve concludersi nel senso che, posto che la M. ha inteso impugnare unicamente le ingiunzioni di pagamento, emesse senza che siano stati previamente notificati gli avvisi di accertamento presupposti, e quindi senza che potesse ritenersi decorso il termine per l’autonoma impugnazione degli avvisi, al solo spirare del quale gli stessi potevano dirsi definitivi legittimando così l’emissione delle ingiunzioni di pagamento; le stesse ingiunzioni correttamente sono state annullate dalla Commissione di primo grado.
Altro tema è poi il fatto che sicuramente a gennaio del 2015, oltre ad essere state notificate le ingiunzioni di pagamento illegittimamente emesse, possa dirsi sicuramente perfezionatasi anche la prima notifica degli avvisi di accertamento, allegati a quelle ingiunzioni ma atti di per sé autonomi, pervenuti con certezza nella sfera di conoscenza della contribuente destinataria. Ne consegue che, non avendo in questa sede la contribuente inteso impugnare gli avvisi di accertamento unitamente alle ingiunzioni di pagamento, a meno che non sia stato proposto autonomo ricorso entro i 60 giorni prescritti, quegli avvisi di accertamento possono certamente dirsi definitivi e funzionali ad una eventuale nuova emissione di legittime ingiunzioni di pagamento; ovviamente nel rispetto dei termini decadenziali e prescrizionali previsti dalla legge.
La natura del contenzioso e la circostanza che pacificamente per anni la M. abbia omesso di pagare gli importi dovuti a titolo di TARSU, giustificano a parere della Commissione l’integrale compensazione fra le parti delle spese relative a questo grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta l’appello del Comune di Milano, conferma la sentenza n.1093/2015 del 23.11.2015 depositata il 05.02.2016 dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano sezione 3; dispone l’integrale compensazione fra le parti delle spese di lite con riferimento a questo grado di giudizio.
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