COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Umbria sez. 1 sentenza n. 222 depositata il 16 giugno 2017
IMU – Esenzione – Non spettanza
Massima:
Il Dominio Collettivo di Amelia (Ente di gestione del patrimonio appartenente ad una collettività insediata nell’ambito di un perimetro territoriale) non rientra nella casistica delle esenzioni dall’IMU posta dall’art.7 comma 1 lett. a) del D.Lgs. n. 504/92 che è norma di stretta interpretazione. Inoltre il Dominio non ha come scopo istituzionale uno di quelli citati nella norma e, per altro, non gestisce direttamente gli immobili che risultano affidati a terzi; da ciò consegue la legittimità dell’atto impositivo.
Testo:
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’atto in esame l’Amministrazione comunale di Amelia ha proposto Appello avverso la sentenza n.453/01/15, resa dalla CTP di Terni all’udienza del 9 novembre 2015. Con tale sentenza era stato accolto il ricorso, proposto dalla parte contribuente XXXXX, oggi appellata, avverso l’avviso di accertamento sopraindicato relativo ad imposta IMU per l’annualità 2013. Al riguardo, in primo luogo si precisa che, ai sensi dell’art.36 del D.Lgs. 546/92, la sentenza deve contenere (tra l’altro) “la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto”. In altri termini la procedura del processo tributario, anticipando la modifica del codice di procedura civile di cui all’art. 132 avvenuta con decorrenza 4 luglio 2009, ha da sempre escluso che la sentenza tributaria debba contenere “l’esposizione dello svolgimento del processo”. Per quanto sopra gli atti introduttivi dei ricorsi, le allegazioni processuali, le costituzioni in giudizio di controparte nonché le memorie aggiuntive devono intendersi qui integralmente richiamate. In dettaglio, secondo le tesi della parte appellante, la sentenza impugnata sarebbe censurabile in quanto l’esenzione dall’imposta IMU prevederebbe la presenza contestuale di due requisiti, uno soggettivo ed uno oggettivo. Sotto il profilo soggettivo l’art. 7 del D.Lgs. 504/92 al comma primo, lett. a) prevede che “sono esenti dall’imposta gli immobili posseduti dalla Stato, dalle regioni, dalle province nonché dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, dalla unità sanitarie locali, dalle istituzioni sanitarie pubbliche autonome di cui all’art. 41 della legge n.833/1978, dalle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”. La successiva lett. i) postula, sotto il profilo oggettivo, lo “ svolgimento, con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, culturali ricreative e sportive ”. Tutto ciò premesso, secondo l’Amministrazione comunale, da una parte il XXXXX non rientrerebbe tra i soggetti esentati per legge (casi di esenzione che non possono essere oggetto di interpretazione estensiva in quanto norma singolare) e, dall’altra, la gestione degli immobili sarebbe stata affidata ad un soggetto terzo, per attività solo parzialmente in linea con la previsione legislativa.
Di tenore opposto la difesa di parte contribuente ha chiesto la conferma della sentenza impugnata che ha esteso l’esclusione dall’imposta in virtù di una interpretazione estensiva della norma. Fissata l’odierna pubblica udienza l’Appello è passato in decisione sulla base delle allegazioni processuali e delle argomentazioni ribadite dai rappresentanti delle parti presenti. Nel merito dei fatti il Collegio ritiene che l’Appello debba essere accolto in quanto la sentenza appellata ha erroneamente riscontrato la presenza dei requisiti di cui sopra sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo. In realtà il XXXXX (XXXXX) non rientra nella casistica posta dall’art. 7 cit., norma di stretta interpretazione. Inoltre nella fattispecie il XXXXX, da una parte, non ha come scopo istituzionale lo svolgimento dei compiti di cui alla citata lett. i) e, dall’altro, non gestendo direttamente gli immobili che risulterebbero, invece, affidati a terzi, si porrebbe al di fuori della previsione di favore. Tale previsione, tra l’altro, richiede che il soggetto che utilizza gli immobili in questione rientri nella casistica di cui al comma primo, lett. c), dell’ex art. 73 oggi 87 del DPR 917/86 (“enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali”) il tutto alla luce del dettato dello Statuto del XXXXX. Da qui l’accoglimento dell’Appello con annullamento della sentenza di primo grado e conferma dell’atto impositivo. La particolarità della sentenza, atteso il quadro interpretativo non univoco nonché l’alternanza dei giudizi, determina la compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio. Visti gli artt.15 e 36 del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n.546.
PER QUESTI MOTIVI
La Commissione accoglie l’Appello. Spese di lite compensate per entrambi i gradi di giudizio. Così deciso in Perugia, nella Camera di consiglio del 15 novembre 2016.
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