COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Umbria sez. 3 sentenza n. 106 depositata il 6 marzo 2017
Detrazioni – Recupero patrimonio edilizio – Controllo formale – Ammissibilità – Cedibilità – Non sussiste – Buona fede – Sanzione – Non irrogabile
Massima:
E’ ammesso lo strumento del controllo formale ex art.36 ter DPR n. 600/73 al fine di disconoscere le detrazioni vantate dal contribuente per interventi di recupero del patrimonio edilizio. In caso di comproprietari sostanziali del tetto (come in specie), il soggetto ammesso alla detrazione ex art. 2 c.1 lett..b) DM del 9/2/07, è l’intestatario delle fatture che ha sostenuto i costi mentre non ha rilevanza ai fini fiscali l’accordo con cui il comproprietario sostanziale del tetto ha riaddebitato il 50% della quota all’altro comproprietario, non potendosi ammettere alcuna cedibilità della detrazione d’imposta che ha natura personale. Il cessionario tuttavia, pur errando nell’applicazione della legge, non deve essere sanzionato avendo agito in buona fede ex art.10 legge n. 212/00.
Testo:
FATTO
1.-L’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Perugia ha proposto appello avverso la sentenza depositata il 24 marzo 2016, n. 191/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia che ha accolto i ricorsi di xxxxx e di xxxxx s.r.l. aventi ad oggetto l’impugnazione di due distinte cartelle di pagamento (notificate il 26 giugno 2015) per maggiore imposta del reddito delle società per l’anno 2010 unitamente ad interessi e sanzioni, emesse a seguito di controllo formale delle dichiarazioni effettuato ai sensi dell’art. 36 ter del d. P.R. n. 600/1973. Tale controllo ha evidenziato a detta dell’Agenzia la non spettanza delle detrazioni indicate dalle società appellate per interventi sul patrimonio edilizio. Le detrazioni indicate trovano il presupposto nelle spese sostenute per il rifacimento del tetto in eternit, realizzato dalla ditta appaltatrice xxxxx s.r.l.. con fatturazione del corrispettivo esclusivamente nei confronti della xxxxx s.r.l. Stante la comproprietà del tetto, la xxxxx s.r.l. ha corrisposto alla xxxxx una somma di 70.000,00 euro pari alla metà del costo dell’intervento (come da fattura n. 404 del 18 dicembre 2009) pretendendo di poter anch’essa usufruire della detrazione spettante ai sensi del D.M. 41/98, avendo effettivamente sostenuto il costo alla pari del soggetto formalmente appaltante.
Il controllo formale si concludeva per entrambe le due società con il mancato riconoscimento della quota annua di detrazione d’imposta correlata alle spese per recupero del patrimonio edilizio di cui alla legge n. 449/97 per le due unità immobiliari delle due società, costituenti di fatto un unico compendio immobiliare. In particolare l’Agenzia ha fondato la propria attività di controllo sulla incompletezza della documentazione catastale allegata da parte delle due società, sulla mancata individuazione del titolo del possesso oltre che sul rilievo che l’installazione dell’impianto fotovoltaico sopra il tetto è finalizzato alla produzione di energia e non già al conseguimento di risparmi energetici. Con separati ricorsi, poi riuniti, le due società hanno impugnato in primo grado le rispettive cartelle deducendo motivi così riassumibili:
– Illegittimità dell’attivata procedura di controllo formale non sussistendone i relativi presupposti tipici, avendo dovuto l’Amministrazione semmai porre in essere una vera e propria attività di accertamento, si che il controllo formale sarebbe nel caso di specie una surrettizia forma di “accertamento mascherato”;
– Difetto di motivazione;
– Erroneità della rettifica operata, dal momento che le due unità immobiliari di proprietà esclusiva delle due società hanno unico tetto in comune;
– Ognuna delle società avrebbe sostenuto una spesa di 92.500,00 euro con detrazione solo di 70.000,00 euro quindi senza la spesa relativa all’impianto fotovoltaico. La CTP di Perugia, previa riunione, ha accolto i ricorsi e condannato l’Agenzia al pagamento delle spese di lite, ritenendo fondato il motivo (assorbente) della inutilizzabilità nel caso di specie dello strumento del controllo formale delle dichiarazioni, consistendo questo in un “mero riscontro cartolare” senza poter entrate nel merito della sussistenza dei presupposti impositivi. Ad avviso del giudice di prime cure il disconoscimento delle detrazioni effettuato non poteva dunque essere effettuato mediante lo strumento semplificato del mero controllo formale di cui all’art. 36-ter d. P.R. 600/1973. L’Ufficio finanziario con l’atto di appello censura la sentenza della Commissione Provinciale sotto diversi profili, riproponendo tutte le argomentazioni difensive già dedotte nel giudizio di primo grado. In particolare l’Ufficio ha evidenziato in sintesi:
– la sussistenza di tutti i presupposti di legge per il controllo formale;
– la dichiarazione presentata dalle due società appellate non identificava – come obbligatorio – i dati catastali delle rispettive unità immobiliari;
– l’intestazione delle fatture emesse per rifacimento del tetto esclusivamente alla xxxxx s.r.l. non comparendo invece la xxxxx, si che il riparto delle spese tra le due società, di fatto comproprietarie del tetto, avrebbe efficacia meramente interna e sul piano civilistico, ma non sarebbe opponibile all’Amministrazione finanziaria;
Le società appellate si sono costituite nel giudizio di appello, riproponendo tutte le doglianze dedotte in primo grado, compresi i motivi ivi rimasti assorbiti, evidenziando altresì la propria buona fede, ostativa all’applicazione delle sanzioni ai sensi dell’art. 10 c. 2, dello Statuto dei diritti del Contribuente, chiedendo la reiezione dell’appello nel merito. La sola xxxxx s.r.l. eccepisce l’inammissibilità nei propri confronti dell’appello, a suo dire notificato solo alla xxxxx, essendo il termine breve ex art. 325 c.p.c. oramai ampiamente scaduto stante la notificazione all’Agenzia delle Entrate della sentenza di primo grado il 20 aprile 2016. All’udienza pubblica del 20 febbraio 2017, uditi i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
2. – Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione in rito di inammissibilità dell’appello nei confronti della xxxxx s.r.l. Dalla documentazione depositata in giudizio risulta che l’appello alla sentenza della CTP di Perugia è stato notificato ex art. 137 c.p.c. presso il medesimo procuratore costituito nel giudizio di primo grado – presso la cancelleria del luogo ove si svolge il giudizio d’appello – ma esclusivamente nei confronti della xxxxx s.r.l. Ne consegue, anzitutto, l’esclusione di effetto sanante alla pur avvenuta costituzione nel giudizio di appello della xxxxx, secondo il criterio del raggiungimento dello scopo di cui all’art. 156 c.p.c. ultimo comma, trattandosi di fattispecie di inesistenza della notificazione e non già di nullità della stessa (ex multis Cassazione civile, sez. VI, 12 ottobre 2015, n. 20468; id. 11 novembre 2005, n. 22849). In tema di contenzioso tributario, l’art. 53, comma 2, del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo cui l’appello deve essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili, ai sensi degli artt. 331 e 332 c. p. c., con la conseguenza che, in tale seconda ipotesi, la mancata proposizione dell’appello nei confronti di tutte le parti presenti in primo grado non comporta l’obbligo di integrare il contraddittorio quando, rispetto alla parte pretermessa, sia ormai decorso il termine per l’impugnazione (Cassazione civile, sez. trib., 12 novembre 2014, n. 24083). Ai sensi dell’art. 331 c.p.c. infatti “se l’impugnazione di una sentenza pronunciata in cause scindibili è stata proposta soltanto da alcuna delle parti o nei confronti di alcuna di esse, il giudice ne ordina la notificazione alle altre, in confronto delle quali l’impugnazione non è preclusa o esclusa, fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario, l’udienza di comparizione”. Quanto invece alle cause inscindibili, ai sensi dell’art. 332 c.p.c., il giudice ordina comunque l’integrazione del contraddittorio, quindi anche ove il termine per proporre appello sia in ipotesi scaduto (ex multis Cassazione sez. III, 4 giugno 2007, n. 129421). Nel caso di specie non ritiene il Collegio sussistere ipotesi di inscindibilità o interdipendenza di cause, essendo gli avvisi impugnati dalle due società formalmente distinti e risultando altresì distinta, come si dirà, la stessa posizione formale e sostanziale tra i due soggetti appellati. Essendo il termine breve per proporre appello nei confronti della xxxxx irrimediabilmente scaduto, come dimostrato e non contestato, non è pertanto possibile disporsi l’integrazione del contraddittorio nei confronti della xxxxx s.r.l., stante la preclusione per l’Agenzia delle Entrate data dal passaggio in giudicato della sentenza 191/2016. Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va pertanto dichiarato inammissibile nei confronti della xxxxx s.r.l.
3. – Quanto al merito, è opportuno premettere in punto di fatto come le due società appellate siano proprietarie esclusive di due distinte seppur contigue unità immobiliari formanti in realtà un unico compendio, essendo dotate di fatto di unico tetto, sul quale è stato installato impianto fotovoltaico.
4. – Ritiene anzitutto la Commissione adita di non condividere quanto affermato dal primo giudice in punto di inutilizzabilità, nel caso di specie, dello strumento del controllo formale di cui all’art. 36 ter c.2, del d. P.R. 29 settembre 1973 n. 600, avendo l’Ufficio, nel disconoscimento delle detrazioni, effettuato valutazioni giuridiche relative alla natura degli interventi di recupero ed all’entità dei relativi costi sostenuti, valutazioni – sempre secondo il giudice di prime cure – non desumibili dalla dichiarazione o dagli altri elementi indicati nell’art. 36-ter.
Secondo il testo della citata norma:
“Senza pregiudizio dell’azione accertatrice a norma degli articoli 37 e seguenti, gli uffici possono:
a) escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, dalle comunicazioni di cui all’art. 20, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, o dalle certificazioni richieste ai contribuenti ovvero delle ritenute risultanti in misura inferiore a quella indicata nelle dichiarazioni dei contribuenti stessi;
b) escludere in tutto o in parte le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi di cui all’articolo 78, comma 25, della legge 30 dicembre 1991, n. 413;
c) escludere in tutto o in parte le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi menzionati nella lettera b) ;
d) determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti;
e) liquidare la maggiore imposta sul reddito delle persone fisiche e i maggiori contributi dovuti sull’ammontare complessivo dei redditi risultanti da più dichiarazioni o certificati di cui all’art. 1, comma 4, lettera d) , presentati per lo stesso anno dal medesimo contribuente;
f) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta.” Il disconoscimento delle detrazioni qui effettuato è infatti proprio avvenuto sulla base dell’esame delle fatture e dei dati indicati nelle dichiarazioni, si da legittimare pienamente l’Ufficio a procedere al recupero mediante controllo formale.
5. – Tanto premesso deve procedersi all’esame delle questioni dedotte in primo grado concernenti più propriamente la fondatezza della pretesa tributaria e non esaminate dal giudice di prime cure, in quanto ritenute assorbite per priorità logica.
6. – Ritiene la Commissione, in primo luogo, di evidenziare la diversità delle posizioni assunte dalle due società appellate, in quanto la xxxxx s.r.l. è risultata effettivamente intestataria delle fatture emesse dalla ditta appaltatrice xxxxx s.r.l. per i lavori di rifacimento del tetto, sostenendone i costi e risultando quindi “soggetto ammesso alla detrazione” ai sensi dell’art. 2 c. 1, lett. b) del D.M. 19 febbraio 2007. Al di là dunque del dato formale della incompletezza delle dichiarazioni – asserito dall’ufficio – non si vede perché la xxxxx non possa usufruire della detrazione spettante (nella quota di legge) avendo peraltro documentato il titolo di proprietà nonché l’inerenza della detrazione non già all’impianto fotovoltaico (come sostenuto dall’Ufficio nelle impugnate cartelle) a bensì ai soli lavori di rifacimento del tetto. Diversa sia da un punto di vista formale che sostanziale è invece la posizione della società xxxxx, la quale non figura quale committente dei suddetti lavori né quale soggetto che ha provveduto a corrispondere alla ditta appaltatrice il corrispettivo pattuito. L’accordo con cui la società xxxxx ha provveduto al riaddebito della quota del 50 % (pari a 70.000,00 euro) nei confronti della xxxxx (vedasi fattura n. 404 del 18 dicembre 2009) se trova senz’altro la propria causa nella situazione di sostanziale comproprietà del tetto, non ha invece rilevanza ai fini fiscali, come d’altronde condivisibilmente sostenuto dalla difesa dell’Agenzia. Infatti, diversamente opinando verrebbe ad ammettersi la cedibilità della detrazione d’imposta spettante ai sensi del D.M. 19 febbraio 2007 (applicabile anche alle società giusto il disposto di cui all’art. 1 commi 344-349 L. 296/2006) detrazione che ha invece natura personale in assenza di diversa disposizione normativa, nel caso di specie assente, non rientrando tra gli atti disponibili da parte del contribuente.
7. – Va comunque dichiarata non dovuta la sanzione comminata dall’Agenzia delle Entrate, potendosi nel caso di specie, ai sensi dell’art. 10 comma 2, dello Statuto dei diritti del Contribuente, senz’altro ravvisare la buona fede del contribuente, avendo anche la società xxxxx in realtà sopportato pro quota i costi dell’intervento de quo, pur errando nella presentazione della dichiarazione e nell’applicazione della normativa di riferimento.
8. – Ne consegue la fondatezza dei motivi dell’appello nei confronti dell’appellata xxxxx s.r.l. fatta eccezione per la sanzione applicata.
9. – Per i suesposti motivi l’appello va accolto nei confronti della xxxxx s.r.l. e va dichiarato inammissibile nei confronti della xxxxx s.r.l, come da motivazione. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, in considerazione sia dell’obiettiva complessità delle questioni trattate che dell’esito della lite.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile l’appello nei confronti della xxxxx s.r.l. mentre lo accoglie nei confronti della xxxxx s.r.l., come da motivazione. Spese compensate.
Perugia 20 febbraio 2017
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