COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Umbria sez. 3 sentenza n. 91 depositata il 1 marzo 2017
Rimborso – Diniego – credito imposta sostitutiva – Operazioni finanziamento medio-lungo termine – Tardività – Decorrenza termine iniziale.
Massima:
Ai fini del computo dei termini, l’art.20 comma 5 DPR n. 601/73 concernente le agevolazioni per il credito e l’applicazione dell’imposta sostitutiva, rinvia alle norme sull’imposta di registro e pertanto vale il termine triennale dell’art. 77 DPR n. 131/86 decorrente dalla data del pagamento e non dalla data di presentazione della dichiarazione – proposta (in specie) dalla società incorporante altra – in quanto il credito origina soltanto dai versamenti effettuati in eccedenza.
Testo:
F A T T O
Con atto depositato in data 8 novembre 2016 xxxxx s.p.a. ha riassunto la causa dinanzi a questa Commissione Tributaria Regionale di Perugia, quale giudice del rinvio, a seguito della cassazione della sentenza di questa stessa C.T.R. 23 gennaio 2012, n. 13/02/12 da parte della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, con sentenza 13 aprile 2016, n. 7248. Espone che la controversia è originata dal diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate alla propria istanza di rimborso (in data 29 aprile 2008) dell’importo di euro 689.754,18 a titolo di imposta sostitutiva (dichiarata il 30 settembre 2005 ai sensi degli artt. 15 e seguenti del d.P.R. n. 601 del 1973) relativa alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine poste in essere dalla “xxxxx s.p.a.” incorporata da xxxxx, nel primo semestre 2005. L’istanza di rimborso è stata motivata nella considerazione che, in mancanza del presupposto per l’applicazione del tributo dall’1 luglio 2015, per effetto dell’incorporazione, xxxxx non avrebbe potuto scomputare il credito dall’eventuale debito risultante dalle dichiarazioni successive. Il gravato diniego in data 2 dicembre 2009 è basato sulla tardività dell’istanza di rimborso, che avrebbe dovuto essere presentata non oltre il termine di tre anni decorrenti dal giorno del pagamento, come previsto dall’art. 77 del t.u. sull’imposta di registro (d.P.R. n. 131 del 1986), richiamato dall’art. 20 del d.P.R. n. 601 del 1973; nel presupposto che il credito scaturisca dal pagamento effettuato dalla xxxxx con il modello F/23 in data 2 novembre 2004, il termine scadeva il 2 novembre 2007.
Avverso il diniego di rimborso xxxxx s.p.a. ha esperito ricorso dinanzi al giudice tributario;
la Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, con sentenza 14 maggio 2010, n. 147/01/10, ha accolto il ricorso, nell’assunto che il rimborso sia stato quantificato solo con la dichiarazione presentata il 30 settembre 2005. Avverso detta sentenza ha interposto appello l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Perugia, che è stato respinto con sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Perugia 23 gennaio 2012, n. 13/02/12. xxxxx aggiunge ancora che l’Amministrazione finanziaria ha esperito ricorso per cassazione avverso quest’ultima sentenza deducendone la nullità per omessa motivazione o comunque per motivazione apparente; con la sentenza n. 7248 del 13 aprile 2016 la Corte di Cassazione, Sez. Tributaria, ha accolto il ricorso, e cassato con rinvio la sentenza gravata.
La Corte Suprema ha ritenuto che la sentenza della C.T.R., essendosi limitata ad affermare che la decisione dei primi giudici era corretta sul piano logico e giuridico, non consente di ricostruirne la ratio decidendi, ed è dunque nulla.
xxxxx s.p.a., nel riassumere il giudizio, contesta i due motivi di appello dell’Agenzia delle Entrate, concernenti l’asserita nullità della sentenza di primo grado per insufficienza della motivazione, e comunque l’erroneità della motivazione stessa, concludendo per il rigetto dell’appello.
Si è costituita nel giudizio di rinvio l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Perugia, Ufficio legale, chiedendo la reiezione del ricorso per riassunzione e l’accoglimento del proprio appello. All’udienza del 20 febbraio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1.- Va anzitutto premesso che la ritenuta nullità della sentenza cassata in quanto priva di una reale motivazione comporta che la Suprema Corte non abbia affermato un principio di diritto cui il giudice di rinvio debba uniformarsi ai sensi dell’art. 384 del cod. proc. civ., imponendosi dunque la rinnovazione della medesima, mediante riesame del merito della causa sulla base di quanto acquisito sino al momento dell’emissione della sentenza cassata. Occorre aggiungere che l’atto di riassunzione non opera come una nuova impugnazione, ma quale mero impulso processuale volto a riattivare la prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata, ricollocando le parti nella posizione che già avevavno (in termini, ex multis, Cass., sez. trib., 7 ottobre 2016, n. 20166). Nello scrutinio che ci si accinge a condurre occorre dunque prendere le mosse dall’appello dell’Agenzia delle Entrate.
2. – I motivi di appello possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro complementari, concernendo il primo la carenza di motivazione della sentenza di prime cure, ed il secondo la questione di merito, asseritamente non adeguatamente sviluppata nella decisione, dell’intervenuta decadenza dell’azione del contribuente dal rimborso per decorso del termine triennale di cui all’art. 77 del d.P.R. n. 131 del 1986, e comunque l’inesistenza del diritto al rimborso.
2.1. – Procedendo comunque per ordine, il motivo di nullità della sentenza di primo grado per insufficienza della motivazione della sentenza di primo grado è infondato, in quanto la stessa ha compiuto, seppure sinteticamente, schematicamente, una valutazione dei fatti rilevanti di causa, consentendo dunque una ricostruzione della fattispecie concreta ai fini della sussunzione in quella astratta. L’esito di tale valutazione è stato quello di ritenere che il termine di decadenza per il rimborso dell’imposta sostitutiva decorra dalla data di presentazione della dichiarazione, avvenuta il 30 settembre 2005, e non già dalla data del pagamento, risalente al 2 novembre 2004.
2.2. – E’ invece meritevole di positivo apprezzamento la censura con la quale si deduce l’erroneità della sentenza con riguardo alla statuizione secondo cui il termine di decadenza triennale decorre dalla data di presentazione della dichiarazione del 30 settembre 2005, con conseguente tempestività dell’istanza di rimborso dell’appellata. Ed invero l’art. 20, comma 5, del d.P.R. n. 601 del 1973, con riguardo alle agevolazioni per il settore del credito, ed in particolare per le operazioni di credito a medio e lungo termine, stabilisce che «per la rettifica dell’imponibile, per l’accertamento d’ufficio dei cespiti omessi, per le sanzioni relative all’omissione o infedeltà della dichiarazione, per la riscossione, per il contenzioso e per quanto altro riguarda l’applicazione dell’imposta sostitutiva valgono le norme sull’imposta di registro». L’art. 77 del d.P.R. n. 131 del 1986, recante il t.u. dell’imposta sul registro, dispone che «il rimborso dell’imposta, della soprattassa, della pena pecuniaria e degli interessi di mora deve essere richiesto, a pena di decadenza, dal contribuente o dal soggetto nei cui confronti la sanzione è stata applicata entro tre anni dal giorno del pagamento, ovvero, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione».
La decorrenza del termine per il rimborso è dunque chiaramente collegato dalla norma al giorno del pagamento.
La giurisprudenza ha interpretato tale norma in senso restittivo, consentendo una decorrenza posticipata del diritto alla restituzione tendenzialmente nelle sole ipotesi in cui la somma pagata divenga indebita a seguito di un provvedimento giurisdizionale (nella quale evenienza il dies a quo del termine decadenziale decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza : cfr. in termini Cass., sez. trib., 27 febbraio 2009, n. 4759). In tale background non può trovare fondamento la tesi dell’appellata che ancora il diritto alla restituzione e dunque il termine per chiedere il rimborso alla data di presentazione della denuncia, la quale ha natura meramente ricognitiva.
Il credito origina solamente dai versamenti (in eccedenza) effettuati, come confermato anche dalla disposizione dell’art. 3, comma 3-bis, del d.l. 13 maggio 1991, n. 151, applicabile ratione temporis. In particolare, nella fattispecie in esame, il credito di euro 689.754,18, dichiarato nella denuncia del 30 settembre 2005, scaturisce dal precedente pagamento di euro 3.273.177,66 effettuato dalla xxxxx, società poi incorporata da xxxxx, con modello F23 in data 2 novembre 2004.
In altri termini, la dichiarazione presentata da xxxxx s.p.a. in qualità di incorporante non assume alcun valore ai fini del sorgere del diritto alla restituzione, neppure in termini di consolidamento di un versamento provvisorio. Ed infatti, per effetto della fusione, è attribuita alla società incorporante l’eccedenza a credito della società incorporata, e ciò vale anche per l’imposta sostitutiva relativa alle operazioni di finanziamento concluse nel primo semestre del 2005 e dichiarate ai sensi dell’art. 8, comma 4, del d.l. 27 aprile 1990, n. 90.
3. – Discende da quanto esposto che l’istanza di rimborso di xxxxx in data 29 aprile 2008 è tardiva, in quanto avrebbe dovuto essere presentata entro il 2 novembre del 2007.
4. – L’appello è dunque fondato, e conseguenzialmente, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere respinto, con accertamento della legittimità del diniego di rimborso gravato. La complessità della controversia, prospettante una questione nuova, costituisce un eccezionale motivo per compensare tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio, compreso quello di cassazione.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale di Perugia, Sezione III, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello dell’Agenzia delle Entrate, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado. Compensa tra le parti le spese di giudizio, comprese quelle del giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione.
Perugia, 20 febbraio 2017
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