COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE MARCHE – Sentenza 02 agosto 2018, n. 491
Accertamento – Studi di settore – Assenza di contraddittorio – Nullo l’accertamento
Fatto
Con ricorso depositato in data 12 maggio 2011 la società “Ge.S.A. S.r.l.” ha proposto appello avverso la sentenza n. 166/05/10, depositata il,26 novembre 2010, con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Pesaro ha accolto parzialmente il ricorso avverso l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2004, con cui l’Ufficio aveva rettificato il reddito dichiarato siccome incongruo rispetto agli studi dì settore.
La suddetta Commissione ha rideterminato i maggiori ricavi in euro 13.722,00, rispetto a quelli determinati dall’Ufficio in euro 57.251,00, ritenendo documentato un minor volume di ricavi per euro 43.529,28.
Lamenta l’appellante che il primo giudice non abbia in alcun modo preso in considerazione il rilievo della totale carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, nonostante le numerose pronunce della Corte di Cassazione in ordine alla valenza degli studi di settore ed i dettami della Circolare n. 5/2008 dell’Agenzia delle Entrate, circostanza che avrebbe dovuto condurre all’annullamento dell’avviso di accertamento. Pertanto ha concluso come in epigrafe.
Ha proposto appello incidentale l’Ufficio, evidenziando che l’accertamento in questione non era stato fondato esclusivamente sui risultati degli studi di settore ma era il frutto delle risultanze di un regolare contraddittorio; aggiunge che appare poco credibile la giustificazione che il fatturato era diminuito in quanto alcuni clienti del distretto economico pesarese si erano lamentati di essere stati poco seguiti ed erano stati invitati a rivolgersi ad altri studi professionali, che i dati presunti possono essere utilizzati dall’ufficio anche in contrasto con le risultanze di scritture contabili regolarmente tenute e che l’onere della prova contraria era a carico del contribuente. Ha concluso come in epigrafe.
Alla pubblica udienza odierna le parti hanno illustrato oralmente i motivi a sostegno delle proprie richieste, come in epigrafe trascritte ed all’esito la Commissione ha deciso la causa come di seguito esposto.
Motivi della decisione
Va premesso che l’appellante si dilunga in censure nei riguardi dell’avviso di accertamento e, quindi, dell’Ufficio che non aveva preso in considerazione le circostanze che avevano determinato nell’anno 2004 il calo di fatturato, circostanze ampiamente documentate in sede di contraddittorio (all. 3 al ricorso) e che avrebbero dovuto condurre la Commissione Provinciale ad annullare l’atto suindicato per carenza di motivazione.
Al riguardo osserva la Commissione che effettivamente l’avviso di accertamento è del tutto privo di motivazione circa i rilievi del contribuente, limitandosi ad affermare che “… Tuttavia, considerate le eccezioni sollevata dalla società degne di considerazione, in sede di contraddittorio si è reso disponibile ad una prima valutazione di quanto esposto nelle memorie.. Ciò non di meno le suindicate doglianze appaiono inconferenti, atteso che, in definitiva, il giudice di primo grado ha parzialmente accolto il ricorso, rettificando l’avviso di accertamento nei limiti di giustizia.
Passando al merito degli appelli va premesso che seppure le scritture contabili hanno valore di presunzione semplice (legg. art. 2709 cod. civ.), se esse non sono contestate dall’Ufficio poiché riscontrate regolari – come nel caso di specie – comportano che i fatti contabili ivi esposti acquistano una presunzione di veridicità, che impone all’Ufficio, pur in ambito del procedimento degli studi di settore, di valutare in concreto le giustificazioni addotte e motivare specificamente al riguardo. Ciò nel caso in esame non è avvenuto, né in sede amministrativa (nella motivazione dell’avviso di accertamento, ripetesi, non vi è traccia di esse), né in questa sede, atteso che l’appellante Ufficio, dopo aver premesso la normativa sugli studi di settore e la giurisprudenza di legittimità, si limita ad affermare che appariva poco credibile la giustificazione che il fatturato era diminuito in quanto alcuni clienti del distretto economico pesarese si erano lamentati di essere stati poco seguiti ed erano stati invitati a rivolgersi ad altri studi professionali, omettendo di replicare sulle singole concrete circostanze esposte dal contribuente, che, cioè:
– nell’anno oggetto di accertamento era cessato il rapporto di collaborazione con altro professionista di Urbino che aveva iniziato ad esercitare in proprio l’attività di elaborazione dati;
– nell’anno oggetto di accertamento la società era stata interessata dall’esodo di parte dei clienti del pesarese.
Peraltro quelle specifiche giustificazioni ben potevano essere oggetto di accertamento istruttorio, anziché essere semplicemente “liquidate” come poco credibili.
Al riguardo si rammenta che “… L’accertamento tributario standardizzato mediante applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente...” (così Cass. sent. n. 11633/2013).
In conclusione la Commissione condivide appieno la decisione impugnata, immune da censure, avendo il primo giudice fatto buon governo delle risultanze processuali. Essa, pertanto va confermata con rigetto degli appelli delle parti, la cui reciproca soccombenza legittima la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta entrambi gli appelli con conferma della sentenza appellata. La reciproca soccombenza legittima la compensazione delle spese.
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