COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE MARCHE – Sentenza 09 febbraio 2018, n. 32
Tributi – Imposta di registro – Vendita immobile – Valore imponibile – Rettifica del valore dichiarato – Valutazione OMI – Inapplicabilità – Stato di fatto – Immobile diroccato
Svolgimento del processo motivi della decisione
Con atto notaio per D. del 12.11.2009, registrato in data 17.11.2009, C.S. vendeva a N.C. un fabbricato da cielo a terra fatiscente, parzialmente crollato, con annessa corte pertinenziale e un appezzamento di terreno agricolo di mq. 5.010, in Comune di Falerone località Salegnano, per il corrispettivo dichiarato di € 40.000,00, di cui € 5.000,00 per il terreno agricolo.
Con avviso di accertamento notificato in data 17.11.2011, l’Ufficio rettificava in € 198.800,00 il valore del fabbricato ed in € 7.515,00 quello del terreno.
In data 11.1.2012 l’acquirente trasmetteva istanza di accertamento con adesione, conclusasi con esito negativo per abbandono della trattativa da parte della contribuente. Con tempestivo ricorso del 13.4.2012 la contribuente impugnava l’accertamento.
La ricorrente chiedeva l’annullamento dell’atto impugnato, previa sua sospensione negli effetti, sulla scorta delle seguenti eccezioni:
– inadeguatezza giuridica dei valori OMI a rappresentare il valore reale dei beni trasferiti;
– inadeguatezza di tutti gli altri elementi utilizzati dall’Ufficio a rappresentare il valore reale relativo allo stato di fatto dell’immobile;
– inadeguatezza giuridica dei valori di riferimento dedotti dai valori medi della CCIAA a rappresentare il valore reale dei beni trasferiti. L’Ufficio resisteva in I grado, contestando dettagliatamente le tesi avversarie. La Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno, Sezione 1, con sentenza n. 17/01/13 dell’8/11/2012, depositata in data 13/01/2013, accoglieva il ricorso, compensando le spese di lite.
Avverso tale decisione faceva appello l’Ufficio, sostenendo che il giudice di primo grado avrebbe fondato il proprio convincimento «essenzialmente sulle caratteristiche degli immobili oggetto di trasferimento, imputando all’Ufficio una scarsa considerazione dello stato di fatiscenza e degrado sia del manufatto che del terreno».
Il Collegio «in modo alquanto sintetico e superficiale», avrebbe ritenuto che l’Ufficio avesse «posto a confronto (nell’adozione della sua metodologia di valutazione sintetico-comparativa monoparametrica) beni tra loro non omogenei: da una parte il bene oggetto di trasferimento, diritto e fatiscente, dall’altro un fabbricato in discreto stato di conservazione, soprattutto nelle parti strutturali».
Questo convincimento, frutto di un esame non ponderato, scaturirebbe dalla visione dei atti di causa prodotti agli atti dall’interessata, la quale, attraverso una consulenza “neppure asseverata” mostra l’immobile preso a riferimento per la comparazione in uno stato successivo a quello riferito dall’Ufficio, come correttamente riportato in atti dal notaio nel relativo rogito.
Secondo l’Ufficio, il Collegio sarebbe «caduto ingenuamente nell’equivoco generato capziosamente dall’interessata con la perizia allegata al proprio ricorso», sulla base della citata consulenza, che mostrerebbe «l’immobile preso a riferimento per la comparazione in uno stato successivo a quello riferito dall’Ufficio», invece correttamente riportato in atti dal notaio rogante.
Il perito avrebbe, infatti, eseguito la sua stima in data 2 aprile 2012 e fotografato «l’immobile preso a comparazione ben cinque anni dopo il suo trasferimento e, quindi, già quasi completamente ricostruito, come è facile intuire dall’aspetto del manufatto nonché dalla gru che appare nelle stesse foto».
Ebbene, il Collegio non avrebbe considerato ciò, ma avrebbe ritenuto «con estrema leggerezza, che lo stato dell’immobile ricostruito sia quello considerato dall’Ufficio per la propria comparazione».
L’Ufficio, al contrario, sia nell’atto di accertamento, sia nelle proprie controdeduzioni, sia oralmente in sede di trattazione della vertenza, avrebbe sempre sostenuto che i due beni erano omogenei e lo avrebbe «dimostrato depositando l’atto di trasferimento del bene in Servigliano, ove il notaio rogante che ben lo descrive come “semidiruto”, stato che non avrebbe certamente affermato se l’immobile fosse stato nelle condizioni mostrate nelle foto del Geometra M.P.».
Poiché «l’immobile in Servigliano, indicato dall’Ufficio ai fini comparativi, è di superficie inferiore a quella dell’immobile oggetto della presente controversia, mentre il corrispettivo dichiarato di € 65.000,00 è quasi il doppio di quello pattuito nel rogito in esame, appare certamente legittima la rettifica di valore effettuata dall’Ufficio (E 983,50/mq. dichiarato per l’immobile in Servigliano – valore ritenuto congruo)».
Peraltro, il Giudice di I grado non avrebbe «tenuto conto dei valori agricoli medi relativi all’anno 2009 (da 0,92/mq a 1,55/mq.) e quelli forniti dalla CCIAA di Ascoli Piceno (da 1,50/mq. a 150/mq.)».
Infine, il Collegio non avrebbe «tenuto conto che la stessa perizia di parte … indica valori superiori a quelli dichiarati, sia per il fabbricato – periziato in € 59.640,00 – che per il terreno – periziato in € 6.513,00», per cui il Giudice di prima istanza «avrebbe dovuto almeno confermare tali indicazioni, trattandosi di valori offerti dalla stessa parte ricorrente».
Sulla base di tali motivi, previa richiesta di discussione in pubblica udienza, l’Ufficio chiedeva «in totale riforma della sentenza impugnata, voglia Codesto On. Collegio confermare la rettifica eseguita dall’Ufficio o, in subordine, determinare i valori degli immobili trasferiti nella misura indicata dalla stessa ricorrente nella perizia di parte; con vittoria di spese».
Si costituiva in appello la contribuente, che difendeva la decisione di I grado ed affermando che la stessa era stata pronunciata dopo “attenta analisi di quanto prodotto” dalle parti. Nelle controdeduzioni venivano riportate parti della motivazione della sentenza di I grado, che aveva evidenziato che si trattava di «un Rudere abbandonato ed isolato, epoca di costruzione 1945 e area di pertinenza incolta. Pertanto l’immobile, per quanto sopra riportato non poteva essere ristrutturato ma solo ricostruito con l’aggravio anche del costo di demolizione e nel rispetto delle tipologie architettoniche degli edifici rurali”».
La difesa della contribuente sosteneva che l’immobile compravenduto e quello utilizzato dall’Ufficio per la comparazione non sarebbero «comparabili in quanto siti in due comuni diversi».
Peraltro, l’immobile di Servigliano, utilizzato per la comparazione, non sarebbe stato un rudere da demolire e ricostruire, bensì «un immobile con parti strutturali in discreto stato di conservazione e quindi recuperabile con interventi di ristrutturazione», che sarebbe dimostrato dalla presenza nella foto di una gru, utilizzata «soprattutto per la costruzione di un ampliamento dell’immobile stesso» con una tipologia costruttiva differente, che renderebbe «evidente che la porzione preesistente è stata restaurata in quanto aveva parti strutturali in buono stato di conservazione e l’ampliamento è stato costruito ex novo».
Si contestava poi nelle controdeduzioni che la relazione di stima redatta dal Geometra M.P. potesse offrire supporto ad un maggior valore del terreno, in quanto indicherebbe «i valori massimi dei lotti edificabili e quindi dotati di tutte le opere di urbanizzazione (pubblica illuminazione, acqua, gas fognature ecc. ecc.), siti nei centri abitati», che peraltro risulterebbero «sostanzialmente simili o di poco superiori al valore di compravendita dell’Immobile oggetto di accertamento».
In sintesi quindi, secondo la parte appellata:
– l’atto di accertamento si sarebbe basato esclusivamente sulle, valutazioni Omi, peraltro di comuni diversi rispetto a quello dove è sito l’immobile,
– l’appellato avrebbe prodotto documentazione idonea a contestare la ricostruzione del valore fatta dall’ufficio;
l’ufficio non avrebbe saputo valutare correttamente la documentazione prodotta, invece correttamente dai Giudici di I Grado.
Pertanto la contribuente chiedeva di «rigettare l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate direzione Provinciale di Ascoli Piceno…; Con vittoria di spese e onorari in entrambi i gradi di giudizio…».
Alla pubblica udienza, fissata per la trattazione della causa, entrambe le parti procedevano alla discussione della stessa e si riportavano alle conclusioni già formulate nei rispettivi scritti. La Commissione deliberava poi in camera di consiglio il dispositivo di sentenza in calce riportato.
Rileva questa Commissione come l’Ufficio non abbia dato sufficiente dimostrazione che il valore dell’immobile acquistato dalla contribuente fosse quello accertato.
In particolare, non sono idonei a tale scopo i valori OMI riferiti ad un comune diverso da quello ove si trova il bene compravenduto, il cui valore è oggetto della presente causa.
I beni portati in comparazione debbono, peraltro, essere omogenei rispetto a quello della cui imposta di registro si discute, cosa che non può affermarsi per l’immobile sito in Servigliano, che non solo si trova in un comune diverso, quanto non sembra si trovasse nelle stesse condizioni di quello compravenduto con atto per notaio per D. del 12.11.2009. L’onere di dimostrare che si trattasse di due immobili omogenei, peraltro, incombeva proprio sull’Ufficio accertatore, che ha negato la veridicità del valore dichiarato per l’immobile in esame.
Viceversa, proprio la difesa del contribuente ha offerto elementi di segno contrario, che inducono a ritenere che si trattasse di immobili in condizioni di conservazione ben differenti.
Vero è che nell’atto di trasferimento dell’immobile offerto in comparazione; sito in Servigliano, lo stesso viene indicato come “semidiruto”, ma risulta altresì incontroverso che quello acquistato dalla contribuente fosse del tutto diroccato.
Orbene, la stima di parte fatta nell’aprile del 2012, a conti fatti, è intervenuta neppure due anni e mezzo dopo la compravendita del 12.11.2009 e, quindi, non cinque anni dopo, come inesattamente affermato dall’Ufficio.
Inoltre, effettivamente si deve convenire con la difesa della contribuente che la gru presente nella foto sia testimonianza della capacità della parte del fabbricato preservata di reggere un ampliamento dell’immobile e quindi di una condizione migliore, piuttosto che prova di lavori successivi, che avrebbero alterato l’originaria sostanziale conformità dell’immobile di Servigliano con quello oggetto dell’accertamento.
Parimenti non sembra che la relazione di stima del geometra M.P. offra sostegno ad un maggior valore del terreno, appunto perché indicante i valori massimi dei lotti edificabili, dotati di tutte le opere di urbanizzazione (pubblica illuminazione, acqua, gas fognature ecc. ecc.), tipiche dei centri abitati. Del resto, tali valori risultano effettivamente di poco superiori a quello del terreno oggetto di compravendita.
L’appello dell’Ufficio è, dunque, da respingere in considerazione di quanto esposto.
Infine, quanto alle spese processuali, si rileva – in primo luogo – che al presente giudizio di appello, introdotto prima dell’entrata in vigore del D.L. 12/9/2014, n. 132, convertito con modificazioni, nella L. 10/11/2014, n. 162 (pubblicata sul supplemento ordinario n. 84 del 10/11/2014 dalla Gazzetta Ufficiale), non si applica, infatti, il nuovo regime delle spese processuali, che riguarda invece i procedimenti introdotti a decorrere dal 30° giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione e dunque dal 10.12.2014.
Pertanto, è possibile valorizzare altri elementi emergenti dalla causa e, nella specie, la circostanza che la decisione deferita a questa Commissione, non è di diritto bensì di congruità e si presta, in qualche modo a differenti apprezzamenti soggettivi. Ciò considerato, appare giusto avvalersi del potere di compensare le spese stesse fra le parti.
P.Q.M.
Rigetta l’appello dell’Ufficio e compensa le spese processuali fra le parti.
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