COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Milano sentenza n. 1401 sez. 2 del 9 aprile 2015
ACCERTAMENTO – SANZIONI – REDDITO DI IMPRESA – SEPARATA INDICAZIONE COSTI BLACK LIST – OMESSA INDICAZIONE IN UNICO – PROVA DEDUCIBILITA’ COSTI – SANZIONE MERA IRREGOLARITA’ FORMALE – SUSSISTE – SANZIONE PROPORZIONALE 10% – NON SUSSISTE
IN FATTO E IN DIRITTO
L’Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale della Lombardia – ha proposto appello, con ricorso in data 23-6-2014, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, in data 9-12-2013 n. 372/08/13, con la quale e stato parzialmente accolto il ricorso della società S. spa per l’annullamento della sanzione amministrativa del 10% prevista dall’art. 8 co. 3 bis D.Lgs. 471/97, irrogata nella misura massima di Euro 50.000,00, con riferimento all’omessa annotazione da parte della società dei componenti negativi, documentati da fatture, relativamente ad operazioni effettuate con soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, di cui ai DM 23-1-02, in violazione dell’art. 110, co. 11 TUIR.
In particolare, la sentenza di primo grado, riteneva assente il presupposto soggettivo per l’applicazione della sanzione proporzionale per violazione dell’art. 110 co. 11 cit., in quanto le suddette operazioni erano state effettuate dalla società con soggetti esteri che non rientravano nel novero delle operazioni effettuate da soggetti di cui al DM 23-1-02.
Sulla scorta della pronuncia della Suprema Corte di Cassazione n. 26298/10, la sentenza di primo grado riteneva dunque legittima l’applicazione della sola sanzione di cui all’art. 8 co. 1 del D.Lgs. 471/97 per la violazione meramente formale consistita nella mancata indicazione separata dei suddetti costi, in sé deducibili.
– L’appello proposto dall’Ufficio ha criticato la sentenza per aver ritenuto applicabile la sanzione minore, in relazione al solo vizio formale indicato, ribadendo in contrario l’applicabilità della sanzione proporzionale di cui all’art. 8 comma 3 bis del D.Lgs. 471/97, introdotta dalla Finanziaria per l’anno 2007 (l. 297/06), da applicarsi a tutte le violazioni dell’art. 110 co. 10 e 11, anche antecedenti alla sua entrata in vigore. La società contribuente si è costituita con memoria di controdeduzioni confutando l’appello principale e chiedendo in via di appello incidentale l’esclusione anche della minore sanzione di Euro 1.500,00 di cui parimenti non ricorrevano i presupposti.
All’esito della pubblica udienza del 18-2-2015, cui sono comparse entrambe le parti come in atti rappresentate, la Commissione riservava la decisone.
L’appello principale va respinto.
La sentenza di primo grado ha correttamente escluso l’applicabilità della sanzione proporzionale di cui all’art. 8 co. 3 bis D.l.gv. 471/97 {introdotta dal co. 302 dell’art. 1 l.f. 297/06), per il difetto del presupposto soggettivo ovvero l’indeducibilità dei costi indicati, ai sensi dell’art. 110 co. 10 TUIR cui essa è normativo correlata.
Infatti, già in sede di verbale di accertamento, l’Ufficio non contestava ed anzi riconosceva la deducibilità dei costi, in quanto “la società verificata aveva fornito dimostrazione circa la deducibilità dei costi sostenuti nei confronti di fornitori residenti in paesi cd. black list segnalati nel PVC.”
In tali casi, di comprovata deducibilità, come ha precisato la richiamata sentenza della SC, n. n. 26298/10, citata dai primi giudici, “la sanzione del 10% si applica soltanto qualora l’impresa avente sede in Italia non provi le circostanze che danno diritto alla deduzione, in deroga al principio generale dell’indeducibilità del costo di merci importate da paesi inclusi nella black list”.
La relativa omissione di costi in sé deducibili, in tal caso, ha pertanto natura solo formale, incorrendo nella minore sanzione di cui all’art. 8 co. 1, quale correttamente applicata dai primi giudici. Inoltre, si osserva che l’odierna formulazione del co. 11 dell’art. 110 introdotta dal co. 301 della l. n. 297/06 (finanziaria per l’anno 2007) estesa anche alle violazioni precedenti (fermo restando l’obbligo di dimostrarne l’effettiva deducibilità), ha prescritto l’obbligo della sola indicazione separata di tali costi, la cui omissione ha pertanto natura solo formale, come peraltro già affermato in via interpretativa dalla sentenza, Cass. n. 26298 del 2010, citata dai primi giudici. Viceversa, in precedenza, l’art. 110 co. 11 del nuovo TUIR (che riproduceva l’art. 7 ter del DPR 917/86), subordinava la deducibilità dei costi all’indicazione separata degli stessi.
Correttamente, dunque, i primi giudici, anche alla luce del mutato quadro normativo, non hanno ritenuto di applicare, per la violazione in esame, (relativa all’esercizio 2005), la sanzione proporzionale di cui all’art. 8 co. 3 bis (introdotto dall’art. 1 co. 302 l.f. per il 2006), che ricorre solo allorché all’omessa o incompleta esposizione separata dei costi portati in deduzione si accompagni la mancata dimostrazione dei presupposti deducibilità ai sensi dell’art. 110 co. 11 TUIR, nella nuova formulazione in riferimento alle operazioni effettuate in uno dei paesi di cui al citato DM 2002 (ovvero la dimostrazione, da parte delle imprese residenti in Italia che le imprese estere con cui sono intervenute le operazioni svolgano principalmente un’attività industriale o commerciale effettiva nel mercato del Paese nel quale hanno sede).
Tale essendo il quadro normativo in cui si colloca la presente fattispecie, deve dunque ritenersi infondato l’appello dell’Ufficio che si impernia sul co. 302 della legge finanziaria per il 2007, che ha introdotto la citata sanzione di cui all’art. 8 co. 3 bis, in misura proporzionale, per l’omessa o incompleta indicazione delle spese e gli altri componenti negativi, estesa anche ad esercizi precedenti, senza considerare che detta sanzione riguarda solo l’omessa o incompleta esposizione dei costi portati in deduzione, di cui non sia provato il presupposto di deducibilità, ai sensi dell’art. 110 co. 11 cit., laddove, in specie, tale presupposto sostanziale, ovvero la deducibilità dei costi, è pienamente comprovato e non contestato dallo stesso Ufficio.
Ricorre pertanto la sola violazione formale dell’art. 110 co. 11, come sopra novellato, per l’omessa separata indicazione dei costi deducibili nella dichiarazione dei redditi.
Per tale violazione formale non può dunque applicarsi la sanzione (introdotta dal co. 302 l.f. 297/06) di cui all’art. 8 co. 3 bis del D.Lgv. 471/1997, che è pur sempre collegata al divieto di deducibilità dei costi e non già alla loro omessa separata indicazione, bensì la sanzione formale minore, ex art. 8 co. 1 dello stesso D.Lgv. 471/1997. Né è altresì pertinente il richiamo dell’Ufficio al principio affermato da Cass. n. 5398/2012, secondo cui tale indicata sanzione formale minore non potrebbe applicarsi allorché la violazione relativa alla indeducibilità dei costi sia stata accertata con l’avviso d’accertamento, non bastando in tal caso ad evitare la sanzione neppure la redazione di una dichiarazione integrativa da parte del contribuente.
L’ipotesi esposta (che presuppone in ogni caso l’esistenza di una contestazione sulla deducibilità dei costi), è infatti del tutto estranea alla fattispecie in esame in quanto già in sede di verbale di accertarne l’Ufficio non ha contestato ed anzi ha ammesso la suddetta deducibilità dei costi, con la conseguente inapplicabilità della maggior sanzione indicata, anche in caso di intervenuto accertamento, né avendo la S., in ogni caso, presentato alcuna dichiarazione integrativa.
Per cui, va confermato che la mancata indicazione separata nella dichiarazione di tali costi, da considerare deducibili, incorre nella minore sanzione correttamente applicata dai primi giudici di cui all’art. 8 co 1.
Di conseguenza l’appello principale va respinto.
L’affermata sussistenza dei presupposti di applicazione della minore sanzione di cui al citato co. 1 dell’art. 8 bis, comporta il rigetto anche dell’appello incidentate, non potendo condividersi la tesi dell’esclusione di ogni obbligo formale della separata indicazione dei costi deducibili e di ogni conseguente sanzione (pur nella ridotta misura indicata).
La sentenza va dunque integralmente confermata.
Le spese, considerata la peculiarità interpretativa della fattispecie vanno compensate.
P.Q.M.
La Commissione respinge l’appello principale e quello incidentale e conferma la sentenza impugnata. Compensa le spese.
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