COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Milano sentenza n. 2591 sez. 29 del 11 giugno 2015
APPELLO – CONTRIBUENTE DECEDUTO – MANCATA COMUNICAZIONE EFFETTO INTERRUTTIVO – NOTIFICA AL PROCURATORE – VALIDITA’ DELLA NOTIFICA – SUSSISTE – APPELLANTE – CONOSCENZA DELL’EVENTO – IRRILEVANTE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 305/29/13 del 30.09 – 14.10.2013 la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha accolto (compensando le spese di lite) il ricorso proposto dalla sig.ra A M. P. avverso l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti per IRPEFe relativa addizionale regionale per l’anno d’imposta 2007, rideterminando il reddito della contribuente in ? 142.278,40= ai sensi dell’art. 38, co. 4 ss., dPR 600/1973, sulla base degli elementi indicativi della capacità contributiva di cui alla tabella all. al d.m. 10.09.1992, individuati nella disponibilità della “prima casa in Milano – Via ………………… per complessivi 170 mq. condotta in locazione… per l’importo annuale di ? 6.500,00” e negli “incrementi patrimoniali [verificatisi nel periodo] 2007/2011”, consistenti nell'”acquisto di [un] immobile con atto n.16717 serie IT 2009 per l’importo di ? 650.000,00″. La CTP, premesso: 1) che la ricorrente aveva eccepito·che “l’incremento patrimoniale” anzidetto era “motivato dal c.d. scudo fiscale (immediatamente opposto all’Ufficio in sede di risposta al questionario) per una cifra esattamente pari all’incremento stesso”, la cui imposta straordinaria (pari ad ? 32.550,00) le era stato possibile versare solo grazie ai “bonifici ricevuti dai propri figli”, con conseguente insussistenza di alcun elemento su cui basare un accertamento sintetico del suo reddito, e spiegato (producendo documentazione al riguardo) che il corrispettivo relativo all’acquisto dell’immobile in questione, da lei acquistato nel 2009 dalla società inglese C. Ltd., era stato da lei effettivamente versato solo per l’importo di ? 13.000,00 (pagato contestualmente alla firma del rogito), grazie a bonifici ricevuti dai figli, mentre per tutto il resto (e cioè per circa il 98% del prezzo) il suo debito era stato successivamente compensato con il credito sorto in capo ad essa P. per effetto della liquidazione della società venditrice (posta in liquidazione nel dicembre 2010 e dichiarata estinta nell’aprile 2011), di cui ella era socia e con riferimento alla cui partecipazione si era avvalsa dello scudo fiscale, con dichiarazione riservata del 10.12.2009, per l’importo complessivo di ? 651.003,00; 2) che l’Ufficio sosteneva la legittimità del proprio operato, eccependo in particolare che la ricorrente “non [aveva] fornito prova della intervenuta compensazione tra il debito per il prezzo d’acquisto [dell’immobile anzidetto] e il credito relativo alla liquidazione della società inglese, pur ammettendo che sia stato provato il pagamento del prezzo di ? 13.000,00 e dell’imposta derivante dallo scudo fiscale da parte dei familiari della sig.ra P.”; ha motivato la propria decisione, osservando:
a) anzitutto, che “in presenza di scudo fiscale, non vi è alcun elemento per fondare un accertamento sintetico ex art.38 comma 4 e segg. dPR 600/73”, giacché, “come confermato dalla Circ. Ag. Entrate n. 43 del 10.10.2009, lo scudo fiscale ha effetto preclusivo verso il potere di accertamento dell’Ufficio anche nei confronti di accertamenti sintetici”;
b) che, al contrario di quanto sostenuto dall’Ufficio, nella specie la contribuente aveva provato sia l’esistenza del suo credito nei confronti della Società inglese, sia la intervenuta compensazione dello stesso con il debito a suo carico concernente il prezzo residuo di acquisto dell’immobile.
Ed infatti (argomenta la CTP): “… il residuo prezzo di acquisto non pagato da parte della ricorrente risulta dal rogito del 30.06.2009 e la ricorrente effettuava dichiarazione riservata per lo scudo fiscale nel dicembre 2009 per ? 651.003,00, importo di poco superiore al prezzo dell’immobile. Le attività oggetto di scudo fiscale erano costituite dalla partecipazione della ricorrente nella Società inglese, come risulta dal documento notarile inglese del 17.05.2011 che incorpora la dichiarazione firmata dall’amministratore unico della Società inglese e le copie di alcuni documenti. Con detto documento l’amministratore unico della Società inglese dichiara al notaio che i documenti allegati sono le copie delle lettere sottoscritte dallo stesso e da ciascuno dei soci tra cui anche la sig.ra P., che egli riconosce la firma apposta sullo scambio di lettere come la sua e che la società si è estinta in data 26.04.2011. I documenti allegati a tale atto notarile sono lo scambio di lettere tra la società e la sig.ra P. del dicembre 2010 che contengono le seguenti informazioni: la sig.ra P. deteneva il 43,40% della Società inglese, il totale dell’attivo della società al momento della messa in liquidazione era di complessivi ? 1.470.020, e che detto ammontare era rappresentato esclusivamente da crediti che la Società vantava verso i soci. E che, in particolare, il credito della società verso la sig.ra P. era di ? 637.000,00, lo stesso che risulta quale prezzo residuo di acquisto dell’immobile. E, inoltre, che quanto dovuto dalla società inglese alla sig.ra P. ammontava ad ? 637.000,00 di cui ? 406.852,22 per capitale sociale ed ? 230.147,50 per utile di liquidazione, e che la società e il socio decidono di compensare direttamente i reciproci debiti e crediti. Parte ricorrente poi produce una raccomandata del 05.02.2013 della società C F s.p.a. in risposta ad una richiesta della sig.ra P., da cui risulta in allegato una dichiarazione del 23.12.2011 che la sig.ra P. aveva fatto a tale società intermediaria finanziaria che ha provveduto ad effettuare lo scudo fiscale nel 2009. In tale dichiarazione si evidenzia la intervenuta compensazione e la richiesta di interruzione del mandato fiduciario in quanto il pagamento del residuo attivo derivante dalla liquidazione della società partecipata era stato effettuato attraverso la compensazione. Tale raccomandata del 05.02.2013 poi conferma l’intervenuta estinzione del mandato a causa del venir meno dei valori oggetto di scudo fiscale. Gli elementi forniti da parte ricorrente – conclude la CTP – … sono sufficienti a fornire la prova che la somma di ? 637.000,00, necessaria al pagamento dell’immobile, è stata ricevuta dalla sig.ra P. dalla operazione di scudo fiscale, che tale prezzo alla data del dicembre 2010 non era ancora stato pagato, che il credito vantato dalla società verso la sig.ra P. nel dicembre 2010 era di ? 637.000,00, che, quindi, la sig.ra P. ha provveduto a pagare l’immobile attraverso lo scudo fiscale, ossia con le attività che la società scudata ha reso disponibili alla sua socia a seguito di liquidazione, e che la sig.ra P. ha utilizzato gli attivi scudati per estinguere il debito per compensazione”; conseguentemente, “l’avviso di accertamento è illegittimo e va annullato in quanto l’Ufficio ha provveduto ad un accertamento sintetico basato sul fatto che la sig.ra P. non avesse la disponibilità finanziaria per procedere all’acquisto dell’immobile pur in presenza dell’opposto scudo fiscale provato e documentato”.
Avverso tale sentenza ha proposto appello l’Ufficio, con racc.ta spedita in data 11.04.2014, sostenendo:
1) la “nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art.38 dPR 600/73 – Erronea valutazione dei fatti e delle prove”, non avendo la CTP tenuto conto delle “contestazioni mosse dall’Ufficio”, giacché, ad avviso dell’appellante, “dalla lettura dei documenti richiamati dalla Commissione non vi è alcuna certezza in ordine all’intervenuta compensazione”, ed in particolare “che il debito della ricorrente nei confronti della società inglese [compensato con il credito della stessa nei confronti della società, per il quale era stato effettuato lo “scudo fiscale”: ndr] era relativo al corrispettivo dovuto per gli immobili precedentemente acquistati [nel 2009]”;
2) la “nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine alle spese gestionali”, avendo la CTP trascurato di considerare i “costi di mantenimento dell’immobile condotto in locazione ammontanti ad ? 32.744,70” in applicazione dei coefficienti di cui alle tabelle all. al provvedimento 14.02.2007 Ag. Entrate, sui quali la ricorrente nulla aveva dedotto.
Con atto di controdeduzioni depositato in data 30.04.2015 si sono costituiti in giudizio i sigg. C. G., N. M. e L. F. M., in qualità di eredi della sig.ra A. M. P., nel frattempo deceduta in data 28.01.2014 (e cioè in data successiva alla emissione della sentenza impugnata), eccependo: a) in via pregiudiziale, la “nullità… dell’impugnazione” proposta dall’Ufficio, per avere questi, benché già a conoscenza dell’intervenuto decesso della sig.ra P., notificato l’atto di appello alla medesima a mani del suo procuratore ad !item, anziché ai di lei eredi; b) la infondatezza, comunque, nel merito dell’avverso gravame.
La causa è stata discussa in pubblica udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve preliminarmente rilevarsi la infondatezza della eccezione pregiudiziale di nullità dell’atto di appello (e conseguentemente inammissibilità della impugnazione in oggetto, con formazione del giudicato sulla sentenza di primo grado), sollevata dagli eredi P.. Deve infatti osservarsi che la giurisprudenza più recente della Corte di legittimità, con la sentenza 4.07.2014 n. 15295 resa a Sezioni Unite (seguita da Cass.- sez. un. 22.09.2014 n.19887), ponendo fine al perdurante contrasto emerso in seno alla stessa Corte circa la validità (o non) dell’impugnazione indirizzata alla parte deceduta – o comunque venuta meno – presso il procuratore nominato per il precedente grado di giudizio (e sostanzialmente ribaltando l’orientamento fatto proprio in precedenza dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza n.26279/2009, da ultimo ribadito da Cass. 7521/2014), ha tra l’altro affermato, valorizzando il principio della c.d. ultrattività del mandato, che, qualora il procuratore della parte costituita abbia omesso di dichiarare o di notificare l’evento interruttivo nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 cpc, “…è ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento” (sulla portata generale di tale principio v. la motivazione della sentenza n. 15295/14, emessa peraltro nell’ambito di una vicenda processuale nella quale la morte della parte costituita, non dichiarata o notificata dal difensore, era sopraggiunta in pendenza di uno dei gradi del giudizio).
Nessuna rilevanza, al fine di dedurne la nullità dell’appello, può, dunque, attribuirsi al fatto che al momento della proposizione del gravame l’Ufficio fosse a conoscenza (o comunque avrebbe potuto conoscere con l’ordinaria diligenza) dell’intervenuto decesso della contribuente, trattandosi comunque, per quanto riferito dagli stessi appellati nel proprio atto di costituzione, di conoscenza acquisita aliunde, e non nell’ambito del presente processo.
2. – L’appello dell’Ufficio è, peraltro, infondato.
Ed invero, come ritenuto in sostanza dalla CTP di Milano, sia nella pronunzia appellata sia in altra pronunzia resa con riferimento all’anno d’imposta 2008 (sentenza n.8546/35/14), la documentazione prodotta in primo grado dalla contribuente fornisce elementi gravi, precisi e concordanti idonei a provare (ex art.2729 c.c.) che il debito gravante sulla sig.ra P. per il pagamento del corrispettivo dell’immobile acquistato dalla società inglese C. Ltd. sia stato compensato con il credito successivamente sorto in capo alla medesima P. in relazione alla sua partecipazione alla predetta società inglese, in conseguenza della sua liquidazione. Tale prova si ricava, a lume di logica, dalla documentazione richiamata e puntualmente analizzata nella pronunzia di primo grado (alla cui motivazione, riportata nella narrativa che precede, si rinvia), e cioè dall’atto di compravendita dell’immobile in questione, dalla dichiarazione notarile inglese del maggio 2011, attestante la ricezione da parte del notaio di dichiarazioni scritte intercorse tra la P. ed il legale rappr.te della C. Ltd, tra cui un atto sottoscritto dalle stesse parti (e prodotto) del 22.12.2010 (in cui si dava atto dell’avvenuta messa in liquidazione della C. in pari data, della insorgenza del credito complessivo di ? 637.000,00 in capo alla P. a seguito della liquidazione della sua partecipazione azionaria e del rimborso del relativo capitale, dell’assenso della medesima socia rispetto alla proposta formulata dalla società di effettuare il pagamento da lei dovuto per compensazione tra il suo debito di ? 637.000,00 ed il suo credito nei confronti della C. relativo al rimborso delle sue spettanze per capitale ed utili in seguito alla liquidazione della società). D’altra parte, come perspicuamente si osserva nella citata sentenza n.8546/35/14 della CTP di Milano, oltre che in considerazione della sostanziale coincidenza tra l’ammontare della somma dovuta dalla P. a saldo del corrispettivo d’acquisto e quello del suo credito successivamente sorto verso la Società inglese ed indicato dalla contribuente in sede di dichiarazione per “scudo fiscale” (pari ad ? 651.003,00), la compensazione anzidetta risulta “a maggior ragione comprensibile, vista la natura dei rapporti tra le parti e la chiara riferibilità dell’immobile alla famiglia P. nel corso degli anni” (elemento questo sottolineato dallo stesso Ufficio nell’atto di appello), senza che la complessiva ricostruzione dei fatti, quale emergente dalla menzionata documentazione, e la efficacia probatoria di questa, possano ritenersi intaccate dalla circostanza, su cui l’Ufficio basa le proprie censure, che nella documentazione estera richiamata non viene espressamente indicato che il credito vantato dalla S. Ltd. e compensato con quello della P. trovasse titolo proprio nella vendita dell’immobile da quest’ultima acquistato nel 2009.
Consegue la illegittimità del contestato avviso di accertamento, atteso l’effetto preclusivo del c.d. scudo fiscale verso il potere di accertamento dell’Ufficio, anche riguardo all’accertamento sintetico ex art. 38 co. 4 ss. dPR 600/73 (in tal senso v. la Circ. Ag. Entrate n. 43 del 10.10.2009, richiamata dal giudice di primo grado).
Quanto, poi, al secondo motivo di censura dedotto dall’Ufficio appellante (” omessa pronunzia in ordine alle spese gestionali” relative all’immobile condotto in locazione dalla contribuente), si rileva che, come dallo stesso Ufficio riferito in atto di appello, nel proprio ricorso la sig.ra P., persona all’epoca già anziana (80 anni), sosteneva di vivere con una pensione di reversibilità (di soli ? 5.669,00 annui) e con l’aiuto dei figli, dovendo con ciò intendersi da parte sua contestata l’intera ripresa fiscale operata nei suoi confronti; e la plausibilità di tale allegazione appare confermata dal fatto che, come ormai definitivamente accertato (non avendo l’Ufficio impugnato in parte qua la pronunzia di primo grado), sia l’esborso per l’acquisto dell’immobile del 2009 (versamento dell’acconto di ? 13.000,00), sia il versamento dell’imposta straordinaria dello “scudo fiscale” (pari ad ? 32.550,00), sono stati sostenuti dalla contribuente grazie a bonifici ricevuti dai propri figli.
3. – L’appellata sentenza merita, pertanto, conferma.
Tenuto conto della novità delle questioni trattate, sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali del grado.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello e compensa integralmente le spese del grado.
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